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Autore: Rosmary    13/11/2013    6 recensioni
{La storia è il seguito della oneshot "L'intraprendenza di Hermione"}
Un filtro, un sogno bizzarro rivelato alla persona sbagliata e la più brillante delle studentesse di Hogwarts si ritrova incastrata in un'imbarazzante situazione, che avrà risvolti più che inaspettati. Dopotutto, è noto, ogni esperimento ha in sé degli effetti collaterali, l'importante è riuscire a fronteggiarli!
Dal primo capitolo:
“Spiegami di nuovo come ha reagito Hermione, che quando me l’hai detto era l’alba e ho capito poco e niente.”
“Solite reazioni di ragazze cotte,” commentò vanesio e spiccio. “È arrossita, poi ha negato e mi ha tirato uno schiaffo quando ho tentato di baciarla.”

Dal quinto capitolo:
“Siamo tornati indietro?”
“Quindi, è una Giratempo!” concluse vittorioso e allegro il ragazzo.
Hermione inarcò un sopracciglio, portò le braccia conserte ed esibì un'espressione contrariata e saccente. “Ma l’hai mai vista, una Giratempo?”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, I Malandrini, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Hermione Granger/ Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'intraprendenza di Hermione'
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“Oh, su cos’era il tema di Lumacorno?”
 
“Boh, chiedi a Weasley, lui è sempre attento…”
 
Fred storse le labbra in una smorfia di disappunto, ne aveva abbastanza di ragazzini sconosciuti e di un mondo sbagliato, fu per quello che li oltrepassò ignorandoli bellamente, guadagnando in pochi secondi l’uscita dalla Sala Comune. Non aveva nessuna intenzione di recarsi né a lezione, né in Sala Grande per la colazione, avrebbe passato l’intera giornata girovagando per i corridoi freddi della scuola, schiantando chiunque avesse tentato di frapporsi fra lui e le sue ore di meritata solitudine. Era di pessimo umore e dovevano lasciarlo in pace.
Dalla fatidica serata erano trascorsi appena tre giorni, tre giorni di nulla, poiché Sirius, James e Remus non avevano neanche tentato di smascherare Peter com’era stato annunciato, limitandosi a tentativi che, nella loro assoluta banalità, non potevano essere altro che sciocce farse messe in piedi per non affrontare la realtà. Nonostante tutto, quella sera le cose sarebbero quasi sicuramente andate nella giusta direzione: su insistenza di Hermione – che era riuscita a riavvicinarsi a Sirius, e Fred non volle chiedersi come – i tre Malandrini avevano finalmente architettato un piano degno di nome e l’avrebbero messo in pratica appena dopo cena. Era solo questione di ore e forse sarebbe tornato a casa e una volta a casa avrebbe potuto accantonare quella folle esperienza e, magari, avrebbe anche potuto far luce su quel qualcosa che lo spingeva sempre più verso Hermione; il bacio aveva paradossalmente messo in pausa il loro rapporto, perché non s’erano più avvicinati o parlati o cercati, fatta eccezione per le ‘comunicazioni di servizio’ sul come uscire dalla trappola. Erano entrambi confusi e poco inclini a illuminare la confusione, non c’era tempo per i sentimenti e non c’era tempo per viversi. In più, Hermione veniva assalita dall’imbarazzo ogni volta che incrociava Fred e Fred veniva assalito dalla preoccupazione ogni volta che pensava a lei come alla propria ragazza, insomma, non era da Fred Weasley anche solo pensare distrattamente di impegnarsi seriamente in una relazione. Era tutto così assurdo…
 
“Cosa ci fai qui?”
 
Quell’interrogativo brusco provocò in Fred non poco fastidio, tanto che inarcò con eloquenza le sopracciglia e rivolse uno sguardo sprezzante alla persona che gli aveva posto il quesito. S’osservarono in silenzio per una manciata di secondi: lei imbarazzata e infastidita altrettanto, lui scocciato e vicino alla reale irritazione; anche in quell’occasione Fred avrebbe optato per una tacita uscita di scena, ma nuovamente Hermione si frappose con prepotenza fra lui e le sue intenzioni, perché lo chiamò, lo chiamò ben tre volte, prima in un sussurro e poi quasi gridandolo, il suo nome. Tornò a voltarsi verso di lei con espressione evidentemente interrogativa, s’avvicinò di qualche passo e senz’attendere invito alcuno si sedette accanto a lei, cozzando col fondoschiena contro il freddo pavimento in pietra della Guferia. Singolare che proprio quel postaccio fatto di gufi striduli e scalpitanti e di ovvi escrementi dall’insopportabile odore fosse divenuto una sorta di ritrovo per loro due. Un postaccio quello, ma un postaccio in cui sembrava più facile disciplinare le sensazioni incoerenti e mettersi a nudo.
 
“Non parli più?” le chiese.
 
“Cosa dovrei dirti?”
 
“Se non lo sai tu…”
 
Hermione gli rivolse un’occhiataccia, poiché lui sapeva quanto fosse in imbarazzo e in difficoltà, eppure non provava a facilitare le cose in nessun modo, semmai le complicava, ergendo un muro fatto di parole non dette.
Erano stati tre giorni orrendi per lei, orrendi… Tra il terrore di non riuscire a tornare a casa, la preoccupazione che qualcosa a casa fosse cambiato o stesse per cambiare e quello stupidissimo diciassettenne, non aveva trovato pace. Troppi problemi affollavano la sua mente, troppe preoccupazioni, troppi timori; alle volte, aveva la sensazione che di lì a poco sarebbe scoppiata, altre volte, invece, si ritrovava a sperare di scoppiare, così da potersi disfare in un unico grande boom di ogni problema. Ma era una soluzione che la nauseava, un desiderio che il suo cuore rimproverava e scartava immediatamente: non era certo una vile lei, né una ragazzina indifesa. No, lei non era nulla di tutto quello, era Hermione Granger, per Merlino! Era Hermione Granger! E l’essere Hermione Granger era sempre stato motivo d’orgoglio, non poteva gettare la spugna proprio in un momento tanto importante, non alla svolta!
Fu grazie a quei ragionamenti che si voltò verso Fred con ritrovata risolutezza, il cipiglio severo e saccente era tornato ad abitare i suoi tratti da giovane donna e lo sguardo scuro, finalmente, sembrava aver ritrovato una vitalità perduta. Fred si ritrovò a osservarle tutte, quelle novità, e si ritrovò a invidiargliele prima e ad ammirarle poi.
 
“Io e te dobbiamo parlare.”
 
“Ti ascolto.”
 
Hermione annuì e s’impose di guardarlo dritto negli occhi, il tempo delle esitazioni era morto, non restava che seppellirlo e recitare per lui una preghiera: a mai più rivederti si sarebbe intitolata. “Il tuo stupidissimo filtro aveva ragione, Fred: sono innamorata di te. Inutile che lo nasconda, ho una mia dignità e preferisco la sincerità a tante bugie che, peraltro, non convincono più nessuno. Ma non è questo l’importante, ora. Ciò che conta al momento è tornare a casa, sono stata io a suggerire a Sirius tutto ciò che succederà tra qualche ora, è bastato rifletterci un po’ e l’idea è saltata fuori, assolutamente perfetta nella sua banalità. È stata una bella sensazione trovare la soluzione, proporla e, tra un po’, sarà bello vederla in azione… sì, una bella sensazione, perché ne ho abbastanza, Fred, di fare la ragazzina invaghita del ragazzo di turno e ne ho abbastanza di sentirmi in imbarazzo ogni volta che ci incrociamo. Quindi ti annuncio cosa accadrà quando saremo a casa: tu tornerai alla tua vita e io alla mia. Perché lo sappiamo entrambi, che una volta fuori di qui non c’è spazio per noi e non ci sarebbe mai stato, una sottospecie di noi, se non fosse stato per questa collaborazione forzata. Quindi, finisce qui. Se hai qualcosa da dirmi, di’ pure, altrimenti, buon ritorno alla tua vita, Fred.”
 
Fred la guardò costernato, si sarebbe aspettato di tutto, ma di certo non un arrivederci e tante care cose. Cos’era quello? Un tentativo di farlo arrabbiare di nuovo? Voleva che si ingelosisse? Che la strattonasse con forza e la baciasse di nuovo? Cos’era quello? Cosa? Non riusciva a capirlo il ragazzo, perché non riusciva a capire lei, che gli sembrava improvvisamente un’estranea. Tutta quella freddezza e quella mostruosa razionalità lo destabilizzavano e riuscivano effettivamente a farlo arrabbiare e ingelosire e c’era davvero la voglia di strattonarla e farle capire che non poteva esserci un arrivederci e tante care cose, perché qualcosa tra loro c’era stata e ancora c’era, ma dirle questo avrebbe significato ammettere di provare qualcosa per lei, di esserne a sua volta innamorato… e lui ne era innamorato? La conosceva sin troppo bene, la risposta: non era uno sciocco e riusciva a distinguere un sentimento da una semplice infatuazione. Ma non era pronto, o almeno non sentiva d’esserlo. Assurdo, ma vero, Fred Weasley – proprio il sicuro, egocentrico e allegro Fred Weasley – era spaventato; spaventato da ciò che sembrava essere grande, adulto, un sentimento che aveva un volto serio, importante; no, non si sentiva affatto pronto, non a quello, non in quella circostanza. In più, era oltremodo irritato dal discorso della ragazza, non riusciva a comprenderne la freddezza, non capiva perché lo stesse respingendo, sapeva solo di sentirsi infuriato con lei, perché col suo bel discorsetto scaricava su di lui la responsabilità di una storia mai iniziata. L’aveva capito, cosa celasse quel sei hai da dirmi qualcosa: un modo elegante e non compromettente di chiedere mi vuoi nella tua vita?, e lui la voleva nella sua vita, la voleva eccome, così come lei voleva lui.
Boccheggiò più di una volta Fred, senza smettere di guardarla, di cercarne lo sguardo, e lei non smetteva di concedergli attenzione, scrutando le rughe d’espressione e i movimenti delle labbra e le espressioni mute degli occhi, osservava tutto Hermione, nel tentativo di capire cosa pensasse lui, nella speranza che frantumasse i dubbi e le urlasse che si era sbagliata su tutto, che l’interesse per lei non era solo frutto di quella stramba reclusione, ma che avrebbe trovato posto anche nel mondo reale, tra i vivi, e più i minuti scorrevano, più il silenzio si prolungava, più il cuore di Hermione perdeva a poco a poco battiti e ritmo. Lo sapeva, che doveva avere un’espressione disperata quand’ormai erano passati troppi istanti dal termine del discorso; un discorso che le era costato tanta fatica e tanto autocontrollo e tanto coraggio… gli aveva detto d’essere innamorata di lui e gli aveva anche detto addio, vogliosa di proteggersi da lame non ancora estratte, ma gli aveva anche detto contraddicimi, dimmi che mi sbaglio, e ora, mentre altri secondi scorrevano, avrebbe voluto urlargli di parlare, di insultarla anche, ma di parlare. Tutto era preferibile a quell’assordante silenzio, che aveva i suoni molesti di tanti ragionamenti contrastanti: tante vocine nella testa di Hermione, tra cui quelle che le suggerivano di alzarsi e andare via e altre che le davano della sciocca e le suggerivano di baciarlo come aveva fatto solo tre sere prima.
Forse, contarono entrambi ogni singolo centimetro che li separava, così da bloccare l’avanzata dei volti in tempo, perché nonostante le remore si ritrovarono viso a viso, naso contro naso, con gli sguardi incrociati e le labbra schiuse per dir qualcosa o solo per cercarsi e trovarsi. I respiri erano divenuti più pesanti, più irregolari ed era impossibile definire quale respiro appartenesse a Fred e quale a Hermione, era tutto confuso e la tensione era palpabile. In poco, la sinistra di Fred si trovò a sfiorare i capelli di lei e poi il suo viso, sino ad afferrarle con delicatezza il mento e carezzare anche quello. Forse, sarebbe bastato calare le palpebre e percorrere un'altra manciata di centimetri, ma nessuno dei due lo fece, né lui, né lei… Il freddo avvolse entrambi quando Fred, vinto dall’orgoglio e dalla paura, s’allontanò bruscamente, abbassò lo sguardo e s’alzò in piedi. Non ebbe il coraggio di dirle nulla, neanche un arrivederci e tante care cose, poiché dentro di lui infuriava una vera e propria guerra e, al momento, entrambi gli schieramenti erano a pezzi. Lasciò la Guferia e con essa lasciò anche Hermione, che rimase immobile su quel pavimento in compagnia delle lacrime, uniche testimoni delle speranze ormai in frantumi. Qualsiasi cosa ci fosse stata tra loro era appena finita. Stancamente, asciugandosi malamente le lacrime, la giovane si tirò su e s’impose autocontrollo e contegno, aveva tutta la giornata per elaborare quanto appena successo, smaltirlo ed essere pronta al ritorno a casa… In quella dimensione ogni sensazione era amplificata, non era un concetto spiegabile a parole, ma semplicemente ogni stato d’animo provato sembrava impossibile da contenersi e disciplinare. In altre circostanze, lei non si sarebbe mai esposta tanto, così come Fred non sarebbe stato sopraffatto dalla paura di imboccare l’ardua strada delle relazioni serie, perché non ci avrebbe pensato affatto, avrebbe agito e basta come suo solito. Ma lì era tutto diverso, era tutto immenso, anche la più insignificante questione aderiva a tutti i sette strati di pelle e li penetrava, i sette strati, e s’impossessava dei tessuti e degli organi e delle ossa e diveniva parte di un corpo in movimento e lo condizionava, e né Hermione, né Fred potevano sottrarsi a quella sorta di aggressione, potendo solo convivere con essa e subirne le conseguenze. Paradossalmente, più il tempo passava, più tutto si ingigantiva, forse era tutta colpa dello stress, tutta colpa della pressione… Sì, riflettevano entrambi, la colpa era della stressante situazione, non c’era altro motivo.
 
“Hermione, noi siamo pronti,” disse Sirius.
 
“Non commettete errori, mi raccomando,” ammonì lei e lui annuì ghignando.
 
Fortunatamente per entrambi i ragazzi ‘del futuro’, la giornata era trascorsa piuttosto rapidamente, merito anche dei tre Malandrini e di Lily, che li avevano cercati a più riprese per assicurarsi che tutto fosse perfetto per quella sera. A Hermione era parsa molto strana la collaborazione di James Potter, ricordava perfettamente le parole di Remus e Sirius – quelli veri, s’intende – volte a porre l’accento su quanto il caro vecchio James reputasse importante l’amicizia e dunque indegno dubitare dei propri amici; il vero James, concluse Hermione, non avrebbe mai lasciato che s’architettasse una trappola ai danni di Peter, semplicemente perché non avrebbe mai creduto al tradimento di Minus, avrebbe anzi schiantato lei e Fred per aver anche solo ipotizzato una cosa tanto ignobile. Ma quella non era la realtà e la Granger aveva smesso di porsi domande, iniziando a sperare, a pregare, che tutto andasse come previsto, così da risvegliarsi l’indomani nel proprio letto e negli anni novanta.
Appena usciti dalla Sala Grande, Remus s’intrattenne, come da copione, con Peter, parlando del più e del meno, mentre Hermione e Fred erano costretti sotto il Mantello dell’Invisibilità di James, al fine di seguire tutta la sceneggiata e assicurarsi che nessun errore venisse commesso.
 
“Stiamo per tornare a casa,” disse Fred a voce bassa, spezzando quell’imbarazzante silenzio causato dall’altrettanto imbarazzante vicinanza.
 
Hermione annuì assorta, rifiutandosi di guardarlo e d’accorgersi d’avere il suo volto a pochi centimetri dal proprio. “Speriamo.”
 
“Eccoli,” annunciò lui, scorgendo due figure un tantino diverse da James e Sirius.
 
Si zittirono entrambi e osservarono da bravi spettatori la scena: Lily era sbucata da un corridoio e aveva rimproverato Remus per essersi attardato con Peter anziché raggiungerla per la ronda e Remus, com’era previsto, sbuffò alle spalle della bella Evans e si congedò da un Peter ridacchiante con un occhiolino complice. Era tutto perfetto! Peter non sospettava nulla e non gli restava che raggiungere Sirius e James che credeva essere già in Sala Comune, a bloccare la sua iniziativa furono però proprio i due amici, che avevano le losche sembianze di Avery e Mulciber, due studenti del sesto anno Serpeverde, amici di Piton e aperti sostenitori di Voldemort, nonché, com’era noto a Fred e Hermione, futuri Mangiamorte.
 
“Che volete?” chiese aspro Peter, che nascose abilmente una punta di preoccupazione.
 
“Che brutto atteggiamento, Minus, iniziamo male,” esordì ambiguo Sirius, che aveva l’aspetto di Avery.
 
Peter, a quella non tanto velata minaccia, iniziò a guardarsi intorno, in cerca degli amici o di chiunque potesse salvarlo da quella incresciosa situazione. Maledisse mentalmente i tre Malandrini per non essere nei paragi e se stesso per essersi attardato solo come un allocco, ma ancora riuscì a controllarsi e, seppure un certo timore era ora visibile sul suo volto, nulla denunciava la reale ansia che l’aveva assalito. Quelli cosa volevano da lui? “Cosa vuoi, Avery?” chiese ancora, mentre gli occhietti acquosi continuavano a cercare aiuto.
 
Fu la volta di James di intervenire e lo fece ghignando, mostrando i dentoni di Mulciber. “Abbiamo già parlato altre volte, Minus,” disse, e Fred e Hermione tirarono un sospiro di sollievo quando Peter non lo contraddisse: a quanto sembrava, il giovane Minus aveva davvero già rapporti con i futuri Mangiamorte. A quella reazione, le mascelle di Sirius e James si contrassero all’unisono, la puzza di tradimento iniziava a insozzargli le narici. “I tuoi amichetti non sanno parlare, dicono cose pericolose, che potrebbero arrivare alle orecchie sbagliate…”
 
“Loro… noi… noi non parliamo di niente,” biascicò Peter, il cui contegno andava man mano a scemare.
 
“Non dire baggianate, Minus, lo sanno tutti, che tu e i tuoi amichetti volete schierarvi contro il…” si morse la lingua Sirius, non riusciva a dire signore oscuro, insomma, quello era un assassino, ma quante cerimonie! Fortuna che un compromesso lo trovò, “contro di lui,” disse, sorridendo alla propria soluzione e anche ‘Mulciber’ sorrise, mostrando d’aver gradito il lui anziché signore oscuro. “In più, state sempre con quei Sanguesporco… sempre circondati dalla feccia…”
 
“Cosa volete da me?” chiese allora Peter, che evidentemente non riusciva a sopportare quella pressione, ormai l’ansia e la paura gli avevano deformato i lineamenti, contratti in strane smorfie.
 
Un luccichio attraversò gli occhi di James. “Informazioni. Quando sarà il momento, a lui potrebbero occorrere informazioni su coloro che si rifiutano di seguirlo, sui traditori e tu sei la persona perfetta.”
 
“Perché io?” domandò quasi piagnucolando.
 
“Perché si vede che sei diverso da loro,” intervenne Sirius protettivo, sapendo che James non fosse in grado di proseguire: Ramoso poteva sopportare quasi ogni cosa, ad eccezione del tradimento.
 
“Quali… quali informazioni gli servono?” fu l’implicito assenso di Peter alla richiesta dei due Serpeverde.
 
“Te li stai vendendo,” commentò d’istinto ‘Mulciber’, “te li stai vendendo, i tuoi amici, non ti fai schifo?”
 
“Ma io… ma io non ho scelta!”
 
“Mi fai schifo!”
 
Quello che seguì all’affermazione di James fu una vera e propria tragedia: la pozione Polisucco, suggerita da Hermione e ottenuta da Lily con qualche cerimonia da Lumacorno, stava perdendo il suo effetto e Peter iniziò a notare che i tratti sconosciuti di Avery e Mulciber svanivano in favore dei conosciuti lineamenti di James e Sirius, che non attesero di tornare nei propri panni per inveire contro l’ormai ex-amico, per di più, a sbucare a quel punto furono anche Remus e Lily, il primo scioccato, nauseato e infuriato, e la seconda allibita e disgustata. Nessun chiarimento fu abbastanza e nonostante Peter continuasse a scusarsi, a dare la colpa alla paura – a un certo punto, s’inventò anche d’aver scherzato poiché aveva capito immediatamente che quelli davanti a lui fossero James e Sirius – nessuno dei tre Malandrini fu disposto a credergli o a perdonarlo.
 
“Avrei potuto accettare tutto, Peter, ti avrei perdonato persino il portarmi via lei,” disse James indicando Lily che, a quel paragone, rimase a dir poco sconcertata, era davvero così importante per lui? La risposta la scioccò. “Ma non questo! Non venderci a Tu-Sai-Chi! Questo è troppo! Sei la persona più schifosa che io abbia mai conosciuto e fortuna che me ne sono accorto in tempo, altrimenti cos’avresti fatto? Eh? Avresti mandato Tu-Sai-Chi a casa mia per uccidere me e la mia famiglia?”
 
Una lacrima sfuggì al controllo di Hermione a quella domanda retorica, perché James senza averne consapevolezza aveva appena annunciato il proprio ingiusto destino, perché sì, proprio quell’amico di sempre avrebbe mandato la Morte a bussare alla porta della famiglia Potter.
Quando sopraggiunse Gazza – che era straordinariamente già Custode in quella scuola – i traditi architetti di quel piano si dispersero, vogliosi di rintanarsi nei propri letti e dimenticare tutto. Soltanto Fred e Hermione rimasero impalati nel corridoio, abilmente nascosti dal Mantello dell’Invisibilità; nessuno s’era ricordato di loro due: tanto presi dalla triste scoperta, da dimenticare la presenza di due spettatori non paganti.
 
“Siamo ancora qui,” biascicò Hermione.
 
“Forse, dobbiamo dormirci su e domani… domani ci sveglieremo a casa...”
 
Così dicendo, sfilarono il Mantello e in silenzio giunsero ai rispettivi dormitori. Nessuno dei due aveva la forza di dire qualcosa, di chiarirsi o di commentare quanto appena visto, c’era in loro soltanto la cocente delusione di essere ancora nella dimensione sbagliata, nonostante il piano fosse perfettamente riuscito, senza contare quanto l’aspettativa avesse prosciugato le energie. Quando s’infilarono nei loro letti, tutta l’amarezza e la paura e lo sconcerto e un insieme scomposto di altre sensazioni esplose in loro come una bomba. Non era spiegabile quel male che aveva attanagliato ogni più piccolo lembo di pelle di Hermione e di Fred, non era spiegabile: era male e basta.
 
****
 
Quella mattina, Hermione schiuse gli occhi con involontaria cautela. Aveva pianto di frustrazione per gran parte della nottata, ripromettendosi di trovare una soluzione prima che un’altra giornata fosse trascorsa. Ad ogni modo, con suo stupore, dovette notare che qualcosa di diverso in quel letto e in quella stanza c’era. Si voltò sul fianco e notò sul comodino un libro che non ricordava d’aver letto, l’agguantò con cautela e quando lesse teoria di Incantesimi, volume quinto il suo cuore perse un battito, sì, ma per la gioia! Volume quinto ossia quinto anno: era di nuovo al quinto anno, era a casa!
 
“Sono a casa! Sono a casa! Sono a casa!”
 
“Granger, ma cos’hai da urlare?” chiese una voce femminile stizzita. “Sono appena le sette.”
 
I sensi di Hermione si allarmarono: lei non la conosceva, quella voce. Nuovamente incerta, lasciò il libro sul letto e si mise in piedi e fu rabbrividendo dall’orrore che si rese conto d’essere, certo, nel dormitorio del quinto anno, ma della Casa di Serpeverde.
 
“No, non può essere… Questo è un incubo!”
 
“Non ancora, Granger, ma lo sarà se non tieni la bocca chiusa,” disse sprezzante la compagna di stanza.
 
Hermione neanche si vestì, ma, infilando il primo maglione che trovò, uscì in pantofole e pigiama dal dormitorio prima e dalla Sala Comune poi, dirigendosi come una forsennata alla Sala Comune Grifondoro e lì fuori, pallido come un lenzuolo, trovò Fred, anche lui in pigiama e pantofole. Dimentichi d’avere tante – troppe – questioni in sospeso, s’abbracciarono disperati, come alla ricerca di un briciolo di sicurezza.
 
“Mi sono svegliato in un altro letto… sempre sesto anno, ma nella camera di James e gli altri. Peter non c’è! Sul mio baldacchino sta scritto ‘Mordente’, come se fossi io il quarto Malandrino! È da pazzi! Da dove sbuchi? Dove stavi?”
 
“Serpeverde…”
 
“COSA?”
 
“Mi sono svegliata nel dormitorio Serpeverde, sono al quinto anno… Fred, ti prego, dimmi che è uno scherzo, non è possibile… è iniziato tutto da capo!”
 
Non era avvilita o piagnucolante la voce di Hermione, ma arrabbiata, furiosa, stanca. Ciò che furono costretti a vedere alla colazione di quella mattina – a cui non si preoccuparono d’arrivare vestiti di tutto punto, preferendo restare svogliatamente in pigiama e pantofole – fu più folle della follia: Peter non esisteva più, o, più correttamente, non esisteva nella vita dei Malandrini, essendo un ragazzetto anonimo e silenzioso del sesto anno Grifondoro, e Fred era effettivamente il quarto Malandrino, ragazzo popolare e di spirito, conosciuto in tutta la scuola per le malefatte e l’abitudine di cambiare una fidanzata ogni sette giorni. Quanto a Hermione, era una studentessa modello del quinto anno Serpeverde, disprezzata un po’ da tutti i compagni di Casa per il suo ‘sangue sporco’, fatta eccezione per il giovane Barty Crouch, con cui aveva legato sin dal principio, e il secondogenito dei Black, che era segretamente amico della ragazza, segretamente perché a Walburga sarebbe venuto un prematuro infarto se anche il piccolo Regulus avesse iniziato a frequentare figli di Babbani.
 
“Mi spieghi cosa t’è saltato in mente? Dov’è la tua divisa?” inveì senza cerimonie Barty.
 
“Fatti gli affari tuoi,” scandì in trance Hermione, facendo sghignazzare Regulus sotto i baffi.
 
Fu proprio mentre Barty stava per aprir di nuovo bocca, intenzionato a prodursi in una filippica ai danni del comportamento dell’amica, che l’amica in questione scomparve nel nulla. Dall’altra parte della Sala, a Fred toccò il medesimo destino.

 
   
 
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