Capitolo 2
Quelli che erano
stati testimoni dell’incidente di Elizabeth a Meryton non
nutrivano dubbi sul
fatto che la sua morte era imminente. Anzi, molti rimasero stupiti che
non era
morta sul colpo nel luogo dell’incidente. Come tale fu
trasportata a Longbourn
dalla carrozza del padre, nonostante i pericoli che comportava il
trasporto di
malati, visto che la sua morte si credeva fosse una conclusione
scontata.
Comunque, com’era sua abitudine, Elizabeth rifiutò
di ubbidire alle convenzioni
e continuò a respirare, sebbene inconsapevolmente.
Lydia fu
l’unica
della famiglia a essere testimone dell’incidente. Sempre
entusiasta di andare a
Meryton, lei e Kitty si erano recate di mattina presto al villaggio per
incontrare Elizabeth alla diligenza, con il piano che la carrozza del
padre
sarebbe arrivata all’orario stabilito per riportarle a casa.
Ritrovandosi un
po’ di soldi nella borsetta, Lydia e Kitty si erano
affrettate dalla modista
per vedere se le erano arrivate le stoffe nuove.
La diligenza,
grazie alla condizione buona del tempo e delle strade, era arrivata
prima del
previsto. Lydia aveva completato i propri acquisti e uscì
per prendere un po’
d’aria mentre Kitty esaminava alcuni nastri per capelli. Una
volta uscita vide
che la diligenza era arrivata, incitandola a camminare verso di essa
per
salutare Elizabeth. Mentre avanzava sulla strada, vide Elizabeth;
comunque,
mentre Lydia stava per aprire la bocca per chiamare la sorella,
qualcuno (non
seppe mai chi) l’afferrò strettamente, tirandola
verso l’edificio con un
strattone quasi violento. Qualche attimo più tardi vide il
calesse colpire sua
sorella – l’adorata sorella maggiore, che cercava
sempre di guidarla, di
educarla, farla più signorile e si prendeva cura di lei
– e guardò come fu
travolta.
Era troppo per
una ragazza giovane e Lydia rimase molti minuti paralizzata da quello
che era
appena successo. Quando Kitty uscì dalla bottega
più tardi e, non vedendo la
commozione più avanti, chiese, “che
c’hai?” fu scioccata quando Lydia
cominciò
semplicemente a urlare il nome di Elizabeth.
Il farmacista
locale era mal equipaggiato per trattare ferite così gravi
come quelle. Una
volta determinato che la sua sopravvivenza era una
possibilità, anche se
scarsa, furono fatti venire degli esperti da Londra. Dopo che
l’ebbero
esaminata, non ebbero nulla da riferire tranne che dovevano solo
aspettare –
Elizabeth era giovane e il corpo umano era un miracolo. Il signor
Bennet pensò
che se un’altra persona gli dicesse che poteva solo sperare e
pregare, sarebbe
divenuto violento.
Le giornate e le
notti passavano lentamente a Longbourn mentre le sorelle di Elizabeth
vegliavano su di lei. Nei primi giorni Jane rifiutava di lasciare
Elizabeth e
piangeva quasi continuamente, fino a quando Mary, dimostrando per una
volta
vera saggezza e discernimento, consigliò a Jane di
conservare le forze perché
il ricovero di Elizabeth sarebbe stato lungo. Da allora fu stabilito un
programma per le sorelle, che consisteva nel controllare Elizabeth,
fasciare le
sue ferite e cercare di farle ingerire del liquido con il cucchiaio. Il
signor
Bennet si occupava spesso di lei, le parlava, le accarezzava i capelli,
leggendo un libro e facendo tutto quello che lui pensava,
l’avrebbe aiutata a
risvegliarsi e ritornare da loro. La signora Bennet, dopo avere ceduto
a una
crisi di nervi iniziale e una ritirata nelle proprie camere, aveva
sorpreso
tutti raccogliendo l’istinto materno e procedendo al fianco
di sua figlia dove
la curò attentamente, bendando le ferite e prendendosi
amorevolmente cura di
lei.
Lydia era
rientrata a casa isterica e, infatti, nessuno sapeva precisamente come
era
tornata perché era fuggita dalla scena
dell’incidente in preda a un attacco di
nervi. A Longbourn, la signora Hill le aveva dato del laudano, e aveva
dormito
per alcune ore solo per agitarsi di nuovo al risveglio quando
ricordò l’incidente
di Elizabeth. Pertanto ciò divenne uno stato che
durò molti giorni durante quale
Lydia, fu tenuta più o meno tranquilla con il laudano. Un
giorno finalmente si
svegliò più calma punteggiata da pianto
occasionale per la sorella, e in questo
stato rimase per molte settimane, rinchiudendosi nella sua stanza e
dormendo e
mangiando appena. Mary e Kitty tentarono di confortarla ma Lydia le
mandò via,
volendo stare da sola.
Con il passare
dei giorni e delle settimane era difficile dire se c’era un
miglioramento in
Elizabeth. Le ferite esterne, i lividi e i tagli guarirono come
previsto e per
fortuna non suppurarono. Tuttavia, senza preavviso e senza causa
apparente,
otto giorni dopo l’incidente Elizabeth ebbe la febbre alta
che la fece
lamentare e agitarsi. Il medico che l’aveva in cura, il
signor Smythe richiese
di parlare in privato con il signor Bennet durante la quale gli
spiegò
gentilmente che era probabile che Elizabeth non sarebbe sopravvissuta
alla
febbre e alle ferite riportate, e che quindi la famiglia doveva
cominciare a
prepararsi per questa eventualità. Comunque, dopo quattro
giorni mentre le
sorelle Bennet e i loro genitori non dormirono quasi per niente, la
febbre
iniziò a calare. La famiglia Bennet era tornata a sperare.
Durante la febbre
di Elizabeth, ai Gardiner fu spedita una lettera tramite corriere
espresso e il
signor Gardiner, dopo essersi resi conto della gravità della
situazione, sentì
il bisogno di recarsi a Longbourn. Quello che trovò al suo
arrivo era
scoraggiante. Elizabeth versava in condizioni gravissime. Il signor
Gardiner
parlò con il signor Bennet sulle cure mediche che Elizabeth
riceveva,
chiedendosi se fosse il caso di far venire altri specialisti da Londra
o di
impiegare un’infermiera, ma alla fine si determinò
che non si poteva fare
niente che già non era stato fatto e così si
rassegnarono ad aspettare.
I giorni passavano.
Elizabeth continuò a dormire e le sue sorelle continuavano a
prendersi cura di
lei, congratulandosi per ogni piccolo miglioramento nel colorito o
nelle
ferite, nella speranza che in qualche modo sentiva quello che dicevano.
Piccole
cucchiaiate di liquido le venivano somministrate per tenerla in vita e
la sua
pelle veniva strofinata con delle lozioni per tenerla morbida. Un
dottore aveva
suggerito che la musica e la lettura potevano aiutarla a riprendere
conoscenza.
Mary fece la sua parte, suonando il pianoforte dalla stanza di musica
più forte
che poteva, ma fu subito scoraggiata a continuare perché
irritava troppo i
nervi della signora Bennet.