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Autore: giveherlove    11/11/2013    20 recensioni
'Ever, perché mi hai mentito su questo?'
'mi...dispiace...'
'io voglio sapere perché non potevi dirmelo!?'
'a nessuno piacciono ragazze che hanno delle cicatrici...pensavo che avresti smesso di amarmi'
'io non potrei mai smettere di amarti, mai.'
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Scesa dal taxi, mi ritrovai proprio davanti al college, così mi fermai un attimo per osservarlo: l’edificio visto dal fuori sembrava più un hotel che una scuola, attorno al palazzo vi era un grande prato verde con dei tavolini sparsi qua e là; io non vedevo l’ora di entrare e di sistemarmi nella mia stanza.
 
Percorsi la rampa di scale prima di arrivare al grande portone d’entrata dell’edificio.
Appena varcai la soglia, una signora di circa sessantacinque anni, abbastanza magra, vestita con un completo beige e con i capelli raccolti in un chignon ordinato mi venne incontro dicendo:
 
‘tu devi essere Ever, giusto?’ sorrise.
 
‘emh, si, sono io’ affermai, chiedendomi chi fosse quella donna, e se sapesse dove fosse la mia camera in modo da sistemarmi.
 
‘molto piacere, io sono Mrs Brown, la direttrice di questo college, ti stavo giusto aspettando’
 
Stirai le labbra in un sorriso, mi sentivo un po’ a disagio: mia madre aveva parlato con lei quando mi aveva iscritta, chissà che si erano dette, ma soprattutto, avrei voluto sapere quanto mia madre le avesse raccontato sulla mia vita.
 
‘vieni con me, ti faccio vedere dov’è la tua stanza’ fece gesto con la mano di seguirla; così mi trascinai dietro i bagagli fino ad arrivare ad un ascensore con all’interno un grande specchio.
La direttrice premette sul pulsante con inscritto il numero tre, e salimmo al piano della mia camera.
‘tua mamma mi ha parlato un po’ di te’ mi informò.
‘penso che qui ti troverai molto bene, tutte le regole e gli orari delle tue lezioni sono scritte in un opuscolo che ti ho lasciato sul comodino affianco al letto’
Percorremmo un lungo corridoio costeggiato da piante e quadri che aveva un’aria antica e quasi preziosa, ci fermammo davanti alla stanza numero 103 e Mrs. Brown tirò fuori una chiave dalla tasca.
 
‘questa è tua, ogni volta che esci ricordati di chiudere a chiave la stanza!’ dichiarò sventolandomi la chiave davanti agli occhi.
Io mi limitai a sorridere e ad annuire.
 
‘ah, quasi dimenticavo, nella stanza 102, alloggia Charlie, una ragazza della tua età, molto educata e amichevole, se avrai bisogno di ulteriori chiarimenti , puoi chiedere a lei, oltre che alla sottoscritta!’ mi strizzò l’occhio, e dopo avermi dato la chiave della camera in mano si allontanò, ricordandomi di scendere in mensa alle otto per cenare.
 
 
Appena la direttrice si allontanò, infilai la chiave nella serratura, aprii la porta ed entrai assalita da un brivido di eccitazione.
I miei occhi scrutarono il nuovo ambiente con curiosità, mentre richiudevo la porta alle mie spalle con accortezza.
La luce che entrava dalla grande finestra, illuminava le pareti color giallo pastello, rimbalzando su uno specchio appeso proprio sopra una grande cassettiera in legno. Il pavimento era rivestito da un parquet marroncino chiaro.
Il letto, a una piazza e mezzo, era coperto da un copriletto bianco con qualche motivo floreale, e proprio affianco vi era un comodino con sopra un abatjour e il foglio con le informazioni di cui mi aveva parlato poco prima la direttrice.
Adagiata contro la parte opposta al letto, si trovava una scrivania, con sopra i libri che mi sarebbero serviti durante le ore di lezione.
Lasciai cadere la borsa sul letto, e appoggiai la chitarra al muro, dopo di che mi avvicinai alla porta del bagno che si trovava sul lato sinistro della stanza, la aprii: era abbastanza piccolo, ma molto grazioso e pulito, le pareti erano dipinte di bianco e il pavimento era composto da piastrelle azzurro chiaro.
 
Mi sembrava strano trovarmi in una camera che non fosse la mia, rimasi qualche secondo impalata a fissare ciò che c’era intorno a me, mentre un magico silenzio occupava la stanza. Pareva tutto così surreale, e così meraviglioso che non potei fare a meno di chiedermi se non stessi sognando, dato che fino a pochi mesi prima mi trovavo in un letto di ospedale costretta a combattere per una vita che non sentivo più mia e alla quale volevo porre fine.
 
Inviai un sms a mia mamma per dirle che stavo bene e che mi trovavo al college, specificandole inoltre, che l’avrei chiamata la sera dopo aver cenato e aver disfatto i bagagli.
 
Mentre toglievo i miei vestiti dal trolley per riporli nella cassettiera, pensavo a quanto ero felice di essere lì, e a quanto avrei voluto condividere la mia felicità con Abby. Appena finii di riporre gli indumenti nei cassetti,  recuperai il grande beauty verde acqua e mi avviai verso il bagno per sistemare tutto.
 
 
Aperta la trousse, le prime cose che mi saltarono in mano, furono lo spazzolino e il dentifricio alla menta verde che riposi in un bicchiere sul lavandino. Affianco allo specchio, c’era un armadietto diviso in due scaffali: nel primo scaffale misi un pacco di assorbenti, le pinzette da sopracciglia, e alcuni trucchi che mi ero portata -anche se non amavo particolarmente truccarmi-, la spazzola, il rasoio e tutte le medicine che mia madre mi aveva comprato in caso avessi avuto febbre, nausea, mal di testa o dolori mestruali.
Mia mamma si preoccupava molto della mia salute fisica, mi voleva sempre vedere in forma e felice e io facevo di tutto per darle l’illusione che l’unico malessere di cui soffrivo era un po’ di mal di testa passeggero quando mi veniva il ciclo, ignorando il mio cuore che si frantumava sempre di più giorno dopo giorno.
Nel secondo scaffale, riposi tutto l’occorrente che mi ero portata per medicarmi, nel caso avessi avuto una delle mie solite crisi: avevo il disinfettante, bende, garze, tantissimi cerotti, un pacchetto nuovo di dischetti di cotone e le pastiglie per l’ansia che erano diventate come una droga per me: me le aveva consigliate e prescritte Nina, la mia psicologa, subito dopo la morte di Abby: dovevano far  parte di un giro di cura passeggero, le avrei dovute assumere solo per un breve periodo, giusto per focalizzare la mia attenzione su altro che non fosse la morte di Abby o di mio padre; ma avevo continuato a prenderle sempre, di nascosto da tutti.
A volte erano utili e mi tranquillizzavano se avevo delle crisi, ma nella maggior parte dei casi le prendevo solo per sballare.
 
 
Il beauty era vuoto, o quasi.
L’unico oggetto che navigava liberamente nella trousse era una delle mie lamette.
La presi in mano, e la fissai per un momento.
Improvvisamente la mia testa si riempì di voci assordanti che non facevano altro che ripetere ‘grassa’, ‘brutta’, ‘sfigata’, ‘secchiona’, ‘obesa’, ‘troia’, ‘inutile’, ‘bugiarda’, ‘troppo diversa’, ‘scherzo della natura’, ‘falsa’, ‘mostro’, ‘balena’, ‘ridicola’, ‘depressa’.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, ma io mi alzai di scatto, e buttai la lametta nel mobiletto che richiusi velocemente, costringendomi a non usarla.
Aprii il rubinetto e mi sciacquai un po’ il viso cercando di scacciare le voci nella mia testa quando improvvisamente bussarono alla porta della mia camera.
 
Mi asciugai di fretta il volto e andai a vedere chi fosse.
Appena aprii una ragazza –più o meno della mia età- mi si presentò davanti: aveva i capelli biondo scuro, che le ricadevano dritti fin sotto le spalle, gli occhi marroni e un sorriso bellissimo e che scopriva dei denti bianchi e dritti.
Era alta più o meno come me e aveva un fisico bellissimo, che le invidiavo un sacco.
 
‘perdonami l’intrusione, ti ho disturbata?’ chiese sorridendo.
 
‘emh..no…figurati…’ le risposi con tono un po’ indeciso.
 
‘okay, emh, io sono Charlie, sto nella stanza 102’ mi porse la mano, io esitai per qualche secondo, ma poi gliela strinsi.
 
‘piacere, io sono Ever’ stesi le labbra in un sorriso.
 
‘hai un nome bellissimo! Scusa se mi presento qua così, solo che volevo vedere chi avrebbe occupato la stanza affianco alla mia’ si fece scappare una risata che mi contagiò.
Mi sembrava simpatica, per questo mi sforzai per sembrare il più amichevole possibile: se volevo provare a ricominciare una nuova vita, avrei dovuto farmi degli amici anche se la cosa mi spaventava a morte.
 
‘ahh capisco, è da tanto che sei qui?’ le domandai per dimostrare che non mi esprimevo solo a monosillabi, alzate di spalle o scrollate di capo.
 
‘una settimana, e mi fermerò per altre quattro!’ disse con un filo di eccitazione nella voce che notai subito.
‘tu invece quanto ti fermi?’ aggiunse.
 
‘quattro settimane’
 
bene!’ esclamò soddisfatta.
‘e sei già stata a Londra prima d’ora?’ il suo sguardo così carico di vita, incrociò il mio spento.
 
‘no, mai…’ ammisi.
Io che ero anche per metà inglese, non avevo  mai visitato la capitale della mia seconda patria, sembrava stupido ma le cose stavano proprio così.
 
‘allora domani, dato che non abbiamo lezioni, ti porto a fare un giro turistico che ne dici? Tanto io ormai questa città la conosco come le mie tasche!’ propose, passandosi una mano tra i capelli e sfoderando un sorriso ancora più grande.
 
‘certo! Mi sembra una grande idea!’ esclamai, cercando di comunicarle un po’ di entusiasmo.
 
‘perfetto!! Ah..e un'altra cosa…’ disse abbassando lo sguardo, come per vergognarsi quello che mi avrebbe chiesto.
 
‘non è che sta sera ti siederesti a mangiare con me a mensa? Sai…le ragazze che frequentano questo college sono tutte snob e con la puzza sotto il naso!’ sussurrò corrugando il viso.
 
Risi incrociando il suo sguardo sincero, e risposi:
‘certo, molto volentieri!’
 
‘benissimo! Emh…adesso sono le sette e mezza..’ affermò dando una rapida occhiata all’orologio che aveva al polso destro.
 
‘si cena alle otto, no?’ domandai perplessa.
 
‘si, esatto! va bene se passo a bussarti alle otto meno dieci?’
 
‘benissimo!’ annuii soddisfatta.
 
‘allora a dopo Ever!’
 
 
Richiusi la porta appena Charlie si allontanò.
Non ci potevo credere ma avevo “fatto amicizia”: l’idea mi elettrizzava.
Scrissi subito un messaggio a Nina per aggiornarla, e per dimostrarle che stavo mettendo in pratica i suoi consigli.
Rispose che era molto fiera ed orgogliosa di me, e mi consigliò di continuare per quella direzione.
 
 
Come promesso Charlie mi venne a chiamare e scendemmo insieme per la cena: dovetti riconoscere che aveva pienamente ragione sulle altre ragazze che frequentavano la scuola, avevano tutte dei comportamenti altezzosi e irritanti, solo vedere come si atteggiavano mi dava sui nervi.
Non ci misi molto a capire perché Charlie non avesse stretto amicizia con loro: lei non era piena di se e non se la tirava, per questo non la accettavano e tanto meno accettavano me; e a farmelo capire furono le loro occhiatine e i loro commenti ai quali però Charlie mi disse di non dare ascolto.
Passai davvero una bella serata, e scoprii che io Charlie avevamo alcune cose in comune: l’amore per la musica, per l’Inghilterra, per l’arte e per gli One Direction.
Mi raccontò a lungo di come aveva scoperto i ragazzi e di come l’avessero aiutata in periodi della sua vita che non furono molto sereni. Ma non andò molto nei particolari –fortunatamente-.
Il suo modo di fare era davvero simile a quello di Abby, più andavamo avanti a conversare più mi sembrava di conoscerla da sempre, era buffo, non mi era mai capitato prima.
 
 
‘mi sono divertita molto con te sta sera’ disse Charlie mentre percorrevamo il corridoio per arrivare alle nostre camere.
 
‘anche io!’ risposi sincera.
 
Appena giunta sulla soglia della sua stanza, si fermò e mi disse:
 
‘io non ho molte amiche, ne qui, ne a casa mia: ti va di essere mia amica?’ capii che era il suo cuore a parlare, e mi venne la pelle d’oca.
 
‘ovviamente!’ replicai senza pensarci due volte.
 
Lei mi abbracciò forte, ma non era uno di quegli abbracci superficiali, no, era uno di quegli abbracci che ti scaldano il cuore, e per la prima volta dopo tanto tempo, non mi sentii più così sola.
 
‘domani va bene se ci vediamo alle undici e andiamo a fare un giro per Londra?’
 
‘si! Mi andrebbe tanto!!’
 
‘va bene, allora a domani! Buonanotte Ever!’
 
‘notte Charlie!’
 
 
Appena entrai in camera mia, mi sentivo strana: non mi ricordavo più com’era fare amicizia e sapere che qui a Londra non ero sola, mi rassicurava.
 
Dopo essermi lavata e aver rimpiazzato i miei vestiti con il pigiama, presi il portatile che avevo lasciato sulla scrivania e cominciai a scrivere tutto quello che mi era successo  in una lettera per Abby, che anche se non avrei potuto darle, ero sicura del fatto che l’avrebbe letta in un modo o nell’altro.









































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SPAZIO AUTRICE:
saaalve lettori! :))
rieccomi con il quarto capitolo! spero che non vi abbia deluso, e che v sia piaciuto!
volevo ringraziare tutti coloro che hanno recensito, letto o aggiunto ai preferiti la mia storia perch per me significa davvero tanto! <3 :')
scrivere questa storia è emozionante ed estemamente magico per me: mi catapulta in un mondo lontano dalla realtà, nel quale sto meglio e mi sento me stessa.
direi che ora vi saluto perchè se no scrivo un poema lol
ah, se desiderate anteprime, volete darmi consigli, dirmi cosa cambiereste o semplicemente farmi sapere che la ff vi piace potete lasciami ua recesione oppure menzionarmi su twitter, il mio nick è @itsdemisforce ;))
a presto! un bacio a tutti! <3 :*
-Giù
 
  
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