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Autore: Cruel Heart    13/11/2013    5 recensioni
Caro Sk8er Boi_83,
ci siamo scambiati e-mails per…quanto?
Settimane? Mesi?
Beh, sinceramente… non m’importa molto.
Sei entrato nella mia vita, così come io sono entrata nella tua.
Hai scoperto un lato del mio carattere di cui neanche io ero a conoscenza, e mi hai fatto riscoprire le piccole ma fondamentali cose che il destino ci riserva.
Siamo stati fino ad ore inimmaginabili a parlare delle nostre vite, dei nostri problemi, di quello che vorremmo fare da grandi.
Ma sai qual è la cosa più buffa?
È che… non so neanche quale sia il tuo vero nome, non so come sia il tuo viso, di che colori siano i tuoi capelli, i tuoi occhi.
Dicono che i segreti, soprattutto quelli più inconfessabili, non debbano mai essere rivelati alle persone estranee. Ma so che tu non lo sei, per me.
Quindi, il mio segreto è questo: credo… credo… credo proprio di essermi innamorata di uno Sk8er.
[Fan Fiction ispirata al film “Cinderella Story”]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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C’era una volta, in un regno lontano, una bellissima bambina che viveva con il padre vedovo.

 

“Ehi, stronzetta, vuoi stare un po’ più attenta a dove cammini? Se ti avessi messo sotto con la macchina, avrei fatto tardi a lezione!”

 

“Vaffanculo, coglione, la prossima volta con la patente pulisciti le tue chiappe!”

 

D’accordo, la storia non si perde nella notte dei tempi e non si è svolta in un regno lontano, ma nella città più soleggiata d’America, Los Angeles.

Forse di lontano non avrà proprio nulla, ma per me, da piccola, era davvero un regno incantato.

 

Ero il tesoro di papà e, ovviamente, lui era il mio.

Quando sono triste, ripenso ai tiri di baseball che facevamo al parco, e le decine e decine di urla di dolore che lanciava perché, beh… con la palla… lo colpivo proprio lì. E, incredibilmente, mi viene da sorridere.

Dal momento che sono stata cresciuta da un uomo, sono un po’ carente nel settore trucco, parrucco e abbigliamento, ma, da piccola, non avevo mai avuto l’impressione che mi mancasse qualcosa.

Ero la bambina più fortunata del mondo.

 

Papà aveva aperto il “J.C.’s Burgers”, il ristorante più fico dell’intera città nel campus dell’UCLA, l’università della California, e io adoravo stare lì.

Era quel genere di locale dove la parola “dieta” era una parolaccia, e l’unto del fritto era compreso nel prezzo, con grande felicità degli studenti che venivano a mangiare.

Da noi… era come se la gente si sentisse in famiglia.

 

Ricordo ancora quando festeggiai il mio decimo compleanno al ristorante, e tutta la gente che era lì mi diceva:”Esprimi un desiderio! Esprimi un desiderio!”

 

A che mi serviva un desiderio?

Avevo amici da sballo e un padre che era un mito, che potevo avere di meglio?

Ma papà, purtroppo, non la pensava esattamente come me.

Infatti, credeva che mi mancasse qualcosa, qualcosa di importante.

Quel qualcosa, o meglio, qualcuno, si rivelò essere Judy, una donna tanto dolce e simpatica, quanto amorevole e decisamente poco rifatta.

 

Il giorno in cui si sposarono fu un vero disastro.

Per me, ovviamente.

E, in quella bellissima e fantastica festa, conobbi anche le sue ancor più fantastiche figlie gemelle, Janette e Aurore.

Semplicemente, due impiastri di sorellastre.

 

Ma, dato che papà sembrava soddisfatto, volli quantomeno provare ad esserlo anch’io.

Anch’io volevo avere quel “e vissero felici e contenti” che vivevano le principesse nelle loro storie.

Per sfortuna, il finale della favola non andò così.

La sera in cui cambiò tutto, stavamo leggendo “La Bella e La Bestia”, la mia fiaba preferita.

 

[Inizio flashback]

 

“La Bestia, trasformato in principe, prese la mano di Belle e ne baciò il palmo. Poi, la invitò a danzare nella sala da ballo del castello, dove continuarono a danzare per ore e ore, scambiandosi teneri baci e un’indistruttibile promessa d’amore. E da quel giorno, vissero per sempre felici e contenti.”

 

“Papà, le favole si avverano?”

 

“No, in effetti no. Sono i sogni che si avverano.”

 

“E tu ce l’hai un sogno?”

 

“Certo. Il mio sogno è che tu cresca bene e vada all’università, e magari un giorno potrai anche costruire il tuo castello, se vorrai.”

 

“E le principesse in quali università vanno?”

 

“Le principesse? Beh… ehm… loro vanno… all’UCLA, ovviamente. Ma, vedi, le favole non riguardano solo castelli e principesse. In realtà, rappresentano tutti i desideri che vuoi realizzare, e il coraggio di lottare per le cose in cui credi. Capito?”

 

“Sì, certo, non sono mica come Gaston, io!”

 

“Brava la mia piccola. Ricordati di questo, che se lo leggi con attenzione, questo libro contiene cose importanti, che potranno servirti più in là nella vita.”

 

[Fine Flashback]

 

 

Come ho già detto, il finale della favola non andò così.

Il mio regno andò in frantumi quando il terremoto di quel lontano 1994 colpì la città.

Delle forti scosse colpirono la casa, e mi ricordo ancora del terrore che attraversò gli occhi di papà mentre tutto ci cadeva addosso.

Judy dal piano di sotto gridava aiuto, ma lo stesso terrore che aveva attraversato qualche secondo prima i suoi occhi, contagiò anche me.

Non volevo perderlo, non volevo che andasse da lei, non volevo che mi abbandonasse lì da sola.

 

E invece, lo fece.

Lasciò la mia mano, e si portò con lui tutti i momenti più belli che avevo della mia infanzia.

Quel giorno persi il mio migliore amico e, da allora, le uniche favole in cui credevo erano quelle che leggevo sui libri.

Si scoprì che mio padre non aveva lasciato un testamento, e così, indovinate chi si prese tutto?

Miss labbra di botulino, ovviamente.

 

Si impossessò di qualsiasi cosa: la casa, il ristorante e, con suo grande disappunto, anche me.

Mi mandò su, in mansarda, facendomi definitivamente lasciare la mia bellissima stanza e spedendomi in uno spazio fatto di 18 mq.

Lì c’erano soltanto delle pareti bianche e vuote e una specie di brandina vecchia e malridotta che doveva farmi da letto, ma non c’erano le mie favole, non c’erano i miei sogni, non c’era mio padre.

 

Di lui mi rimaneva solo la chitarra che mi aveva regalato, e che ogni tanto suonava per farmi felice.

Negli anni successivi, con tanta pratica e con mio enorme rompimento di coglioni, perché secondo Miss labbra di botulino quell’orribile suono le faceva venire le doppie punte, sono diventata sempre più brava a suonarla, tant’è che, nel tempo libero, mi esibisco per dei piccoli concerti al ristorante “Judy’s”.

Già. È così che si chiama il ristorante di papà, adesso.

Quello che prima era un normale ristorante dove si mangiavano hamburger e patatine fritte, adesso è diventato un ristorante chic e alla moda dove i raffinati clienti possono gustare del gustosissimo salmone di Norvegìa.

Sì, esatto, lei dice proprio “Norvegìa”, con l’accento sulla i.

Clienti, tra l’altro, che sono del tutto immaginari. A confronto, il deserto del Sahara sembra un locale del centro il Sabato sera.

 

Come so tutto questo?

Semplice, Judy mi ha costretto a lavorarci il pomeriggio.

Come direttrice?

Come co-direttrice?

No, molto meglio!

Come cameriera!

 

Eh già, non solo la figlia della titolare fa la cameriera, ma deve anche andare in giro con degli stupidissimi pattini a rotelle, come tutto il resto del personale, del resto.

E così, la mia giornata si divide in frequenza obbligatoria per l’università la mattina, lavoro, o meglio schiavitù, per il ristorante il pomeriggio e, se riuscivo a farcela, studio, tanto studio, la sera.

Oltre ad occuparmi delle continue crisi nevrotiche di Miss labbra di botulino, ovviamente.

 

Beh, in tutto questo disastro, almeno una nota positiva c’è.

Per fortuna, il campus non permetteva di soggiornare nelle proprie case, e così, proprio stamattina, ho dovuto portare tutte le mie cose in uno degli stabili messi a disposizione per gli studenti.

Almeno avrei avuto a disposizione un letto come si deve.

Questa sera sarebbe stata l’ultima notte in cui avrei dormito a casa mia, poi, in un certo senso, mi aspettava la libertà.

In un certo senso perché casa mia è a due passi dal campus, quindi… penso che mi ritroverò ancora Judy e le mie sorellastre tra i piedi.

 

Arrivo a casa che sono le nove di sera, non ho mangiato e sono a pezzi.

Niente di nuovo per me, ma… mi farebbe piacere trovare qualcuno che si prenda cura di me, proprio come faceva il mio caro e vecchio papone.

Salgo velocemente le scale, ignorando le urla isteriche di Judy che mi ordina di spalmarle la crema idratante sul viso.

Lei non immagina neanche dove gliela ficcherei in questo momento…

Chiudo a chiave la porta, e mi butto sul letto, senza neanche cambiarmi i vestiti.

“Ah… che vita di merda.” sussurro, prima di prendere sonno e di addormentarmi.

 

***

 

Sssssalve a tutti!

Il mio cervellino sta sfornando ff a palate.

So… eccomi qua!

Spero che questa nuova long vi piaccia. Lo stile è un po’ quello di LBS, quindi se vi è piaciuta quella, sicuramente vi piacerà anche questa, fidatevi.

Ok, molte frase di questo capitolo le ho prese dal film “Cinderella Story”, quello con Hilary Duff.

A me il film è piaciuto molto, quindi ho pensato di farci una ff… ma molte cose saranno diverse, alcune in meglio, altre, ovviamente, in peggio u.u

Ok, evaporo.

A presto.

Cruel Heart.

 

P.S. Glaphyra, dobbiamo prenotare i leopardi e le zebre, mi raccomando!

   
 
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