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Autore: Piumadoro    14/11/2013    1 recensioni
Rieccoci al secondo anno.
Se il primo è stato pieno di guai qui si aggiungono cose come il Quidditch, molto importante.
Senza parlare dell'amore.
E dei segreti.
Il secondo anno di Star ad Hogwarts comincia in modo confuso...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Siamo Stelle Cadute'
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Star salì nel suo dormitorio con Anne beatamente addormentata tra le braccia.
“E’ così carina.” Sussurrò Sophia mentre Star posava la bambina sul proprio letto togliendole lentamente le scarpe.
“E’ carina adesso. Ma con ciò che ha passato non lo sarà più fra qualche ora. Vi conviene andare a dormire subito.” Le avvertì lei.
“Che intendi?” Domandò Anne infilandosi nel letto.
“Lo vedrete.” Star si stese accanto alla piccola spostando le coperte sopra entrambe.
Le luci si spensero.
 
……………
 
Un urlo fece cadere quattro ragazze giù dai loro letti. Tutte cercarono le loro bacchette mentre un pianto infantile si propagava nella stanza.
Star prese Anne tra le sue braccia e, anche se la bambina scalciava e cercava di graffiarla, la tenne stretta a se.
“Per favore falla smettere!” Brontolò Sophia assonnata rigettandosi sul suo materasso con un cuscino premuto sulle orecchie.
“Scendo giù.” Annunciò Star quando riuscì a calmare un po’ il pianto della piccola.
“Ma no…” Cercò di bloccarla Jane.
“Sul serio. Ci abitueremo.” Continuò Lily.
Star scosse la testa. “Si sveglierà altre volte. Continuate a dormire. Io scendo.”
Senza dire altro imboccò le scale e si accomodò su un divano in Sala Comune.
Anne si era già riaddormentata ma sapeva che non sarebbe durata per molto. Decise di rimanere sveglia, tanto con tutta la fatica che avrebbe fatto ad addormentarsi, il risveglio sarebbe stato ancora più brusco e spiacevole.
Come immaginava dopo solo un quarto d’ora Anne ricominciò a sgolarsi. La fece sedere sulle sue gambe rivolta verso di se.
“Guardami, sono qui. Non sei sola.” Le sussurrò.
“Ti ho vegliata?” Chiese la bambina prendendo qualche respiro profondo per calmare le lacrime.
“No. Ero già sveglia.”
“Dove siamo?”
“Siamo nella Sala Comune del dormitorio della mia Casa. Questa scuola è divisa in quattro Case: Grifondoro, Corvonero, Tassorosso, Serpeverde. Io sono di Grifondoro. Come James, Remus e Sirius.” Raccontò la ragazza sperando di distrarre Anne.
Funzionò. La piccola prese a guardarsi intorno e si acquietò.
“Ho fatto un brutto sogno.” Le confessò mentre già si stava per riassopire.
“Lo so. Capita spesso anche a me. Pensa a cose belle.”
“Come te? Tu sei una cosa bella. Sei una stella di nome Stella.” Sbadigliò la bambina chiudendo gli occhi.
Star rimase a fissarla incredula prima di ricominciare a cullarla.
“Non ha tutti i torti. Una stella di nome Star. Ha ragione alla grande.” La voce di James la fece sobbalzare. Si voltò per guardare suo fratello mentre scendeva le scale e si accomodava in una poltrona di fronte a lei.
“E’ una bambina. Loro nella loro mente ingenua e semplice trovano il bello in tutti.” Spiegò la ragazza.
“Tranne che in me e Sirius.” Le ricordò il ragazzo.
“Vi adorerà. Sono diffidenti con le persone scherzose come voi ma poi diventerete i suoi idoli.” Rise lei.
“Sai che prima o poi dovrà tornare dalla sua famiglia e dimenticarsi di noi, vero?”
“Non ho il coraggio di dimenticarmelo, ma finché sta qui la farò divertire come un matta.”
James la studiò in silenzio. Star guardava la bambina tra le sue braccia con l’amore di una madre anche se l’aveva appena conosciuta. Pensò che un giorno sua sorella si sarebbe innamorata e avrebbe avuto dei figli che avrebbe guardato in quel modo. Sarebbe diventata un’ottima mamma.
“Dovresti dormire però. Te ne sei andata per non causare disturbo alle tua compagne ma da noi sei sempre accettata e poi se fossi in te non mi perderei l’occasione di far impazzire di sonno Sirius.” Propose dopo un po’.
La ragazza alzò il viso puntando i suoi occhi cobalto in quelli nocciola di suo fratello.
“Davvero pensi quello che hai appena pensato?” Gli chiese dolcemente.
“Si. Lo penso sul serio, anche se non so quanto sarò felice quando riconoscerò sul tuo viso l’espressione innamorata. Ti voglio troppo bene per lasciarti ad un buzzurro qualsiasi.” Rispose James.
“Vorrà dire che sceglierai tu per me.” Scherzò lei.
“Potessi farlo…ma tu hai una tua vita. Dovrai scegliere da sola, ammesso che il tuo cuore ti lasci scegliere.”
Star spalancò gli occhi. “Oh, mio cielo! Da quando sei così profondo e sentimentale!?” Esclamò così forte da rischiare quasi di svegliare Anne.
“Hai ragione ti costringerò a sposarti con un ragazzo che sarò solo io a scegliere e giudicare giusto per te.” Si riprese suo fratello fingendo un aria seria molto diversa da quella che aveva qualche secondo prima, quando era realmente serio.
“Va bene, sei tu il capo!” Star rise di gusto e la bambina mugugnò nel sonno. “L’ho disturbata.” Si mortificò la ragazza.
“A me sembra che sorrida. Forse la tua risata è compresa nella lista delle cose belle.” La rincuorò lui. “Sali. Così potrò godere anch’io della tua compagnia mentre dormo.”
I fratelli si sorrisero con quella complicità sbocciata quell’estate.
Salirono le scale e si stesero nel letto di James.
“Raccontale una storia, magari dorme meglio.” Propose il ragazzo accennando con il mento ad Anne stesa tra loro.
“Sta già dormendo. Non mi sentirà.” Replicò lei.
“La tua voce penetra anche negli incubi più scuri e bui.” Le assicurò. “Come quando mi hai calmato quella notte.”
La ragazza spalancò la bocca.
 
Era accaduto mesi prima. Dopo aver superato il periodo in cui non riusciva a dormire senza avere James al suo fianco Star iniziò a trascorrere le notti nel suo letto ma quando non riusciva ad assopirsi le bastava stare in silenzio e il forte respiro di suo fratello le arrivava alle orecchie calmandola. Alcune notti lo sentiva così bene che credeva che lui lo facesse apposta.
Una notte sentì quel respiro spezzarsi di colpo e diventare d’un tratto affannato.
Si alzò ed entrò nella stanza di James e vedendolo lottare contro le lenzuola succube di un incubo, si sedette a terra accanto al suo letto, con le gambe raccolte contro il petto. Alzò la mano fino ad arrivare ai capelli del ragazzo cominciando a carezzargli la testa.
“Ieri io e te siamo rimasti ore in giardino sotto il sole cocente a giocare a nascondino. Tutto questo perché tu eri sicuro che mi fossi persa una parte della mia infanzia non giocando a quei giochi stupidi. Hai iniziato tu a nasconderti e sei rimasto raggomitolato dietro un cespuglio per pochi minuti. Quando ti ho trovato hai alzato lo sguardo su di me e mi sei sembrato un bambino, in quel momento ti sentivo mio fratello. Tu sporco di terra con quello sguardo così poco amareggiato dalla sconfitta subita felice che mi stessi divertendo. Ti ho teso la mano per aiutarti ad alzarti ma, fratello mio, sei stato tu ad alzare me.” Raccontò, poi si rese conto di aver parlato al buio e si sentì sciocca.
Eppure James si era calmato tornando al suo pesante respiro.
Si tirò in piedi e notò quanto fosse difficile farlo da sola. Non che fosse chissà quale enorme sforzo ma ormai era abituata ad avere una mano tesa da afferrare un altro corpo con cui dividere il suo peso, altri muscoli come se fossero un prolungamento dei suoi e bastava tenderli pochissimo per fare quel movimento. Un movimento che in certi momenti della sua reclusione all’orfanotrofio, quando era debole al punto di poter morire, le era sembrato le costasse la vita.
Posò le sue labbra sulla fronte di suo fratello e quando fece per allontanarsi le dita di lui le avvilupparono la maglia del pigiama. Sorpresa da quel gesto rimase ferma immobile prima di sorridere dolcemente e iniziare gentile a sciogliere la morsa di quella mano sui suoi abiti.
Fece per uscire dalla stanza e le sembrò di star abbandonando il ragazzo che non l’avrebbe abbandonata mai. Tornò sui suoi passi e si infilò nel letto insieme a lui, suo fratello le strinse di nuovo il tessuto del pigiama aggrappandosi a quella stoffa leggera o forse cercando sostegno in colei che la indossava.
 
“Eri sveglio?” Chiese Star.
James fece segno di no con la testa. “Ti ho solo sentita. La tua voce è entrata nel mio incubo e io sono tornato con la mente nel nostro giardino a giocare a nascondino. Volevo afferrare la tua mano. Volevo che mi aiutassi a rimettermi in piedi.”
La ragazza puntò i suoi occhi in quelli di suo fratello, lo strinse in un abbraccio con la piccola Anne tra loro. “Ti amo James.” Mormorò con la voce soffocata dalla stoffa della maglia che il ragazzo indossava sulla quale premeva il viso.
“Ti amo, Star, sorella.” Le soffiò lui nell’orecchio.
 
………………..
 
Anne aprì gli occhi chiari ritrovandosi tra Star e James stretta nel loro abbraccio pieno di amore fraterno. Nella sua mente però quella era un immagine già vista, una sensazione già vissuta. Qualcosa si accese in lei.
“Mamma! Papà!” Esclamò.
La ragazza si svegliò subito guardandola.
“Come?” Le chiese.
“Tu sei la mia mamma, vero, e lui è il mio papà.” Decretò la piccola.
Il ragazzo sbadigliò stringendo la vita di Star e avvicinando lei e Anne a sé.
“No. Noi non siamo i tuoi genitori. Abbiamo dodici anni e penso che sia un po’ impossibile avere dei figli a quest’età. Siamo poco più di bambini anche noi. Oltretutto tu ci conosci solo da ieri sera. Ci siamo incontrate nella foresta e non ti avevo mai visto prima.” Spiegò la ragazza con tono morbido ma distaccato.
“Allora perché siete abbracciati? Le mamme e i papà dormono insieme, abbracciati come voi, e anche i loro figli stanno nell’abbraccio.” Insistette la bambina con la voce rotta dal pianto in arrivo.
“Io e James siamo fratelli. Io lo amo come tu potresti amare una tua sorella o un tuo fratello, se ne hai, e tu sei finita nel nostro abbraccio perché cercavamo di cullarti.” Chiarì Star decisa.
“Dove sono la mia mamma e il mio papà?” Domandò allora Anne con gli occhi pieni di lacrime.
“Non lo so. Dovresti dircelo tu. Appena te lo ricorderai ti porteremo da loro. Non ti preoccupare.” La consolò la ragazza.
La bambina annuì ricacciando indietro le lacrime e tirando rumorosamente su con il naso.
Quel rumore infastidì molto James che finalmente aprì gli occhi spostando le braccia e liberando Star e Anne dal suo abbraccio.
“Buon giorno.” Lo salutò la ragazza.
“Ciao.” Esclamò allegra la bambina scendendo dal letto.
“Si, ‘giorno.” Sbadigliò il ragazzo.
Disturbato da quelle voci anche Remus si destò. “Buongiorno ragazzi. Ah, ciao Star, alla fine hai deciso di dormire qui con la bambina. Non rischi di confonderla così?”
“Già fatto e sistemato.” Assicurò la ragazza alzandosi in piedi e stiracchiandosi allegramente mentre Anne esplorava la stanza.
Peter si svegliò a sua volta e scandagliò la camera dapprima con uno sguardo vacuo poi si fermò incuriosito su Star e la bambina infine strillò come una donnetta afferrando la divisa e guizzando via.
La piccola rise. “Chi era quello?”
“Peter Minus. Non so dirti di più a parte che lo spavento a morte.” Le rispose Star.
“Tu non lo spaventi. E’ solo intimorito dalla tua bellezza e dal tuo carisma. E’ simpatico a modo suo, quando riesce a proferire parola senza avere un attacco di imbarazzo subito dopo.” Commentò James.
“Lui dorme ancora.” Notò Anne indicando Sirius stravaccato prono sul suo letto con un braccio e una gamba a penzoloni.
“Ah, si. Vieni, aiutami a dargli un degno risveglio.” Suggerì la ragazza avvicinandosi al giaciglio dell’amico con la bimba.
“Al mio tre gridiamo il suo nome.” Illustrò.
Anne annuì decisa e emozionata.
“Uno…due …tre…” Contò Star.
“SIRIUS!” Urlarono insieme le due provocando un leggero infarto al povero ragazzo che cadde a terra stringendosi il petto all’altezza del cuore con la mano destra.
“Sono le nove e trentadue minuti qui ad Hogwarts e oggi inizia la mia vendetta.” Annunciò Star.
“Avevi detto che sarebbe incominciata domani.” Protestò il ragazzo.
“Si ma siccome sono io che decido ho cambiato idea.” Ribatté lei uscendo dalla stanza.
Tornò ancora prima che i tre ragazzi a la bambina si fossero chiesti dove fosse andata, portando con se una borsetta sporca di trucco.
Sirius sbiancò. “Oh, no.” Brividi percorsero la colonna vertebrale del ragazzo mentre Star prendeva una sedia.
“Accomodati.” Lo invitò.
Sembrò che solo sedersi gli costasse la vita.
“Una giornata intera con trucco e smalto addosso.” Sancì la ragazza aprendo con uno scatto la borsa.
“Non ho scelta vero?” Mormorò Sirius sudando freddo.
Lei rise di gusto. “No.”
James e Remus scoppiarono a ridere attendendo l’inizio dei lavori con estrema felicità.
“Anne, sai mettere lo smalto?” Chiese Star alla bambina.
“Si, quale gli metto?” Chiese avvicinandosi alla truce piena di trucchi di svariate tonalità e iniziando a pescare le boccette di vetro con i colori che più le piacevano.
“Quello che vuoi, anche tanti tipi se ti piacciono.” La incitò lei.
La piccola sorrise felice e si mise all’opera.
“Remus che dici: rosso o rosa shocking?” Domandò la ragazza con voce cantilenante mostrando all’amico due rossetti.
“Dico rosso.” Scelse Remus.
“Rosso sia!” Esclamò Star aprendolo e passandolo sulle labbra rassegnate di Sirius più e più volte.
“Ora, James, viola o verde?” Lei alzò due ombretti sopra la testa per farli vedere a suo fratello.
“Quello che sporca di più.” Ghignò James.
Sirius gli lanciò uno sguardo omicida.
“Chiudi gli occhietti, tesoro.” Cantilenò di nuovo la ragazza.
Il ragazzo li spalancò il più possibile tentando di ribellarsi ma lei gli mise l’indice e il pollice della stessa mano sulle guance all’altezza dei nervi mandibolari facendo una lieve pressione.
“Mi arrendof!” Gridò lui serrando le palpebre. Una bella spalmata di ombretto gliele colorò fino alle sopracciglia.
“Ok, adesso ti metto un po’ di questo e un po’ di quest’altro, come procede lo smalto piccolina?” Star si stava sbizzarrendo liberando la sua fantasia in un modo oltraggioso. Anne le sorrise impiastricciata di smalto fino al mento ma le unghie di Sirius erano perfette, di mille sfumature di rosa e viola, ma perfette.
Quando finirono il ragazzo esibiva delle labbra rosse, degli occhi cerchiati di viola, ciglia con moltissimo mascara, guance quasi fucsia, qualche adesivo a cuoricino sparso sul viso e delle unghie da far invidia agli artigli di una strega rosa delle fiabe.
“Oh, bolide.” Sbuffò depresso fissandosi allo specchio.
“Posso mettergli un fiocco sui capelli?” Chiese Anne con un nastrino azzurro tra le mani.
“Certo!” Acconsentì Star felice come non mai e con le lacrime agli occhi dal ridere come anche Remus e James.
La bambina fece a Sirius un grazioso codino in cima alla testa legandolo con un delizioso fiocchetto.
“Sei perfetto!” Esclamò la ragazza ridendo di cuore.
“Scendiamo vi prego. Deve per forza vederlo tutta la scuola!” Gridò James entusiasmato afferrando la macchina fotografica.
Se Sirius Black era arrivato a scuola imbronciato, l’anno prima, ora quel broncio che era sparito grazie ai suoi amici era tornato così tanto incattivito da sembrare quasi che il ragazzo fosse contornato da un aura scura.
James scattava foto a più non posso, Remus e Star non riuscivano a fare a meno di ridere, Anne saltellava loro attorno mostrando a tutti il suo capolavoro e tutti, appena lo vedevano, si accasciavano a terra in preda alla risa.
“Su con la vita Felpato!” Star gli diede una calorosa pacca sulla spalla mentre, seduti al tavolo di Grifondoro, gustavano la loro colazione. “Te la sei cercata!”
“Dimmi cosa dovrei fare, allora.” Brontolò quello chinando la testa sul suo piatto.
“Sorridi e facci una sceneggiata in falsetto alla Sirius. Non sei tu quello che diceva di essere così figo da sembrare virile in qualsiasi situazione?” Lo incitò James lanciandogli uno sguardo di sfida.
Il ragazzo alzò il viso e ghignò soffiandosi via dalla fronte i ciuffi ribelli che non erano stati bloccati dal fiocco.
Si poteva giurare che il caro vecchio Sirius fosse tornato più splendente di prima. Nonostante lo spesso strato di trucco in volto sembrava assolutamente bello.
James si allontanò da lui con il busto per poterlo inquadrare meglio. “Diamine. Come bolide fai?!”
“Per favore sono Sirius Black.” Recitò lui agitando la mano destra di qua e di là come una anziana signora altolocata.
“Sei fenomenale.” Si complimentò Remus.
Star ridacchiò. “Ma sei comunque truccato da ragazza.”
“Scempiaggini, non insultare una povera vecchietta.” Ribatté il ragazzo con la voce di una nonnetta.
I Malandrini risero di gusto.
“Sembra proprio una nonna!” Esclamò Anne. “Facciamo finta che sei la mia nonnina?”
“Come?” Chiese Sirius spaesato.
“Si, per finta tu sarai la nonna,” Spiegò allegramente lei poi indicò James e Star. “loro due sono mamma e papà.” Infine si fiondò tra le braccia di Remus. “E tu il fratello maggiore.”
“Anne,” Cominciò Star cauta. “se vuoi giocare va bene ma devi prometterci che ti ricorderai che noi non siamo la tua famiglia.”
“Lo so. Me lo ricorderò prometto. Ma sento male al cuore.” Rispose la bambina.
“Senti la mancanza della tua vera famiglia. E’ normale. Per questo devi impegnarti per ritrovarla.” Le suggerì Remus con calma.
“Allora, possiamo giocare?” Chiese lei rivolta alla ragazza difronte a se.
Star però aveva lo sguardo perso nel vuoto e un’immobilità del corpo da far credere che fosse una statua.
“Stellina mia?” La chiamò James posandole con delicatezza una mano sulla spalla, lei si riscosse in fretta e sorrise sbattendo le palpebre un paio di volte.
“Che ne dite di una passeggiata?” Propose alzandosi in piedi.
Nessuno fece domande.
Uscirono all’aria aperta.
Il vento freddo sverzava i loro volti e le loro mani ma il cielo era limpido, di un bel azzurro.
Anne saltellava stringendo la mano di Star.
Il gruppo arrivò in riva al lago e lì Remus guidò la bambina verso la riva insieme a Sirius che dava il meglio di se nelle vesti di nonna preoccupata di ogni cosa.
James e sua sorella rimasero indietro.
Lui la prese per meno mentre seguivano con lo sguardo i loro amici.
“Cosa è rimasto nella tua mente? Perché sei diventata così assente all’improvviso?” Le chiese voltandosi per guardarla.
“E’ rimasto tutto nella mia mente. L’ho recluso in un angolo ma non può andarsene, fa parte di me. E tornerà. Sempre meno spesso ma tornerà, è il mio passato, è ciò che ho vissuto. Non posso controllarlo.” Rispose lei senza smettere di fissare di fronte a sè.
“Puoi. Fallo uscire del tutto. Raccontami. E poi vedrai che sarà più semplice chiuderlo dove non potrà più uscire.”
Star piantò gli occhi in quelli di suo fratello.
“Mi dispiace per le persone che non ti conoscono. Si perdono un ragazzo dalla mille risorse.” Sussurrò la ragazza abbassando lo sguardo.
Lasciò che passasse qualche secondo prima di rialzare il viso su quello sorridente di James.
“Sento male al cuore. E’ la stessa frase che ho urlato contro la finestra quando ho scoperto che Jack e Michael se ne erano andati. La finestra è andati in mille pezzi per colpa della magia e sono stata punita con una settimana di digiuno e venti bastonate in più al giorno per tre mesi.” Raccontò tranquilla.
“Buffo. La stessa identica frase.” Commentò il ragazzo pensieroso.
“Sto meglio, James, grazie.” Mormorò lei incamminandosi verso la riva del fiume rilassando la mano che stringeva quella del ragazzo ma senza lasciare che l’intreccio delle loro dita si sciogliesse.
Suo fratello sorrise ancora di più. “Lo so. Sono mitico, che ci vuoi fare.” Si complimentò scherzosamente con sè stesso.
“Mamma dovresti essere preoccupata anche tu. La mia mamma lo sarebbe. Come la nonna. Papà tu dovresti sgridarmi. E tu fratello non so cosa dovresti fare. Io ho solo una sorellina.” Gridò Anne girando su se stessa a poca distanza dall’acqua.
“Sta riacquistando la memoria.” Constatò Remus felice.
“Già, ma fra un po’ non ricorderà più come sono fatti i suoi parenti.” Ricordò loro James.
“Vieni qui Anne!” Gridò Star. “Facciamo un altro gioco. Noi siamo la tua altra famiglia. Ma siamo noi. E tu hai la tua vera famiglia e la nostra. Va meglio?”
La piccola annuì correndo felice e cantando. “Sono come voi! Sono come voi!”
Sirius fu il primo a correrle dietro. “Scappa o ti prenderò!”
James cominciò a correre ma Star e Remus lo bloccarono tenendolo per i polsi, il ragazzo finì a terra e i suoi amici lo superarono.
Corsero attorno al lago senza notare nemmeno uno degli sguardi che rivolgevano loro gli altri studenti.
Sirius riuscì a prendere la bambina la tirò su facendola girare tra le sue braccia. Poi arrivò Star che li abbracciò entrambi, subito seguita da Remus e James.
“Fratellino, hai la macchina fotografica?” Domandò Star mentre si scioglievano dall’abbraccio e cominciavano a camminare tutti insieme.
James annuì tirandola fuori dalla tasca.
La ragazza la prese e corse verso un gruppo di ragazzi più grandi.
“Ciao Dennis, ci faresti una foto per favore?” Chiese cortesemente ad uno di loro.
Il ragazzo le sorrise e prese la macchina fotografica avvicinandosi ai Malandrini che si misero in posa. Anne tra le braccia di Star, vicino a loro James, accanto a lui Sirius, dall’altra parte rispetto alle due ragazze Remus.
Sorrisero mentre le foglie degli alberi cadevano attorno a loro. Dennis scattò la foto e restituì la macchina a James prima di tornare dai suoi amici salutando con calore Star.
“Gli piaci.” Commentò Sirius nell’orecchio della ragazza.
Lei sbuffò riappoggiando a terra Anne e ricominciando la passeggiata tenendola per mano.
James prese l’altra manina della bimba scambiando uno sguardo d’intesa con sua sorella.
“Uno, due e tre.” Contò lui e insieme a Star alzarono la piccola con la forza delle braccia.
“Vola, vola, vola!” Gridarono i tre.
Lo fecero per molte volte poi Sirius si avvicinò a loro.
“Star è quasi ora di pranzo, porta la bambina al prato dove abbiamo fatto i rotoloni, noi andiamo a prendere qualcosa da mangiare e poi vi raggiungiamo.” Suggerì.
James gli fece un cenno d’assenso e lo seguì.
“Andiamo?” Chiese la ragazza alla bambina che annuì.
“Ti ricordi la canzone che stavi cantando quando ti abbiamo trovata?” Domandò Star.
“Si.” Gli occhi di Anne si fecero lontani ma vivaci come se cercasse di ricordare qualcosa di bello, l’esatto opposta di quando Star pensava al suo passato.
“Insegnamela.”
“C’era un cappero, sulla strada. C’erano due capperi, sulla strada. C’erano tre capperi sulla strada. E la cioccolata blu! E con il blu andava il giallo, e con il giallo andava il rosso, e con il rosso andava il verde. E la cioccolata più!” Cantò la bambina poi ricominciò da capo saltellano a ritmo e la ragazza la seguì cantando a sua volta.
Si fermarono sul prato in discesa e si gettarono a sedere a terra ridendo. Le guance arrossate dal freddo e dalla fatica della corsa. Si guardarono negli occhi.
“Tu la conosci una canzone bella?” Le chiese la bambina.
“No. Mi dispiace.”
“Allora cantiamo quella delle paperelle. Si gioca con le mani!”
“Va bene. Insegnamela.”
Anne cominciò di nuovo a cantare muovendo le mani a ritmo costruendo forme immaginarie e battendole contro quelle di Star per creare un intrico di figure che seguivano le vicende della filastrocca.
“Five little ducks
Went out one day
Over the hill and far away
Mother duck said
"Quack, quack, quack, quack."
But only four little ducks came back.
 
Four little ducks
Went out one day
Over the hill and far away
Mother duck said
"Quack, quack, quack, quack."
But only three little ducks came back.
 
Three little ducks
Went out one day
Over the hill and far away
Mother duck said
"Quack, quack, quack, quack."
But only two little ducks came back.
 
Two little ducks
Went out one day
Over the hill and far away
Mother duck said
"Quack, quack, quack, quack."
But only one little duck came back.
 
One little duck
Went out one day
Over the hill and far away
Mother duck said
"Quack, quack, quack, quack."
But none of the five little ducks came back.
 
Sad mother duck
Went out one day
Over the hill and far away
The sad mother duck said
"Quack, quack, quack."
And all of the five little ducks came back.”
Un applauso le raggiunse nel loro angolo di felicità facendole voltare verso i tre ragazzi carichi di cibo che si avvicinavano a loro.
“Siete bravissime.” Si complimentò Remus.
“Grazie mille mille mille.” Rispose la piccola aiutandolo a stendere un certo vecchio lenzuolo decorato.
“Chi lo ha fatto?” Chiese Anne sedendovisi sopra e passando le piccole manine avanti e indietro sulla stoffa come se fosse un pregiato tappeto indiano.
Intorno a lei i Malandrini sistemavano il cibo.
“Noi.” Le rispose Sirius orgoglioso.
“E’ strano.” Commentò la piccola.
“Noi siamo strani.” Le ricordò James.
Cominciarono a mangiare cercando di tenere tra le mani il pane caldo il più allungo possibile così da scaldarsi, James e Sirius si esibirono in una scenetta da novelli sposi su quanto fosse brutto il trucco di Sirius fino a che i piatti furono vuoti.
Rimisero un po’ in ordine mentre le loro voci cantavano allegre tutte le ninne nanne e le filastrocche dell’infanzia, il tè bollente scendeva di tanto in tanto nelle loro gole ma il canto veniva portato avanti da chi tra loro aveva la bocca vuota.
“Giochiamo a Prendi e Scappa.” Propose Anne alzandosi in piedi di scatto. “Prendo io!” Subito dopo toccò James sulla testa. “Ora prendi tu.”
Il ragazzo cominciò subito a rincorrerla, poi si girò verso Star, Sirius e Remus cercando di acchiappare uno di loro ma i tre scapparono veloci.
Giocarono in quel modo fino a che una goccia non colpì il volto di Star che si fermò guardando verso l’alto. Senza che se ne fossero accorti nubi grigie ma morbide avevano ricoperto il cielo. Incominciava a piovere.
Sirius avvolse la piccola Anne nel lenzuolo e la prese in braccio così infagottata.
La pioggia cadeva sempre più fitta e loro rischiarono di scivolare molte volte sul lieve pendio che li portava al castello. Quando riuscirono a mettersi al riparo si scoprirono bagnati fradici.
Si guardarono a vicenda; gli abiti aderenti al corpo, i capelli arruffati e gocciolanti, i visi sconvolti, le mani piene di fango, la bambina avvolta come un bruco nella stoffa bianca.
Erano così buffi che si misero a ridere di cuore.
Richiamato da quel rumore arrivò Gazza.
L’uomo li squadrò dalla testa ai piedi ma dal momento che non avevano fatto nulla di male non poté far altro che andarsene brontolando.
“Chi era?” Domandò Anne.
“Una persona molto cattiva.” Le rispose James con voce lugubre.
Salirono ridendo fino al dormitorio.
Star si rinchiuse nel bagno con Anne. La sue voce deliziosa oltrepassava la porta con un canto allegro del quale i tre ragazzi non riuscivano a cogliere tutte le parole.
“Secondo me quando verrà il tempo sarà una madre fantastica.” Commentò Remus stendendosi sul letto.
“Penso che se non avesse figli sarebbe un peccato.” Continuò James.
“Dipende. Credete che sarebbe capace di mettere da parte il suo lato spericolato per accudire bambini dalla mattina alla sera. E’ pur sempre la ragazza che ci ha fatto camminare su e giù per la parete esterna di una torre.” Ricordò loro Sirius.
“Ha dodici anni ora! Metterà la testa a posto una volta diventata grande. Come voi due, spero.” Sbuffò Remus esausto.
Finalmente le ragazze uscirono dal bagno pulite e profumate.
Anne indossava degli abiti diversi, maschili, che chissà da dove erano comparsi.
“Parlavate di me?” Domandò la ragazza squadrandoli.
“No.” Mentì James sicuro di se.
“Fratellino…leggo nel pensiero. So che parlavate di me.” Chiarì lei.
Sui volti dei tre ragazzi comparve la stessa espressione tra il colpevole e il rassegnato.
Anne rise e si gettò su un letto.
“Che facciamo adesso?” Domandò la piccola.
“Lascia che questi tre malandrini vadano a lavarsi, altrimenti rischiano di prendersi un malanno.” Le spiegò Star sedendosi sul suo stesso letto. “E noi intanto scegliamo che cosa fare.”
“Possiamo giocare al teatro?” La pregò Anne.
“Perché no. Sai noi siamo bravissimi a recitare. Che storia vorresti interpretare? Ne hai una preferita?” Accettò la ragazza.
“Mi piace quella del Cavallino Bianco.” Rispose la piccola saltellando su e giù.
“Non la conosco. Dovrai raccontarmela.” Cominciò Star, Remus uscì dal bagno e lei si rivolse all’amico. “Tu la conosci la storia del Cavallino Bianco?”
“No. So che è un libro per ragazzi Babbano. Tutto qui.” La informò lui.
“Accipicchia.” Esordì la ragazza. “Conosci la storia del Gatto con gli Stivali?”
La bambina ci pensò su un po’. “Credo di sì.”
“Sul serio?! Facciamo quella! Siamo bravi! Facciamola!” Gridò James uscendo di corsa dal bagno seguito da Sirius, entrambi con i volti illuminati dall’entusiasmo.
“Ti va?” Chiese Star ad Anne.
“Si, certo. Voi cantate?” Acconsentì la bambina.
“Si, cantiamo e balliamo!” Confermò Sirius allegro.
“Truccato così sei perfetto per la Principessa.” Commentò Remus.
“A proposito di trucco: non si toglie.” Protestò l’interessato.
“Ovvio. Sparirà da solo a mezzanotte.” Illustrò la ragazza.
“Sei terribile!” Si stupì Sirius.
“No, piacere, Star.” Scherzò lei tendendo la mano, il ragazzo le fece la linguaccia.
“Ehi, vogliamo mettere in scena la nostra opera più riuscita sì o no?” Li richiamò all’ordine Remus.
“Certo! Anne siediti, oggi assisterai ad uno spettacolo incredibile!” Esclamò James facendo accomodare la bambina su un letto e posizionandosi davanti ad essa.
I Malandrini cantarono e recitarono la storia che ormai sapevano a memoria con allegria e simpatia e la piccola si ritrovò spesso a ridere e a battere le mani a tempo.
Lo spettacolo finì un po’ troppo presto, la pioggia ancora imperversava fuori.
“Ora giochiamo a nascondino!” Stabilì Anne.
I quattro giovani alzarono le spalle.
“Chi conta?” Chiese Star.
“Conta James.” Decise Sirius.
“Perché io?” Domandò l’interessato.
“Perché sei quello con le corna.” Lo canzonò Sirius.
“E che c’entra?” Protestò James.
“Niente. Ma tu conti perché l’ho deciso io.” Decretò Star trascinando suo fratello davanti ad un muro.
“Conta fino a trenta.” Propose Remus sorridente.
“Ehi, Rem, che carino che sei quando sorridi! Dovresti farlo più spesso!” Commentò la ragazza.
Il ragazzo arrossì.
“A te piace Star. A te piace Star.” Iniziò a cantilenare Anne indicando il povero Remus che divenne sempre più rosso.
“Tesoro non prendere in giro Rem. Prendi in giro James o Sirius piuttosto.” Le consigliò Star.
“Ehi!” Protestarono i due ragazzi.
“Sirius è una femmina! James deve contare!” Cominciò la bambina saltellando.
“Mi piace. Chissà per quanto può andare avanti.” Constatò la ragazza con aria maligna.
“Ok, basta. Iniziamo a giocare.” Suggerì James voltandosi verso la parete con gli occhi chiusi e iniziando a contare a voce alta.
“Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque.” Sirius si fiondò sotto il primo letto in vista con un gran tonfo e una dolorosa spanciata seguita da un “ahi” soffocato.
“Sei. Sette. Otto. Nove. Dieci.” Remus cercò indeciso un posto a caso dove mettersi.
“Undici. Dodici. Tredici. Quattordici. Quindici.” Star sistemò Anne in un baule vicino a James.
“Sedici. Diciassette. Diciotto. Diciannove. Venti.” Remus si guardava ancora intorno. Star gli indicò una corda dentro il baule di Sirius.
“Ventuno. Ventidue. Ventitré. Ventiquattro. Venticinque.” La presero e la stesero a terra tenendone un capo a testa. E poi si nascosero dietro a due letti agli opposti della stanza.
“Ventisei. Ventisette. Ventotto. Ventinove. Trenta.” James si girò di scatto scrutando la stanza.
Si avvicinò al letto accanto a lui e alzò di poco la coperta poi tornò tranquillo dove aveva contato ed esclamò: “Tana per Sirius.”
Il ragazzo in questione rotolò fuori dal sotto il materasso e sbuffò cercando con una mano di liberarsi i capelli dalla polvere.
James avanzò nella stanza superando la corda tesa tra Star e Remus senza vederla. Arrivò fino in fondo all’altro muro e poi si voltò per tornare indietro notando subito Anne che uscita dal baule stava per andare verso la tana.
Il ragazzo fece per correre indietro ma Star e Remus tesero la corda al massimo e lui ci inciampò sopra finendo steso a terra.
“Un due tre per me!” Cantò allegra Anne toccando la tana. Subito dopo Remus fece la stessa cosa e Star gridò: “Tana Libera tutti!”
“Questo è sleale.” Protestò James rialzandosi.
“Non abbiamo fissato regole.” Gli ricordò Star.
“Tocca a te contare, di nuovo.” Lo prese in giro la bambina.
Sirius si stava scompisciando di risate.
“Taci tu.” Lo apostrofò James. “Il tonfo che hai fatto si sarà sentito fino alle cucine!”
Il ragazzo smise di ridere imbronciandosi per finta. “Almeno io non devo contare.” Lo schernì.
“Nessuno dovrà contare.” Li interruppe Remus.
“COSA?!” Esclamarono tutti in coro compresa Anne.
“E’ ora di cena.” Spiegò semplicemente il ragazzo.
“Oh vero, scendiamo.” Borbottò Star raccogliendo la corda.
Si avviarono verso la Sala Grande con il sottofondo di James e Sirius che litigavano per decidere cosa avrebbero fatto dopo cena. Il primo voleva che Star leggesse una storia e il secondo desiderava che la ragazza cantasse.
Si sedettero insieme al tavolo, Anne tra James e Star, Sirius e Remus di fronte a loro.
“Ehi! Guardate la bambina! Non è carina?!” Esordì una ragazza del terzo anno poco più in là.
“Oh, si!” Continuò un’altra.
In pochi secondi la maggior parte dei presenti in sala si accalcò attorno ad Anne che presa dal panico per tutta quella attenzione si strinse a Star nascondendo il viso nel petto della ragazza mentre mani invadenti le scompigliavano i capelli e le strizzavano le guance.
“Voglio vederla anch’io!”
“E’ confusa?”
“Ricorda qualcosa?”
“Le piace il rosso?”
“Che bei capelli!”
Strillavano ragazzi e ragazze spintonandosi.
“Per favore non fate così, la spaventate.” Cercò di fermarli Remus.
“Voglio andare via…” Si lamentò la bambina.
“Sentite, lasciatela stare per favore.” Provò a calmarli Star.
“Scusa anche noi vogliamo stare con lei, perché puoi farlo solo tu?” Protestò Renè.
“E’ vero! Non è giusto!”
“Voglio prenderla in braccio!”
“Fatela giocare con me!”
“Voglio farle delle domande!”
Incominciarono ad esigere tutti quanti.
Sirius e James si scambiarono uno sguardo di intesa, sollevarono le bacchette insieme e lanciarono delle scintille rumorose che fecero voltare tutta la folla verso di loro.
“Lasciate stare quella povera creatura.” Cominciò James.
“Non la stiamo tenendo al guinzaglio è lei che vuole rimanere con Star e possiamo anche capire il perché.” Proseguì Sirius.
“La state spaventando a morte. Non ve ne rendete conto?” Fece loro notare James.
“Ora lasciateci finire la cena in pace. Se quando si sarà più abituata alla situazione vorrà stare anche con alcuni di voi la lasceremo. Non abbiamo nessun problema in proposito. Ma ora guardatela! E’ terrorizzata.” Concluse Sirius.
Tutti gli studenti tornarono al loro posto con la coda fra le gambe, alcuni dei più vicini a Star sussurrarono qualche parola di scusa e la cena continuò normalmente.
“Grazie.” Bisbigliò Anne ai due Malandrini che si erano appena riseduti ai loro posti.
I ragazzi le sorrisero tranquillamente.
“Non c’è di che. La prossima volta anche ti senti a disagio o hai paura grida.” Le consigliò James.
“Cosa vuol dire sentirsi a disagio?” Chiese la bimba.
“Stare male. Sentirsi fuori luogo. Sentirsi imbarazzati o infastiditi.” Le spiegò Remus con gentilezza.
“E’ una parola strana.” Commentò la piccola.
“Lascia perdere. Sono quei due che si divertono ad usare parole del Medioevo. Villani che non sono altro.” Si intromise Star.
I Malandrini risero di gusto.
 
 
………….
 
Una volta finito di mangiare il gruppetto tornò nel dormitorio maschile.
“Dormiamo qui anche questa notte?” Domandò subito Anne.
“Va bene.” Acconsentì Star.
“Posso vedere un'altra volta il lenzuolo?” Chiese la bambina sedendosi su un letto.
“Certo. Ehi, ti va di aggiungerci le tue impronte delle mani?” Suggerì Sirius.
La piccola annuì felice saltando giù dal materasso pronta a mettersi all’opera.
“Vado a prendere la vernice.” Si offrì Remus correndo fuori dalla stanza.
Gli altri quattro intanto stesero bene lo stendardo sul pavimento e James aiutò Anne a tirarsi su le maniche del maglioncino rosso che indossava.
“Aspetta. Ma questo è il mio maglione di quando ero piccolo?” Domandò il ragazzo a sua sorella.
“Si, avevo un po’ dei tuoi vestiti di una volta nel baule perchè erano carini e quel giorno che mamma me li ha mostrati le ho chiesto di darmene alcuni. Anzi potrei scriverle di inviarmene degli altri.” Raccontò la ragazza.
“Già, ricordo quella sera…” Bisbigliò James perdendosi nei suoi pensieri.
 
Pioveva a dirotto. Nonna Lea stava per arrivare, doveva fermarsi per cena così non sarebbe stata sola con quel tempo.
Quel pomeriggio James era andato ad aiutare suo padre a sistemare il tetto della casa della nonna così Star si era rifugiata in biblioteca e non ne era ancora uscita.
“Siamo a casa!” Annunciò Henry con la sua voce calda e allegra mentre varcava la soglia insieme al figlio.
Susan andò loro incontro prendendo i cappotti e baciando entrambi sulle guance.
“Mia sorella?” Chiese subito James guardandosi intorno.
“In biblioteca.” Gli rispose frettolosa sua madre. “Nonna non c’è? Perché non è venuta qui con voi? Sai che ho paura che si perda o che scivoli per strada.”
“Voleva farsi un bagno e pensavo di disturbarla rimanendo, andrò a prenderla più tardi, non ti preoccupare.” Spiegò Henry.
James riuscì in quel momento a liberarsi delle scarpe e smise di ascoltare i suoi genitori cominciando a salire le scale.
Entrò nella biblioteca silenziosamente e trovò subito Star. La ragazza era avvolta in un maglione di lana leggera, seduta su un divanetto leggeva tranquilla guardando fuori dalle vetrate a intervalli regolari. I capelli sciolti sulle spalle erano umidi segno che si era appena fatta il bagno. Una tazza di tè vuota se ne stava sul comò al suo fianco da chissà quanto tempo.
“Ciao.” La salutò suo fratello sedendosi dietro di lei e abbracciandola.
“Ciao.” Ricambiò la ragazza piegando indietro la testa per poter appoggiare la nuca sul petto di James.
“Passato un buon pomeriggio?” Chiese lui.
“Molto tranquillo.” Rispose Star.
“Andiamo a cambiarci. Nonna Lea sta per arrivare.” Suggerì il ragazzo alzandosi in piedi.
Lei annuì piano stiracchiandosi un po’.
Scesero in sala da pranzo dopo qualche minuto con dei vestiti normalissimi e comodi.
Lea era già seduta al tavolo e si girò verso di loro.
“Ciao nonna.” Salutarono i due fratelli in coro correndo ad abbracciarla.
L’anziana signora sorrise con calore.
Dal giradischi usciva una musica lenta e leggera. Nessuno parlò molto durante il pasto. Fu dopo che si scatenò ogni imprevisto.
Susan si alzò per prima dalla tavola per sparecchiare, andò in cucina e dopo qualche secondo si sentì provenire da essa un tonfo e un rumore di ceramica infranta.
Henry, James e Star corsero subito per vedere cosa era successo e trovarono la signora Potter in ginocchio con la bacchetta sfoderata mentre aggiustava i piatti.
“Tutto bene?” Si accertò Star.
“Si, tesoro. E’ colpa di tuo padre. Gli avrò detto mille volte di portare nello scantinato questi scatoloni ammuffiti e invece sono ancora qui. In cucina poi!” Sbuffò Susan.
“Non c’è altro posto dove metterli.” Si difese il signor Potter.
“Si che c’è. E te lo ho appena fatto notare…”
James smise di ascoltare di nuovo. Genitori! Pensò il ragazzo chinandosi per aprire lo scatolone su cui era inciampata sua madre.
“Cos’è?” Domandò nonna Lea comparendo in quel momento e indicando ciò che suo nipote teneva tra le mani. Ciò distrasse i signori Potter.
“Sono i vestiti di quando James era piccolo!” Esclamò Susan con tenerezza sollevando lo scatolone e cullandolo come se fosse un neonato.
“Davvero?! Posso vederli?” Chiese Star allungando il collo.
Sua madre annuì portando tutti gli abiti nel salotto al piano di sopra.
Gli adulti iniziarono a rievocare i ricordi legati a quegli indumenti, compresi i più imbarazzanti, mentre James cercava inutilmente di protestare per quella mancanza di tatto.
“Tua sorella fa parte della famiglia non dovresti vergognarti di dirle tutto di te. Eri solo un bambino e lei lo sa.” Lo rimproverò Henry ricominciando poi a raccontare dei primi passi di suo figlio durante i quali egli cadde a terra di faccia finendo al San Mugo con il setto nasale spezzato di netto.
“E’ vero, eri solo un bambino.” Lo rassicurò Star. “Ma questo non vuol dire che non te lo rinfaccerò per tutta la vita.” Aggiunse poi sottovoce con un ghigno alla Sirius.
“L’avete sentita?” Domandò subito James al resto della famiglia.
“Cosa, caro?” Chiese Susan fissando un body e preparandosi al racconto della prima volta in cui suo figlio mangiò la pappetta invece del latte.
Henry invece non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
“E’ una ragazza proprio simpatica.” Commentò con aria bonaria nonna Lea.
Il ragazzo sospirò e si arrese ad una serata infernale mentre Star ascoltava avidamente.
I signori Potter presero anche i vecchi album fotografici giusto per rendere meglio l’idea.
“Oh cielo! Quanto eri carino da piccolo! Che facce!” Esclamò la ragazza sorpresa.
“Perché adesso non sono carino?” Le chiese James malizioso.
“No.” Rispose lei secca facendo ridere tutti i presenti.
 
“Mondo magico chiama James Potter. Rispondete vi prego!” Il tono scherzoso di Sirius riportò il ragazzo alla realtà.
“Scusatemi! Ero immerso nei ricordi.” Spiegò James.
“Io non ho i ricordi!” Esclamò Anne.
“Non è vero, tesoro, ne hai solo che non… te li ricordi.” La rassicurò Star.
“Sei veramente d’aiuto.” La prese in giro Sirius.
“Io ci provo.” Lo rimbeccò lei.
“Sono arrivato!” Annunciò Remus entrando nella stanza con le braccia ricolme di vasi di colore.
Con l’aiuto di James li poggiò a terra e la piccola ci ficcò dentro le braccia fino al gomito senza esitazioni.
“E’ fredda!” Commentò sorpresa strappando dei sorrisi a tutti i Malandrini.
“Si lo è.” Concordò la ragazza ridendo e fissando Anne poggiare le sue piccole mani sulla stoffa bianca lasciando mille impronte colorate.
“E’ divertente! Fatelo anche voi!” Li invitò la bambina.
I quattro ragazzi non se lo fecero ripetere due volte.
In men che non si dica il lenzuolo si riempì di impronte più di quanto già non lo fosse mentre il suono delle risate riempiva la stanza.
Quando finirono tutti erano pieni di colore fino ai capelli.
“Sarebbe meglio lavarti il viso prima di andare a letto.” Consigliò Star fissando Anne che si imbronciò.
“E’ già ora di andare a letto?” Si lamentò la piccola.
“Si, tardi.” Insistette Remus.
La ragazza portò Anne in bagno e la pulì dalla vernice, le fece indossare un pigiama ed infine la aiutò ad infilarsi nel letto di James.
“Mi canti una canzone?” Chiese la bambina.
“Devi insegnarmela tu lo sai.” La avvertì Star.
“Va bene. Fa così:
Twinkle, twinkle, little star.
How I wonder what you are.
Up above the world so high,
Like a diamond in the sky.
Twinkle, twinkle, little star.
How I wonder what you are.
 
Twinkle, twinkle, little star.
How I wonder what you are.
Up above the world so high,
Like a diamond in the sky.
Twinkle, twinkle, little star.
How I wonder what you are.” Canticchiò Anne con molti sonori sbadigli.
La ragazza ripeté la canzone con la sua voce delicata e dolce e in poco tempo la piccola crollò in un sonno sereno.
“Sei fantastica. Si è addormentata subito.” Si congratulò Remus.
“Grazie.” Bisbigliò Star andando a sedersi sul letto di Sirius.
“Si, hai una voce soporifera. Io, però, non me ne vanterei tanto.” Scherzò James.
“Ah ah, sei amichevole quanto un camaleonte.” Ribatté Star acida.
“Un camaleonte?” Chiese illuminazioni Sirius.
“Si, tutti sanno che i camaleonti sono poco amichevoli se no farebbero a meno di mimetizzarsi.” Spiegò la ragazza convinta.
“Io non credo che si mimetizzino per quel mot…” Iniziò a ribadire il ragazzo.
“Taci villano!” Lo apostrofò lei.
“Scusa una domanda: se la bambina dorme sul mio letto io dove dormo?” Domandò James.
“Sul letto di Sirius.” Rispose Star come se fosse ovvio.
“Ma nel letto di Sirius c’è Sirius!” Protestò lui.
“Imparerete a convivere.” Risolse la ragazza con tranquillità.
I due interessati si scambiarono uno sguardo terrorizzato.
“Ma…” Cercarono di replicare insieme ma Star li bloccò alzando una mano.
“Così ho deciso. Punto. Ora basta discutere, c’è il mare con il sole.” Decretò lei.
“Il mare con il sole?” Si stupì Remus.
“Parlando di mare…raccontaci qualcosa di questa estate.” Cambiò argomento Sirius.
“Si, dai raccontiamogli della prima volta che hai visto una spiaggia.” Suggerì James.
“Si, sono curioso.” La incoraggiò Remus.
La ragazza sorrise e incominciò a parlare.
 
“Stiamo andando in spiaggia! Stiamo andando in spiaggia! Andiamo andiamo andiamo in spiaggia a vedere il mare!” Cantava Star a gran voce preparando la sua borsa.
“Scendete avanti! Vi stiamo aspettando!” Gridò la signora Potter dal piano di sotto.
La ragazza uscì dalla sua stanza nello stesso momento di suo fratello, chiusero insieme le porte e si salutarono con un gran sorriso.
“Vedrai è bellissimo.” Esordì lui.
Scesero nella sala da pranzo dove i loro genitori li aspettavano pazienti davanti al camino acceso.
“Che caldo ma bisogna sempre accenderlo a fiamma piena?” Si lamentò subito James.
“Certo coì siamo più veloci.” Spiegò Henry.
“Andiamo?” Chiese Star emozionata.
Uno ad uno entrarono nel camino gridando “Leysdown on Sea”, per ultimo entrò il signor Potter così da poter spegnere la fiamma una volta arrivato.
Star vorticò su se stessa cercando di tenere i gomiti stretti al corpo come le avevano insegnato, quando poggiò i piedi per terra e si fermò si ritrovò in una cabina di legno tutta colorata, l’unica cosa strana era il camino da cui era appena arrivata. Uscì fuori e vide il mare. Così azzurro che le bastò guardarlo per capire quanto fosse grande il mondo.
Il piccolo pezzo di spiaggia in cui si trovavano era abbastanza desolato nonostante fossero in pieno periodo estivo. Solo altre due famiglie erano presenti ed erano a grande distanza da loro.
La sabbia sotto i piedi della ragazza cominciò a scottare e lei si sentì d’un tratto così insicura di fronte a quella vastità d’acqua.
L’orizzonte non era mai stato al tempo stesso così vicino e così lontano.
“Star, tutto bene?” Le chiese con gentilezza Susan.
Henry arrivò in quel momento uscendo dalla stessa cabina.
La ragazza sorrise e annuì non riuscendo a parlare.
James la prese per mano e insieme si allontanarono dai signori Potter. Il ragazzo la portò vicino all’acqua ma quando i piedi della ragazza si avvicinarono troppo ad essa lei si ritrasse in fretta come a non volersi bagnare. Lui si chinò e scrisse sulla sabbia qualcosa. Le onde si infransero lente sulla spiaggia lavando via le parole segnate dalle dita di James ma ormai Star aveva già letto.
“No, non ho paura. Sono con te. E poi non ne avrei comunque, mi piace l’acqua solo che…” La voce della ragazza si spense nell’aria calda d’estate.
“Solo che?” La incitò James.
“Posso farlo sul serio? Cambiare la mia vita così? Dal nulla al tutto? E’ giusto? Qual è il prezzo?” Continuò lei in fretta.
“Il tuo prezzo lo hai già pagato. Ora ti meriti tutto questo e sì, è giusto, anzi dovresti avere molto di più. Hai sempre detto che ami l’acqua perché lava via le cose. Lascia che lavi via il tuo passato. Ora questa è la tua vita.”
Star sorrise, era raro che suo fratello fosse così profondo in pubblico, ma con lei, per lei, era sempre così. Fratello.
La ragazza si sfilò il prendisole blu scoprendo un costume intero a pantaloncino a strisce sottili orizzontali blu e bianche.
Anche James si tolse la sua maglia. “Pronta?” Le chiese.
Lei prese un respiro profondo e chiuse gli occhi alzando il viso sorridente verso il sole. Senza aprire le palpebre cercò la mano del ragazzo e la trovò subito e poi si voltò a guardarlo. “Ora.”
Cominciarono a correre e si fermarono solo quando l’acqua raggiunse l’altezza della vita, da li si tuffarono ridendo e rabbrividendo per l’impatto freddo.
James spruzzò il viso di sua sorella a sorpresa appena quella riemerse così che Star si ritrovò a bere un bel po’ d’acqua.
“Brutto scemo! Che razza di modi! E se fossi morta annegata?!” Protestò lei una volta ripreso fiato.
“Tu respiri sott’acqua.” Le ricordò il ragazzo.
“E se funzionasse solo nei confini di Hogwarts o solo con l’acqua dolce?” Presuppose la ragazza.
“Non saresti morta annegata per così poco.” Replicò lui annoiato.
“Certo che no. Ma tu quanto pensi di resistere sott’acqua?” Lo stuzzicò Star spingendogli la testa affondo. Il ragazzo si dimenò inutilmente finché lei non lo lasciò riemergere.
“Sei cattiva!” La aggredì saltandole addosso e spruzzandola.
Dopo alcuni minuti di lotta dalla quale Star uscì vittoriosa la ragazza si stese a pancia in su muovendo leggermente le gambe per tenere fuori dall’acqua la testa e fissò il cielo limpidissimo.
“E’ ora di andare a mangiare temo.” La avvertì suo fratello.
Tornarono a riva e Susan avvolse entrambi in un enorme asciugamano facendoli sedere sul tronco di un albero e piazzando tra le loro mani due enormi panini.
“Mangiate o vi imboccherà lei.” Consigliò loro Henry seduto su un asciugamano cercando di finire il suo pranzo a dir poco sostanzioso.
“Se mangiamo così tanto dovremo aspettare ore per poter rientrare in acqua.” Protestò James.
Susan gli lanciò un’occhiata omicida. “Avete passato tutta la mattinata in acqua. Avete le labbra viola e la pelle tutta a grinze.”
“Non è vero, Star è perfetta.” Ricominciò il ragazzo.
“Ma tu non lo sei.” Rise sua sorella osservando il tremore di James.
Lui sbuffò ma cominciò a masticare il suo panino prima che la signora Potter glielo ficcasse in gola con un imbuto.
Ed eccola lì, il terrore dei giovani, la foto che i genitori ti fanno.
I due ragazzi sentirono solo lo scatto concentrati come erano nel mangiare, alzarono lo sguardo insieme e si trovarono davanti la faccia sorridente di Henry con la macchina fotografica in mano.
“Papàaaaa!” Si lamentò il ragazzo.
“Com’è venuta?” Domandò Star tutta allegra.
“Bene.” Gli rispose il signor Potter senza badare a suo figlio.
“Vieni. Andiamo a mangiare in santa pace.” Borbottò James facendo alzare sua sorella e guidandola lungo la spiaggia il più lontano possibile dai loro genitori.
“E non entrate subito in acqua!” Gridò loro Susan.
Il ragazzo cominciò a correre stringendo l’asciugamano in modo che Star gli stesse vicina.
Si fermarono alla fine di un pontile in legno e tuffarono le gambe in mare lasciandole lì a mollo. Continuarono a mangiare in silenzio spezzando qualche briciola da gettare ai pesci.
“Come ti senti?” Domandò lui dopo un po’.
“Come trascinata in un vortice che non riesco nemmeno a rallentare. Certe volte non capisco niente altre volte è tutto così irreale che mi sembra un sogno. Gli unici momenti in cui sento che non finirà, in cui riesco a realizzare che questa è la mia vita, sono i momenti come questo. Così mi sento bene anche se non ci ho ancora fatto l’abitudine. Per ora mi lascio trascinare poi un giorno mi alzerò e sarà tutto normale, tu, mamma, papà, Rue. Tutto nella norma. Allora mi sentirò a casa.” Rispose la ragazza poggiando la testa sulla spalla del fratello.
“Per ora, invece, dov’è la tua casa?”
“A Hogwarts. Dove ci sei tu e gli altri Malandrini. Quella è Casa.”
Ascoltarono lo sciabordare delle onde e finalmente riuscirono ad ingerire l’ultimo boccone.
“Facciamo un castello di sabbia?” Propose James.
“Volentieri.” Accettò Star.
Si alzarono e ripercorsero il pontile in senso inverso sistemandosi poi in ginocchio vicino al mare.
“Io faccio il fossato.” Decise il ragazzo.
“Allora io faccio le mura.” Si offrì lei.
Cominciarono a lavorare e ben presto si ritrovarono pieni di sabbia.
“Ehi, fratellino.” Chiamò la ragazza una volta finite le torri.
James alzò il viso su di lei beccandosi una palla di sabbia bagnata sul petto.
“Vuoi la guerra, eh?” Gridò lui scattando in piedi e, munendosi di sabbia bagnata, cominciò a rincorrerla.
“Non mi prendi!” Urlò Star facendo la linguaccia e schivando una palla.
“Tu verrai seppellita in questo luogo.” Decretò il ragazzo sorridendo.
“Riponete le armi!” Esclamò Susan avvicinandosi. “E andate a darvi una lavata.”
“Nel senso che possiamo entrare in acqua?” Chiese La ragazza.
“Si.” Sospirò la donna. “Oppure potreste…”
Due frecce colorate le passarono accanto seguite dal rumore degli spruzzi.
“Avanti, tesoro, che ci vuoi fare sono ragazzi! E’ normale essere così attivi alla loro età.” La consolò Henry.
“Sono felice per loro. James è sempre stato un bambino allegro ma da quando è tornato a casa da Hogwarts sembra molto maturato. Prima di portare a casa Star sembrava addirittura troppo serio per essere mio figlio. Penso che stare con una ragazza che non ha vissuto l’infanzia lo abbia cambiato molto. Avrà sicuramente scoperto che la vita non è bella per tutti e che ci sono persone che devono lottare dal primo momento anche solo per rimanere in vita.” Commentò saggiamente la signora Potter.
“Già,. Se fossi stato in Star mi sarei lasciato morire. Non avrei trovato un motivo per vivere ancora come è vissuta lei.” Le confessò suo marito.
“Lei un motivo lo aveva. Non lo vedi anche tu? Star ha un posto nel mondo ed è accanto a nostro figlio e ai loro amici. Ha dovuto aspettare e soffrire, è vero, ma ora è qui. Adesso tocca a James.”
I signori Potter fecero una lunga passeggiata sulla spiaggia arricchendosi di molte foto dei loro figli, compresa una dei due ragazzi che salutavano il mare quando ormai era arrivato il tramonto.
Tornarono nella cabina e uno ad uno fecero ritorno a casa.
 
“Dev’essere stata una giornata stupenda.” Esordì Remus a racconto concluso.
“Oh, si.” Gli assicurò James.
“Vi siete divertiti molto?” Domandò Sirius con un pizzico di invidia.
“Già, e questa estate anche voi vi divertirete. Siete tutti e due invitati a casa nostra per…” Cominciò Star ma fu interrotta dalla porta del dormitorio che si apriva.
“Senti, io dovrei dormire.” La apostrofò Peter dalla soglia tremando per l’enorme gesto di coraggio.
Sirius e James si alzarono in piedi di scatto e il ragazzo si fece piccolo piccolo. Star rise. “Oh, cielo. Mi chiedevo perché eri finito in Grifondoro, ora non ho dubbi. Accomodati. Coraggioso come sei non credo che avrai problemi nel dormire nella stessa stanza con una ragazza.”
Peter gonfiò il petto in un modo molto buffo che lo fece assomigliare ad un palloncino. “Certo che no.” Ribatté dirigendosi a passo deciso verso il proprio letto e tirando le tende per cambiarsi e coricarsi.
“Ok, buona notte allora.” Sbadigliò la ragazza avvicinandosi al letto dove dormiva Anne.
“Buona notte.” Le augurò Remus stendendosi nel suo giaciglio.
“’Notte.” Risposero in coro James e Sirius cercando di stare nello stesso materasso senza toccarsi o cadere giù.
Una voce insicura li raggiunse da dietro le tende del baldacchino di Peter. “Buona notte.”.
 
***
Salve. Per chi non sa cos’è un parto sono lieta di farvi una piccola lezione: è una cosa dolorosa, difficile, dolorosa, faticosa, piena di sofferenza e…dolorosa l’ho già detto? Comunque alla fine porta ad essere veramente felici e soddisfatti. Così mi sento per questo capitolo. Ora spero di riuscire a scrivere il prossimo in frettissima perché per tutto dicembre sarò kapute. E non sto scherzando. Andrò a lavorare in un resort Stellato MIcheline a Bari cioè molto lontano da dove vivo e mi uccideranno quindi temo che non riuscirò a scrivere. So che a molti non interessa ma è solo per quei pochi che si chiederanno: “Perché ci sta mettendo così tanto?”.
Bene. Ho finito.
Ciao ciao.
  
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