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Autore: IleWriters    13/11/2013    4 recensioni
Ilenia, all'apparenza una ragazza come tante, ma che nasconde un grande segreto. Solo la sua migliore amica e la sua famiglia conoscono il suo segreto. Lei e tutta la sua famiglia sanno trasformarsi in lupi. Ogni giorno per andare a scuola mette delle lenti a contatto in modo che i suoi occhi dorati non vengano riconosciuti. Ma un giorno qualcuno che non dovrebbe riesce a vedere i suoi veri occhi, e da qui parte la storia di Ilenia.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Corro affondando le mie scarpe nella neve che, sotto i miei passi scricchiola.
Corro più veloce che posso e inciampo in una radice che sbucava fuori dal terreno innevato, cado in avanti e la mia faccia viene ricoperta di riccioli rosso rubino, li butto indietro con una mano e affondo l’altra nella neve per rialzarmi, una volta in piedi non perdo tempo a togliermi la neve di dosso come farei di solito, riprendo a correre a perdifiato sentendo la terra tremare dietro di me, “cazzo” mi viene da pensare “Ilenia pensa alla svelta” penso ancora mentre corro, ho una sola soluzione ma mi fregherebbe qualche secondo per stabilizzarmi, ma meglio questa soluzione che quella di correre per tutto il bosco innevato, così con un balzo verso i cespugli inizio la mia metamorfosi.
Sento le ossa della faccia allungarsi e ricoprirsi di peli, le orecchie diventano a punta leggermente arrotondata e i miei denti si fanno più aguzzi, anche le ossa e i muscoli del mio corpo cambiano, sento crescere i cuscinetti al posto dei polpastrelli e del palmo della mano, le ossa delle gambe cambiano forma e l’osso sacro si allunga.
Atterro affondando le zampe nella neve e guardo i due troll che mi stanno inseguendo correre verso la mia direzione, hanno la pelle verdognola e in alcuni punti bitorzoluta, capelli unti e sporchi, talmente sporchi che faccio fatica a capirne il colore, occhi porcini e malvagi color fumo e un nasone a patata, la loro puzza è micidiale per il mio olfatto sviluppato da lupo, indossano un gilet di pelliccia, una maglietta di pelle e pantaloni sempre in pelle, corrono affondando i loro orribili piedi nudi nel terreno candido e brandiscono le loro spade a mezz’aria e sbraitando qualcosa nella loro lingua mostrando i denti gialli marci e alcuni pure mancanti, mentre li osservo mi accuccio a terra sfiorando con la mento la neve, il mio pelo bianco e i cespugli dovrebbero salvarmi le chiappe, spero.
Indietreggio piano piano, attenta a non far scricchiolare neve, rametti o quant’altro si possa trovare sotto le mie zampe, tengo pure le orecchie abbassate, infondo la prudenza non è mai troppa.


Quando sono sicurissima di non sentire più il loro fetore, esco piano dai cespugli e mi scuoto via la neve dal pelo, una volta ogni tanto ringrazio di essere un lupo dalla pelliccia bianca, anche se l’unica stagione che mi permette di mimetizzarmi con il paesaggio è l’inverno, emetto un piccolo sospiro e mi incammino verso la macchina.
Mentre cammino sento il mio stomaco brontolare, mi guardo intorno sconsolata, l’inverno non è proprio la stagione della caccia, quindi mi rassegno ad aspettare di arrivare alla macchina, potrei tornare alla mia forma umana, ma mi piace stare nella forma lupo per sgranchirmi un po’ le zampe, di tanto in tanto, dato che nessuno potrebbe riconoscere il mio odore.



Giro il muso e guardo verso una montagna innevata, dalla quale si alzano colonne di fumo grigio provenienti da diverse zone, li è dove abitano i clan di quelli come me, da uno di quei clan proveniamo io e la mia famiglia, solo che quando siamo fuggiti io ero troppo piccola per ricordare, ogni volta che lo chiedo alla mamma, lei sta sul vago non rivelandomi di più di quello che so, ovvero che siamo scappati per le regole che ci venivano imposte e perché alla mamma non andava giù la loro mentalità.
Guardo in alto e vedo che stanno arrivando delle nuvole che porteranno una bella nevicata, mi conviene sbrigarmi ad andare alla macchina, così faccio un piccolo scatto e inizio a correre veloce verso la valle dove ho parcheggiato la mia fiat 500 grigia metallizzata.
Mentre corro qualcosa dalla massa molto pesante mi viene addosso, attaccandomi sul fianco, e insieme rotoliamo nelle neve candida. Quando ci fermiamo sento che qualcosa mi sta impedendo di rimettermi in piedi, così apro gli occhi e vedo due occhi grigio fumo incorniciati da del pelo nero fissarmi in cagnesco, abbasso lo sguardo e vedo le sue zanne bianchissime snudate, poi lo sento ringhiarmi contro e mi arriva un messaggio telepatico:
 
- “Chi sei tu? E cosa ci fai nel mio territorio?”
 
Mi ricordo di ciò che mi disse la mamma quando avevo tredici anni, se per caso un lupo di un clan mi avesse trovata e mi avesse mandato un messaggio telepatico, non dovevo per nessuna ragione al mondo, rispondergli, dovevo fingere di essere un lupo normale che era incappato per sbaglio in quel territorio.
Così guardo il lupo nero che mi sovrasta e piego la mia testa di lato guardandolo con i miei occhi gialli, l’unica cosa che non cambiava da umana a lupo era il colore dei miei occhi. Il lupo nero ringhia ancora snudando ancora di più le zanne e mi manda un altro messaggio telepatico:
 
- “Allora? Sto aspettando una fottutissima risposta! Chi diamine sei? Rispondi prima che affondi i miei denti nella tua carne e ti uccida”
 
Butto giù un groppo di saliva e lo guardo in cagnesco, odio le persone così insistenti, anche se so di essere nel suo territorio quindi dovrei rispondergli, ma la mia dose di orgoglio e combattività sta avendo la meglio, così snudo le zanne pure io e ringhio, il lupo nero ringhia di più e scatta in avanti velocemente verso la mia gola, io mi sposto altrettanto velocemente e le sue zanne mi mancano di un soffio, approfitto del fatto che lui è distratto e gli mordo una spalla, mentre con le zampe posteriori gli do un calcio nella pancia facendolo rotolare di lato. Il lupo nero uggiola un po’ da dolore e mi guarda ancora in cagnesco, ora che sono in piedi lo studio meglio, ha la corporatura massiccia e muscolosa, molto probabilmente è un maschio, solitamente noi femmine siamo più snelle e meno muscolose, il lupo nero si alza e iniziamo a girare in torno fissandoci in cagnesco negli occhi, grigio contro giallo, nero contro bianco, abbiamo entrambi le zanne bianche e affilate in bella mostra e ci stiamo ringhiando contro, quando ad un certo punto lui scatta in avanti per mordermi, io faccio un balzo indietro e noto che il mio morso sulla spalla destra gli crea difficoltà, è la mia occasione e comincio a correre di nuovo verso il bosco, il lupo nero, per quanto sia ferito, mi sta alle calcagna, un’osso duro, non c’è che dire.
Corriamo a perdifiato sul tratto che avevo fatto prima inseguita dai troll “sto pezzo di bosco porta merda” penso, quel pensiero mi distrae facendomi rallentare e il lupo nero ne approfitta per avvicinarsi e mordermi sul fianco, guaisco e gli mordo un’orecchio, facendolo guaire e facendogli mollare la presa sulla carne del mio fianco, ignorando le fitte di dolore sul fianco continuo a correre sino ad arrivare ad un lago, mi guardo intorno e verso una piccola insenatura tra due rocce ricoperte di muschio e i resti un po’ spogli dell’edera, così corro verso la piccola caverna e mi ci nascondo dentro.



Sento il sangue caldo appiccicare tra loro i peli della pelliccia, in poco tempo l’odore del mio sangue impregna le rocce, sicuramente il lupo nero lo fiuterà. Tenendomi nell’ombra guardo verso la parte del bosco dalla quale sono arrivata io, e dopo poco vedo la sagoma nera del lupo apparire sulle sponde innevate del lago ghiacciato, alza il muso, sicuramente fiutando l’aria e rivolge il suo sguardo di pietra verso la spaccatura nelle rocce, sono sicurissima che non può vedermi, ma sa che sono qui, l’odore ferroso del mio sangue glielo ha suggerito, si sta avvicinando, e io mi rannicchio sempre di più nell’angolo più remoto della caverna. Quando è a pochi passi dalla caverna, sento degli ululati, lui solleva il muso nella direzione dalla quale provengono gli ululati, da un’ultima occhiata all’insenatura dove sono nascosta e corre verso ovest. Attendo un’altra mezz’ora prima di uscire e correre verso la mia 500.
 
 
Una volta alla macchina, torno nella mia forma umana e mi aggiusto i riccioli rossi diventati ormai gonfi per colpa della neve, salgo in macchina ignorando le fitte di dolore al fianco, metto in moto e mi dirigo verso il bar dove mi stanno attendendo Misery e Nathaniel. 
  
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