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Autore: DulceVoz    12/11/2013    12 recensioni
Ad un mese dalla scomparsa di Maria, l’incubo non sembra ancora terminato: messaggi minacciosi cominciano a tormentare la vita delle persone a cui la famosa cantante aveva voluto bene… e se a questo vi si aggiungono misteriose scomparse la vicenda si complica ulteriormente… e se quello della maggiore delle Saramego non fosse stato un incidente? Se Violetta e Angie rischiassero tanto in una situazione davvero troppo complicata? La loro protezione, affidata a due bodyguards davvero speciali, cambierà le loro esistenze e nulla sarà più come prima… chi sarà il folle misterioso degli inquietanti avvertimenti? Riusciranno le nostre protagoniste a salvarsi dalle ire di qualcuno che vuole solo vendicarsi per motivi sconosciuti? Una storia di intrighi, azione e amore per gli amanti del giallo e del mistero.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“- Perché? Cosa c’entravano loro?! PABLO, LEON!” le grida disperate di Angie riecheggiavano nella soffitta, mentre il folle mascherato di cui lei e la nipote ancora non conoscevano l'identità,  legava a due sedie davanti all’ultima parete vuota rimasta, i due bodyguards narcotizzati e svenuti. Il ragazzo misterioso che era con lui gli si avvicinò e gli diede uno schiaffo sul viso prima a Vargas e poi a Galindo, per farli risvegliare. I due aprirono gli occhi a fatica poco a poco, misero a fuoco quella polverosa mansarda e, piano, cominciarono a voltare il capo per guardarsi intorno: erano tutti vivi e vegeti e la cosa gli fece tirare un sospiro di sollievo. Da La Fontaine alla piccola Castillo, le presunte vittime si trovavano lì, legate ma ancora in vita. Il pazzo ghignò e si avviò verso il centro della stanza, proprio sulla botola che consentiva l’accesso alla soffitta. “- Bene, ora ci siamo tutti… immagino che anche la polizia, ormai sappia e  quindi dobbiamo velocizzare le cose, per quanto avessi preferito divertirmi di più con tutti voi… ma, ahimè, ora devo scappare con il mio assistente, di conseguenza la vostra fine sarà breve e indolore… e per la seconda non assicuro.” La voce era gelida e quasi metallica, solo dopo quella lunga frase, zia e nipote si fissarono e la donna sussurrò quel nome quasi con timore: “- Beto?” chiese, sgranando gli occhi verdi e analizzando quella maschera bianca come il latte e inquietante come solo quel sospetto poteva essere. “- Ciao, Angela. Sorpresa!” ghignò Benvenuto, abbassandosi il cappuccio e togliendo l’ostacolo che gli copriva il volto. La sua massa di capelli ricci era raccolta e tirata indietro in un codino e il suo sguardo era imperturbabile mentre cominciò a guardare tutti i presenti con aria soddisfatta. “- Lei ma...? Perché?” chiese la Castillo, sconvolta, fissando poi Leon che sembrava ancora intontito e che tentò di abbozzarle un sorriso un po’ sofferente per rassicurarla. “- Non ve l’aspettavate, eh? Certo! Io ero l’insospettabile idiota della situazione! Per rispondere alla tua domanda cara Vilu… beh, posso dirti che è una lunga storia, ma posso raccontarvela, un po’ di tempo ce l’abbiamo ancora prima di eliminarvi tutti! E mi pare giusto che voi sappiate almeno il perché di tutto ciò!” rise l’uomo malvagiamente, mostrando un lato oscuro impensabile. Dov’era il solito prof pasticcione, simpatico e allegro dello Studio On Beat? Cosa voleva da loro e da Maria, soprattutto, che aveva già eliminato? Un cerchio alla testa fece abbassare lo sguardo a Violetta che prese a fissare il polveroso pavimento costituito da assi di legno regolari ma sudice. “- Tutto è iniziato anni fa, al conservatorio centrale di Buenos Aires… Maria Saramego l’ho conosciuta alla mia prima lezione di teoria musicale… era splendida, ancora una ragazza ma dalla personalità e carattere più forte che avessi mai conosciuto. Diventammo subito amici e dopo qualche mese eravamo inseparabili. Quanto era bella… troppo per me. L’ho sempre saputo.” Beto si prese una pausa per prendere un profondo respiro, notando subito che Angie e Violetta avevano cominciato a piangere singhiozzando, un po’ per il terrore di quel momento di panico, un po’ per quel ricordo della famosa cantante. “- IO TI AMMAZZO! Come hai ucciso lei io faccio fuori te, chiaro?!!!” La voce della Saramego era disperata e si agitava come una forsennata nel tentativo di divincolarsi dalla sedia a cui era saldamente legata con una spessa corda. L’uomo non si scompose più di tanto, anzi, ghignò e continuò nel suo racconto ignorandola quasi del tutto: “- Ho sempre sperato, seppur credendoci ben poco, di avere un minimo di speranza con lei… e, forse, ce l’avrei anche fatta se da lì a poco, quando eravamo ancora al conservatorio, non fosse entrato nella sua vita il suo grande e vero amore: German Castillo.” la voce di Benvenuto si era inclinata con odio su quel nome che aveva pronunciato voltandosi di scatto e prendendo ad avanzare con incedere minaccioso verso il suo acerrimo rivale. “- Sei un mostro! Me l’hai portata via! BASTARDO!” la voce di Castillo era sopraffatta dal dolore e anche a lui scese rapida una lacrima sulla guancia, cosa che lui tentò di nascondere abbassando il viso e ritrovandosi a fissare il pavimento, con aria rabbiosa. “- Ti odiavo, German. Ti ho sempre odiato e ti odio ancora più di chiunque altro… non sono stato io a portartela via… o meglio, sì, l’ho fatto… ma tu? Tu non me l’hai forse portata via?” chiese il folle, con voce seria e gelida. “- Io l’amavo più della mia stessa vita! Ed anche per lei era lo stesso! Tu non c’entravi! Purtoppo ti voleva bene ma amava ME!” urlò Castillo, riprendendo a fissarlo con aria nervosa e disperata.
“- Già, lo so bene… e non l’ho mai sopportato. Litigammo aspramente quando ti conobbe. Lei era solo mia e tu eri un intralcio, German! Per fortuna facemmo pace ma dovetti convivere costantemente con la tua presenza nella mia vita! Maria parlava di te, ore ed ore a sentir nominare il tuo nome… che situazione orribile. Poi, per giunta, quando si sposò nacque subito una bella bambina dai lineamenti perfetti e la voce angelica come la sua mammina… Violetta Castillo.” A dover nominare il nome della giovane, l’uomo si voltò come un’ aquila che sta per planare sulla sua preda e si avvicinò con passo deciso verso il lato opposto della stanza, dove si trovava la ragazza che, per un secondo, trattenne il fiato per il terrore. Si sentiva il panico attraversarle le vene, i denti le battevano quasi automaticamente in bocca per la paura e Leon la fissò sperando di calmarla con un solo sguardo, ma fu inutile. Lei neppure se ne accorse, troppo presa dall’ascoltare il suo battito cardiaco aumentare sempre di più, superando il rumore dei suoi pensieri, ormai annebbiati dal panico.
“- Tu sei sempre stata un grande ostacolo per il mio rapporto con tua madre… una delle ragioni per le quali io ero un intruso nella famigliola felice!” esclamò, puntandole un dito contro con fare minaccioso, per poi prendere a camminare in tondo, fissando un po’ tutti. “- Il mio odio cresceva sempre di più, insieme alla ragazzina… Maria era una stella e  lo credo bene! Aveva un talento innato! La vedevo sempre meno, sempre il minimo indispensabile ma poi tornò dopo una tournée, a Buenos Aires. Riallacciammo i contatti e, un paio di volte, la riaccompagnai persino a casa… German si ingelosì… ti ricordi, Castillo? Eri tu, per una volta, geloso del ‘misterioso’ autista che portava a casa la tua mogliettina… la cosa mi piacque davvero tanto! E quando litigaste, poi! In quel periodo ero felice come mai in vita mia! Più Maria mi confidava della vostra crisi e più io mi sentivo bene… dopo anni e anni ebbi sul serio la speranza di avere una chance, quando eravamo diventati due adulti e non più due ragazzi alle prese con gli studi. L’amore della mia vita… sarebbe stata solo mia, finalmente! Le confessai i miei sentimenti una sera dopo averla riportata a casa, tentai di baciarla ma lei mi rifiutò, dicendosi confusa e scappando via dalla macchina. Ci rimasi malissimo… eppure decisi di non demordere ancora. Lei era ancora in cattive acque con il maritino e stava per partire per un altro tour… quello che si concluse, nel vero senso della parola, qui in città, qualche mese fa… venni a sapere da lei stessa che si fosse riappacificata definitivamente con Castillo e tutto grazie alla sua amata sorellina minore che li aveva fatti tornare insieme, mettendoci fin troppe parole di pace… vero, Angie Saramego?” si fermò dalla sua passeggiata in cerchio e si parò di fronte alla terza persona che tanto detestava… la donna che aveva fatto riavvicinare e unire ancora i due sposi. La Saramego lo fissò quasi con aria di sfida ma Beto non si scompose e continuò: “- Io e Maria avemmo un’ennesima forte litigata, il giorno prima dell’ultima tappa al Teatro Mayor… e il giorno dopo… beh, sapete tutti com’è andata! Diciamo che mi sono particolarmente dedicato alla ‘manutenzione’ della sua auto. La conoscevo bene, sapevo che avrebbe preso parte a quello show andandovi con la sua macchina.” esclamò, soddisfatto, Benvenuto, facendo sì che tutti lo fissassero con aria scioccata. “- MOSTRO!!! Ti ammazzo!” la voce di Angie era sopraffatta dalle lacrime. Come aveva potuto fingere di essere  amico di tutti per tutto quel tempo? Quanti anni di rancore aveva celato con quella falsa maschera di simpatia ed eccentricità? L’accecante gelosia di quell’uomo le aveva portato via la sua amata sorella maggiore e avrebbe voluto volentieri eliminare anche lui che aveva fatto soffrire tutte quelle persone a causa della sua mente folle. Angelica iniziò a piangere silenziosamente mentre Violetta singhiozzava disperata. “- No, Saramego Junior… lo farò prima io con tutti voi!” ghignò Benvenuto, scostandosi un ciuffo riccio dagli occhi. “- Lasciale subito! Non hanno sofferto già abbastanza?” la voce di Pablo che, finalmente, si stava riprendendo da quella sorta di anestetico che aveva ricevuto come Leon, fece voltare i presenti nella sua direzione. “- Non ci penso nemmeno, Pablito caro… il mio obiettivo erano solo queste tre persone che ho torturato con messaggi, scontri e quant’altro… ed ora voglio divertirmi!” rise con un suono gelido il moro, passandosi una mano sotto al mento. Intanto, l’altro giovane, incappucciato, se ne stava con le spalle appoggiate alla parete, proprio accanto alla sedia su cui era stritolato in quella corda Vargas, continuava a fissare nella direzione di Violetta, sempre coperto da cappuccio e maschera. “- Aspetta! Se Matias e mia madre non ti interessavano… perché sono qui?” chiese la Saramego, accigliandosi pensierosa, tentando di ritrovare lucidità, nella speranza di perdere tempo e che qualcuno nel frattempo, fosse andato a salvare tutti loro. “- Ottima domanda, bellezza. Dunque… La Fontaine…” iniziò Beto, camminando verso il biondo che lo guardava con odio. Era il primo ad essere stato rapito, aveva vissuto un periodo di solitudine e panico lì dentro fino a quando non arrivò Castillo a fargli compagnia… e, siccome i loro rapporti non erano dei migliori dato che German lo considerava un inutile frequentatore di discoteche che aveva una sorta di relazione “aperta” con sua cognata, le cose erano solo potute peggiorare ritrovandosi insieme lì dentro. “- La prima che volevo eliminare eri tu, Angela e volevo farlo nella stessa maniera in cui avevo fatto con Maria… stavo manomettendo i freni alla splendida Ferrari di La Fontaine, sarebbe morto anche lui ma non mi importava, volevo solo vendetta. Non mi sentivo soddisfatto di aver eliminato Maria… tutti quelli che mi avevano ostacolato nella relazione con lei dovevano pagare, tutti! Quella notte, però, fuori dall’Amnesia, il qui presente idiota si accorse di me steso sotto l’auto e voleva litigare… beh, una bella chiave inglese in testa lo mise a tacere ed è così che è stato il primo della lunga serie a venire a stare nella mia soffitta.” Ghignò con malvagità Beto, continuando a girare in cerchio per poi andare a fermarsi di fronte ad Angelica che sbiancò e alzò gli occhi, terrorizzata. “- In quanto alla tua mammina… beh, lei era fin troppo determinata! E sapevo che in quella casa c’era qualcosa che mi avrebbe incastrato… tipo questa!” sorrise il moro, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni una busta bianca con scritto sul retro, in un elegante carattere a penna nera: “Per Angie.”.
“- C’era il tuo nome lì dentro, eh? Hai portato via quella e la Fernandez che sapevi avrebbe parlato leggendo di te nella lettera!” urlò Galindo, che aveva capito da tempo che il pazzo cercasse qualcosa in quella cassapanca. “- Quando andai a fare visita ad Angelica la trovai inginocchiata proprio davanti a quel mobile… con questa tra le mani! Aveva capito, avevo sentito Angie urlare in corridoio al telefono con la madre di ‘non mettersi nei guai’... Non potevo fare altro, mio caro Pablo! E sono stato anche fortunato ad arrivare giusto in tempo, devo ammetterlo!” sorrise Benvenuto, con la sua solita calma glaciale. “- La pagherai cara, per quello che hai fatto a mia figlia e a tutti noi!” disse, digrignando i denti con rabbia, l’anziana donna. “- E l’auto che mi ha investita? Prima hai tentato in tutti i modi di farmi arrestare e poi volevi uccidermi? Che senso ha?” domandò la Saramego, prendendo ancora tempo.
“- Prima dell’auto ti venni a prendere in piscina, ricordi? Beh, avevo voglia di catturarti… poi però è stata un bene non esserei riuscito a rapirti già a casa tua, considerato mi son divertito di più a vederti soffrire, a farti sentire la colpevole di tutto da parte di quell’inetto di commissario Lisandro… quando ti hanno scagionata perché era scomparsa tua madre, però, non avevo nient’altro da perdere, tu non eri più indiziata e ti investì sperando di farti fuori direttamente! Che gioia in quel parcheggio! Pensavo davvero di averti messa fuori gioco… e per giunta con la macchina di tua madre che era già sparita nel nulla! Dannatamente geniale!” si pavoneggiò l’uomo, alzando le braccia al cielo, come per celebrare il suo piano perfetto. “- Ed io? Hai avuto il coraggio di chiudermi lì dentro con quella bestia, il giorno della festa a sorpresa!!! Volevi uccidermi senza pietà, divorata da quel mostro!” urlò d’un tratto la giovane Castillo, ancora con il viso bagnato dalle lacrime e gli occhi gonfi. “- No… o meglio, l’idea di farti fuori l’avevo… ma in quel caso ha pensato a tutto il mio collaboratore.” Disse Benvenuto, indicando il giovane poggiato al muro che salutò con un gesto rapido della mano, per poi avanzare, controvoglia, per posizionarsi accanto al suo capo. “- Fatti vedere in faccia se ne hai il coraggio!” urlò Leon, indignato. Se solo avesse potuto slegarsi avrebbe preso a pugni quei due pazzi, come potevano covare tanto odio? E chi era quel moccioso, probabilmente più piccolo di lui che aveva aiutato il folle? “- Tu mi hai preso sulle scale! Ho sentito la voce io… io HO  CAPITO CHI SEI!” urlò d’un tratto Leon, sgranando i grandi occhi verdi e fissandolo, tremante di rabbia. “- Salve a tutti…” sorrise il ragazzo, scostandosi il cappuccio dalla testa e lasciando scoperti dei folti capelli corvini. Nessuno fiatò ma attendevano che si abbassasse anche la maschera: un grosso neo sulla fronte, occhi chiari, pelle bianca e pallida… era lui, era… “- THOMAS?!” esclamò Violetta, fissandolo a bocca aperta. “- Sì signori, io.” Disse con tono fiero il ragazzo, sorridendo a Beto che gli circondò le spalle con un braccio con fare paterno. “- Dopo la morte di tua madre eravamo così uniti mia cara Vilu! Sapevo che un giorno saremmo stati insieme. Ero stanco. Stanco di essere l’amico senza speranze! Non ne potevo più! Poi è arrivato quello lì…” esclamò Heredia, indicando Vargas che mosse la testa come per volerlo affrontare, dimenticandosi di essere legato. “- …e la situazione è peggiorata, anzi, precipitata. La sera, quando in quel locale di musica live cadde il riflettore per opera del mio capo che sperava di eliminarti o farti fuori, io non ero ancora alleato con Benvenuto… ero solo disperato e volevo farvela pagare! A te e al caro Leon. La goccia che fece traboccare il vaso fu il giorno a casa Toledo… Leon mi picchiò per l’ennesima volta ed io le presi ancora, subendo in silenzio.” Disse, seccamente, il giovane. “- TE LE MERITAVI! Hai trattato malissimo Violetta dopo la serata karaoke, convinto di un amore che ancora non c’era!” urlò Leon, agitandosi come per volersi slegare. “- Appunto… ancora. Io sapevo che sareste finiti insieme, si poteva intuire. Una sera, però, entrai nella sala strumenti e vi trovai Beto che sistemava qualcosa…”
 
La sala degli strumenti era illuminata e Thomas vi si avviò con aria depressa. Come aveva potuto Leon baciare la sua Violetta davanti a tutti? Lo aveva fatto per fargliela pagare ancora una volta, ne era sicuro! Probabilmente neppure l’amava quanto lui, lo voleva solo far stare ancora peggio, sì, questa era la sua convinzione. Lui l’avrebbe amata davvero, lui e solo lui la capiva, le stava vicino, meritava di stare con la Castillo! Si avvicinò allo sgabuzzino alle spalle delle tastiere e vi notò la porta socchiusa. “- Beto! Che sta facendo?” il professore, con calma glaciale si voltò piano, sollevando un borsone dal suolo. “Sistemo le mie cose lontano da occhi indiscreti…” sintetizzò, piano, con voce metallica l’uomo, facendo correre un brivido lungo la schiena del giovane… come mai era così freddo e stranamente misterioso? “- Cos’è questa?” chiese lo spagnolo, chinandosi a raccogliere una sorta di maschera bianca e tetra. “- Dammela!” urlò l’uomo, strappandogliela dalle mani, senza dare troppe spiegazioni.
“- Cos’è quella faccia, ragazzo? Pene d’amore?” intuì subito l’insegnante cambiando discorso, richiudendo il suo borsone e uscendo dallo stanzino. “- Violetta Castillo.” Sentenziò il giovane, con un sospiro disperato nel dover solo nominare quel nome, sedendosi allo sgabello della batteria e tenendo lo sguardo basso sullo strumento. “- Ah, quel cognome comporta solo problemi…” ridacchiò Beto, andandosi ad accomodare dietro la tastiera e sistemando un po’ la sua scrivania… davvero inusuale per il solito prof pasticcione e disordinato! “- Cosa?!” chiese, confuso, il giovane, accigliandosi perplesso. “- Ti racconterò una storia, Thomas. Anch’io ho sofferto per amore e tanto. Se mi aiuterai, avrai la tua rivalsa come me e poi spariremo da questo posto, ma prima che io parli devi dirmi se sarai d’accordo a prescindere da quanto ti dirò, seppur potrà sembrarti malvagio… una dura vendetta per chi mi ha fatto tanto soffrire, entrambi.” spiegò Benvenuto, scarabocchiando su un foglio davanti a sé con la sua fedele stilografica. A quelle ultime parole il giovane Heredia incrociò lo sguardo dell’uomo e si riconobbe in lui: forse, in qualche maniera, quell’uomo gli somigliava più di quanto non immaginasse… Beto lo aveva già intuito da tempo che fossero simili e, seppur il ragazzo non avesse visto quella maschera, probabilmente, sentendosi simile a lui, gli avrebbe comunque proposto quell’accordo. “- Qualunque cosa sia… accetto.” Disse Thomas, fissando il docente con decisione e facendolo ghignare… quel ragazzo era proprio come lui, innamorato e disperato. Prese un profondo respiro e poi iniziò il suo macabro racconto…

 
“- Io ti… credevo un amico! Non è colpa mia se non ero innamorata di te, Thomas!” la voce di Violetta era tremante e il ragazzo la fissò con noncuranza. “- Sì, certo. Non era colpa tua… non è mai colpa tua!” disse, con volto cupo, Heredia, mentre Leon inveì qualcosa di pesante contro lo spagnolo che finse di non aver sentito. “- Sono riuscito a riavvicinarmi a voi, ero il povero cane bastonato che aveva perso la testa per… Emma, ah, una mia povera vittima… non l’ho mai amata, sai, Vilu? L’ho usata per dimenticare te, invano. La mattina della festa a sorpresa riuscii a prendere il cellulare dalla giacca di Leon e ad inviare quel sms. Fu una passeggiata dato che sospettavate tutti di Gregorio o Jackie… mancava in quelle foto perché andò un secondo in sala professori, ricordo bene... lo invitai io ad andare a vedere il suo registro su cui dissi di aver visto la Saenz scrivere dei voti che non spettavano a lei! Studiavo tutti i suoi movimenti per farlo incastrare e, ovviamente, avevo notato DJ immortalare il tutto… non comparendo più nella sala, tutti avrebbero sospettato dello strano prof di danza! Ah, visto che ci siamo, il tablet lo distrussi io… Pablo, grave errore venire a salvare le foto in classe, riconobbi subito che quell’affare era del caro amico blogger messicano:.. e, furioso, qualche giorno dopo pensai a distruggerglielo!” ridacchiò il giovane, soddisfatto. “- Bene, ed ora che tutto è stato chiarito, iniziamo… abbiamo un volo tra 2 ore, io e il mio socio ci trasferiremo in Australia!” ghignò Benvenuto, fissando tutte le sue prossime vittime, legate su sedie presso ogni parete della soffitta. “- Da chi iniziamo, vediamo un po’…” sorrise lui, girando in tondo e facendo battere forte i cuori di tutti i presenti. “- German! Il mio nemico numero uno…” decise Beto, fermandosi davanti all’uomo che non mostrò la paura tremenda che aveva. “- Prendi solo me. Tu in realtà vuoi me, non loro. Lasciali andare… soprattutto la mia bambina che non ha nessuna colpa!” esclamò, con aria glaciale, Castillo, sorridendo debolmente alla figlia che scosse il capo con sofferenza. “- Qui nessuno ha colpa di nulla, tu odi di più me. Io li ho fatti riappacificare, no? Perfetto. Sono qui, avanti!” Angie, con quelle parole, lo sfidò ancora, facendolo voltare di scatto e attraversare la soffitta con aria fredda e incedere allegro.
“- Ah, signorina Saramego, non ha tutti i torti… ecco perché mi sarebbe piaciuto farla passare per colpevole grazie all’idiozia palese di quel commissario da strapazzo che, conciata com’eri, non ti avrebbe mai creduta! O sbaglio, reginetta dell’Amnesia?” a quelle parole fu Galindo ad agitarsi come per sciogliersi dalle corde e colpire con un gancio il folle. “- LASCIALA STARE! NON TI AZZARDARE A TOCCARLA!” urlò, furioso e disperato il moro. “- Ah ah ah, il bodyguard! Lo capii subito che Roberto, incapace com’è, vi avrebbe solamente messo sotto protezione! Era troppo strano l’arrivo del nuovo ‘professore’ e del nuovo ‘alunno’ nello stesso giorno! Non sono mica idiota come pensavate?” sorrise Benvenuto, camminando avanti e indietro per la mansarda. “- Nessuno sospettava mai di me! Mi reputavate così stupido da non essere in grado di mettere in atto tutto questo?” aggiunse poi, improvvisamente furioso l’uomo, facendo ribattere subito Galindo: “- Doppia personalità! Tipica dei criminali folli, come te. Ma hai toppato nel momento in cui hai dovuto far sparire la signora Fernandez… a quel punto hai automaticamente scagionato Angie e, per vendicarti, hai iniziato ad agire volendola eliminare… ammettilo! La piscina era un avvertimento, ti serviva che lei fosse in circolazione per far cadere ogni sospetto di Lisandro su di lei, ma, ahimè ti è andata male. Angelica ha trovato la lettera e l’hai dovuta togliere di mezzo insieme a quel tassello fondamentale e tanto scomodo per te… un altro errore madornale lo hai fatto perdendo la penna sul davanzale… non lo sapevi, Benvenuto? Difficile portare via due corpi senza lasciar tracce, no? Per quanto tu fossi in gamba i passi falsi li hai commessi comunque!” la voce di Pablo fu come una provocazione per Beto che analizzò l’espressione seria di Galindo che, a sua volta, manteneva la calma e non gli staccava gli occhi di dosso, neanche per un secondo. “- Ormai non mi interessa più di qualche piccolo sbaglio! Vi elimino tutti e sparisco!” rise il pazzo, andando verso un baule nell’angolo della soffitta ed estraendone una pistola d’argento che fece sgranare gli occhi a tutti i presenti. “- Pezzo d’epoca, vi piace?” si pavoneggiò Benvenuto, brandendo l’arma con sicurezza. “- Mi lasci Vargas e la Castillo! Me ne occuperò io!” esclamò, euforico, Heredia, facendo sobbalzare la giovane. Lo credeva sincero, affidabile… forse non lo era mai stato, neppure prima di allearsi con Beto. La amava e non gli interessava averla come amica. Forse, in segreto, la doveva odiare già quando lei lo considerava solamente un amico, rompendo ogni sua speranza d’amore.
“- Arrenditi e non ti succederà nulla! Meglio pagare per un omicidio che per sette… lascia perdere tutto, tanto la polizia starà per arrivare, ne sono certo!” disse Galindo, tentando di placare le ire di Beto, purtroppo peggiorando solamente la situazione. “- Come? Stanno per arrivare? Oh no, lo sospettavo… in questo caso devo velocizzare ancor di più il processo…” disse, caricando l’arma estraendo dalla tasca della giacca sette proiettili d’argento che luccicarono nel buio. “- Un colpo, uno solo e sarà tutto finito… peccato, avrei preferito divertirmi un po’ di più con alcuni di voi in particolare… beh, pazienza. Tanto già vedere le vostre facce terrorizzate, per tutto questo tempo, è stato abbastanza soddisfacente!” mentre diceva quelle parole si stava avvicinando ad Angie che trattenne il fiato per qualche secondo… nel vedere l’arma la sua solita aria spavalda era scomparsa e tremava come una foglia scossa dal vento. “- German… ti tengo per ultimo, mio caro. Iniziamo dalla bella sorellina, la paciera che mi ha distrutto i piani, definitivamente.” Disse, puntandole la pistola contro. “- NO! Ti scongiuro prendi me ma lasciala in pace!” inaspettatamente Galindo cominciò a piangere, senza neppure rendersene conto, una lacrima gli solcò il viso e non poté fermare nemmeno la seconda e la terza che seguirono. “- Innamorato, eh Pablito? Mi dispiace! E poi, tra qualche minuto, la raggiungerai, tranquillo!” sorrise il riccio, distogliendo per un minuto lo sguardo sulla donna che respirava affannosamente, con il terrore dipinto nei suoi grandi occhi verdi. “- ARRENDITI, BENVENUTO! GETTA LA PISTOLA E RESTA CON LE MANI IN ALTO!” D’un tratto la botola si aprì, facendo voltare tutti in quella direzione…“- Dannazione!” urlò Beto, mentre un ragazzo moro e Lisandro facevano capolino, con le armi in mano, nella soffitta.  “- HO DETTO BUTTA QUELLA PISTOLA!” esclamò ancora Lisandro, mentre Beto non sapeva cosa fare e Thomas era rimasto paralizzato dalla paura… li avevano beccati!
“- Benvenuti! Volete unirvi alla festa?” rise Benvenuto, mentre il commissario e l’agente continuavano a tenergli le loro armi puntate addosso. Andò, sorprendentemente, dietro la sedia di Angie e slegò rapidamente le corde che la tenevano stretta a quel posto, l’afferrò per la vita e la prese come ostaggio. “- Lasciala andare! Non peggiorare la tua situazione!” urlò Dominguez, mentre la bionda era stretta nella morsa del folle. “- Peggiorare? Perché la mia situazione puo’ ancora peggiorare? Ho ucciso una donna e rapito 7 persone!” esclamò, quasi piangendo, il pazzo. “- Ma adesso… adesso devo togliermi qualche soddisfazione!” borbottò, fissando il viso della Saramego che sembrava pietrificata. “- Thomas Heredia! Non pensare di fuggire da quella botola!” Diego si voltò verso il giovane spagnolo che fissava quella via di fuga da fin troppo tempo, ormai. “- Diego! Il fidanzatino della Ferro, che piacere rivederti!” ghignò Heredia, con aria malvagia. “- Non la farai franca, amico! Mi sono beccato un morso di pitone e suppongo sia per colpa tua, vero? E chi mi ferisce la paga molto cara…” sintetizzò Dominguez, puntandogli l’arma contro, mentre Lisandro continuava a cercare di dissuadere il folle. “- Lascia andare quella donna, Benvenuto!” urlò Roberto, brandendo la pistola ma sembrava tutto inutile: Beto teneva ancora stretta la Saramego e non sembrava avesse la minima intenzione di arrendersi e liberarla. La tensione era alle stelle: Dominguez puntava l’arma verso Heredia che se ne stava incollato al muro, anche alquanto impaurito ma tenendo la sua aria da sfacciato stampata sul viso. Lisandro e Beto si puntavano le pistole tra loro mentre la bionda era tenuta ancora come ostaggio dal pazzo che, di tanto in tanto, dirigeva la sua anche verso di lei, tremante, pallidissima e immobilizzata dalla paura. “- Allora? Arrenditi ora, sei ancora in tempo! Se ti consegni tu ti sarà molto utile in tribunale, sai?” urlò il commissario, gelidamente, sperando che quel tizio lo ascoltasse e che lasciasse stare la donna. “- Lasciami in pace, commissario senza cervello! Sparisci e fai finta di nulla, o la signorina qui sarà la prima della lunga serie di vittime! O meglio, la eliminerò comunque ma prima di come avevo previsto!” esclamò il folle, ormai ancor più fuori controllo. Pablo sbiancò e cominciò ad urlare, in preda al panico per la sua amata: avrebbe voluto liberarsi da quella morsa di corde, picchiare o addirittura far fuori quel pazzo che stava terrorizzando tutti, in primis la sua Angie che brandiva come ostaggio. Beto continuava a stringere la Saramego e l'ansia in quella soffitta era giunta ad un livello elevatissimo: tutti temevano il peggio, quel tizio non si faceva problemi nell’eliminare qualcuno, lo aveva già fatto con Maria e, probabilmente, non aveva paura di ripetere quel gesto spaventoso… ma, improvvisamente, avvenne qualcosa di inaspettato.
 
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Aiuto! Le rivelazioni di Beto e del suo complice… (inaspettatissimo, diciamocelo! Anche se qualcuno lo aveva già sospettato! Bravi a chi ci aveva preso! ;)) sono state da brividi! Due amori impossibili che li hanno spinti alla follia! Due pazzi uniti e senza scrupoli, insomma! D: Questo capitolo è disperato e teso allo stesso tempo… spero vi sia piaciuto! Manca poco alla fine! Fatemi sapere cosa ne pensate della storia fin qui, vi sta piacendo? Cosa sarà successo adesso? Baci, alla prossima! Ciao! :)
  
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