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Autore: Deppenders    14/11/2013    0 recensioni
''Alzai lo sguardo, per fissare quei suoi meravigliosi occhi e dirgli di lasciarmi andare, quando tutto divenne buio. E il mio principe azzurro sparì un’altra volta.''
Questa è la fortuna di Charlotte. Non bastavano i suoi mille complessi quotidiani sul suo aspetto ma si aggiungeva anche il fatto che era un'adolescente, innamorata dell'idea dell'amore. Amore che, quando finalmente arriverà, incasinerà ancora di più la sua vita. Insomma... Che casino l'amore!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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-Mamma calmati, sono sveglia- biascicai stiracchiandomi assonnata.
-Datti una mossa, è tardissimo!-
Girai con un certo sforzo la testa verso la sveglia poggiata sul comodino accanto al letto. Segnava le 07:50. Cavolo se era tardi! Mi misi di scatto seduta sul letto e subito mi ritrovai a guardare la me stessa sconvolta riflessa nello specchio dall’altra parte della stanza. Dovevo ricordarmi di spostarlo di li, o uno di questi giorni mi sarebbe venuto un infarto. Sembrava che nei miei capelli una coppia di uccelli avesse deciso di crearci il nido. Mancavano solo un paio di foglie e due uova ed ero perfetta come albero. Mi precipitai fuori dal letto, ma dopo un passo caddi a terra sbattendo la faccia contro il tappeto. Si preannunciava una splendida giornata. Cercai di districarmi dal groviglio di lenzuola intorno alle mie gambe.
Quando finalmente riuscii a liberarmi mi diressi verso il bagno con passo incerto, neanche fossi una neonata che impara a camminare. Afferrai la maniglia della porta e… -CHARLIIIE non c’è tempo per farti la doccia! Lavati la faccia e vestiti dai!- e la voce di mia madre mi sfondò i timpani per la seconda volta nella giornata.
-Ma mamma non posso andare a scuola senza lavarmi! Puzzo peggio della pupù di Milù!- tentai di protestare.
-A proposito di Milù, appena torni da scuola devi cambiarle la sabbia della lettiera!-
Come?! Ma che pal…
-Sbrigati Charlotte!- gridò mia mamma dalla cucina. E subito dopo si sentì un rumore di pentole che cadono a terra. Ma che stava combinando quella pazza…
Aprii il rubinetto e mi gettai un po’ d’acqua fresca sul viso. Ok, andava già meglio. Allungai una mano per afferrare l’asciugamano che… non c’era.
 –Maaaaaaax!- mio fratello si affaccio da dietro la porta del bagno.
–Si sorellina?- disse con un sorriso malefico dipinto sul volto.
–Razza di peste, che fine hanno fatto gli asciugamani?.- dissi cercando di mantenere la calma.
-Iooo non ne so niente!- e corse via, lasciandomi li come un’ebete, con la faccia bagnata. Aahh il giorno che lo prendo…
Mi precipitai in camera e aprii l’armadio. Una valanga di asciugamani mi cadde in testa, sommergendomi. Max. giuro che me l’avrebbe pagata. E anche cara.
Mi liberai da sotto la valanga di asciugamani e mi allungai per afferrare la mia divisa nuova di zecca. La gettai sul letto e frugai in uno dei cassetti alla ricerca di slip e reggiseno. Mi tolsi il pigiama e lo gettai per terra, segnandomi mentalmente di metterlo nella cesta dei panni sporchi o mia madre mi avrebbe uccisa. Mi vestii in fretta e furia e arrivai in cucina saltellando come un canguro, cercando di infilarmi una scarpa.
-Ok fatto sono pronta!- dissi sorridendo a mia madre, orgogliosa di essere riuscita a prepararmi in fretta (per la prima volta in vita mia).
Mia madre mi squadrò. Che aveva adesso? Mi fissava come se sua figlia si fosse trasformata in un essere metà uomo (donna) e cavallo. –Hai intenzione di uscire cosi?- disse finalmente. La guardai male. Okay essere sinceri, ma andiamo, è mia madre! Un minimo di tatto!
-Scusa se non sono perfetta! Sono pur sempre tua figlia! Potresti essere un pochino più affettuosa!- sbottai. Se non mi trattenevo, avrei iniziato a piagnucolare. E l’ultima cosa che mi serviva era una crisi isterica.
- Ma no tesoro che dici, tu sei stupenda, sei il mio angelo amore mio- disse abbracciandomi. –Ma tesoro, non credo tu voglia uscire con i capelli in quelle condizioni-
I capelli! Oh no! Corsi in bagno. Accidenti che orrore! Presi la spazzola e iniziai a passarmela tra quei rovi castani. Okay far avere un aspetto decente ai miei capelli sarebbe stato impossibile. Mi rassegnai e presi un elastico e legai quella chioma indomabile in un’alta coda di cavallo. Diciamo che se di solito ero oscena, oggi lo ero ancora di più. Nonostante le persone non facessero altro che ripetermi che mi avrebbero volentieri rubato gli occhi (sono azzurri, ma sono pur sempre degli occhi e non sono di certo l'unica ad averli.) io non mi sentivo comunque a mio agio con il mio aspetto. Perché occhi azzurri o meno, di ragazzi nemmeno l’ombra. Esclusi quelli che io mi sognavo. Magari stavo diventando una specie di maniaca e avevo bisogno di fare qualche seduta da uno psicologo. Magari era il caso che ne parlassi con qualcuno. In effetti non era la prima volta che sognavo quel ragazzo… aveva un’aria così familiare. Eppure non riuscivo a ricordare chi fosse.
-Charlie, Oliver è giù che ti aspetta- mi disse mia madre sorridendomi affacciandosi in bagno, con la mia borsa di scuola in mano. La guardai un istante e sorrisi pensando tra me e me che avevo la madre più bella del mondo. Io invece ero una sottospecie di mostro. Portava i capelli biondi e lisci lunghi sino alle spalle. I suoi occhi azzurri trasmettevano sempre affetto, quel calore che solo le madri hanno. E il suo nasino alla francese, tempestato di lentiggini la faceva assomigliare a una bimba dispettosa. Si vestiva sempre in modo elegante, ma anche con una tuta da ginnastica sarebbe apparsa stupenda. Aveva 45 anni ma poteva averne 30. Aveva un bel fisico, un po’ la invidiavo anche. Quando andavamo in giro insieme per negozi, erano molti gli uomini che la guardavano. Ma lei ovviamente respingeva tutti con un sorriso cortese. Per lei c’era sempre stato un solo uomo nella sua vita. Mio padre. Si amavano ancora come quando avevano 14 anni. Spero di trovare anch’io un giorno un uomo con cui passare il resto della mia vita.
-Scendo subito- dissi sorridendole. Mi avvicinai e le stampai un bacio sulla guancia.
-Buona giornata tesoro- disse, assestandomi una pacca sul sedere e dandomi la borsa di scuola.
-Mamma!- la sgridai ridendo.
 
Mi precipitai fuori di casa e corsi a chiamare l’ascensore. Non avevo intenzione di farmi 5 piani a piedi, avrei perso un sacco di tempo. Sentii qualcosa muoversi dentro la borsa. La aprii. Ah era solo il cellulare. Dovevo diminuire l’intensità della vibrazione accidenti, faceva tremare mezzo mondo ogni volta che mi arrivava un messaggio. Guardai lo schermo. Era Oliver:
Ma insomma, ci diamo una mossa tesoro? Muovi il tuo bel culetto <3
sorrisi. Oliver non si smentisce mai. Ah e non pensate male. Non era il mio ragazzo, ne qualcuno con cui stavo uscendo. Era semplicemente il mio migliore amico. E… si. Era gay. Ma non uno di quelli che non lo danno a vedere. Oh no, si capiva eccome che era gay. Ma lui non si faceva troppi problemi. Era abituato alle solite battutine da parti dei ragazzi della scuola. Soprattutto da quelli della squadra di football. I classici ragazzi fighi e popolari che si trovano in ogni liceo che si rispetti. Tutti sapevano che Oliver era omosessuale. Tutti tranne beh… i suoi genitori. Aveva troppa paura per confidarglielo. Così non ha mai detto niente. A sentirlo parlare, è molto meglio che non sappiano nulla. Dice che tra di loro ci sono già abbastanza problemi e che non c’è bisogno che sappiano anche che è gay. Non sa come reagirebbero. Pensa che lo manderebbero addirittura in collegio. E questo, non vogliamo proprio che accada. Ci mancherebbe troppo.
Digitai in fretta una risposta al mio amico:
Scusa, arrivooo <3 <3 <3
Neanche il tempo di inviare il messaggio, che ero già fuori dall’ascensore, attraversando l’atrio.
-'Giorno- salutai la signora White, una vecchietta che… mi correggo. Non vuole assolutamente essere chiamata vecchietta. Dice che lei non si sente per niente anziana e che ha ancora tanto da dare al mondo. Beh, in ogni caso, vive al primo piano e si occupa delle piante del palazzo e della posta.
-Buongiorno cara- mi rispose distrattamente la vecchiettachevecchianonè, mentre smistava la posta appena arrivata.
Aprii la porta e uscii nella fredda e trafficata mattinata di New York.
-Tesoro, ehiii- un ragazzo alto, con una divisa simile alla mia, si sbracciava poco lontano da me, appoggiato a una macchina li parcheggiata. Gli corsi incontro.
-Oliiiver- gli stampai un bacio sulla guancia mentre mi mettevo in punta di piedi per abbracciarlo.
-Non sei cresciuta vedo, sei sempre la mia nanetta- mi rispose lui alzandomi da terra e facendomi girare.
-Ehii lasciamii- tentai di dire, cercando di non soffocare tra le sue braccia
Rise poggiandomi a terra, ridacchiando
-Che simpaaatico.- mi allungai per scompigliarli i capelli. Ridacchiò. Pensai che era proprio carino quando rideva. Che ingiustizia. Perché i ragazzi gay sono sempre così carini? Che spreco. Oliver era alto, muscoloso il tanto giusto, capelli neri, occhi scuri, da cucciolo, sempre sorridente. Ci conosciamo dalle elementari e siamo subito diventati amici. Ci eravamo persino dati qualche bacino dolce e innocente, eravamo piccolini. E lui… beh lui non mostrava di certo l’interesse che ha ora per i ragazzi o per i vestiti. Insomma ci mettiamo a parlare dei culi dei giocatori della nostra squadra di football! Che, lasciatemelo dire, sono davvero un bel vedere. E fa sempre piacere parlare con un ragazzo che non stia sempre a dire ‘’oddio guarda le tette di quelle! me la porterei volentieri a letto cazzo!’’, il tutto incorniciato da un fiume di bava. DIS-GUS-TO-SO.
-Beh, principessina, il nostro primo trionfale giorno di scuola ci aspetta!- disse facendo un profondo inchino.
-Verso l’infinito e oltre!- lo presi a braccetto e ci incamminammo verso quella che era la nostra scuola da ormai 3 anni.
  
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