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Autore: didi93    12/11/2013    1 recensioni
Bella si è appena trasferita a Seattle per allontanarsi da un passato che le condiziona la vita quando incontra Edward, l’unico con il quale sente di potersi aprire. Per un attimo crede di aver trovato nell’amore la sua salvezza, ma anche lui nasconde qualcosa…
Dal cap. 4
Tutto intorno a me era buio. Attesi che i miei occhi si abituassero all’oscurità, scostai piano le coperte e scesi dal letto, evitando accuratamente ogni rumore. Faceva freddo e il pavimento era gelato. Riuscivo a capire dove mi trovassi, era la mia vecchia camera, le pareti ancora dipinte di rosa come quando ero bambina, gli oggetti perfettamente in ordine sugli scaffali. Ogni cosa era uguale a se stessa, tutto esattamente al proprio posto…tranne me.
Dal cap. 7
Mi guardò per un po’ senza parlare, poi, tenendomi le mani sui i fianchi, mi si avvicinò. Credetti che stesse per baciarmi. In realtà volevo che lo facesse, ma non accadde, si fermò a pochi centimetri dal mio viso, accostò la guancia alla mia e mi sussurrò all’orecchio. -Ho una voglia terribile di baciarti.-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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-FLASHBACK-

“Mio dio, è solo un ragazzino” pensò per l’ennesima volta il portiere guardando il viso diafano del ragazzo che gli domandava di nuovo se la signora Taylor fosse in casa. Si, era in casa e, molto probabilmente, ubriaca come al solito. Omise la seconda parte. Comunque il suo interlocutore non gli avrebbe lasciato il tempo di aggiungere nient’altro, dal momento che si era già precipitato su per le scale.

Era arrivato al terzo piano quando gli tornò in mente che Mary abitava al ventiquattresimo e che quel palazzo disponeva di un ascensore. Attese febbrilmente che le porte di quella scatola di metallo si aprissero mentre pregava che non fosse successo niente di troppo grave alla donna che amava. Uscì sul pianerottolo. La porta in legno scuro dell’attico 23 C era semiaperta. Poteva sentire la voce di lei provenire dall’interno. Rideva, parlava da sola. Proprio come quando l’aveva telefonato qualche minuto prima in preda al delirio. Non era la prima volta certo, ma andava sempre peggio. Tirò un respiro profondo per farsi coraggio, poi entrò chiudendosi la porta alle spalle. Silenzio. Si guardò intorno. Sembrava ci fossero stati i ladri. I vestiti di lei erano ammucchiati sui mobili antichi che riempivano il grande salone e, in un angolo, in bella vista sul parquet scuro, erano riversati tutti i suoi gioielli.
-Mary, dove sei?-
Per un attimo nessuna risposta, poi lei comparve nella stanza, con un bicchiere di liquore ambrato in una mano, barcollando sui tacchi a spillo. I capelli castani le ricadevano ricci e scompigliati sulle spalle e il viso truccato tradiva i suoi sforzi per nascondere l’età. La vestaglia di seta nera che aveva evidentemente indossato senza nessuna cura sembrava stesse per scivolarle di dosso e non rappresentava altro che un’illusione lasciando alla vista la biancheria intima. Il suo fisico asciutto era fasciato da un completino di merletto nero ma, in quel momento, non esercitava sul ragazzo alcuna attrazione, tale era la pena che provava per lei ed il dolore che presagiva per se stesso.
Gli si gettò addosso con una risata sguaiata.
-Che ci fai qui?- chiese.
-Mi hai telefonato.-
Altra risata prima di alzare gli occhi al volto di lui e tornare seria.
-Meglio che te ne vai.- disse con la voce tremante.
Lui non rispose. Non sapeva cosa dire. Non riusciva più a sopportare quel peso e, allo stesso tempo, l’amava. Avrebbe voluto non averla mai incontrata…forse.
-Voglio una birra.- continuò lei allontanando lo sguardo con disinteresse.
Si diresse in cucina, aprì il frigo e prese una lattina di birra. Il ragazzo la seguì preoccupato.
-Dalla a me. La apro io.- provò a dire vedendo che le mani le tremavano.
-No!-
Come per fargli un dispetto, cominciò ad armeggiare con più foga con la chiusura della lattina. Il metallo si tinse di rosso. Più il sangue sgorgava più continuava a tagliarsi le dita, come se quasi volesse farsi del male e, per quanto si sforzasse, non sentisse alcun dolore.
-Fermati Mary!- le intimò lui a voce più alta ma senza osare avvicinarsi.
Sarebbe anche morta dissanguata pur di non dargli ascolto. Si fece coraggio e provò a strapparle la lattina di mano.
-Smettila! Ti ho detto di andartene!- gridò Mary senza darsi per vinta mentre le lacrime cominciavano a rigarle il volto.
La lattina cadde a terra riversando rivoli di birra rossastra sul pavimento e il ragazzo indietreggiò leggendo la rabbia negli occhi di lei. La vide gettare uno sguardo infuocato al ceppo dei coltelli ed estrarne uno.
-Che fai?- chiese facendo qualche altro passo indietro.
La donna rideva e piangeva allo stesso tempo mentre gli puntava contro il coltello. –Hai paura?-
Lui non rispose. Nonostante tutto, pensò, non poteva abbandonarla e anche se l’avesse accoltellato, era quello il suo posto, accanto alla donna che amava come non avrebbe mai amato nessun’altra, ne era sicuro.
-Tu mi ami, non è così?-  continuò Mary con tono canzonatorio.
-Si.- rispose con un filo di voce.
-Allora non devi avere paura ragazzino, ti ho già fatto male abbastanza non credi? Dopo tutto, è l’unica cosa che so fare.-
-Ma perché dici questo? Perché ti fai questo?-
Lei lo guardò seria -Non sono mai stata una buona moglie…e neanche una buona madre……non so fare nulla di quello che gli altri si aspettano da me…neppure ora che ho soldi e invidia sono felice…non lo sarò mai.-
-Non è vero, tu non vuoi essere felice.-
 Rise in modo isterico. -Basta guardare quello che ho fatto a te per capire che persona orribile sono. Io non ti amo, ti ho solo usato. Per me non eri niente di più che una distrazione, niente più che un bicchiere di vino!- pronunciò queste parole con tutta calma e sembrava quasi che avesse riacquistato la lucidità. Lui rimase pietrificato a guardarla, raggelato da quella verità che non aveva mai voluto confessare a se stesso. Lei sorrise, ma fu più una smorfia che un sorriso, poi rivolse il coltello contro di sè e se lo affondò nello  stomaco.
-Mi dispiace Edward.- disse con un filo di voce mentre si accasciava a terra ricoperta di sangue.
 
NOTE
Questo è un piccolo intermezzo, non fa parte della narrazione, ma ho pensato che fosse utile per capire meglio Edward nei capitoli successivi.
E’ più che altro un ricordo di Edward, per questo ho pensato di scriverlo in terza persona. Bella continua a non sapere nulla di tutto questoXD
Spero lo troverete interessante, ciao;)

 

 
  
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