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Autore: kiara_star    12/11/2013    6 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap3
L' ultima lacrima



III.





Aveva lunghi capelli neri, vispi occhi color zaffiro, mani calde e morbide. Mani strette nelle sue.
Thor le sfiorò il viso e sorrise.
Il sole era una carezza sulla pelle, Asgard era bella come in ogni altro giorno.
«Padre?»
Occhi tanto simili ai suoi eppure così diversi.
«Cosa c'è?»
«Mi ami, padre?»
Thor le baciò dolcemente la fronte.
«Più della mia vita.»
Lei sorrise, il sorriso dolce e furbo che non poteva non riconoscere.
«E faresti di tutto per me?»
«Ogni cosa e anche oltre.» Sentirla ridere era il più bel dono che potesse esistere. «Chiedimi e avrai.»
«Posso avere quell'astro lassù?» La piccola mano indicò la stella che bruciava rovente nel cielo.
«È tuo.»
«E anche la forza di quest'albero?»
«È tua.»
«E l'oro dei tuoi capelli?»
«Dammi una lama e lo avrai.»
Rise ancora e le braccia si strinsero teneramente attorno alle sue spalle.
Thor sentiva battere il piccolo cuore contro il suo petto.
Poi si fermò.
Il suo calore, il suo cuore.
Tutto si fermò.
«Padre... Perché?»
Le braccia lo strinsero più forte. Le nuvole grigie e torbide macchiarono l'azzurro della volta.
«Diglielo. Merita di sapere.»
La voce arrivò dal suo fianco. Thor vide la donna che lo guardava con una sola lacrima a rigarle una guancia.
«Perché, padre?»
Quando la bambina lo guardò anche il suo volto lacrimava. «Perché non mi hai permesso di nascere?»
Un fulmine tagliò il cielo.

Erano passati secoli da quando aveva visto quel viso, il viso che aveva sognato a lungo, che aveva disegnato nei suoi pensieri e nelle sue speranze quella notte, quel viso che aveva amato anche se non aveva mai potuto sfiorarlo con le dita.
Si mise a sedere respirando brevi e veloci ansiti.
Il sole era calato, New York si preparava a sprofondare nell'abbraccio della notte.
Bruce gli aveva dato altre pasticche; le aveva prese senza chiedere cosa fossero e poi aveva avuto sonno.
Tony aveva già preparato una stanza.
Guardò le sue mani, piccole, mortali, vuote e sentì il peso di mille colpe gravare sulle spalle.
Si toccò un ventre altrettanto vuoto e una sola lacrima rigò la sua guancia.



*



«Penso siano collegate a quanto successo a Thor.»
«Lo credo anche io.»
«Ovviamente non possiamo sapere cosa significhino finché non si sveglia.»
«Ammesso che lo sappia.»
Steve ascoltò ancora Natasha e Tony parlare mentre teneva gli occhi fissi sulle figure che si disegnavano sul tavolo di vetro del laboratorio.
Quando Thor era tornato ed era tornato senza il suo fedele Mjolnir, Steve aveva capito che la situazione era
più grave di quanto avevano creduto. Tony aveva scherzato, come il suo solito, e lui aveva avuto la cattiva idea di lasciarsi tranquillizzare dalle sue parole.
Gli occhi di Thor invece lo avevano riportato con i piedi a terra e ora c'era davvero poco su cui scherzare.
Dal grafico tridimensionale che si sollevava dalla superficie piana, si riconosceva la sagoma del martello e tre simboli a distanza di tre metri circa da esso, diramati con precisione quasi chirurgica a nord, a sudovest e a sudest. Era stata Natasha a notarli.
Simboli non casuali, ovviamente. Nulla era casuale quando si parlava di Loki.
Allungò una mano ma toccò solo l'aria.
«Sono rune» affermò.
«Rune? Come fai a saperlo? Ah, forse eri presente quando le hanno inventate, giusto?» scherzò prevedibile Tony e Steve continuò a guardare i tre simboli.
«Thor mi mostrò un libro tempo fa, parlava di Asgard e di altri luoghi. C'erano simboli come questi e disse che si chiamavano rune. Sono legate alla magia o più in generale alle tradizioni delle sue genti. Più di questo non saprei dirvi.»
Quando sollevò lo sguardo Natasha lo fissava impenetrabile e Tony...
Era meglio ignorare la sua espressione sconcertata.
«Tu e Thor che leggete libri?»
«Piantala...» gli intimò calmo.
«No, fammi capire.» Se lo ritrovò accanto con una mano sulla spalla e un sorriso fastidioso sulle labbra. «Tu e Point Break, fra una boxata e l'altra, vi dilettate in letture esoteriche?» Scrollò la spalla per fargli togliere la mano. Riuscì solo in quello, il sorrisetto era ancora tutto lì. «Correte anche nudi sotto la luna piena?»
«Qualunque cosa abbiano fatto Loki e quella donna, comincia da questi simboli.» Tornò al fulcro della situazione ricevendo solo l'attenzione di Natasha. Quando Tony iniziava a fare l'idiota preferiva non badare proprio alla sua presenza.
«Thor ha detto che questa Amora è pericolosa, c'è la possibilità che sia più abile di Loki in questo campo.»
«Nella magia, dici?»
Natasha annuì. «Ha detto che non andavano d'accordo, l'unico motivo per cui adesso sono dalla stessa parte può essere solo uno: hanno bisogno l'uno dell'altra.»
«O vogliono la stessa cosa» ragionò a voce alta.
«Il nemico del tuo nemico è mio amico.»
Annuì alla frase di Natasha con un sospiro mal celato.
Non importava quale fosse il campo, quali fossero gli avversari, da quale mondo, Era o follia arrivassero: alla fine la guerra aveva sempre le stesse regole.
«Solo Thor può aiutarci... Dorme ancora?» chiese.
«Bruce gli ha dato un paio di Halcion[1], e se conti i due whisky, credo dormirà ancora per un po'.»
«Non l'ho mai visto così... così perso» sospirò. Era difficile guardare il suo viso e non trovarvi il sorriso gioviale e rassicurante.
“Andrà tutto bene, Steve.” Diceva anche quando la bilancia della battaglia non pendeva in loro favore.
Steve gli credeva e poi andava bene.
Thor sorrideva e tutti andavano a bere, e loro finivano sempre con l'aiutare Bruce a rimettere in ordine quando Tony sveniva ubriaco sul pavimento insieme a Clint e Natasha si limitava a scuotere la testa sorseggiando una vodka.
Era la cosa più vicina a una famiglia che Steve potesse chiedere e Thor era la persona più vicina a un fratello che potesse avere. Thor era un buon fratello, ed era per questo che non aveva meritato una sola volta la follia e l'odio che Loki gli aveva versato addosso.
Un odio incomprensibile, un odio con ragioni che forse avevano qualcosa a che fare con lo sguardo con cui era tornato da Central Park.
Perso.
«Tornerà quello di un tempo, capitano.» Natasha gli regalò un sorriso sbilenco ed era tutto ciò che sapeva aveva da offrirgli, perché la comprensione non la regali quando non la conosci, non la doni quando non ne capisci il senso né ne provi il bisogno.
Natasha gli ricordava Peggy, in alcuni momenti, rivedeva labbra rosse e una forza che ne eguagliava la bellezza.
Ricambiò quel sorriso e si rese conto solo allora che Tony non era più nella stanza. Lo cercò con gli occhi senza trovarlo.
«Dov'è finito Stark?»
«Non mi stupirei se stesse accucciato davanti al buco della serratura della stanza di Thor.»
Steve impallidì. «Non ne sarebbe capace, vero?» chiese con un tono che fece sorridere stavolta più dolcemente la sua collega.
«Più che altro non credo ne abbia bisogno.» Seguì il suo indice e incrociò l'occhio rosso di una telecamera. «Ce ne sono in ogni angolo della Stark Tower.»
Tornò a guardare il suo viso. «Non lo trovi, non so, un tantino-»
«Morboso?»
«Scorretto.»
«Parliamo di Tony, capitano. Lui direbbe che è divertente.»
La telecamera li stava ancora guardando. Steve tornò a preoccuparsi dei simboli decidendo che Natasha poteva avere più che ragione.



*



Solo quando si trovò una busta di chips e la puzza - perché era puzza - di formaggio sotto al naso, Bruce capì di non essere più solo.
«Da quanto tempo non controlli il colesterolo, Tony?»
«Iron Man non teme il colesterolo.»
«Iron Man non ha un sistema cardiovascolare che potrebbe ostruirsi causandogli una trombosi o un arresto cardiaco.»
«Non eri un dottore in fisica?»
Staccò solo allora gli occhi dallo schermo per portarli sul sorriso sornione di Tony.
«Non parlavo come dottore, ma come amico.» Affondò la mano nella busta rumorosa prendendo una sola patatina. «Non dovresti mangiare questa roba, non così spesso.»
«Il mio cuore non avrà mai un arresto, Bruce. È più probabile che vada in corto circuito.»
Sorrise e scosse la testa. «Non credo le conseguenze siano poi molto diverse.»
Tony semplicemente sollevò le spalle, perché Iron Man era fatto di metallo così come Tony era fatto di carne, ma entrambi troppo testardi e stupidi per ascoltare un consiglio.
«Steve e Thor leggono libri di magia nera e cabala nel tempo libero.» Lo sentì esordire mentre leggeva distrattamente i risultati delle sue ricerche.
«Cosa?»
«Sì, il ragazzo d'oro d'America e Mr. Muscolo sfogliano grossi tomi che parlano di magia e di rune.»
«Rune?»
«Guarda.» Bruce portò gli occhi al monitor sul quale i suoi dati erano stati sostituiti da un grafico tridimensionale che Tony stava facendo ruotare, al centro vi era il martello di Thor. Era una ricostruzione di Central Park, o almeno della zona in cui era avvenuto lo scontro fra Thor e Loki. «Li vedi questi simboli?»
Si avvicinò ulteriormente al grafico aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Sono rune.»
«Cosa significano?»
«Non lo sappiamo, purtroppo Steve non ha finito la collezione di “Enciclopedia di magie aliene - Asgard Edition.”» Tony masticò rumorosamente gettando nel secchio a destra della scrivania il cartoccio vuoto.
Poi lo guardò, e quando Tony faceva quello sguardo voleva dire solo una cosa: avevi la sua completa e totale attenzione. «Cosa ne pensi? Avanti, voglio il tuo parere, senza filtri né censure.»
«Dei simboli?» Quando tornò al grafico ogni immagine era svanita.
«Di Loki e della sua idea di trasformare suo fratello in una bionda da copertina.»
Sospirò e si poggiò spalle alla sedia. «Non farlo.»
«Fare cosa?»
«Congetture squallide e infondate. Loki non piace a nessuno, è malvagio, ma non penso che si abbassi a tanto.»
«Si abbassi a cosa, Bruce?»
Si alzò dalla sedia sentendo i suoi passi seguirlo. «Non mi tirerai dentro, Tony.»
Tony aveva sempre avuto una sua teoria poco ortodossa sulle ragioni che avevano spinto Loki ad attaccare Thor e la Terra negli ultimi tempi. Bruce non le condivideva, anche perché loro non potevano sapere davvero come avessero vissuto lui e Thor ad Asgard, cosa fosse davvero successo.
L'unica versione che conoscevano era quella di Thor ed era la versione di qualcuno che aveva perso una persona cara senza neanche capirne il motivo, l'aveva vista allontanarsi e poi cambiare per ragioni a lui ignote.
Nessuno aveva chiesto a Loki cosa fosse accaduto, a nessuno, onestamente, interessava ascoltare le parole di un assassino.
«È l'unica risposta che possiamo trovare, Bruce. Non sono congetture, sono solo deduzioni logiche sulla base di prove inattaccabili.»
«Oh, andiamo, adesso non metterti a fare Sherlock Holmes, Tony!»
«Ehi?» Si ritrovò costretto a fermasi e voltarsi quando Tony lo bloccò per un braccio. «A parte il fatto che in un altro universo sarei stato uno strabiliante Holmes, quello che voglio dire è che la risposta più scontata alle volte è quella corretta. L'unica motivazione per cui Loki può aver trasformato Thor in una donna è una: poterlo avere - in un modo più tradizionale.» Prese un profondo respiro e Tony lasciò andare il suo braccio. «Pensaci e dimmi che tutta questa storia non puzza di “segreti di famiglia”.»
Si prese qualche attimo per riflettere. La faccenda puzzava, era vero, perché il motivo di quel cambio di sesso non sembrava avere davvero senso, ma Bruce non era certo di poter correre dietro alla teorie fantasiose di Tony.
La psicologia di Loki era tutt'altro che di facile comprensione, magari era solo un misogino e aveva trasformato la persona che più odiava nel genere che più odiava.
Era conscio che anche le sue teorie facevano acqua da tutte le parti...
«Se è come dici tu, Holmes, perché non l'ha portato con sé quando l'ha trasformato? Che senso ha lasciarlo in quelle condizioni qui sulla Terra?»
Tony sorrise e annuì. «Ottima domanda, Watson. Ottima domanda.».





₪₪₪





«È stato meraviglioso!» La risata di Styrkárr iniziava a essere irritante. Lo sguardo fisso di Amora non aveva smesso di esserlo per un solo istante. «Siano benedetti i Fruxer e la loro bonaria stupidità.»
«Neanche i mortali brillano in quanto a intelligenza.»
Il Vanr rise ancora. «Hai ragione, Incantatrice. Sono sciocchi proprio come narrano le leggende. Sciocchi e deboli.»
«La feccia dell'universo» sentenziò arcigno facendo roteare il vino rosso nel bicchiere. «Solo lui poteva prenderli sotto la sua ala.» L'ultimo fu solo un pensiero a voce alta ma fece ridere ancora il suo fastidioso alleato. Loki buttò giù in gola tutto il vino e poggiò rumorosamente il bicchiere sul bracciolo del suo trono.
Amora sorrise. «Riuscirai a mantenere la concentrazione fino al termine del piano, Laufeyson? Sei sempre stato troppo emotivo in guerra, Thor lo ripeteva sempre.»
Non ruppe il vetro solo perché le avrebbe dato una dolce soddisfazione. Piegò le labbra, invece, e la guardò pacato. «Vuoi sapere cosa ripeteva di te? Quali lusinghiere parole accompagnavano i suoi racconti, Incantatrice? Oppure dopo aver udito tanto saresti tu a non riuscire a mantenere la concentrazione?»
Piccole scintille d'oro scoppiarono sulla punta delle dita della donna. Non sorrideva più.
Loki continuò a farlo.
«È solo il primo atto.» La voce di Styrkárr non spezzò quel muto scontro di sguardi. «Il sipario sta per alzarsi ancora una volta.»
«Regaliamo loro uno spettacolo che non dimenticheranno facilmente.»
Styrkárr rise e Amora diede loro le spalle.
Loki sapeva dove fosse diretta e tenere sulle labbra quel sorriso fu più arduo del previsto.
Riempì di nuovo il suo calice e lo alzò in alto.
Al tuo ricordo, fratello.





₪₪₪





Virginia “Pepper” Potts era una donna che aveva fatto di necessità virtù, perché lavorare per Tony Stark prima e condividerne la vita dopo, aveva richiesto e richiedeva una massiccia dose di pazienza, comprensione e soprattutto controllo. Bruce diceva che lei sarebbe stata capace di tenere sotto chiave anche Hulk. La verità era che se Pepper avesse perso le staffe, sarebbe stato Hulk a dover tenere sotto controllo lei.
Quando aveva letto i messaggi di Tony si era preparata a scendere dal jet e trovarsi qualche bizzarra sorpresina a casa, dopo quell'osceno coniglio gigante, ormai era tutto affrontabile al meglio.
Aveva ricevuto la visita di vari ospiti sgraditi, dèi psicotici, troll puzzolenti, enormi ragni che sputavano acido.
Sì, tutto poteva essere affrontato.
Prese l'ascensore e si passò una mano sul collo indolenzito.
Quell'incontro di lavoro a Los Angeles l'aveva prosciugata.
Voleva farsi una doccia e poi decidere se fosse il caso o meno di spedire Tony a dormire sul divano, se avesse avuto ancora un divano ad aspettarla.
Le porte si aprirono: il divano era lì, come il resto della mobilia. I vetri erano intatti e non sembravano esserci ospiti puzzolenti o appiccicosi.
«Bentornata, signorina Potts
«Grazie, Jarvis. È sempre bello trovare qualcuno ad accoglierti.» Si tolse le décolletés e le prese fra le dita.
Aveva sentito dello scontro a Central Park ma sembrava fosse nulla di diverso dall'ordinaria routine; doveva solo aspettare la visita del sindaco con l'ammontare dei danni.
«Dov'è Tony?» chiese dirigendosi verso la camera da letto.
«In laboratorio con il dottor Banner. Il capitano Rogers e l'agente Romanoff sono invece al dodicesimo piano, nella sala riunioni.»
Quel bambino che si ritrovava per compagno l'aveva messa in allarme per niente, forse c'era solo l'ennesimo peluche di dubbio gusto ad attenderla sul letto.
Quando entrò nella stanza però, sul letto trovò qualcosa di diverso da un peluche.
Strinse forte le scarpe nella mano e prese un respiro profondo. «Jarvis, chi è la bionda che dorme mezza nuda nel nostro letto?» chiese con pazienza, comprensione e controllo.
Respira, Virginia, respira.
«Tesoro, sei tornata?! Che bello, veder-»
Le scarpe erano appena volate dritte sulla faccia del bambino.



*



Natasha non nascose il suo divertimento mentre guardava Pepper che tamponava con un batuffolo di cotone la fronte di Tony.
«Perché non mi hai avvisato quando ero in volo?»
«Non pensavo fosse il caso di parlare di trasformazioni mistiche a trentamila piedi di quota.»
Pepper sospirò e gettò il batuffolo nella spazzatura.
L'occhio di Stark si sarebbe gonfiato, il taglio sulla fronte avrebbe richiesto qualche giorno per guarire.
«Il grande Iron Man messo al tappeto da un tacco 12» ghignò inclinando di qualche grado la testa.
«Tecnicamente è stato il calcio nelle parti basse a mettermi al tappeto.» Tony si alzò tenendosi una mano fra le gambe e Natasha avrebbe pagato una bella cifra per poter vedere la scena, magari le sarebbe bastato chiedere a Jarvis di mostrarle il filmato, d'altronde c'erano telecamere anche in quel corridoio.
Sì, Stark, hai ragione: è divertente.
«E il tuo urlo stridulo ha anche svegliato Thor, nonché messo in allarme Rogers che è partito subito a prendere lo scudo» sottolineò ancora divertita mentre lo guardava zoppicare verso l'amato bancone.
«Povero Thor, spero almeno che i vestiti le vadano bene.» Pepper si massaggiò le tempie con un sospiro.
«Ti prego, tesoro, non usare il femminile, trasforma la situazione da inquietante a sexy.»
«Vuoi ripetere l'esperienza del tacco 12? Ho anche delle zeppe borchiate, nel caso.»
«Lo so, te le ho regalate io, e non le hai indossate mai.»
«Forse perché sono delle zeppe borchiate?»
«Dici?» Tony mandò giù un bicchiere e Natasha osservò come Pepper facesse fatica a trattenere un sorriso.
Ammirava quella donna, ammirava il fegato di stare dietro a uno come Stark e il coraggio di donargli addirittura il suo cuore.
Lei avrebbe potuto uccidere un uomo a mani nude, poteva sopportare ogni tortura senza battere ciglio né aprire bocca. Natasha sapeva come morire con dignità e come vivere senza farsi troppe questioni di coscienza, eppure la forza di Pepper non l'avrebbe mai avuta.
«Io torno alla base. Cerca di non farti pestare nuovamente, Stark.»
Tony alzò una mano ironico per salutarla mentre andava via.
«Perfida spia russa...»
Si voltò prima di pigiare il pulsante. «Guarda che ti ho sentito» sibilò con un'occhiata truce.
Il pomo di Adamo di Tony non poté non sussultare.



*



Perché non mi hai portato con te?
Non capisco perché avrei dovuto farlo.”
Il tuo fidanzato figo e alieno diventa una donna e tu mi chiedi perché dovevi portarmi con te???
Jane non riuscì a non sorridere alle cinque faccine imbronciate che comparvero accanto al messaggio.
Forse davvero avrebbe dovuto portare Darcy con lei. Forse Darcy avrebbe avuto qualche battuta da dire quando avrebbe incrociato gli occhi di Thor. Forse Darcy avrebbe impedito al suo viso di tradire l'espressione stanca e la paura. Forse Darcy le avrebbe tenuto la mano per non farla tremare e le avrebbe schiaffeggiato una guancia per non farla piangere.
Forse Darcy sarebbe stata l'ancora a cui aggrapparsi ancora una volta quando la sua realtà che di scienza ne aveva paradossalmente poca, si sarebbe incrinata ancora una volta.
Scusa.”
Lo inviò guardando dal finestrino del jet.
Aveva telefonato a Bruce non appena era uscita dall'aula. Dopo, aveva quasi desiderato non averlo fatto.
Tony le aveva mandato un aereo, Bruce le aveva detto che Thor stava bene, nonostante tutto.
Nonostante tutto.
«Champagne, dottoressa?» Il sorriso bianco e perfetto della hostess la fece sentire ancora meno sicura.
«No, grazie.»
Voleva solo arrivare quanto prima, volava solo sentire Thor dirle che avrebbe sistemato ogni cosa, che c'era una soluzione.
“C'è sempre speranza, Jane” diceva.
Lei non aveva mai avuto il coraggio di dirgli che gli scienziati non credono alla speranza.
Che voce aveva ora? Di che colore erano i suoi occhi? E le sue mani erano calde?
Sarebbe riuscita ad abbracciarlo?
Abbracciarla?
Il cellulare suonò ancora:
Ti perdono se mi mandi una foto.
Sorrise.
Non pensarci proprio.
:(



*



«Ancora niente?»
«Stiamo monitorando ogni angolo del pianeta, se è qui lo troveremo. È solo questione di tempo.»
Clint osservò i vari schermi e annuì.
«Dobbiamo solo sperare che sia ancora qui.» Sentì Natasha raggiungerlo al fianco con le braccia incrociate e lo sguardo serio.
«È qui, ne sono sicuro.»
«Allora aspettiamo.»
Se la sua arma preferita era l'arco, la sua compagna perfetta era Natasha Romanoff. Perché sapeva essere spietata e fredda così come sapeva tirargli fuori l'energia necessaria per affrontare anche duecento ceceni armati fino ai denti con una semplice battuta. Natasha era bella come nessun'altra donna che avesse incontrato e allo stesso tempo l'unica che avesse guardato con stima e rispetto e senza un'erezione nei pantaloni. Perché la Morte non ti eccita quando la conosci così bene.
«Ti sei perso una scena meravigliosa alla Tower.»
«Ah sì? Il capitano ha finalmente preso a pugni Stark?»
Lei sorrise. «Ci sei andato vicino, solo che non era Steve ma Pepper, e non era un pugno ma un tacco da 700 dollari. Stark però ha un bell'occhio nero e un simpatico dolore all'inguine.»
«Fanculo, Fury mi convoca sempre nei momenti migliori» brontolò saltando con gli occhi da un'immagine all'altra dei piccoli monitor sparsi su tutto il muro della stanza. «Il motivo?»
Si voltò incrociando il suo sguardo e un sorriso divertito. «Prova a indovinare.»
«Neanche un indizio?»
«Oh, andiamo, agente Barton, le cose facili non piacciono a nessuno.»
Clint annuì umettandosi le labbra e guardando le riprese di un mercato senegalese. «Sei sempre la stronza più simpatica, Nat.»
Natasha restò in silenzio qualche attimo e poi... «Pepper entra in camera da letto e trova Thor che dorme, solo che Stark dimentica di avvertirla che adesso Thor è una donna.»
«Wow...» Rise scuotendo la testa. 'Fanculo Fury per davvero!
Poi un sibilo e i sensi del Falco tornarono vivi.
«Forse ci siamo!» esordì l'agente Roberts.
«Dove?»
«Panama, è un frame di un negozio di musica. C'è solo una corrispondenza del 64%, ma per ora è l'unica.»
Clint gli diede una pacca su una spalla e ghignò.
L'adrenalina gli stava già fluendo dolce nelle vene. «Contatta il direttore.»
Quel bastardo avrebbe avuto i minuti contati questa volta.











***



Note:
[1] Halcion è un sonnifero appartenente alla famiglia dei benzodiazepinici.








NdA.
Lo so, pensavate di esservi liberati delle mie note, ma mi spiace distruggere i vostri sogni: sono ancora qui ad ammorbarvi.
Sarò veloce, però, volevo solo ribadire un grazie a chiunque stia seguendo questo sequel perché mi fa davvero piacere vedere un così caldo riscontro. Siete tutte meravigliose [sospetto che il 99% dei lettori sia composto da belle donzelle, per cui passatemi il femminile] e vorrei potervi abbracciare tutte sul serio <3
State rendendo questa nuova avventura un'altra bella esperienza.
Per qualsiasi domanda, dubbio o curiosità, sarò felice di rispondere ^^

Alla prossima e preparatevi, pare che i nostri abbiano trovato il “bastardo”...
Kiss kiss Chiara
  
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