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Autore: Lapam8842    13/11/2013    8 recensioni
AU: Tutti umani
Elena e Damon si incontrano su un aereo diretto in Canada. Entrambi hanno scheletri nell'armadio, sentimenti nascosti e un passato troppo livido. Riusciranno a tornare ad amare?
Dal testo:
«Una tenda e un sacco a pelo?» il ragazzo cercò di trattenere le risate, per rispetto delle idee della giovane donna che aveva accanto, e si scoprì particolarmente stupito del clima piacevole che si stava creando, con quella sconosciuta.
«Rida, rida pure. –lo ammonì la bruna- Mi prenderò un anno sabbatico. Niente lavoro, niente famiglia e niente amore.» Diceva questo contando con le dita, in modo autorevole.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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mal d'aria


Se a terra ti ritroverai
Non arrenderti mai,
Perché se quello non era Amore
arriverà quello giusto che ti darà sapore.
L'amore - Cinzia Coppola







«Maledizione, hanno perso il mio bagaglio.» Elena si ritrovò a parlare ad alta voce, dopo aver guardato il nastro portabagagli, per ben tre volte, alla ricerca della sua valigia.
«Elena» Qualcuno nominò il suo nome e lei non curante, si girò ad osservare chi l’avesse richiamata. Si ritrovò davanti il ragazzo dell’aereo:«Damon… il mio trolley non c’è.» Scosse la testa indispettita per la situazione. Non aveva mai preso l’aereo in vita sua, si era ritrovata a volare al fianco di un ragazzo presuntuoso, antipatico, malizioso che… l’aveva aiutata a superare la paura dell’altezza e di morire in volo, ma non gli era simpatico, anche se era un angelo caduto dal cielo, per via di quegli occhi glauchi e quei  lineamenti fini, che le provocavano fitte all’altezza dello stomaco e del petto.
«Hai provato a guardare su quel nastro?» Damon indicò quello più dietro, dove una sola valigia continuava a girare. Elena si mise a correre notando che si trattava del suo trolley rosso.
Dopo averlo recuperato si ritrovò a sbuffare rumorosamente raggiungendo il ragazzo:«Grazie per l’aiuto, Damon.» Affermò, toccandogli leggermente il braccio e sorridendo imbarazzata.
Il moro le riservò un’occhiata dolce: «Sei ancora così sicura di dormire in tenda? Perché sai, non vorrei che mi chiamassi perché non la sai montare.»
«E come potrei telefonarti, se non ho neanche il tuo numero?» Elena si morse il labbro inferiore e si osservò le punte delle scarpe per la frase appena detta, in modo spontaneo. Damon l’attraeva, ma lei non aveva tempo per innamorarsi o per divertirsi. Era rimasta scottata una volta ed aveva bisogno di tempo per leccarsi le ferite e per tornare a sorridere, solo che con Damon sembrava tutto più semplice. Sarà per il suo atteggiamento canzonatorio e leggero nel gestire la situazione. Sarà che sembrava un uomo vissuto.
«Se vieni a cena con me, ti darò il mio numero di telefono.»
Non si era neanche accorta che la stava guardando dritta negli occhi, e le stava risistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchia. Quel piccolo tocco le provocò scosse elettriche, piacevoli ed eccitanti lungo tutta la colonna vertebrale. Non si accorse neanche di star trattenendo il respiro mentre si perdeva nell’azzurro di quei profondi occhi.
«Ok.» Rispose bisbigliando, incantata dalla bellezza di quegli occhi cerulei.
 «Fantastico.» Damon sorrise soddisfatto, sfilandole la valigia di mano.
«Ehi, quella è mia. Che fai?» Lo ammonì velocemente, cercando di riprendersi la valigia.
«Sono pur sempre un gentiluomo.» Disse superandola ed allungando il passo.
Elena alzò di poco la voce, cercando di stare al passo: «Damon, aspettami!!»


***


«Non sia mai che io prenda il tuo stesso taxi.» Protestò Elena, mentre lui le prendeva la mano per bloccarla dal richiamare un altro taxista.
«Ti ho invitato a cena ed hai accettato. Stanotte sarai mia ospite.» Disse riponendo i bagagli nel baule del taxi, che si era appena fermato.
«Ma io ho accettato l’invito a cena, non a passare la notte con te.» si lamentò subito dopo.
«Ed io non ho mai detto che ti avrei portato in un ristorante.-si giustificò lui, con un ghigno vittorioso chiudendo il portabagagli.- ed ora, sali.»
«Questo potrebbe essere considerato rapimento, Damon!» si oppose la ragazza, ponendo resistenza incrociando le braccia al petto.
Damon le prese il volto fra le mani e la guardò dolcemente:«Elena, ti prometto che domani ti porterò a fare la giovane amazzone, ma fidati di me, stasera non ti succederà nulla che tu non voglia.» Sottolineò l’ultima frase, con voce roca.
Elena, che tentava di restare impassibile alla vicinanza di quelle mani affusolate, annuì stordita dal tepore che le aveva lasciato quel contatto. Salirono sui sedili posteriori dell’automobile gialla e Damon dettò al taxista l’indirizzo a cui erano diretti. Elena non era mai stata in Canada. Aveva vissuto a New York per più di dieci anni e lei e Stefan, il suo ex ragazzo, stavano per andare a vivere insieme, qualche mese prima del loro matrimonio. Si erano conosciuti all’università e si erano innamorati perdutamente. Stavano insieme da tre anni ed Elena era convinta che Stefan sarebbe diventato il padre dei suoi figli, prima di sorprenderlo a letto con la sua migliore amica, Bonnie.
«Suppongo che tu non sia mai stata a Montréal.» Damon interruppe lo scorrere dei suoi pensieri e lei si ridestò, rendendosi conto che era rimasta in silenzio da quando erano saliti sul taxi.
«Scusami, stavo riflettendo… -rispose imbarazzata- dicevi?»
«Spero che tu non stia pensando a qualcun altro. Non amo la concorrenza.» Sogghignò divertito Damon, strizzadole un occhio.
«Stavo solo ripensando a Stefan e Bonnie. Sai, non avrei mai creduto che Stefan avrebbe potuto tradirmi. Presumevo che non mi avrebbe mai fatto del male. Lui per me era una di quelle rare persone… era il mio appiglio. Sapevo di potermi rivolgere a lui per qualsiasi cosa. Mi aveva promesso che mi avrebbe risollevato il morale quando sarei stata triste, che mi avrebbe tenuto al riparo da qualsiasi tempesta. Ma la tormenta è arrivata e lui è rimasto a guardare. Irremovibile. Forse quello che fa più male è che non si è giustificato. Non mi ha fermato.»
Damon le prese la mano ed Elena si girò ad osservarlo: «Elena, probabilmente Stefan si starà mangiando le mani dopo averti lasciato andare. Come avrebbe potuto discolparsi? “Oh Elena, scusa ma stava togliendo le ragnatele a Bonnie. Sai, soffre di un disturbo raro e io sono un giovane samaritano.”» Lo canzonò facendo ridere divertita la ragazza. Aveva una bella risata ed il suo sguardo era più rilassato. Non ne capiva il motivo, ma voleva conoscerla meglio e voleva proteggerla.
«Grazie Damon. Anche se ci conosciamo da poche ore, e tu sei un presuntuoso, arrogante… sai anche essere simpatico.»
«Lo prendo come un complimento.»
Il taxista interruppe la loro conversazione, lasciandoli davanti a casa di Damon.
«Quindi questa è a casa tua?» chiese più entusiasta Elena, dopo aver visto l’enorme giardino posto all’ingresso della casa. C’era un basso muro a secco, che delimitava il perimetro delle piante fiorite, ed un acero rosso era posto al centro di esso. Era un tripudio di colori: giallo, rosa, rosso, arancio.. Tutto questo le metteva allegria e poi c’era un silenzio confortante. La casa era suddivisa in due piani ed una fitta edera ricopriva il muro vicino al garage. Si ritrovò a sorridere allegra, ringraziando mentalmente l’incontro con quello sconosciuto.
«Elena, vuoi che ti chiuda fuori?» Damon la richiamò, mentre stava aprendo la porta d’ingresso e lei era rimasta immobile ad osservare la natura. Si mise a correre come una bambina e lo raggiunse. Damon lasciò le valige all’ingresso e le fece fare un giro della casa. La cucina era di legno bianco, con una penisola centrale con il piano di marmo verde chiaro. Era molto spaziosa e sebbene avesse un piano cottura ad induzione e l’ultimo modello di forno, conservava un aspetto tradizionale e confortevole. Elena sorrise impercettibilmente pensando a come sarebbe stato bello veder lei e Damon far colazione, seduti vicini agli sgabelli riposti accanto alla penisola.
«Hai fame? Stai fissando il fornello con una faccia…» interruppe le sue elucubrazioni mentali Damon.
«No. Stavo solo pensando…- annaspò alla ricerca di una scusa valida- a te che bruci la cena.» Rispose infine.
«Ehi ragazzina, io so cucinare.» Ribatté il giovane, pizzicandole un braccio per protesta, per poi prenderla per mano e conducendola al piano di sopra, mostrandole le tre camere da letto.
«Damon scusa, ma questa è una casa per una famiglia.»
Il ragazzo aggrottò la fronte: «Credevi che vivessi in un appartamento al centro di Montreal?»
Elena sollevò con noncuranza le spalle, senza rispondere.
«Vado a prendere le valigie, ci rinfreschiamo e prepariamo la cena. Ti va?» chiese in tono dolce il moro. La giovane annuì, osservando meglio una delle tre stanze. Aveva la moquette rosa scura e le pareti erano rosa antico. Vicino alla finestra, c’era un mobile basso dal colore bianco, un armadio color noce che occupava tutta la parete di fronte all’ampio letto matrimoniale.
«Se vuoi puoi dormire lì, ma non ha il bagno in camera. Sicura di non preferire l’altra?» s’informò Damon, una volta tornato accanto a lei.
«No, questa andrà bene. Grazie.»
«Elena, guarda che se devi fare la doccia dovrai passare davanti alla mia stanza. Sicura?» ridomandò il ragazzo, con un tono più allusivo.
«Sono sicura che la porta della tua camera sarà chiusa quando io passerò coperta solo dall’asciugamano.»
«Cercherò di tenerla spalancata. Non vorrei perdermi lo spettacolo.» Sorrise malizioso, e le guancie di Elena si imporporarono violentemente.
«Elena, stavo scherzando. Cioè, sarebbe davvero uno spettacolo bellissimo, non fraintendere, ma non ti salterò addosso.- Damon le si avvicinò, e le sussurrò ad un orecchio- Sarai tu a pregarmi di farlo.»


***



«Finalmente. Credevo che avrei cenato da solo.» Affermò Damon, dopo aver notato Elena entrare in cucina, vestita con una comoda tuta grigio tortora.
Damon si girò, dando le spalle ai fornelli e osservò Elena.
«Stai per cenare con me, in tuta? Seriamente?» la guardò scocciato e un po’ deluso. Poco prima aveva osservato il suo fisico longilineo, fasciato in una salvietta blu elettrico, mentre usciva dal bagno per dirigersi nella camera che aveva scelto. Damon aveva lasciato spalancato la porta della sua stanza, e si aggirava per il piano, con indosso un paio di boxer neri. Si erano incrociati, mezzi nudi, e l’aria era diventata carica di desiderio sessuale. Damon le avrebbe tolto, molto volentieri, l’asciugamano e l’avrebbe fatta sua, ma non era sicuro che anche Elena, avrebbe fatto la stessa cosa.
«Si. Non sono stata invitata ad un ristornate. Siamo a casa e resto in tuta. –disse con un sorriso beffardo disegnato sul volto- e poi neanche tu indossi un completo costoso. Sei in jeans e maglietta.» Lo apostrofò Elena.
Damon le diede le spalle e tornò a prestare attenzione ai fornelli.
«Cosa hai preparato di buono?» domandò la ragazza, facendosi più vicina al moro.
«Crepes salate alla quebecchese.»
Elena lo guardò confusa:«Cioè?»
«Sono crepes con salmone affumicato. Se fossi scesa ad aiutarmi, ti avrei preparato la poutine*
«Che cosa??» chiese stupefatta la ragazza.
«E’ un piatto tipico canadese che, non per vantarmi, io sono molto bravo a preparare.» replicò semplicemente Damon, scrollando le spalle.
«E’ così che conquisti le ragazze? Le porti in questo posto meraviglioso, vantandoti della tua cucina?» ammiccò maliziosamente Elena, regalandogli un sorriso divertito.
Damon ribatté compiaciuto, senza staccare i suoi profondi occhi blu da quelli ambrati della mora: «E tu sei conquistabile?» si avvicinò lentamente fino a portarsi davanti ad Elena. La ragazza si scansò imbarazzata e si affrettò a sedersi sugli sgabelli, posti vicino alla penisola della cucina. Un sorriso vittorioso si dipinse sul viso del moro. Ne era certo: l’avrebbe conquistata.
Damon servì la cena e aprì una bottiglia di vino bianco frizzante, offrendone una dose generosa ad Elena.
«Astuto. Vuoi farmi ubriacare pensando che io venga a letto con te.» lo riprese, sfidandolo con lo sguardo.
Il ragazzo si ritrovò a sorridere esasperato. Le stava cominciando a piacere quella piccola insolente. Le piacevano le sue frecciatine, il suo modo di essere genuina ma al tempo stesso sensuale, allettava il suo profumo di pesca, i suoi capelli castani, leggermente arruffati. Non vedeva più una donna da conquistare e cacciar via, alle prime luci dell’alba. Cominciava a guardarla con occhi diversi e questo era inatteso. Inaspettato perché dopo la profonda delusione che gli aveva lasciato Rose, non aveva più avvicinato nessuno. Elena era diversa. Probabilmente l’aveva preso in contropiede sull’aereo, mentre sentiva le unghie di lei, conficcate nel braccio, e aveva voluto farla sentire al sicuro. Forse era per quelle labbra fini e piccole. Presumibilmente perché Elena era tanto fragile quanto cocciuta.
«Non hai bisogno di ubriacarti. So che lo vuoi.» alluse maliziosamente Damon.
Elena sbuffò divertita: «E sentiamo, cos’altro voglio?» postulò curiosa, abbozzando un sorriso, continuando a perdersi in quegli occhi glauchi.
«Tu vuoi dimenticare Stefan. Desideri allontanare il suo ricordo. Vuoi buttarti, come non hai mai fatto. Vuoi vivere giorno per giorno, senza pensare alle conseguenze. Non vuoi pensare al futuro. Vuoi viverti il presente. Sei scappata in un altro stato nella speranza che tu possa andare avanti, senza ripensamenti. Non vuoi tornare con la coda fra le gambe, continuando a leccarti le ferite. Tu vuoi lottare in questo mondo di squali, e vuoi vincere.»
Elena deglutì, investita dall’ondata di sensazioni che le avevano lasciato le parole sincere di Damon.







Oo_oO

Ben trovati! 
Devo far partire un coro di:"WOOWW" per chi ha aggiunto la storia nelle liste, ma sono realmente rimasta basita per essere stata notata da una ragazza che, secondo il mio personale parere, è in grado di scrivere brevi ma struggenti racconti. (Soqquadro04)

Vi avrei voluto mettere le foto della casa di Damon, ma è stata rimossa dal sito di annunci dove l'avevo vista. -.- Quanto prima, caricerò le foto, di qualcosa di similare, anche se quella era stupenda!!


*Le poutine:

Grazie ancora a tutti, e se vi va, ci sentiamo la settimana prossima!!!








  
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