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Autore: PrimaLetteraDellAlfabeto    16/11/2013    2 recensioni
« È da non credere vero? » D’un tratto Mirajane decise di soffiare via il silenzio, e sfoggiò sorriso amaro, falso, sperando dentro di sé che il nemico potesse guardarla.
« In questo momento stanno combattendo, ma ci pensi? Pochi giorni fa eravamo tutti insieme e adesso loro sono laggiù a combattere, a rischiare la vita per noi.
A rischiare la vita...
E noi qui, ferme, ad aspettare. »
Lucy si voltò verso di lei, e vide un volto stanco, marchiato dalla sofferenza, stremato dalla guerra.
La guardò a lungo, e si convinse che una ragazza così bella non dovrebbe mai avere un’espressione smile.
« È frustrante. »
Nonostante le parole sibilate, nonostante il dolore celato dietro di esse, la sua voce risultava ugualmente melodiosa, in ogni sua nota.
Una donna è gentile perfino da ferita.
« Già. »
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Lucy Heartphilia, Luxus Dreher, Natsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quel luogo era infinito, e l’infinito regnava in quel luogo.
Una distesa d’erba pura e perfetta, aria muta e gelida delle ultime ore di una notte, e delle prime di un’alba nuova.
L’incontro mozzafiato tra terra e cielo. Opera divina della mano di un pittore Celeste.
Chiunque avrebbe potuto perdersi davanti ad una vista del genere, o salvarsi.
Una solitaria goccia di rugiada scivolò lentamente lungo un filo d’erba, impegnato a  sua volta in una danza con il vento, ma poi ecco, la macchia d’inchiostro nero che andò a sconvolgere quel capolavoro, lo sfregio sottile e penetrante che intaccò quella vetrata serafica, l’uomo.
In lontananza passi incalzanti e fragorosi inquinarono l’ormai perduto suono del nulla, lo imbrattarono con rumori molesti, dalla ritmica snervante.
E si facevano sempre più vicini, sempre più forti, sempre di più.
 
« Forza con quelle gambe!. Su!. »
 
Un ansimare di respiri affannati tutt’intorno.
La scena sarebbe potuta apparire perfino ironica gli occhi di un cinico, un’orchestra ben coordinata di fiati pesanti e maldestri, tutti ritmati, per carità, ma tutti di troppo.
 
« Ma perché ci stiamo allenando all’aperto, fuori dal campo?  »
« Perché Erza vuole così. »
« Io l’ammazzo. »
 
Un ammasso di corpi ben compattati che emanava vapori caldi, un’unica grande ombra che seguiva le movenze del suo possessore, una paradossale mandria di belve inermi e sfiancate.
 
« E non possiamo neanche guardargli le tette che sobbalzano mentre corre. »
« Io l’ammazzo. »
 
E Dio li guardava e rideva. Ho fatto dell’uomo il più animale tra le mie creature.
 
« E allora tu guardargli il culo. »
« Vero, almeno quello. »
« No, io giuro che l’ammazzo sul serio. »
 
Il caporale svoltò a sinistra, si fermò, e prese fiato.
Avvicinò il busto agli arti inferiori, poggiando i palmi delle mani sulle ginocchia per sorreggersi meglio, del tutto incurante dell’accozzaglia di uomini alle sue spalle.
I suoi respiri erano sonanti ed estesi, rilassanti, e per un istante si diede il permesso di immergercisi dentro,  di staccare momentaneamente la spina dai suo doveri per dedicarsi solo a se stessa. Chiuse gli occhi.
Un flash, uno sospiro, un bisogno invisibile guizzò dentro di lei, e la esortò a riaprirli, a voltarsi a guardare.
Spostò il viso leggermente inclinato alla sua destra, e obbedì al suo istinto, aprì gli occhi.
Rimase immobile con quella postura per un po’, con il naso arrossato, il petto ancora ardente per la corsa, le gambe tremanti, e gli occhi traboccanti di stupore, colmi di qualcosa di bello.
Poi si alzò, camminò piano verso l’apice della collina, la parte più vicina a toccare il cielo, e si lasciò travolgere dai colori della terra.
Perché uno si può abituare a molte cose nella vita, l’occhio rimane indifferente anche alla più bella delle visuali se concepita come quotidiana normalità, ma se guardi il sole sorgere e non riesci a sentire la tua anima espandersi, se non rimani catturato da quel miscuglio di colori caldi e freddi dipinti nell’aria, se ammiri la nascita della luce, e non ti affacci a guardare neanche un po’ dentro te stesso, allora significa che una parte di te ha gettato la spugna.
Che si è incrinata, o si è rotta, che si è arresa, che non ti importa più. Che non ti importa più di niente.
 
Erza respirò a pieni polmoni l’aria fredda che l’avvolgeva tutt’intorno, e chiuse gli occhi per un attimo.
Eppure non riusciva proprio a stare troppo a lungo senza contemplare il sole, o il cielo, era più forte di lei, e quando li riaprì, sentì una nuova energia provenire dal suolo umido e diffondersi all’interno suo corpo.
Si lasciò abbracciare da quel panorama, ed ascoltò lo scrosciare silenzioso della vita, sentiva che il mondo era anche suo, che ne faceva parte.
Che era viva, ed era sveglia. Ma soprattutto era viva, e soprattutto era sveglia.
 
Voltò lo sguardo alle sue spalle, ed osservò i suoi soldati sparpagliati lungo tutto il campo, chi in piedi, e chi accasciato sull’erba.
Avrebbe voluto rimanere sotto l’effetto di quell’incanto che la legava al vento ancora un po’, ma non poteva, lei era una persona seria, responsabile, era un Caporale adesso, doveva mostrarsi forte, e di certo non avrebbe permesso a nessuno di dire che non era in grado di esercitare un simile grado di comando. 
Avrebbe difeso il suo ruolo, ed avrebbe difeso il suo nome.
« Altri tre giri!. Marsch!. »
 
 
 
 
 
 
Era mattina inoltrata quando la squadriglia d’attacco numero 12 fece ritorno alla base militare, e noncurante dello scontento generale, il Caporale alla guida del gruppo non interruppe l’allenamento.
Non appena arrivarono, i soldati coinvolti iniziarono immediati una dura esercitazione fisica, mentre Erza osservava vigile le quattro file da tre che aveva assestato.
« Ma che cacchio però! Abbiamo già fatto un anno di addestramento, ed una volta entrati nell’esercito, ci siamo spaccati ulteriormente la schiena con otto mesi di allenamento speciale, mi dici perché cavolo ci fa fare ancora ‘ste robe?. »
« Zitto e fa quello che dice. »
Ogni tanto lanciava un incitamento, spostava il peso da una gamba all’altra, o passeggiava autoritaria in mezzo ai suoi sottoposti, obbligati a svolgere una serie di addominali.
« Io l’ammazzo. »
« E piantatela Gajeel! È tutta la mattina che vai avanti con ‘sta cantilena. » replicò Natsu in maniera pungente, infastidito dai brontolii del compagno affianco.
« Per me è pazzo, prima o poi lo fa sul serio. » mormorò Gray tra uno sforzo e l’altro, enunciando la frase con una tonalità mista fra l’ironico e l’allarmato.
Ma Gajeel non rispose né al rimprovero, né alla provocazione, e continuò con costanza l’esercizio fisico in cui era coinvolto.
Eppure neanche la vista di un cielo sereno riusciva a domarlo, benché la sua prolungata irritabilità non era dovuta ad un addestramento che reputava superfluo.
Era il semplice fatto di essere capitanato da una donna che lo tediava nell’orgoglio, specie se in passato avevano condiviso lo stesso pub.
« Io gli sgonfio i meloni a suon di pugni a quella. » grugnì debolmente con voce roca, scaturendo le risate sommosse dei suoi compagni di leva.
Nel giro di breve quella sua frase impudente scivolò furtivamente di bocca in bocca, fino a coinvolgere anche il membro più distante.
A volte la socializzazione è un’arma a doppio taglio, quando si condividono docce e posti letto, anche una persona poco più che sconosciuta può piombare all’interno della tua realtà, e sguazzare dentro la tua vita come un bambino nel fango.
« A Gajeel piacciono quelle con le tette piccole! »
Quella frase di scherno gli arrivò dritta alla testa come una freccetta da gioco.
Con gli occhi sgranati percepì i suoi muscoli contrarsi, ad ogni nuova risata i suoi battiti accelerarono, e mentre si alzò abbandonando il suo esercizio, sentì l’astio fare le capriole all’interno del suo stomaco, non tanto per l’offesa arrecatagli, tanto perché non era il solo a cui era stata rivolta.
« Ok, chi è stato? Chi cazzo è stato?! »
« Redfox! Per te altri trenta giri di campo! »
 
 
 
**
 
 
Quello stesso giorno, nel primo pomeriggio, ogni soldato arruolato per la guerra partì per raggiungere la base militare di Lamia Scale, area scelta per accogliere la maggior parte delle Forze Armate di Fiore a causa della vastità del suo accampamento.
Il viaggio durò poco più di qualche ora, e quando arrivarono il sole stava già calando a causa della breve durata dei giorni autunnali.
Sui volti dei soldati si leggevano la stanchezza data il traffico, lo stordimento di trovarsi in un luogo al quale non appartenevano, e lo stupore del numero di persone che portavano lo loro stessa divisa.
La confusione regnava sovrana, ogni uomo era carico di un ardore impiastrato di un’inquietudine strana,  sentivano tutti il bisogno di farsi forza a vicenda, ma stavano tutti sulle difensive.
Dopo essersi accertato l’ingresso di ciascuna base militare che il suo campo avrebbe ospitato, il Generale fece radunare ogni milite prima di tenere il suo discorso.
Guardandoli tutti dalla sua piattaforma, constatò che erano davvero molti, qualche decina di migliaia a occhio e croce, forse troppi.
Alla sua destra era affiancato dal Tenente Generale, mentre alla sua sinistra, posizionato leggermente più in dietro rispetto al primo, troneggiava il Capitano dell’esercito, scortato dai suoi Sottotenenti.
Ogni soldato che era stato messo in riga era circondato da un’aura vigile, quasi fiera, e guardava verso la sua direzione.
In un attimo fu il silenzio più totale.
Un lungo respiro prima di cominciare le danze, prima di trovare il coraggio di guardare in faccia quegli uomini mentre spianava una strada di caduti con le sue stesse mani.
Un lungo respiro necessario anche per uno come lui, il Generale di tutte le Forze Armate, l’uomo di roccia.
 
 
 
 
« …Gray. »
 …
« Gray!. »
« Che vuoi?! »
« Io non c’ho capito niente, ho sempre creduto che ci fosse Gildarts al capo dell’esercito, ma chi è che comanda davvero qui? »
« Il pelato. »
« Ah… »
 

 
« Certo che siamo tantissimi. »
« Già, siamo una marea. »
« Sh! »
 

 
« Ma quanto la fa lunga? »
« Parecchio… »
« Cazzo, io devo pisciare. »
 

 
« Oi, dimmi la verità, ma tutta questa situazione, dico, non ti esalta? »
« Esalta? Forse, un po’. »
« Shh! Fate silenzio idioti! »
 

 
« Io sento che sto per esplodere, mi sento in fiamme. »
 
 
 
 
La proclama del Generale durò all’incirca mezz’ora, non appena terminò ci fu uno scrosciare di fragorosi applausi coronati da urla e fischia, dopodiché i soldati ruppero le file, e vagabondarono per il campo cercando di ammazzare il tempo aspettando l’ora di cena.
Gray guardò Natsu allontanarsi e dirigersi verso Erza, circondata dai suoi uomini, e da altri soldati di diverse squadriglie. Notò che stava già conversando con un uomo di bassa statura, se non cadeva in errore, doveva trattarsi di un militare che ricopriva la sua stessa carica di Caporale Maggiore.
Per un secondo sbirciò neutro l’espressione di lei, ed intuì che nonostante cercasse di mascherarlo, sembrava essere a disagio, in effetti l’altro Caporale le stava decisamente troppo vicino, ed era un uomo orrendo.
Tossicchiò divertito a causa della scena che aveva di fronte, ma non aveva voglia di instaurare un dialogo, o di intelare nuove conoscenze, così girò i tacchi, e se ne andò a bighellonare per l’acquartieramento dell’esercito.
Mentre passeggiava con le mani in tasca, scorgeva delle espressioni tranquille nei volti dei soldati, alle sue orecchie giungevano tracce di conversazioni apparentemente serene, ogni tanto udiva perfino qualche risata.
Tutto gli sembrava così artefatto, così falso, come se stesse guardando all’interno di uno specchio deformante che stava sconvolgendo la realtà.
 
Pensò a se stesso, a quello che era, o a quello che credeva che fosse, ai suoi sbagli, a tutte le innumerevoli volte in cui era inciampato, ai suoi stupidi, stramaledetti sbagli, al fatto che non voleva morire.
Era un uomo, un soldato, sarebbe morto per la patria, ma non voleva morire.
E per quanto ognuno lì in mezzo si eccitava all’idea di fare l’eroe, nessuno era davvero pronto per lasciarsi indietro la sua dannata vita, ci avrebbe scommesso il culo.
Che poi come si fa ad essere pronti per una cosa del genere, non si può, non lo si è mai, ma quando non hai altra scelta ti ci lasci trascinare, ti abbandoni e basta.
Ma lui la scelta l’aveva avuta, ed anche con un nodo allo stomaco, non ne faceva un rimpianto, sapeva di aver fatto quella giusta, ma poi arriva il momento in cui ci sbatti la faccia, in cui fai i conti con la tua vita, e sai che non puoi scappare da te stesso, allora solo lì, inizi a tremare.
E tremava anche di rabbia, perché più realizzava che il suo nemico aveva un volto, un nome, più si chiedeva perché diavolo nutriva l’insano desiderio di rendere quello schifo di mondo ancora peggiore di quel che era.
La fame di risposte, di conoscere e di ammazzare lo travolse come le onde dei un oceano.
Di sapere cosa pretendere ancora dalla vita, se era davvero tutto lì, cos’era, e da cosa nasceva la malattia dell’odio.

Ma gli uomini non saranno mai in grado di capirsi realmente, mai.

Infondo erano tutti buoni propositi, i suoi, ma nel giro di poco sarebbe davvero potuto morire, e dietro questa constatazione la ferocia scivolava lenta dentro di lui, perché gli uomini sono bestie, e quello non era nient’altro che una sorta di istinto di sopravvivenza.
O io, o te.
 
 
Sentiva lo sgomento crescere alla vista di ogni nuovo viso sorridente, e ad ogni passo aumentava, si diramava dentro di lui mischiandosi ad una sensazione di fastidio.
Un sorriso amaro si stampò tra le pareti del suo animo, perché i suoi compagni avrebbero potuto coprirsi gli occhi per tutto il tempo che volevano, avrebbero potuto far finta che tutto ciò non stava accadendo, che non ne erano coinvolti, che quello era solo un gioco, ma i fatti non sarebbero cambiati.
L’indomani mattina sarebbero entrati in guerra.
Questa era la realtà.
 
 

 
« Guarda, guarda…, allora è vero che certi cadetti valgono meno dello sterco di topo. »
 







~
Come inizio adesso?. Così.
Ho fatto ritardo perchééé…perché per quanto ora vi possa sembrare una cretinata che io non abbia un attimo di tempo per scrivere codesti scempi, vi garantisco che non lo è.
Il fatto è che sto davvero tutto il giorno fuori casa, ma la Fiesta non me la mangio perché sa di alcool rancido, e al contrario di quanto afferma la molto credibile pubblicità, fa venire ancora più fame.
L’università che ho scelto è fantastica, ma mi porta via davvero un sacco di tempo (certi giorni esco alle 6 e mezza e torno alle 8, e non lo dico tanto per dire.), quando sono a casa devo dedicare parecchio tempo al mio cane che se no si intristisce, a volte qualche weekend lavoro, e se la sera non sono più morta che viva, mi lascio intrappolare in quelle orribili, orribili cose chiamate relazioni sociali…
Lo so che pensate che siano tutte storie, e lo continuerete a pensare finché magari un giorno vi ci ritroverete dentro.
 
Ora la smetto con tutto st’ egocentrismo e parlo del capitolo. Giuro che ho provato a dare maggiore rilevo ai fatti, lo giuro! Ma non ce la faccio, se non scrivo le sensazioni io non sono contenta, così ho dovuto tagliarlo, e l’ho impostato come volevo io :).
Avevo anche detto che in questo o nel prossimo avrei iniziato la guerra, bene avete appena conosciuto il mio lato bugiardo.
Il prossimo aggiornamento però sarà abbastanza rapido, perché una parte l’ho già scritta visto che appunto dovevo mettere tutto insieme, quindi non dovrei metterci poi così tanto..
 
Un’altra cosa che non c’entra niente col capitolo, domani cercherò di mettermi al pari con tutte le storie che seguo qui, promesso.
Ringrazio davvero tanto tutti quelli che leggono, e soprattutto che recensiscono, la mia storia ( e spero che mi possiate perdonare per il ritardo), sapere che a qualcuno piace ciò che scrivo mi sprona a continuare a farlo.
Spero quindi che vi sia piaciuto anche questo, e grazie ancora. :)
 
Ps: Non mi importa se ormai per lo stato sociale sono a tutti gli effetti un'adulta, a me piacciono ancora i cartoni animati giapponesi e i manga, e quindi devo dirlo, ma quanto è figo Laxus nello scorso scorso capitolo del maga?! è proprio così che me l’ero immaginato come capitano! E poi la sua scena con Mira…godo!!  (in effetti devo ancora leggere quello di ieri, se è uscito..).
 
...madò quanto ho scritto, alla prossima, ciao!! ;)
   
 
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