Declaimer: nessuno dei personaggi qui sotto narrati, tranne Allegre, mi appartengono, ma mi sono stati gentilmente prestati dai rispettivi creatori per la creazione di questa magica raccolta sul gioco online più bello che abbia mai visto ^^
Diritti:(uso il nome utente, non preoccupatevi delle stranezze varie XD):
- Polyidus, Taraerinerk, Jucleas, Lady Ariel, Aion © NCSoft
- Ledylight©Ledylight
- Raxelle©raxel892
- Nohant©Nohant87100
- Nhefti©Quella pazza della mia compagna universitaria alias Nhefti
Lo ammetto, non tutti i pg del forum che hanno aderito sono apparsi nel capitolo, ma è una raccolta! Ergo, arriveranno tutti a tempo debito!
Buona lettura! X)
Memorie del Sanctum
Introduzione:
Arrivano i Mietitori
-ovvero-
Che Lady
Ariel ci aiuti!
La grande isola galleggiante del Sanctum
era un crocevia di risaputa fama e bellezza ad Atreia.
Non passarvi regolarmente
dopo la propria ascensione era praticamente impossibile, data la vasta gamma di
vestiti, armature, armi ed altri accessori d’alta qualità che attiravano orde
di immortali come api al nettare.
Ad ogni modo, non era solo quello a rendere speciale il luogo che
Lady Ariel e gli altri Seraphim Lords
avevano, nella loro immensa potenza, sollevato in cielo per dare a tutti i Deva
un posto dove rifugiarsi dalla minaccia Balaur e al
contempo vegliare sui mortali. Dalla grande torre simmetrica della Protector’s Hall ai pavimenti vertiginosamente
trasparenti di Elyos Square,
tutto della grande capitale rifletteva i colori del cielo e persino le pareti
bianche assumevano una sfumatura quasi azzurrognola, tanto erano levigate e
lisce.
Qualunque Deva vi mettesse piede, materializzandosi per la prima
volta dinanzi alla fontana monumentale di Exalted Path, non poteva che spalancare la bocca e rimanere
incantato per circa qualche minuto, prima di avviarsi borbottando verso il Lyceum, dove il sacerdote Jucleas
distribuiva instancabilmente benedizioni ai nuovi giunti.
Nonostante la premura che la maggior parte degli Elisiani dimostrava per rendere le proprie visite al
santuario il più brevi possibile, non era raro vederne a gruppi bighellonare o
rilassarsi sulle panchine, piuttosto che impegnarsi seriamente ad allenarsi per
respingere continui assalti dai Balaur nei
dislocamenti ad Inngison.
Ma, d’altra parte, come dare loro torto?
Stare al Sanctum era come stare in
paradiso. Un luogo bloccato nel tempo, tranquillo, languido da qualunque
angolazione lo si guardasse, fosse stato un petalo che solitario cadeva da uno
degli alberi di Elyos Square
o il lento ruminare del grande parasauro perennemente affacciato sul distretto
commerciale di Divine Road.
Al pari della sua tranquillità, tuttavia, la capitale elisiana conosceva anche puri momenti di follia, sia in
termini di chiasso che di modi, e, in particolare, ciò accadeva quando tra le
sue pareti capitavano dei membri della Legione dei Mietitori, passando il più
delle volte dinanzi gli occhi attoniti di Polyidus,
il teleportatore di Exalted
Path.
Ogni qualvolta quest’ultimo, già stressato e sfinito dai suoi
pressoché impossibili ritmi di lavoro, si vedeva passare sotto il naso uno dei
volti noti di quella banda di pazzi furiosi, le sue gambe lo portavano
istintivamente verso la casella più vicina per mandare frettolosamente una
missiva di rimprovero al collega scellerato che aveva permesso tale
viaggio.
Anche se oramai nessuno più si curava di rispondergli.
Ovviamente la sua reazione non era sempre la stessa, ma comunque
anche il semplice arrivo di un nuovo membro con addosso l’infamante mantello
nero gli provocava un’inquietudine da non poco.
E dopotutto- si ritrovava più volte a ripetersi, sedendosi sugli
scalini su cui era costretto a stare per dare il suo contributo alla società –
non sempre i Mietitori passavano da lui: qualche volta apparivano semplicemente
nei pressi del Lyceum, e a lui stava più che
bene.
Finchè i suoi
occhi non vedevano, la sua mente non avrebbe sofferto danni.
Anche quel giorno si era concesso un attimo di riposo, ma, proprio
quando cominciò a pensare di alzarsi e concedersi una meritata pausa alla
taverna Dionysia, ecco apparire dal nulla il cerchio
di luce dorata che preannunciava l’arrivo di un altro elisiano
al Sanctum.
Si alzò in piedi, deciso a dare un’ultima buona impressione prima
di staccare.
Le labbra gli si congelarono ancor prima che l’intera figura
terminasse di materializzarsi.
Sarebbe sembrato un asmodiano, se non fosse
stato per l’assoluta mancanza di artigli, ma a Polyidus
fece molta più paura riconoscervi uno dei suoi compatrioti, piuttosto che una
di quelle creature maledette.
Occhi chiari e ferini truccati da una linea aggressiva di eyeliner lo squadrarono per un attimo, intimandogli di non
dire una parola e lui fu ben più che felice di tacere, lasciando che la figura
femminile dalla pelle bruna gli passasse davanti con una pericolosità
equiparabile solo a quella di un ciclone.
Osservandola salire le scale , con i capelli di un lilla nebbioso
costretti in un groviglio di trecce ed anelli dorati, che ricordava le
acconciature esotiche di moda nella zona desertica di Eltnen,
il teleportatore non ebbe dubbi su chi gli fosse
appena passato di fronte: Nhefti, maestro di spiriti,
terrore degli Shugo e famosa per essere il Deva col
carattere più problematico di tutta Elysea.
Ed era nientemeno che un Mietitore.
Neanche a dirlo, a Polyidus era passata
la fame.
Quando Nhefti Fenice Rossa si permetteva
di mettere piede nella grande piazza, anche solo di sfuggita, mezzo Sanctum si svuotava. Bastava che uno soltanto dei
residenti l’avvistasse da lontano e subito la notizia del suo arrivo si propagava
a macchia d’olio, provocando un fuggi-fuggi generale che lasciava scale e vie
del distretto commerciale a un passo dal desertico.
A Ledylight, in quel momento intenta a
leggere un piccolo volumetto all’ombra di un albero dalla fronda indaco davanti
alla Biblioteca dei Saggi, bastò quello come segnale.
Era il momento di spostarsi.
Chiuse di scatto il testo “preso in prestito” dagli straripanti
scaffali dalla sezione segreta della grande biblioteca e con un lungo fischio
richiamò la propria Ribbit violacea, infilandoglielo
senza tante spiegazioni in bocca.
La povera ranocchia gracidò, guardando la propria padrona da basso
con occhietti confusi, sempre con il tomo stretto tra le mascelle sdentate.
“Riporta questo libricino alla biblioteca, Rosell.”
Fu tutto quello che la graziosa elisiana disse prima
di cominciare a saltellare nella direzione opposta rispetto a quella del
proprio cucciolo.
I lunghi capelli rosa di Ledy
ondeggiarono al ritmo del suo passo infantile mezzo saltellante, scandendo il
tempo che impiegò ad arrivare nei pressi del negozio di accessori e, con vocina
zuccherosa, richiamare dalla soglia l’unica cliente rimasta al suo interno.
“Raxeeelle! E’ arrivata Nheeeef!” cantilenò con una mano sullo stipite e l’altra
sul proprio fianco.
Da dentro il locale rivestito di legno pregiato, la figura
femminile, in quel momento intenta a provare un cappellino nero, dando le
spalle alla porta, si voltò, rivelando un volto chiaro spolverato di lentiggini
sulle guance, dominato dalla presenza di un paio di occhi verdi brillanti ed
incorniciato da una lunga chioma bionda ed ondulata.
Raxelle, portò una
mano alla bocca, colta alla sprovvista.
“Come? Di già? Oh per Lady Ariel, come mi è volato il tempo!”
Un attimo dopo entrambe erano uscite, l’elegante cappellino nero
già dimenticato e la fedele ribbit Rosell tornata al fianco della padrona con la bocca libera
da qualsiasi onere cartaceo.
“Come pensi che prenderà la notizia?” chiese la bionda verso la
più bassa , lisciandosi soprappensiero i fronzoli del vestitino bianco e
azzurro che indossava per ogni occasione.
Ledylight ridacchiò
petulante dal basso della propria statura, saltellando così elegantemente da
sembrare irreale. La pensante staffa magica assicuratale alla schiena
contrastava con la sua figura minuta, avvolta da un elegante vestitino rosso
fiammante e da una giacca nera a maniche lunghe e larghe.
“Mi pare ovvio. Si rifiuterà e cercherà di sbolognare il compito a
qualcun altro!”
Al suo fianco Raxelle si lisciò una
ciocca di capelli tra due dita con fare pensieroso e dispiaciuto.
“Un po’ mi dispiace per lei. Un nuovo arrivato…”
esitò un attimo, tornando a guardare la compagna alla ricerca forse di
un’occhiata di intesa che non trovò “Di quella classe poi…”
“Vedrai che Nhef se la caverà.” La liquidò
rapidamente col solito ottimismo perentorio l’altra “E’ la migliore in queste
cose.”
Detto fatto la più piccola cambiò improvvisamente il passo
iniziando a correre a braccia spalancate lungo tutta la rampa orientale,
urlando a pieni polmoni un unico e lungo “Ueeeeeeeeh!”
che lasciò sbigottita per qualche istante Raxelle,
rimasta con l’indice della mano destra sospeso, interrotto nell’atto di
segnalare che aveva qualcos’altro da aggiungere.
“In realtà è per la novellina che mi preoccupo.”
I pochi temerari rimasti nei pressi di Elyos
Square, testardamente decisi a non scollarsi dai
morbidi tappeti della sala commerciale più rinomata di tutta Elysea pur di non perdersi qualche buon affare al banco
degli Shugo, alzarono gli sguardi al soffitto
esasperati e pentiti.
Quella testarda di Nhefti, arrivata
davanti ai pelosi commerciati senza nemmeno premurarsi di fare la fila, aveva
praticamente monopolizzato il povero animale umanoide incaricato di fare da
mediatore, dando vita ad una battaglia verbale che stava mettendo a dura prova
i nervi di tutti i presenti.
“T-taraerinerk non può farci nulla, lady
Nhefti!” si difese per forse la quinta volta di fila
il furetto parlante, torturandosi le zampette anteriori ed abbassando
sommessamente le orecchie, mentre davanti a lui le labbra della donna si
assottigliavano pericolosamente secondo dopo secondo.
“Lei non dispone dei kinah sufficienti
per comprare questo vestito, nyerk. E lo sa quale sia
la politica degli Shugo riguardo fare credito. Nyerk, nyerk!”
Nhefti strinse gli
occhi con più convinzione, picchiettando un dito sul proprio avambraccio,
mentre davanti a lei il povero Taraerinerk, capita la
gravità della sua situazione balbettò disperato, implorando con grandi
occhietti da animaletto spaventato i propri colleghi per un aiuto.
“Io. Voglio. Quel. Vestito, shugo,
adesso.” Scandì l’altra a denti stretti e tutta la sala si bloccò inorridita.
“M-ma signora! Nyerk!
Taraerinerk è solo un mediatore! Nyerk!
Non sarebbe giusto..!”
“Subito.”
Oh, no.
No, no, no.
Assolutamente no.
Quel tono di voce gelido più di un ghiacciaio asmodiano
non prometteva nulla di buono, specie se uscito dalla bocca di quella cinica
esigente di Nhefti.
Molti preferirono levare elegantemente le tende, dirigendosi
all’uscita della grande sala il più in fretta possibile, onde evitare di essere
poi chiamati a deporre in un vero e proprio processo come testimoni oculari.
Solo una di loro, rimasta silenziosamente in disparte in un angolo
della sala con il volto coperto da una maschera rossa a forma di drago, si
rifiutò di uscire, tenendo le braccia incrociate, ma tese nell’eventualità di
dover scattare e bloccare sul nascere una qualsiasi magia fatale diretta al
commerciante shugo con fendente dei suoi pugnali.
Uno degli ultimi ad uscire dalla grande sala riconobbe nella
figura mascherata Nohant Hancock, Mietitore
assassino, uno dei pochi, o almeno così si diceva, ad avere un minimo di
buonsenso. Sicuramente la donna, notato il malumore della compagna di Legione
appena arrivata, doveva averla silenziosamente seguita, nascosta nell’ombra, e
adesso, suo malgrado, si ritrovava ad un passo dall’intervenire, tutto per
evitare che Nhefti facesse più danni di quanti non ne
avesse già combinati in passato.
Si vociferava, infatti, che Fenice Rossa avesse procurato non
poche spese alla propria legione.
“Nohant. Ti ho visto là dietro.
Azzardati ad alzare anche uno solo dei tuoi pugnali su di me e giuro che non
avrò pietà.”
Da dietro la maschera Nohant la Bianca,
così chiamata per via del colore dei suoi capelli, visibili dietro la nuca,
soffiò irosa, ma non si mosse né nell’uno né nell’altro senso.
Certamente però Taraerinerk,
ancora sotto gli occhi gelidi della maga, non si sentì affatto rassicurato
dalla presenza di quel possibile alleato.
Non gli restava che pregare a Lady Ariel.
“Nyeerk…”
Lo stomaco di Polyidus aveva appena
ricominciato a lamentarsi, quando un nuovo cerchio di luce apparve ai piedi
della breve scalinata dinanzi a sè.
Un soffio di aria calda, condita da granelli secchi e salati, gli
arrivò dritto in faccia, costringendolo per un istante ad abbassare gli occhi
per strofinarseli.
Non era la prima volta che succedeva: erano anche fin troppi gli elisiani che si facevano teleportare
dalla zona desertica Eltnen e a rimetterci erano
sempre i suoi poveri occhi.
Sentì dei passi di risuonare morbidamente sl
marmo delle scale, ma non fece in tempo a rialzare la testa che una mano gli si
posò sulla spalla.
Femminile, fu la prima cosa che gli venne in mente, avvertendo
delle dita sottili e delicate deformare appena le spalline in tessuto della sua
giacca.
“Tutto bene?”
In compenso fu una voce raspa e tutt’altro che morbida ad
arrivargli alle orecchie.
Oh. Sì, sì. Tutto bene. Mi è arrivata solo un po’ di sabbia negli
oc-”
Essendo abituato ad accomunare voci del genere a donnoni alti,
formosi e sensuali, per lui fu quasi uno shock incontrare un delicato volto
color avorio, tondeggianti occhi neri e capelli biondicci tagliati cortissimi,
e, incredibilmente, un corpo talmente mingherlino da sguazzare dentro i propri
vestiti.
Il teleportatore ci rimase così male da
ammutolirsi di colpo. Aion aveva certamente fatto un
buon lavoro con l’aspetto di quella creatura, tuttavia…
in quanto a voce…
“Sto cercando Nhefti Fenice Rossa.”
Disse la voce da contralto, riportandolo alla conversazione attuale.
“C-come prego?”
Aveva sentito male? Senza dubbio. Aveva sentito malissimo!
La ragazza si accigliò un poco interdetta, avendo comunque la
pazienza di ripetere:
“Nhefti Fenice Rossa. L’avete vista?”
“Oh! S-sì, sì! Certo! È arrivata da
poco.”
Di nuovo un’occhiata stranita.
“S-solitamente si reca nella Hall of Prosperity.”
“La ringrazio, infinitamente.”
Voce-raspa fece per andarsene, ma
un lungo borbottio proveniente dalla sua pancia la bloccò, buttandolo in un
profondo stato di imbarazzo.
Avendone la possibilità Polyidus si
sarebbe volentieri lasciato sprofondare nel pavimento per la vergogna.
“S-stavo giusto pensando di andare in
pausa pranzo” si giustificò a sguardo basso, pregando soltanto che quella
giovane fosse abbastanza discreta da non andare a sbandierare la sua magra
figura ai quattro venti.
Risuonò solo una risatina bassa e quasi immediatamente Polyidus si trovò sotto il naso una ciotola di insalata,
fresca e brillante, chiaramente appena tirata fuori da un Cubo magico,
accessorio di piccole dimensioni molto popolare, in grado di contenere un
numero considerevole, seppur limitato, di oggetti.
“Grazie per l’informazione.”
Questo fu quanto disse prima di sparire oltre la fontana
monumentale, mentre il mago, tutto contento di poter mettere dopo tanto
qualcosa sotto i denti, si era riseduto a terra, gustandosi quel piccolo angolo
di paradiso regalatogli.
Era davvero grato a quella strana ragazza.
A tempo dovuto avrebbe ricambiato il favore, semmai si fossero
rincontrati.
Non le aveva chiesto il nome, ma aveva intravisto che tipo di
oggetto portava assicurato alla schiena: un’arpa.
C’era una sola categoria di Deva, benché riapparsa solo di
recente, a portarsi dietro quel tipo di oggetti…
“Una Musicista??”
Non le pareva vero di aver appena sentito uscire quelle parole
dalla bocca di Ledy.
Lei incaricata di allenare una deva musicista appena entrata in
legione?
Lei, Nhefti Fenice Rossa, famosa per
essere dispotica, altezzosa, pretenziosa ed irragionevole oltre ogni limite
imposto dal buon senso, aveva appena ricevuto l’ordine di trascinarsi dietro un
peso morto che per giunta apparteneva ad una categoria combattente di cui nè si conoscevano le potenzialità e che nemmeno sembrava
avere un perchè di esistere!?
Lanciò un’occhiataccia a Raxelle, tutta
occupata a fasciare con premura la testona dello shugo
che aveva appena fatto impazzire con uno sguardo intriso di mana,
materializzandogli dinanzi illusioni spaventose che lo avevano portato a
scappare via e sbattere inevitabilmente la capoccia contro un muro. Al suo
fianco Nohant stava in piedi ed a capo chino,
dimostrandosi dispiaciuta per non essere riuscita a fermarla.
“È stata troppo veloce, Rax. Non so
proprio come scusarmi.”
“Credimi Nohant, sarebbe stato peggio se
fossi riuscita a bloccarla.” La rassicurò la bionda col suo solito modo di fare
pacato, che nel frattempo aveva finito di medicare il povero malcapitato.
Uhm, meno di 60 secondi, Raxelle si era
superata ancora una volta.
Avere un Clerico in legione, abile a
curare le ferite anche in assenza di mana, era sempre cosa utile.
“Mi rifiuto.” Rispose seccamente, tornando alla conversazione tra
lei e Ledy.
“Non puoi Nhef.” Cantilenò l’altra.
Se i suoi occhi, oltre alle maledizioni, avessero potuto lanciare
anche dei fulmini Ledylight, detta Cantore delle
Ossa, si sarebbe già ritrovata con i suoi morbidi boccoli rosa dritti e rigidi,
sparati in aria.
“Io… Cosa?!”
“Abbiamo convenuto che per te sarebbe stata un’esperienza
costruttiva.”
“Abbiamo?!”
“Io, gli altri fondatori della legione e la maggioranza degli
altri legionari.”
Nhefti si girò di
scatto verso Raxelle e Nohant,
entrambe con i rispettivi sguardi falsamente rivolti altrove, addirittura la
maestra di spiriti potè riconoscere il suono appena
ovattato di un fischiettio provenire da sotto la maschera dell’assassina.
Bene. Quel piccolo tradimento non l’avrebbe certamente
dimenticato.
“E ovviamente io non sono stata interpellata.” Sibilò tra i denti,
sempre ad occhi puntati su quelle che, a tempo dovuto, sarebbero diventate le
sue prossime vittime.
Ledy sorrise
angelicamente, ma Nhefti sapeva che, a dispetto della
sua pelle chiara ed il suo aspetto in generale, quella piccoletta nascondeva una
malignità da far invidia ad un Balaur. Nemmeno lei,
tanto abituata a rigirare a proprio piacere chiunque le facesse comodo con
qualche buona parola, un’occhiatina ammiccante, un gesto di solidarietà o
anche un ancheggio attentamente studiato, sarebbe mai riuscita ad eguagliare un
tale livello di astuzia.
Anche perchè le sue credenziali fisiche
erano leggermente inadatte, purché generosissime.
“Ma ovvio! Non ce n’era bisogno!”
A quel punto Nhefti decise di mettersi
l’anima in pace: sapeva bene che se dietro quel complotto c’era il Cantore
delle Ossa che non ci sarebbe stato modo di uscirne se non stringendo i denti e
sopportare.
Prese un profondo respiro che le parve di olio puzzolente, ed
espirando buttò fuori quello che mai avrebbe voluto rispondere.
“Dove sta?”
“Ehm…”
Ogni mietitore presente si voltò di scatto in direzione
dell’immensa entrata poco distante.
Nhefti alzò un
sopracciglio di fronte a quella figura minuta e così chiara da bruciarle gli
occhi.
Mai vista un’elisiana tanto bianchiccia.
E piccola.
E bionda.
Lei detestava le persone pelle chiara e bionde, era un accostamento
che non riusciva a digerire.
Fatta eccezione per occhi neri, tutto di quella ragazza la urtava.
Non vedeva l’ora che levasse le ten-
“Uao! Parli del diavolo!” saltellò entusiasta
Ledy.
Lei strabuzzò gli occhi.
Come?
Il Cantore delle Ossa, accostatosi alla nuova giunta, le lanciò
uno sguardo sghignazzante e indicò la bianchiccia con il pollice.
Davvero, Ledy faceva paura.
La cadaverina scrutò un po’ indecisa i vari presenti ed infine,
capendo che nessuno l’avrebbe introdotta al posto suo, diede aria alla bocca.
E per poco Nhefti non ci lasciò le penne
per lo spavento.
La maestra di spiriti sentì Raxelle
sussurrare da dietro, forse tra sé e sé, forse rivolta a Nohant:
“Poverina, che brutto mal di gola!”
Forse un po’ disturbata dalla loro reazione alla sua voce, la
sconosciuta si era bloccata, costretta quindi a riprendere da dove era stata
interrotta.
“Sono Allegre, la nuova recluta, mi è stato detto di rivolgermi a Nhefti Fenice Rossa per ambientarmi nella legione.”
Nhefti avrebbe
ucciso Ledy prima o poi.
Decise di farlo, sul serio, forse non quel giorno stesso, forse
non domani, ma, oh Lady Ariel le era testimone, si sarebbe presa tutto il tempo
per pianificare tutto nei minimi dettagli.
E mentre lei stava ammutolita, meditando al contempo vendetta nei
confronti della saltellante coniglietta rosa che l’aveva incastrata, Raxelle la superò lanciando un urlo eccitato, afferrando le
mani di Allegre e scuotendole così tanto da far venire a quest’ultima il
capogiro.
“Ciao Allegre, io sono Raxelle!”
“Nohant Hancock.” Intervenne la Bianca
con la voce ovattata dalla maschera.
Ledy si spostò
nuovamente, stavolta accostandosi a Nhefti.
Le cinse con movimento fluido le spalle e, radiosa come sempre,
esclamò con una mano accanto alla bocca:
“Io sono Ledylight e lei è Nhefti, piacere di conoscerti Allegre!”
Il cantore dai capelli rosa girò la testa verso il maestro di
spiriti.
“Su Nhefti, tocca te fare gli onori di
casa.”
Oh, sì. Decisamente vendetta. Lenta, atroce, cruenta vendetta.
Si fece coraggio, anche se non si diede affatto pena per
mascherare il proprio tono acido, ed eseguì quanto le era stato ordinato.
“A nome dei presenti e degli assenti…”
fece una pausa di riflessione per costringersi a non richiamare uno spirito
scagliarlo contro Nohant, che era sicura avesse
appena ridacchiato alle sue spalle.
“Benvenuta nella Legione dei Mietitori, Allegre.”