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Autore: Critti    24/04/2008    2 recensioni
Il tempo passa. I giorni galoppano come cavalli che corrono lontano, portando con sè l'oblio di una promessa che in un modo o nell'altro deve essere mantenuta. Riusciranno i Cullen a soddisfare la parola data ai Volturi? La loro decisione sarà priva di conseguenze? Lo scoprirete in questa ff, che prende avvio nel momento esatto in cui la Meyer aveva interrotto la narrazione di Eclipse.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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EPILOGO
Because days come and go, but my feelings for you are forever...
Forever, Papa Roach

«Bella, ho dimenticato una cosa di sopra. Vedi di non farti rapire da qualche strana creatura mentre vado a recuperarla».
«Ok, ci proverò», promisi.
Alice lasciò il salotto fluttuando, bellissima nel suo abito chiaro, e salì di corsa le scale. Perchè solo io dovevo avere qualche problema con i tacchi?
Mi sedetti esausta sul divano, attenta a non sgualcire il meraviglioso vestito che Alice aveva disegnato per il mio matrimonio.
Di scatto, però, mi rialzai. Ebbi la strana sensazione che mancasse qualcosa. Cercai negli arredi del salotto di casa Cullen, festosamente addobbato per l’occasione, la risposta al mio silenzioso interrogativo.
Quando i miei occhi si posarono sulla composizione floreale sistemata sul pianoforte mi resi conto che l'incubo si stava ripetendo: mancava il bouquet.
«Alice!», chiamai con voce lamentosa.
Tacqui quando sentii il campanello suonare. Mi avvicinai con cautela alla porta, temendo che si trattasse di Edward: lo sposo non poteva vedere l'abito della sposa prima del matrimonio. Secondo molti portava sfortuna e noi ne avevamo già avuta abbastanza.
Tuttavia, la figura esageratamente alta che si intravvedeva attraverso il vetro opaco della porta non poteva essere quella di Edward. Ebbi un tuffo al cuore.
Aprii la porta lentamente, pregando con tutte le mie forze che il mio inaspettato visitatore avesse un'espressione diversa rispetto a quella dell’ultima volta in cui l'avevo visto. Non meritava altro dolore.
Quando vidi Jacob, vestito in modo impeccabile e con il mio bouquet in mano, ricordai il nostro ultimo incontro a casa mia. Allora, non credevo che l’avrei rivisto di nuovo.
Gli sorrisi timidamente e lui ricambiò.
«Ciao Jake», dissi in un sussurro.
«Ciao Bella». Tacque. Sembrava in difficoltà con le parole.
«Be’, lo so che l’aggettivo è riduttivo, ma…Sei bellissima». Sentii le mie guance avvampare.
«Grazie. Come mai da queste parti?». Cercai di prendere tempo prima di affrontare l’argomento che premeva ad entrambi.
Mi porse il bouquet, abbozzando un altro sorriso.
«Mmm…Un uccellino mi ha raccontato le tue recenti disavventure con i bouquet e quindi ho pensato di non fare cosa sgradita andando a prendertelo di persona».
«La novità degli uccelli parlanti dovrebbe stupirmi?».
Jacob si fece improvvisamente serio. Era giunto il momento che avevo tanto temuto.
«Bella, non avresti dovuto agire in maniera così avventata scappando in Italia. Avremmo potuto trovare una soluzione…Insieme».
«E permettere che Edward morisse?». Notai una lieve nota di isterismo nella mia voce. Cercai di ricompormi.
«Scusami Jake, non ce l’ho con te. Sono solo un po’…Stanca».
Jacob accarezzò la cicatrice bianca che Leah mi aveva involontariamente provocato nel tentativo di salvarmi da Irina.
«Stai tranquilla, capisco benissimo. Anzi, sono io che dovrei chiederti scusa per la mia testardaggine. Avrei dovuto comprendere le tue intenzioni già molto tempo fa. La mia corsa in Italia è stato…Uno stupido atto di presunzione». Mentre parlava abbassò lo sguardo. Mi immaginai soltanto il luccichio che mi sembrò di scorgere nei suoi occhi?
« Jake…». Cercai di celare il lieve tremore che tradiva il mio dispiacere per ciò che era accaduto.
«Se tu non mi avessi raggiunta in Italia…Sarei sicuramente morta. Ancora una volta, la tua ostinazione mi ha salvata». Mi sforzai di riempire le mie parole di gratitudine.
«Grazie Jake. Mi dispiace che questa misera parola sia tutto ciò che ti posso dare in cambio della vita che mi hai restituito, ma è sincera».
Rimasi piacevolmente colpita dalle mie parole. Pronunciate con calma e con rinnovata sicurezza, non mi avevano provocato quella disperata tristezza che avevo provato tante altre volte parlando con Jacob dopo aver fatto la mia scelta.
Jacob mi sorrise (forzatamente? Non seppi dirlo.) e mi prese la mano destra, baciandola delicatamente.
«Il tuo ringraziamento è meno misero di quanto possa sembrare, Bella. Mi basta. Davvero».
La risolutezza che poco prima era giunta in mio aiuto cominciò ad abbandonarmi poco a poco.
« Potrai mai perdonarmi per quello che ti ho fatto?», dissi d’un fiato.
« L’unica cosa di cui dovrai farti perdonare se non ci diamo una mossa sarà il tuo ritardo al tuo matrimonio».
Dopo tanto tempo, vidi Jacob ridere di nuovo. Gli sorrisi di rimando, sorpresa per la sua reazione alle mie parole.
Dietro di me sentii un lieve fruscio e Alice mi fu accanto. Sorrisi di nuovo di fronte all’incredibile differenza d’altezza tra lei e Jacob.
« Jacob», salutò Alice con un cenno.
« Alice», rispose Jake tranquillo.
« Andiamo», suggerii io.
Jacob mi porse il braccio e accanto ad un’Alice trepidante come non mai ci dirigemmo verso la Mercedes di Carlisle, al cui interno ci aspettava Jasper, comodamente seduto al posto del conducente.

***



Quando il portone della piccola chiesa in cui io ed Edward ci saremmo sposati si aprì mi mancò il fiato. Charlie mi strinse forte la mano, consapevole dell’arcobaleno di emozioni che mi avvolgeva il cuore.
«Andiamo», mi sussurrò mio padre, porgendomi il braccio.
Lentamente, cominciammo ad attraversare la navata centrale. Ai nostri lati una trentina di persone ci guardava. Notai con piacere che Edward aveva mantenuto la promessa di invitare solo pochi amici intimi.
All’ingresso notai tutti i miei amici di scuola: Tyler, Eric, Mike (gli unici imbronciati), Angela, Ben, Jessica e persino Lauren.
Subito davanti a loro scorsi con sorpresa alcuni dei ragazzi di La Push: Quil, Embry, Seth e naturalmente Jacob, in piedi di fianco a Leah, che lo teneva per mano. Notando quel piccolo gesto cercai di non abbandonarmi a speranze vane, ma in cuor mio augurai a Jake tutta la felicità che io non avevo potuto offrirgli.
Vicino all’altare, belli come un sogno, quasi tutti i Cullen mi guardavano raggianti. Persino Rosalie sorrideva timidamente.
Di fianco a loro mia madre mi salutò con un lieve cenno della mano. Aveva gli occhi lucidi, ma ignorava il fazzoletto che Phil le porgeva.
Notai altri visi più o meno noti, ma quando vidi Edward che mi aspettava accanto al prete non mi importò più di nient’altro.
Emanava un’aura di serenità e di soddisfazione contagiante. Lo guardai nei suoi splendidi occhi dorati, mentre sul suo volto si disegnò un sorriso sghembo tanto bello da fermare il cuore.
La musica che aveva accompagnato l’ingresso mio e di mio padre in chiesa cessò, e la chiesa si riempì della voce profonda del prete.
Le frasi si susseguivano veloci, ma io ascoltavo appena, pronunciando ogni tanto le parole che mi avevano raccomandato di dire.
Ad un tratto sentii un tocco freddo sulla mano sinistra. La voce morbida di Edward mi svegliò dal torpore e dallo stato di incredulità in cui mi trovavo.
«…Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». Sorrise pronunciando le ultime tre parole. Il prete lo guardò perplesso, mentre io, incapace di alzare lo sguardo, sentivo che due grosse lacrime di gioia minacciavano di rovinarmi il trucco.
Con voce rotta, pronunciai a mia volta le promesse di matrimonio, mentre la mano ghiacciata di Edward mi accarezzava la guancia, cancellando quelle che sarebbero state le mie ultime lacrime.
«Mi basta», sussurrò Edward con dolcezza mentre il prete aveva ripreso a parlare.
«Per sempre», gli risposi sorridendo.

***



«Aspetta».
«Arrivo subito, Edward. Vado a togliermi questa tenda,così sarò più comoda».
«Alice potrebbe offendersi sentendoti».
Edward salì i pochi gradini che conducevano al piano superiore di casa sua e mi strinse forte a sé.
Era il crepuscolo e il silenzio che nuovamente regnava sovrano in casa Cullen dopo il banchetto di festeggiamento era rotto solo dalle nostre parole.
«Prima che ti cambi mi piacerebbe andare in un posto. », aggiunse educato.
«Andiamo», gli dissi prendendolo per mano. Scendemmo le scale di corsa non richiudendo nemmeno la porta di casa. Il caldo afoso che ci aveva tenuto compagnia durante tutte la giornata, finalmente, si stava dileguando, sospinto via da una lieve brezza di fine estate.
Improvvisamente Edward si fermò, allargando le braccia. Probabilmente si accorse del mio sguardo interrogativo e preoccupato, perché subito aggiunse:
«Non posso portarti in spalla con quel vestito».
«Io l’avevo detto che sarebbe stato meglio toglierlo».
Un paio di secondi più tardi, Edward stava sfrecciando tra le fronde degli alberi.
Mi sentivo…Leggera, come non lo ero mai stata. Passammo attraverso una radura e il sole che declinava lentamente dietro l’orizzonte illuminò la fede d’oro che le mani sicure di Edward avevano infilato poche ore prime al mio anulare. Io, goffa e impacciata anche nel giorno del mio matrimonio, avevo avuto qualche difficoltà in più.
Alzai gli occhi, per guardare il volto perfetto di Edward. Sembrava…Pensieroso. Avrei dato qualunque cosa per sapere che cosa gli stesse passando per la testa.
«Ormai penso che tu abbia capito dove stiamo andando, ma preferirei che chiudessi gli occhi».
Obbediente, mi abbandonai al buio, rabbrividendo di tanto in tanto per la frescura che ormai stava avvolgendo il bosco.
Ad un tratto Edward si fermò, deponendomi delicatamente a terra.
«Ora apri gli occhi».
Solo una volta la radura era stata più bella di allora: quando un leone pazzo e masochista aveva preso in disparte uno stupido agnello, succube del fascino di quella magnifica creatura, confessandogli un amore che sarebbe durato per sempre.
Edward mi accompagnò al centro esatto del meraviglioso cerchio ancora illuminato da sole ed entrambi ci sedemmo sull’erba, tra cui spuntava qualche fiore tardivo.
Il suo profumo straordinariamente buono rendeva quel quadretto di bellezza e serenità ancora più perfetto.
«Come state stasera mia cara?», disse il mio Darcy guardando lontano.
Decisi di stare al gioco.
«Molto bene, ma vorrei che non mi chiamaste "mia cara"». Sorrise.
« Che appellativo dovrei usare?»
«Fatemi pensare…"Bella", quotidianamente. "Mia perla", la domenica. E "beltà divina", nelle occasioni speciali». Edward si fermò, incatenando il suo sguardo dorato ai miei occhi castani.
«E come dovrei chiamarvi quando sono arrabbiato? "Signora Cullen"?»
«No. No. Chiamatemi signora Cullen solo quando siete completamente, perfettamente e ardentemente felice».
« E come state questa sera... Signora Cullen? ». Mi baciò la mano.
« Signora Cullen...». Il polso.
«Signora Cullen...». La spalla.
«Signora Cullen...». Il collo.
«Signora Cullen…». Le labbra.

 Spero che vi sia piaciuta almeno un po'!^^ Alla prossima!

 

 

 

  
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