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Autore: Magica Emy    12/11/2013    1 recensioni
Già, il mio Cri Cri adorato odia i cambiamenti, lo hanno sempre spaventato un po’, e poi…si, devo ammetterlo, adoro quella sua aria da cucciolo smarrito mentre si aggira per casa chiedendosi cosa abbia fatto di male per meritarsi tutto questo…il solito esagerato. Ma che posso farci? È fatto così, ed è anche per questo che sono pazza di lui...
Seguito di "Une nouvelle vie"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il trillo improvviso della sveglia mi fa trasalire, ma cerco di non darlo a vedere mentre mi giro dall’altra parte, fingendo di non aver sentito nulla e continuando a tenere gli occhi chiusi come se stessi ancora dormendo pacificamente. Il fatto è che mi piace che sia lei a mettere fine per prima a questo fastidioso fracasso mattutino, avvicinandosi poi con studiata lentezza per svegliarmi dolcemente, come fa ormai tutte le volte. Chissà se in realtà ha già capito che sono sveglio da un pezzo e che la maggior parte del tempo lo passo a guardarla dormire, studiando il suo splendido viso fin nei minimi dettagli. Proprio come se la vedessi per la prima volta. Ma forse lei ha semplicemente deciso di stare al gioco, perché la cosa la diverte tanto quanto me. Comunque sia credo che non lo saprò mai ma non mi importa, perché l’unica cosa che desidero adesso è godermi questo piccolo momento tutto per noi, prima che la nostra magica quiete venga interrotta dai rumorosi schiamazzi di quei due piccoli delinquenti che abbiamo messo al mondo, e che non fanno altro che litigare praticamente ogni minuto della loro vita. La sento sporgersi quanto basta per spegnere la sveglia prima di venirmi vicino, accarezzandomi piano i capelli e sussurrando più volte il mio nome, disegnando una tenera scia di piccoli baci morbidi lungo le mie guance e facendomi rabbrividire di piacere finchè non decido di attirarla a me, ribaltando in fretta la posizione e schiacciandola sotto il mio peso solo per baciarla dolcemente sulle labbra, sentendola pian piano rilassarsi e abbandonarsi a me.

- Buongiorno, amore mio.

Le sussurro, facendola sorridere mentre mi attira più vicino, liberandomi la fronte dai capelli.

- Buongiorno a te, mio Cri Cri adorato, è ora di alzarsi.

Risponde, sfiorando di nuovo le mie labbra socchiuse prima di sciogliersi dolcemente dal mio abbraccio e sedersi sul letto, giocherellando distrattamente con la maglietta di quel buffo pigiama rosso che si ostina a continuare a indossare e che la fa assomigliare tanto a una specie di mongolfiera. Si, una strana, ridicola mongolfiera, ma tremendamente sexy. Mi parla poi degli impegni che la aspettano e che ben presto riempiranno la sua giornata, strappandola inevitabilmente alla sua famiglia e soprattutto alle mie braccia, cosa alla quale sento che non mi abituerò mai. Bè, è solo che abbiamo sempre così poco tempo per stare insieme, e tra il lavoro e i bambini diventa sempre più difficile ritagliarci un attimo solo per noi, oltre a quello mattutino si intende. Lo so, sono un insaziabile ingordo, ma…non sopporto di dovermi costringere a restarle così lontano ogni volta, è più forte di me. Mi giro su un fianco, spostando il peso su un braccio e appoggiando la guancia alla mano mentre l’ascolto continuare a parlarmi, e l’argomento scivola ben presto su Laly e su come sia riuscita a farle promettere di non dire nulla a Roy di tutto ciò che le sta succedendo. Già, come se la cosa non lo riguardasse minimamente.

- Ha deciso di interrompere la gravidanza – dice affranta – e non vuole sentire ragioni. Continua a dire che questo bambino finirebbe per mettere in pericolo il suo rapporto con mio fratello, che lei non si sente pronta a fare la madre e altre scemenze simili.

- Bè, poteva pensarci prima, no?

Sbotto, palesemente scocciato da tutta questa storia assurda che ormai conosco praticamente a memoria.

- Ha già preso un appuntamento per domani stesso – prosegue, ignorandomi – ma io non posso permetterle di abortire, non posso permetterle di sbarazzarsi di quella povera creatura che non ha nessuna colpa e che fa già parte di lei, anche se si ostina a dire il contrario. Accidenti a lei e a quando mi ha estorto quella stupida promessa di non farne parola con Roy!

Sospiro, scuotendo lentamente la testa e pensando che la cosa non sia poi così difficile da sistemare. In fondo…io non ho promesso niente a Laly, giusto? Ciò significa che Johanna non verrebbe meno alla parola data se fossi io a parlare con suo fratello di questa gravidanza, a cui entrambi hanno irresponsabilmente dato vita. Ma si, non è troppo tardi per mettere finalmente le cose a posto e…perché no, prendere due piccioni con una fava! Certo, perché diavolo non ci ho pensato prima? Se mettessi al corrente quello psicotico americano di ciò che sta succedendo forse riuscirei a convincerlo a trasferirsi a casa di Laly per essere finalmente una famiglia e, cosa più importante, non sarei mai più costretto a vedermelo ciondolare per casa tutto il giorno come uno stupido automa. Vale a dire: niente più divano spiegazzato e incasinato dai suoi appiccicosi pop-corn al burro di arachidi, niente più tavole da surf bagnate e sporche di sabbia in giro per tutte le stanze, e… Giusto, me lo toglierei finalmente dai piedi! Cavolo questa è un’occasione d’oro, non posso lasciarmela sfuggire, devo studiare un piano…

- Christian…ehy, mi stai ascoltando?

La voce di Johanna mi distrae da quei pensieri allettanti, riportandomi bruscamente alla realtà mentre mi affretto a tornare a guardarla, fingendomi molto interessato a quello che sta dicendo e di cui, ovviamente, non ho seguito una sola parola.

- Si amore, ehm…certo che sto ascoltando…

Biascico confusamente e lei mi lancia uno sguardo interrogativo che mi fa sussultare all’istante. Accidenti, non so perché ma tutte le volte che mi guarda a quel modo ho come la sensazione che riesca quasi a leggermi nel pensiero.

- Ok, si sta facendo tardi – dice d’un tratto – sarà meglio che vada a fare una doccia e inizi a prepararmi.

Faccio un sorriso sornione, tirando dolcemente una manica del suo pigiama per avvicinarla a me e sussurrarle invitante: - Si, ottima idea, facciamola insieme questa doccia…

- Non se ne parla neanche – esclama, ridendo e colpendomi affettuosamente sul braccio – sai come finisce se facciamo la doccia insieme!

- Oh, altrochè se lo so.

Rispondo e faccio per baciarla ma lei, pronta, si scosta con un rapido movimento e mi spinge via con decisione, facendomi atterrare sui cuscini e scoppiando d’un tratto in una fragorosa risata che mi lascia di stucco.

- Scemo che non sei altro, finisce che facciamo tardi entrambi e nessuno va a svegliare i bambini, perciò…vado prima io!

Dice, strizzandomi l’occhio giocosamente e io devo chiamare a raccolta ogni goccia di autocontrollo rimastami per sforzarmi di non seguirla in bagno, rimanendo invece esattamente dove sono. Sbuffo, frustrato, allungandomi  languidamente sul materasso e proprio in quel momento un urlo improvviso proveniente dal corridoio cattura tutta la mia attenzione. Ecco, ci risiamo. Sto quindi per scendere dal letto, allarmato, ma prima ancora che possa compiere qualunque movimento vedo Logan precipitarsi verso di me, in lacrime e con in mano il suo orsacchiotto di pelouche privo della testa, gridando a polmoni spiegati: - Grace ha ucciso il mio Woody, è cattiva!

Poi sale sul letto e si getta fra le mie braccia, dando sfogo a tutte le sue lacrime mentre lo stringo a me cercando di consolarlo ed è a quel punto che Grace compare sulla soglia, come una furia, urlando a sua volta: - È colpa sua, ha distrutto il mio fermaglio preferito, cos’avrei dovuto fare?

Logan le fa una linguaccia dalla sua postazione poco lontana e lei risponde pestando rumorosamente i piedi, sempre più arrabbiata.

- Stai attento a quello che fai stupido nano lamentoso, è un miracolo che mi sia limitata a staccare la testa a quell’insulso orsascemo parlante anziché a te…

- Ok, adesso basta – la interrompo, spazientito – finitela tutte e due! Possibile che non facciate che litigare già di primo mattino? Grace, mi meraviglio di te, tuo fratello è ancora piccolo e tu devi smetterla di trattarlo in questo modo!

- Ha cominciato lui – esclama facendo un passo avanti, gli occhi fiammeggianti di rabbia – e tu non fai che prendere sempre le sue difese, senza mai degnarti di ascoltare le mie ragioni! Tanto lo so che lui è il tuo figlio prediletto e ogni scusa è buona per prendertela con me, perciò non scomodarti a fingere che non sia così perché tanto perderesti solo del tempo!

- Grace ora smettila, stai davvero esagerando!

Grido al limite della sopportazione, anche se lei è già corsa via e non può più sentirmi. Accidenti, quella ragazzina diventa sempre più ingestibile ogni giorno che passa, e io non ho idea di come fare per riuscire a parlarle con calma una volta tanto. Per trovare un punto d’incontro con lei, che invece sembra non sappia far altro che respingermi, fuggendo da me come se fossi improvvisamente diventato un perfetto estraneo. È…così aggressiva a volte, quasi non la riconosco più. La voce piagnucolosa di Logan mi distrae ancora una volta, e anche quella di Johanna che avvolta in un candido asciugamano si appresta a uscire velocemente dal bagno, l’aria leggermente allarmata.

- Allora, si può sapere cos’è tutta questa confusione? E come mai sei già sveglio, tu?

Esordisce rivolta a Logan che le corre subito in braccio, mostrandole il povero orsetto decapitato con aria affranta, prima di scoppiare di nuovo in un pianto dirotto che mi fa coprire le orecchie.

- Mamma, Grace ha ucciso Woody!

Ripete, singhiozzando disperato mentre lei lo culla dolcemente cercando di consolarlo.

- Su, non piangere tesoro mio, non mi sembra niente di così grave in fondo, gli riattaccheremo la testa e vedrai che tornerà come nuovo.

- Ma non parlerà più – si lamenta lui, col mento tremolante – e la nonna ha detto che era un orso intelligente perchè sapeva parlare l’inglese!

Johanna asciuga le sue lacrime, guardandolo con tenerezza. Mi fa sempre un certo effetto vederli insieme, starei ore a guardarli senza mai stancarmi.

- Non preoccuparti, vedrai che quando tornerà a farci visita la nonna te ne regalerà un altro. E poi ricordati che tu sei molto più intelligente di questo orsacchiotto perché sai parlare ben due lingue, mentre lui soltanto una.

- Davvero?

- Sicuro, e sei anche più intelligente di tuo padre visto che lui parla solo il francese, mentre di inglese non ci capisce un’acca!

Dice mentre le lancio un’occhiataccia torva, fingendomi mortalmente offeso mentre esclamo “Grazie tante” facendo subito scoppiare a ridere entrambi. Ma va bene, se prendermi in giro serve a illuminare di gioia il viso dolcissimo di mio figlio.

- Forza, ora prepariamoci per andare all’asilo. Su, saluta papà. Bye bye, Daddy!

- Bye bye, Daddy!

Ripete Logan, salutandomi con la manina tesa mentre io ricambio il suo saluto sorridendo, osservandoli uscire velocemente dalla stanza e rialzandomi poi in piedi, diretto verso il bagno e ansioso di fare finalmente una doccia.

 

- Ehi, ciao piccoletto! Come va la vita?

A quelle parole alzo subito gli occhi da ciò che sto facendo, affrettandomi a richiamare mio figlio che, fermo sulla soglia in sala registrazioni, fissa a bocca aperta la figura esile e scura che si è appena materializzata davanti a noi e che, purtroppo, mi accorgo di conoscere molto bene.

- Logan, vieni qui!

Esclamo infatti, alzando la voce più di quanto intendessi fare, e cercando tuttavia di non spaventarlo mentre lo prendo in braccio e tento di allontanarlo da lì più in fretta che posso, lontano da quello spregevole individuo che con la sua sola presenza mi ha già gelato il sangue nelle vene.

- Ascoltami, ometto – continuo, accorgendomi con sgomento che la mia voce trema leggermente – perché adesso non vai di là a guardare i cartoni animati?

Annuisce lentamente e lo metto giù, lasciando che raggiunga l’altra stanza e istintivamente indietreggio di qualche passo, incrociando le braccia al petto con espressione accigliata e cercando con tutte le mie forze di mantenere la calma, cosa che mi riesce piuttosto difficile data la situazione.

- Che diavolo ci fai tu qui, Francis?

Dico a voce bassa, rivolto all’uomo che ora mi sta proprio di fronte e che mi guarda con un odioso sorrisetto sghembo stampato su quel viso che, nonostante gli anni, sembra essere rimasto sempre lo stesso. Ma certo, non è cambiato di una virgola, e me ne rendo conto di nuovo mentre ricomincia a parlare e il suo marcato accento francese colpisce velocemente la mia memoria, riportando in superficie vecchi e dolorosi ricordi che mi sommergono con la stessa forza di un uragano, prendendo in ostaggio la mia anima e risvegliando tutte le mie angosce più nascoste, stringendomi il petto in una morsa invisibile che mi blocca il respiro.

- Oh, andiamo Christian, è questo il modo di accogliere i vecchi amici?

Esclama, facendo qualche passo verso di me e continuando a guardarsi intorno con aria curiosa.

- Noi non siamo mai stati amici!

Ribatto, palesemente infastidito dai suoi stupidi giochetti. Non ho idea di cosa ci faccia qui, né di come abbia fatto a trovarmi, ma non è importante adesso. Voglio solo che se ne vada via da questo posto il prima possibile.

- Bè – risponde, scoppiando in una fragorosa risata, che è quasi carta vetrata sui miei nervi già provati – non è così che la pensavi quando venivi a rifornirti da me!

- Quei tempi sono finiti – puntualizzo, con una certa apprensione nella voce – non sono più quello di una volta. Cosa che invece non si può affatto dire di te, a quanto vedo.

Lo fisso, sconcertato, e so che il suo aspetto minaccioso e trasandato non lascia alcun dubbio su ciò che penso continui a fare.

- È proprio un bel posto, questo – dice, lanciandomi un’occhiata enigmatica che, anche se non vorrei, ha il potere di agitarmi ancora di più – pieno di turisti, proprio come mi avevano detto. Penso che potrei ricavarci un mucchio di soldi. È stata una sorpresa trovarti qui, e…vedo che ti sei sistemato proprio bene. Complimenti!

Allarga le braccia, alludendo chiaramente alla mia casa discografica, luogo che ho faticato tanto per mettere in piedi.

- Quel bel bambino che ho visto prima è tuo figlio, immagino. Allora hai proprio deciso di cambiare vita, eh?

- Sta’ lontano da lui – sibilo a denti stretti – non provare a toccarlo o te ne farò pentire amaramente. Vattene via e lasciami in pace, non pensare nemmeno di avvicinarti anche solo lontanamente alla mia famiglia, perché ti giuro che…

- La tua famiglia? – mi interrompe, e sembra quasi sul punto di ridere di nuovo – Ma certo, adesso hai anche una famiglia, e come darti torto? Ma non c’è bisogno di arrivare alle minacce, sai? Non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di darvi fastidio o di tornare a cercarti, e vuoi sapere perché? Perché sarai tu a venire a cercare me, non appena capirai che in fondo non sei affatto cambiato come invece vuoi farmi credere. Ma si, non guardarmi così Christian, sai che è la verità, lo so io e lo sai anche tu. Quelli come noi non cambiano mai, amico, e io e te siamo fatti della stessa pasta, ricordatelo sempre. A proposito…se dovessi aver bisogno di me, e so che ne avrai, puoi trovarmi a questo numero.

Afferra una penna dalla scrivania vicina e scarabocchia qualcosa su un foglio di carta che poi appallottola e lascia scivolare ai miei piedi, insieme a una piccola busta in plastica trasparente che, purtroppo, riconosco fin troppo bene.

- Un piccolo omaggio in onore dei vecchi tempi! Qualche goccia di succo di limone e…voilà, la magia è compiuta. Ma sono sicuro che ti ricordi ancora bene come si prepara. Ti saluto amico, stammi bene.

Sussurra  strizzandomi l’occhio e guadagnando in fretta l’uscita, lasciandomi stordito e ferito da quelle orribili parole che mi colpiscono dolorosamente, sedimentando dentro di me e impedendomi di proferire parola, facendomi d’un tratto sentire solo e vulnerabile. Proprio come allora. Ma è solo un attimo, perché la figura slanciata di Roy che scorgo in lontananza e che si sta lentamente avvicinando mi costringe a tornare in me, strappandomi bruscamente a quello strano stato di torpore di cui sembravo essere caduto vittima, spingendomi a raccogliere la busta rimasta sul pavimento, proprio a un passo da me per nasconderla in fretta nella tasca posteriore dei miei jeans, prima che lui possa vederla. Varca la soglia poco dopo, lanciandomi uno sguardo interrogativo e catturando così tutta la mia attenzione mentre faccio un respiro profondo, cercando di dimenticare l’episodio appena accaduto. Anche se non sarà facile.

- Allora, cognatino – mi chiede curioso – cos’è questa cosa così importante di cui volevi parlarmi e che non può aspettare stasera?

 

   
 
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