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Autore: _joy    12/11/2013    6 recensioni
"... Tu sei giusta per me. E io ti voglio per me. In modo egoista, folle e assolutamente deciso. Non voglio nessun’altra. Non sceglierò mai nessun’altra. Voglio te e solo te. Voglio che tu mi sposi, che passi la tua vita con me. Voglio che invecchiamo insieme. Voglio che tu sia la madre dei miei figli. Voglio tanti figli e voglio crescerli con te. Voglio passare le mie giornate con te al mio fianco, voglio ascoltare i tuoi consigli e voglio studiare con te qualsiasi cosa ti appassioni. E voglio che tu sia accanto a me ogni notte della mia vita, da oggi… alla mia ultima notte"
Cosa accadrebbe se Hermione Granger venisse catapultata a Narnia e incontrasse il principe Caspian? E se quel mondo magico fosse minacciato da un'antica nemica? E se quell'antica nemica fosse legata misteriosamente a Gellert Grindewald? Chi potrebbe salvare Narnia, allora?
[Caspian/Hermione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Jadis
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache della Grande Magia'
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Evitare Lilliandil stava diventando un lavoro.
 
Un lavoro stancante.
 
Ogni mattina, prima di dedicarsi alle attività di governo del regno, Caspian si concedeva una cavalcata solitaria.
Quella mattina si era trovato Lilliandil che lo aspettava ai piedi della scalinata di ingresso al castello, in tenuta da amazzone e con un sorriso sul volto.
 
Lei ignorava deliberatamente i suoi scarsi tentativi di coinvolgerla e il suo disinteresse.
Anzi, peggio.
Si comportava come se tutto fosse meraviglioso e, in un certo e inquietante modo, tentava di affiancarsi a lui in ogni occasione di uscita pubblica.
Se nel castello lui poteva serrarsi nella sala del trono o nel suo studio, impegnandosi in riunioni infinite, in momenti come i pasti non poteva ignorare l’ospite.
E lei si dava ben da fare per farsi trovare impeccabile e presente.
Sempre.
Se il re usciva e andava a trovare gli abitanti del villaggio, o i contadini, lei si faceva trovare in strada e si offriva di accompagnarlo; se lui decideva di recarsi al porto, o verso le miniere, lei faceva in modo di incrociarlo e di lamentarsi per la sua inattività, domandando con falsa timidezza se poteva accompagnarlo.
Caspian non sapeva come arginarla.
Lei era sempre cordiale e gentile e rifiutare lo metteva in una posizione difficile, sia perché era stato educato a comportarsi con grande cortesia verso gli ospiti e, in particolare, verso le donne, ma soprattutto perché lei era la figlia di un emissario di Aslan e, in quanto tale, era oggetto di deferenza a Narnia.
Lilliandil accettava con naturalezza gli omaggi spontanei e disorganizzati della corte, non abituata a vedere una donna soggiornare a lungo a Cair Paravel.
Caspian la osservava e si infuriava in silenzio: capiva che Ramandu lo aveva abilmente giocato, obbligandolo a dare ospitalità a Lilliandil, perché si stava chiaramente insinuando nella mente di tutti che il re aveva finalmente deciso di scegliere una moglie.
Altrimenti, perché mai quella donna avrebbe soggiornato così a lungo al castello?
E ogni tentativo di Lilliandil di mostrarsi accanto a lui non faceva che rinforzare questa impressione.
Se Caspian si metteva al riparo da tête à tête indesiderati a cena, invitando i notabili del regno per fargli da scudo, lei comunque era una donna e per di più non era maritata, quindi le si doveva tributare un’attenzione particolare.
E, in quanto re e signore del castello, ovviamente toccava a lui.
E peggiori erano le uscite in pubblico.
Le persone comuni, i magici animali parlanti di Narnia, i suoi soldati: tutti (tutti!) sorridevano alla coppia, felici che il loro re non fosse più solo.
 
Peccato non sapessero che il re in questione stava entrando decisamente in panico.
 
Rifiutava testardamente di farsi incastrare da Ramandu e, se a volte cercava di razionalizzare il pensiero che comunque prima o poi avrebbe dovuto scegliere una moglie, sentiva però subito un senso di soffocamento che lo spingeva a cercare aria fresca e pace in sella al suo cavallo.
 
Fino a quella mattina, almeno.
 
Il vedersi privare della sua cavalcata rese Caspian taciturno e di pessimo umore per tutta la giornata.
E il vedere Lilliandil che, durante la cena, faceva beatamente le veci della signora del castello con la piena approvazione dei suoi Lord, lo fece incupire ancor di più.
Mangiò poco, in silenzio, mentre tutti contemplavano Lilliandil e conversavano piacevolmente con lei.
Nel vedere l’ammirazione dei suoi uomini per lei, Caspian arrivò a chiedersi se era davvero lui il pazzo, ad ignorarla.
La osservò per un attimo: i capelli biondi e lunghi, perfettamente lisci; gli occhi chiari, la carnagione pallida, le movenze contegnose.
Di certo non era umana.
Era troppo perfetta e lontana dal calore umano per avere dubbi.
Però era eccezionalmente bella.
Se solo non gli avesse comunicato quella sensazione di freddezza…
 
Forse sto davvero esagerando con la mia misantropia – rimuginò – Forse potrei davvero pensarci. È la figlia di un emissario di Aslan, sarebbe una perfetta regina… Se solo…
 
Ma in quel momento, a salvarlo dalle sue cupe riflessioni, giunse il Fato, nella persona di Briscola il Nano.
 
«Maestà! Maestà!»
Briscola fece irruzione nella sala gridando a squarciagola.
«Maestà, dovete venire!»
Caspian si alzò in piedi e i Lord con lui.
«Che succede?» chiese Caspian.
«Maestà, Lord Menicus e Lord Lauroti hanno catturato una strega!» rispose il nano.
 
La sala si riempì della grida dei Lord.
Lilliandil si portò le mani al viso, alcuni rovesciarono le sedie.
«Silenzio!» la voce di Caspian si impose su quella di tutti «Briscola, raccontaci tutto!»
«Mio re, Lord Menicus ha mandato avanti un messaggero per avvertirci. I Lord erano di pattuglia nel bosco e Tartufello si era attardato per raccogliere certe bacche che ama… bè, insomma, si è imbattuto nella strega, ma i Lord sono riusciti a catturarla!»
«Dove sono ora?» chiese Caspian, che già aveva allungato la mani ad assicurarsi che il cinturone con la spada fosse ben allacciato.
«Stanno tornando dalla foresta… Maestà, pensate sia saggio portare una strega a Cair Paravel?»
«Vado ad incontrarli» decise Caspian «E vediamo…»
Un coro di proteste si levò dai suoi Lord, che ben conoscevano lo spirito avventuroso del giovane re.
«Maestà, non siate precipitoso, aspettate…una strega!» disse uno di loro.
«Sì, Caspian» intervenne Lilliandil, prendendo il suo braccio «Ti prego, non fare nulla di affrettato o pericoloso. Preferirei saperti con me, al sicuro…»
«Al sicuro da cosa?» chiese seccamente lui.
«Dalla strega!»
«Quindi la soluzione sarebbe restare chiusi nel castello aspettando…cosa? Mi spiace, mia signora, non trovo sia giusto. Non mando i miei uomini ad affrontare un pericolo mentre io sono al sicuro nel mio castello!»
«Ma insomma!» esclamò lei, seccata «Non potete certo pensare che io venga a…»
«Voi? E chi ne ha parlato, mia signora? Restate pure qui, al sicuro. Non intendevo certo mettervi in pericolo!»
Se l’intento era gentile, forse il sollievo traspariva un po’ troppo forte dalle sue parole, almeno a giudicare l’occhiataccia di biasimo che Lilliandil e un paio di Lord gli lanciarono.
Ma Caspian era già praticamente fuori dalla sala dei banchetti, diretto verso le scuderie.
 
*
 
«Per favore, ascoltatemi! Io non sono una strega malvagia!»
Hermione gridò ancora e ancora, inutilmente, intrappolata in una gabbia fatta di viticci spinosi e duri.
 
Aveva esitato a colpire degli uomini non armati (di bacchetta magica, ovviamente, perché armati lo erano), convinta com’era che delle ragionevoli spiegazioni avrebbero risolto tutto.
E invece era stata circondata e privata della bacchetta, poi issata a forza sulla groppa di un cavallo e portata nel luogo in cui stanziava una guarnigione di soldati.
Era stata accolta da grida e fischi degli uomini che urlavano oscenità alla volta della strega, poi buttata dentro quella gabbia che non le permetteva di stare completamente dritta in piedi perché troppo bassa, ma neppure seduta, perché i rovi le ferivano la pelle e le strappavano i vestiti.
Hermione aveva chiesto di essere ascoltata, più e più volte, aveva implorato e chiamato.
Ma nessuno era venuto da lei.
I soldati si erano tenuti ben lontani dalla gabbia e, sentendosi al sicuro, da lontano la sbeffeggiavano.
Poi, dopo quelle che le parvero ore, sei uomini si avvicinarono alla gabbia, per issarla su un carro.
Nessuno le rivolse la parola.
L’uomo a capo delle guardie che l’avevano catturata osservava da lontano la scena.
Lei lo chiamò, chiedendo che la ascoltasse, ma avrebbe potuto parlare a una pietra per i risultati che ottenne.
La gabbia fu scaraventata con malagrazia sul carro e lei non trattenne un urlo di dolore quando finì con il fianco destro contro la parete di spine.
Sbattè le palpebre per cacciare le lacrime e vide Tartufello osservarla perplessa da sotto il carro.
Hermione soffocò un singhiozzo e osservò sconsolata la foresta attorno a lei.


*


«La strega, la strega!»
 
Le voci degli uomini erano un solo, cupo rombo che si faceva sempre più pressante e accompagnava la marcia.
Quando il carro si fermò, Hermione aveva rinunciato a contare i tagli e i graffi che le spine avevano prodotto, a causa degli scossoni del carro che la sballottavano a destra e sinistra.
Sbirciò tra i viticci e notò che si erano radunati molti più uomini rispetto a quelli della guarnigione che l’aveva catturata.
«Il re!» gridò all’improvviso qualcuno.
«Il re, il re!» esclamarono tutti.
«Il nostro re è venuto per te, strega» disse l’uomo che l’aveva presa prigioniera, avvicinandosi alla gabbia «Spetta a lui giudicarti!»
«La prego, mi ascolti» disse lei, in risposta «Davvero, io non sono una strega….cioè sì, sono una strega, ma non sono malvagia! Se solo potesse…»
«Zitta, strega!» esclamò lui a gran voce «Non osare parlarmi! È tipico della vostra razza immonda mentire e giurare il falso, ma non ti servirà per salvarti!»
Hermione digrignò i denti.
«Stai a sentire, zotico selvaggio! Ma come ti permetti…»
Ma la frase finì in un urlo di dolore quando lui colpì il carro e la mandò di nuovo a colpire i viticci spinosi.
Hermione tentò di rimettersi in piedi, almeno per quanto lo spazio della gabbia le consentiva, e osservò il suo carceriere inginocchiarsi.
Per quello che riusciva a vedere tra i viticci, tutti gli uomini erano in ginocchio.
Sentì una fitta d’ansia.
 
Questo fantomatico re sarebbe stato disposto ad ascoltarla?
A Narnia c’era la pena di morte?
No, vero?
Lumacorno ne aveva fatto cenno?
No, aveva parlato solo delle bellezze di Narnia.
Bè, bella al momento a lei non sembrava proprio.
A lezione di Storia della Magia aveva imparato che i roghi non servivano a uccidere le streghe: bastava un semplice Incantesimo Freddafiamma per rendere il fuoco inoffensivo. Durante i tempi della persecuzione medioevale, maghi e streghe dovevano semplicemente lanciarne uno e limitarsi a fingere di morire.
Facilissimo.
Peccato però che lei non aveva più la bacchetta.
E che tra il dire e il fare…
 
Hermione era abituata a dare il massimo sotto pressione.
Ma per “sotto pressione” lei generalmente intendeva gli esami finali ad Hogwarts, o un’interrogazione a sorpresa.
Non una situazione dove rischiava il collo.
In quei casi il suo amico Harry era il vero eroe, quello che sapeva come combattere e comportarsi.
Perché nessun libro, per quanto valido, ti diceva come essere coraggioso, audace e riflessivo in momenti di vero pericolo.
 
Cercando di non battere i denti, Hermione si preparò a convincere il re.
Stai calma. Puoi farcela. Puoi farcela. Puoi farcela – si ripeteva ossessivamente.
La prima cosa che vide di lui furono degli stivali di pelle.
Si fermò vicino al suo carceriere e lei sentì una voce giovane, molto più giovane di quanto si sarebbe aspettata, dire:
«Lord Menicus, alzatevi. Briscola mi ha detto che avete catturato una strega»
«Esatto, Maestà» Menicus si alzò «Una strega pericolosa, che girava nella foresta e compiva sortilegi!»
 
Hermione sbuffò, forte.
Sapeva che doveva stare attenta, ma fu più forte di lei.
Quel bugiardo pallone gonfiato.
 
Gli stivali di pelle si voltarono nella sua direzione e il loro proprietario si mosse di qualche passo, mentre il Lord le intimava a gran voce di tacere.
Sbirciando tra i viticci della gabbia, Hermione vide un braccio, delle spalle larghe e dei capelli scuri muoversi attorno alla gabbia, ma nessuna immagine definita.
«Aprite la gabbia» disse poi la voce del re.
«Maestà, è pericoloso!» obiettò una seconda voce.
«Siete riusciti a catturarla con dieci uomini, Lord Lauroti, e ora siamo cinque volte tanti»
 
Hermione si sentì morire.
Cinquanta soldati?
Anche se avesse avuto in mano la bacchetta sarebbe stato difficile scappare.
E poi… scappare, ma per andare dove?
Come faceva ad orizzontarsi, a ritrovare l’armadio?
Come poteva tornare a Hogwarts?
 
«Comunque, voglio parlarle» disse ancora il re.
Nessuno osò replicare, ma Hermione vide molti stivali e molte armature avvicinarsi al sovrano, pronti a fargli da scudo.
All’improvviso, la porta della gabbia si aprì e due mani rudi la tirarono fuori, sbattendola a terra senza troppi complimenti.
La ragazza finì lunga distesa e sentì in bocca il sapore del sangue.
Si sollevò su un gomito e portò una mano al labbro spaccato.
Quindi alzò gli occhi e osservò i volti minacciosi che incombevano su di lei.
 
Uno solo non la guardava con cattiveria o repulsione, ma con curiosità.
Era il volto di un ragazzo…
Hermione sbarrò gli occhi.
Era il ragazzo che aveva visto nel quadro, a Hogwarts.
Quello immobile.
Alto, con i capelli scuri che sfioravano il colletto della camicia e degli occhi nerissimi che la studiavano, attenti.
 
Il primo pensiero che attraversò la mente di Hermione fu un pensiero per il quale la ragazza si diede
dell’idiota per giorni: è stupendo.
Rimase a fissarlo a bocca aperta e, quando se ne rese conto, arrossì.
 
Improvvisamente, il ragazzo si chinò sulle ginocchia e allungò una mano verso di lei.
Hermione si ritrasse, mentre vari uomini urlavano e si avvicinavano al re.
Il ragazzo alzò una mano, imponendo istantaneamente il silenzio.
«Non voglio farti del male» le disse poi, con un sorriso «Scusa. Ma stai sanguinando»
Hermione abbassò gli occhi e constatò lo stato in cui era ridotta: la divisa di Hogwarts era strappata, aveva perso il cappello nella foresta ed era piena di graffi e tagli.
Tolse la mano dalla bocca e la vide piena di sangue.
Improvvisamente ebbe voglia di piangere, ma strinse i denti.
Era una strega ed era una Grifondoro.
 
Godric Grifondoro non si sarebbe certo messo a frignare.
E non l’avrebbe fatto nemmeno Harry, che aveva affrontato addirittura Voldemort in persona.
 
E non lo farò nemmeno io, si ripromise Hermione.
 
Prese fiato e alzò la testa, guardando il ragazzo negli occhi.
Lui non disse nulla, ma si stupì della determinazione che le vide in viso.
Quella, una strega?
A lui sembrava una ragazzina scarmigliata e spaventata.
Era piccolina, malconcia e con una grande chioma riccia che incorniciava un visetto pallido.
Era giovanissima.
Caspian ripensò a Jadis, come gli era apparsa nella Grotta di Aslan durante l’assedio di Miraz: imponente, maestosa, pericolosa.
Gli venne quasi da ridere a confrontarla con quel folletto che aveva davanti.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso e, improvvisamente, la ragazzina gli lanciò un’occhiata di fuoco.
 
«Sono felice di vedere che ti diverto, mio re degli ignoranti» disse, gelida, cercando di mettersi in piedi «Non vedevo l’ora di diventare il giullare di un idiota»
Caspian rimase senza parole, ma una delle guardie spinse la ragazza di nuovo a terra, con violenza.
Lei gridò e Caspian, istintivamente, allungò le braccia per sollevarla da terra.
«Non toccatela!» intimò.
Con il suo aiuto, lei si sollevò in ginocchio e lui vide che si sforzava di non piangere, ma aveva gli occhi pieni di lacrime.
 
Sbattè le palpebre, preso in contropiede dal senso di protezione che quella vista gli scatenò.
La ragazza tirò su con il naso, in modo molto poco femminile, e lui si intenerì.
Tutto si aspettava, tranne che una bambina in lacrime.
«Mi spiace, piccola» le disse di nuovo «Credo ci sia un errore. Mi risulta difficile credere che tu sia una strega»
La ragazza piantò gli occhi nocciola nei suoi.
«Io sono una strega» disse, decisa «Ma non sono una strega cattiva o pericolosa, come ho cercato di spiegare a questi tizi che mi hanno imprigionata. Se siete talmente ignoranti da non sapere la differenza, bè, non è colpa mia!»
Caspian le lasciò il braccio.
«Tu sei una strega?»
«Sì!»
«Ma…»
«Ma, che cosa? Non volo su una scopa? Non ho il naso adunco? Non ho un gatto nero? Non rimescolo in un paiolo?»
Hermione alzava sempre di più la voce e Caspian si trovò ad alzare le mani per fronteggiare quell’aggressione verbale.
Dietro di lui, i suoi uomini rumoreggiavano.
«Ehi, calma! È mio diritto cercare di capire cosa sta succedendo. Sono Caspian X, re di Narnia»
«Io sono Hermone Granger, studentessa di Hogwarts, e lascia che dica, caro re dei miei stivali, che se questi uomini sono un esempio di come amministri il tuo regno, allora povera Narnia!»
Caspian sbatté le palpebre, esterrefatto.
«Tu confessi di essere una strega?» ripeté, incredulo.
«Sei tardo? O sordo? Sì, sì e sì! Sono una strega ma sono una strega buona» scandì lei «Chiaro?»
Lui arricciò il naso di fronte al tono della ragazza.
Una guardia la agguantò per il braccio e la tirò rudemente in piedi.
«Devi parlare con rispetto a sua Maestà, capito?»
La scrollò facendole battere i denti, ma Caspian si alzò e fece cenno al soldato di lasciarla.
Hermione barcollò e il re allungò una mano per evitarle di cadere.
 
Vicinissimi, si fissarono negli occhi per un lungo attimo.
Hermione era spaventata e, insieme, furibonda; Caspian era sconcertato da quella ragazza che stava tenendo praticamente tra le braccia.
Lei si divincolò dalla sua presa, raddrizzandosi.
Ignorando le sue guardie, lui si strappò una parte della manica della camicia e fece per tamponarle il labbro.
Hermione serrò la mascella e gli prese la stoffa di mano.
 
«Maestà, abbiamo un testimone!» esclamò Lord Lauroti, vedendo che il re non sembrava affatto convinto dalla loro storia.
Fece un cenno e due guardie si scostarono per far avanzare Tartufello.
Il tasso, ritto sulle zampe posteriori, si avvicinò al sovrano e si inchinò.
«Ciao, Tartufello. Cosa hai da dirmi?» gli chiese Caspian.
«Maestà, io ero nel bosco con le guardie e non volevo…proprio no, ma…le bacche, sapete…»   
Un paio di guardie sbuffarono di fronte all’espressione contrita dell’animale, ma Caspian sorrise: la golosità del tasso gli era nota.
«Lo so. Vai avanti»
«Bene, sì. Allora io ero… e mi sono allontanato un po’… ed è sbucato da non so dove un Poltergeist…e io sono scappato e all’improvviso…è arrivata lei, che lo ha colpito con un incantesimo»
 
Nella radura scese il silenzio.
Caspian guardò Hermione, incredulo.
«Hai fatto un incantesimo?»
Lei annuì.
«L’ho fatto al Poltergeist, per proteggere Tartufello»
«Perchè?»
«Perché il Poltergeist stava per prenderlo!»
Caspian guardò il tasso, che annuì.
«A te ha fatto del male?» chiese.
L’animale scosse il capo e Hermione sbottò:
«Certo che no! Perché avrei dovuto? Io non lo farei mai!»
«E perché non avresti dovuto?»
«Perché cosa ne avrei ricavato, scusa?»
Caspian incrociò le braccia sul petto.
«Piacere. Soddisfazione. Non lo so, io non ho idea di come ragioni una strega»
Hermione strinse gli occhi, riducendoli a due fessure.
«Una strega ragiona come qualunque essere umano dotato di un po’ di cervello»
«Mi stai dando dello stupido?»
Caspian spalancò gli occhi.
«Lo hai detto tu, Maestà» replicò lei, soave.
Lui si morse un labbro e tornò a guardare il tasso.
«Da dove è arrivata la strega?»
«Non so, Maestà. Non c’era nessuno…e un attimo dopo c’era lei»
«Maleficio!» urlò qualcuno dei presenti.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Da dove arrivi?» le chiese il re, puntandole addosso quei suoi occhi scurissimi, così particolari.
 
Hermione rifletté al volo.
Poteva mentire, ma non sapeva abbastanza di Narnia per raccontare una bugia soddisfacente.
Ma se diceva la verità, rischiava di cacciarsi in guai peggiori.
Eppure, quel ragazzo non sembrava volerla condannare a priori.
«Arrivo dall’Inghilterra, da una scuola di Magia che si chiama Hogwarts» disse, d’un fiato.
Caspian sbarrò gli occhi, insieme a molti dei suoi soldati.
«Hogwarts è una scuola per maghi e streghe e io… Io sono capitata per caso in un corridoio che non conoscevo e ho aperto un porta. Dentro c’era un armadio, che però non era un armadio. Voglio dire: non aveva il fondo, dentro c’era una foresta. Lì ho visto Tartufello, ho visto che era in pericolo. E sono entrata nell’armadio. E sono finita qui»
Si zittì, mordendosi il labbro, consapevole di quanto penosa risultasse quella storia.
I soldati, infatti, gridavano a gran voce e il Lord che l’aveva catturata borbottava infuriato qualcosa sul fatto che le streghe sono bugiarde e mentitrici, come sanno tutti, e che lui una storia più ridicola e assurda non l’aveva mai sentita.
 
Hermione cercò Caspian con gli occhi e lo vide fissarla, incredulo e pallidissimo.
Fece due passi verso di lei, quasi barcollando, e la afferrò per le braccia.
Hermione sussultò e fece per tirarsi indietro, ma lui serrò la presa.
«Un armadio? Davvero? Sei passata…attraverso un armadio?»
Sembrava febbricitante, delirante.
Lei annuì.
«E…e…hai detto  Inghilterra
Hermione annuì ancora e si guardò attorno, preoccupata.
Improvvisamente, la situazione le sembrava ancor meno normale.
Tentò di divincolarsi ma lui strinse forte le braccia tra le sue mani e lei poté solo notare che aveva delle mani grandi, eleganti e affusolate, con le dita lunghe.
«Puoi farmi vedere quell’armadio?» mormorò all’improvviso lui.
La ragazza sbarrò gli occhi.
«Ti prego» bisbigliò il ragazzo, come se avesse paura di farsi sentire «Ti prego, voglio solo vederlo»
«Non…non so dov’è» balbettò lei «Quando mi sono voltata indietro era sparito…Altrimenti sarei subito tornata a casa!»
 
Impossibile fraintendere l’espressione di lui: delusione pura.
 
«Possiamo cercarlo?» le chiese ancora.
«Guarda, io sarei la persona più felice del mondo se lo trovassimo, così potrei andarmene di qui!»
Si guardarono ancora per un attimo, poi Hermione mormorò:
«Mi fai male…per favore…»
Caspian sembrò riscuotersi da un sogno ad occhi aperti e le lasciò le braccia con aria colpevole mormorando una scusa.
Poi le diede le spalle e si passò una mano sugli occhi.
«Maestà?» disse titubante uno dei suoi uomini.
Ma lui alzò la testa e si limitò a dire:
«Andate a cercare questo portale. Immediatamente»



Buongiorno!
Il mio piano di chiudere le altre storie aperte mi sta facendo concentrare su "Escape", che è prossima all'epilogo... Ma non posso abbandonare questa nuova ff :)
Ho unito due capitoli, perchè volevo farvi leggere dell'incontro tra Hermione e Caspian. Spero vi piaccia!

Ancora grazie a SusanTheGentle, la mia gemella astrale e bravissima autrice qui su Efp, per il supporto che mi dà sempre e per il banner bellissimo che ha fatto per questa storia: grazie Sue, amica mia! <3
E in tema di ringraziamenti non può mancare un abbraccio infinito alla mia Clairy 93, amica preziosa :)

Poi: vi ricordo che ho iniziato un'altra storia, fandom Harry Potter, che trovate qui: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2239039&i=1
E, per tutto, vi ricordo la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/Joy10Efp

Buona lettura,
Joy

   
 
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