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Autore: yllel    16/11/2013    7 recensioni
Dal testo:
[“Non mi stai ascoltando!” esclama lui, quasi spazientito. Lei scuote la testa decisa, anche se e’ sempre piu’ spaventata da quello che sta sentendo.
“Invece si, ho capito. Ti serve un contatto” replica.
Lui la fissa intensamente negli occhi.
“No. Non mi serve un contatto. Mi serve un collegamento”]
E’ cosi che e’ cominciata e a volte e’ stato difficile.
Ma ora, e’ ancora piu’ difficile.
E forse non ne vale piu’ neanche la pena.
Il seguito di “Insicurezze”: Sherlock e Molly, un arrivo inaspettato e un nuovo caso.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ok… il capitolo e’ lungo e ci sara’ un flashback e non sara’ l’ultimo, credo. Spero di non stufare con questo modo di raccontare la storia,  ma alternare fra passato e presente mi aiuta a tirare le fila del discorso e mi piace come stile di narrazione.
E mi piace, mi piace anche molto la canzone citata all’inizio: e’ da un pezzo che l’associo a questa storia (non mi appartiene come non mi appartengono i personaggi, per cui la cito solo perche’ e’ bellissima).
Grazie a Efy, IrregolarediBakerStreet e martiachan... che altro dire? Siete fantastiche!

 
OGNI SINGOLO ISTANTE
CAPITOLO OTTO

 
 
Heal the scars from off my back,
I don’t need them anymore, you can
throw them out or keep them in
your mason jars
I’ve come home.
Radical Face – Welcome Home
 

 
“Credo che  mangero’ qualcosa”
John non si diede pena di chiedere a Sherlock se volesse anche lui del cibo, ma lo osservo’ ancora per un minuto, giusto per essere sicuro di non ricevere qualche richiesta dopo essere gia’ uscito dalla stanza che avevano affittato per la notte.
Il consulente investigativo si era trincerato dietro alla sua classica posa di riflessione da ormai piu’ di due ore e non sembrava intenzionato a parlare.
Ma John aveva fame, cosi scese al bar dell’albergo e si prese due panini e qualcosa da bere, realizzando come ormai fosse  troppo tardi per chiamare Mary; si limito’ a mandarle un sms per confermarle che tutto andava bene e poi ritorno’ in camera.
Sherlock era ancora nello stesso stato di quando l’aveva lasciato.
Con un sospiro, il Dottor Watson si preparo’ per andare a dormire e si mise a letto e naturalmente, il suo compagno di stanza scelse proprio quel momento per cominciare a parlare.
“Edward St. James ha mentito a tutti”
John non pote’ trattenere un sorriso: ecco che cominciavano le deduzioni.
“Si” si limito’a rispondere con cautela, consapevole che Sherlock stava soltanto riordinando i fatti.
“Di qualunque cosa si trattasse, ha scelto di nascondere la sua scoperta a tutti... persino ai suoi piu’ cari amici. E doveva trattarsi di qualcosa di veramente importante e prezioso, altrimenti non sarebbe stato ucciso. Quella sera qualcuno e’ andato da lui in albergo per costringerlo a consegnarli l’oggetto... forse lo aspettava gia’ in camera, forse il professore gli ha aperto. Hanno conversato, perche’ chiunque fosse ha avuto il tempo di di fumarsi una sigaretta. St. James conosceva il suo interlocutore  ed era l’assassino, che  si e’ dato la pena di rimuovere la cicca nel tentativo di non lasciare traccia del suo passaggio e ha rovistato nella sua valigetta alla ricerca di indizi”
“Lo stress potrebbe aver dato il definitivo colpo di grazia al cuore di St. James” considero’ John.
“Questo, o l’ennesima somministrazione di qualsiasi cosa contenesse il calcio che gli e’ stato dato nel tempo” puntualizzo’ Sherlock  “E l’assassino non ha ancora trovato cio’ che cercava, quindi non era nella cassaforte che non e’ stata forzata prima del nostro arrivo e non era nella stanza di St. James”
“Perche’ altrimenti non avrebbe fatto perquisire la camera della zia di Molly piu’ tardi” commento’ John.
Sherlock annui’ soddisfatto.
“E’ presumibile pensare che sia ancora a Londra e che a questo punto sia alquanto disperato”
“Perche’ credi questo?”
“Ha ucciso St. James con un metodo molto sottile e lento, e’ stato paziente... ma poi ha dovuto assumere qualcuno velocemente per frugare tra le cose della Dottoressa Hastings, perche’ era convinto che il professore le avesse passato l’oggetto. E ha ucciso il ladro con un semplice colpo di pistola quando si e’ reso conto che era un inetto e aveva lasciato delle tracce durante l’aggressione, per evitare che si potesse risalire a lui. Lestrade mi ha appena comunicato che il proiettile non appartiene a nessuna pistola registrata. Ora la questione e’... dove si trova quell’oggetto? Perche’ l’assassino non si fermera’ e continuera’ a cercarlo. Se davvero non e’ nelle mani della Dottoressa Hastings”
John alzo’ un sopracciglio perplesso.
“Pensi che sia possibile? Che lei abbia davvero quell’oggetto e lo abbia nascosto bene  e ti abbia assunto per depistare le indagini?”
Sherlock considero’ per un attimo la domanda, poi scosse la testa.
“No. Per quanto orribile sia quella donna non credo che mi abbia mentito. Vuole davvero scoprire cosa e’ successo al suo amico”
John fece un ghigno.
“Sai, credo che sia legittimo pensare che tu possa chiamarla zia Emily
Sherlock inspiro’ a fondo e si limito’ a gettargli un’occhiataccia per poi ritornare al suo silenzio per cui John, rendendosi conto di non avere ormai piu’ sonno, riprese in mano il suo libro.
Tempo di riprovare la strategia dell’indifferenza.
“Smettila” gli disse l’amico con tono annoiato dopo qualche minuto.
“Mmm?” gli rispose, continuando a fissare con aria concentrata la pagina di fronte a lui.
“Oh avanti, John... adesso puoi finirla! Piantala subito!” Sherlock aveva cominciato a tamburellare con le dita il bracciolo della poltrona.
Il Dottore alzo’ piano gli occhi e lo guardo’ con finta aria confusa.
“Scusa, non capisco di cosa stai parlando... qualcosa non va?”
“Tu! Tu non vai!” sbotto’ petulante Sherlock “ti ho gia’ detto che so che hai parlato con Molly  e ora non vedi l’ora di confrontarti con me, altrimenti non mi avresti lanciato quella frecciatina sulla zia... quindi smetti di fingere di leggere quel libro, non giri pagina da piu’ di un quarto d’ora. Neanche una di quelle letture noiose e francamente offensive per l’intelletto umano che Mary ti consiglia potrebbe richiederti cosi tanto tempo, quindi sputa il rospo!”
John si limito’ a stringere gli occhi, poi chiuse con deliberata lentezza il libro e punto’ lo sguardo sul consulente investigativo.
“Non ho nessun rospo da sputare” disse con calma “e tu, invece?”
Sherlock si irrigidi’ e per un attimo ci fu solo una dura battaglia di sguardi, poi John scosse la testa.
“Se vuoi parlarne io ascolto, ma non ti daro’ la soddisfazione di farti delle domande, te l’ho gia’ detto”
John strinse le labbra dopo la sua esternazione e riprese in mano il libro.
“Non l’avevo programmato” mormoro’ Sherlock dopo poco, facendogli alzare la testa di scatto “Poi la situazione e’... cambiata”
John fece un mezzo sorriso alla sua espressione incerta.
“Questo e’ l’eufemismo dell’anno, Sherlock” commento’, strappando un sorriso anche al suo amico, che facendo un respiro profondo sembro’ tornare col pensiero al passato.
“E’ cominciata quando Molly mi ha salvato” disse infine.
“Quando hai finto il tuo suicidio?”
“No. Quando mi ha salvato per la seconda volta”

 
Appartamento di Molly Hooper
Quindici mesi dopo la caduta

 
Molly Hooper sta lavando la sua biancheria  nel lavandino in bagno.
Aggiunge un po’ di detersivo per bucato a mano, poi riprende a strofinare in un modo compulsivo la macchia di vino che e’ penetrata dal suo vestito sul suo reggiseno piu’ bello.
Sta piangendo da dieci minuti.
Ieri l’ospedale ha dato un gala’ di beneficienza a cui  lei non aveva proprio voglia di partecipare, anche se parte dei fondi raccolti dovevano essere destinati all’ala di patologia e i suoi capi le avevano fatto presente come la sua adesione fosse assolutamente necessaria.
Poi John l’ha chiamata e le ha detto che ci sarebbe stato anche lui e che sarebbe venuto accompagnato da Mary, la donna che frequenta da qualche mese. Voleva assolutamente che lei la conoscesse e sembrava cosi felice  che Molly non se l’e’ sentita di rifiutare l’ennesimo invito a trovarsi (John ha gia’ provato piu’ volte a incontrarla, ma lei ha sempre cercato di trovare qualche scusa per non farlo o non fermarsi a lungo. E’ semplicemente troppo doloroso parlare con lui e sapere con certezza che gli sta mentendo).
Non riceve istruzioni da Sherlock da quasi quattro mesi ed e’ terrorizzata oltre ogni misura. Passa intere notti sveglia a pensare ai pericoli che sta correndo o a quello che puo’ succedergli: anche se quando la contatta lo fa solo per chiederle soldi, per lo meno in quei momenti sa che lui sta bene, sa che e’ vivo.
Ma  ci sono altri momenti in cui lei sente che la sua vita le sta sfuggendo di mano, che si sta concentrando troppo sul lavoro e sulle sue preoccupazioni tanto da non lasciare spazio per niente altro, neanche per una serata che potrebbe rappresentare una piacevole distrazione.
Molly ha avvertito il bisogno di sentirsi... viva ma soprattutto, con John che considerava cosi importante presentarle Mary, ha voluto  fare ogni sforzo per essere al massimo e fare una buona impressione, nella speranza che  per lui fosse di aiuto condividere la sua felicita’ con qualcuno che sa esattamente cosa ha passato da quando Sherlock si e’ buttato.
Glielo deveva.
Cosi Molly dopo mesi e’ uscita a fare shopping, ha comprato un vestito non eccessivo ma che la valorizza  e si e’ messa quel reggiseno nuovo che giaceva nel cassetto da tempo immemorabile.
Si e’ sentita carina e si e’ detta che se lo meritava.
La serata e’ cominciata bene e quando John e’ arrivato con Mary  e’ stato subito chiaro che quella donna ha fatto miracoli con lui.
Sorrideva, sul serio. Aveva un’aria quasi rilassata, nonostante nei suoi occhi fosse presente un fondo di tristezza, ma l’abbraccio che ha dato a  Molly era sincero e pieno di calore. Cercava continuamente la mano di Mary mentre parlavano del piu’ e del meno dopo le presentazioni e il suo sguardo era pieno d’amore.
John Watson e’ di nuovo felice.
Molly gli ha sorriso contenta e ha pensato che Mary le piace, poi pero’ i due si sono allontanati e lei si e’ ritrovata da sola, fino a che un uomo dall’aria gentile le si e’ avvicinato e ha cominciato a parlarle.
Ci ha messo un po’ a capire che ci stava provando discretamente con lei: niente di eclatante, un complimento, qualche chiacchiera sulla festa e sugli invitati e poi la richiesta imbarazzata di fare un ballo insieme.
Molly ha stretto forte le mani sul bicchiere da cui aveva bevuto solo un sorso e ha cominciato a scuotere forte la testa.
“Io... io non posso” ha sussurrato, mentre il panico si impossessava di lei.
Il tizio di cui non ricorda nemmeno il nome l’ha guardata stupito, chiedendosi probabilmente cosa avesse sbagliato per scatenare una reazione cosi forte. Poi un lampo di comprensione gli e’ passato sul viso.
“Ah... mi scusi. Capisco. E’ a questa festa accompagnata. Mi spiace, non mi sembrava di  averla vista con un cavaliere”
Le ha sorriso ma Molly non e’ riuscita a rispondergli.
Sono sposata... questo e’ il primo pensiero che le e’ passato per la testa ed e’ un pensiero assurdo, perche’ non vede suo marito  da piu’ di un anno.
Ed e’ ancora piu’ assurdo perche’ in verita’ il suo e’ un matrimonio di facciata, con un uomo che tutti pensano morto e per il quale gestisce solo dei conti correnti.
E’ ridicolo, ma Molly ha sentito che accettare la corte di questo individuo avrebbe rappresentato  un tradimento e che venire a questa festa non e’  stato che un inutile e patetico tentativo di riappropriarsi di una normalita’ che ovviamente non le appartiene piu’.
“Devo andare, mi scusi” ha ribattuto nel panico, girandosi per allontanarsi in fretta e urtando un cameriere. Il vino nel suo bicchiere e’ finito tutto sul suo vestito e mentre cominciava a piangere, e’ uscita in fretta dalla sala ed e’ tornata a casa.
Appena entrata nel suo appartamento ha tolto tutti i vestiti con movimenti frenetici  e li ha buttati in un angolo, poi si e’ tuffata sotto la doccia dove e’ rimasta sotto il getto caldo fino a scottarsi la pelle.
Stamattina il suo senso dell’ordine ha preso il sopravvento e ha raccolto il mucchietto di stoffe dal pavimento e ora li sta lavando.
Ha ricominciato a piangere quasi subito.
Ad un tratto si immobilizza perche’ le pare di aver sentito un rumore provenire dall’atrio.
Resta in silenzio e sente dei passi che si dirigono verso il soggiorno: probabilmente dovrebbe  aver paura, ma una parte di lei (quella che spera) prende il sopravvento e senza nessuna precauzione esce dal bagno e lo vede.
Sherlock Holmes e’ nel suo appartamento ed e’ piegato su se’ stesso, una mano appoggiata contro il muro per sostenersi.
Molly si porta una mano alla bocca e fa un respiro profondo.
“Sherlock...” sussurra infine: lui si rialza lentamente e dopo piu’ di un anno i loro sguardi tornano di nuovo ad incrociarsi.
Ha un aspetto orribile.
E’ dimagrito e i vestiti che indossa sono sporchi e trasandati; dalla sua fronte cola un rivolo di sangue e sembra esausto, tuttavia ha negli occhi una luce maniacale.
Molly si chiede se non abbia la febbre.
Prima che possa dirgli qualsiasi cosa, lui si stacca dal muro e comincia a passeggiare per la stanza.
“Non avevo altro posto dove stare, mi spiace. Il mio ultimo rifiugio qui e’ bruciato... non nel vero senso della parola, no. Solo non e’ piu’ sicuro... mi danno la caccia, ma io sono stato attento a non farmi seguire. Non sei in pericolo, stai tranquilla. E non rimarro’ molto. Sono piu’ bravo di loro, sai?”
Parla velocemente e gesticola in maniera esagerata, come in preda a una forte eccitazione.
“Sei ferito...” cerca di interromperlo Molly, ma lui fa un gesto di noncuranza.
“Questo piccolo graffio? Non e’ nulla... te l’ho detto. Devo restare qui qualche ora poi potro’ uscire... certo devo ancora tracciare i due russi, ma non faro’ troppa fatica. Sono degli stupidi e hanno commesso il loro ultimo errore”
Molly trasale quando gli vede estrarre una pistola dalla tasca per controllare che sia carica.
Lui non sembra accorgersene e continua a parlare sempre piu’ velocemente.
“Si... fanno tutti degli errori, prima o poi. Ma non io, no. Ho solo bisogno di rivedere il mio ultimo piano di azione, posso prenderli gia’ questa settimana, al piu’ tardi la prossima. Frequentare quel club e’ stata una leggerezza imperdonabile da parte loro”
“Sherlock...” lo supplica lei, non sapendo bene cosa in verita’ gli sta chiedendo... Di fermarsi. Di  calmarsi. Di guardarla negli occhi.
La sta spaventando.
Lui si blocca come richiamato dalla sua voce e poi le si avvicina improvvisamente, fissandola  con un sorriso quasi folle.
“Ci sono vicino, sai?” le dice agitando la pistola accanto al suo viso “Sto quasi per distruggere tutto quanto... tutto. Oh... sono bravi, devo ammetterlo. Ma io lo sono di piu’, anche se non si puo’ mai dire... ma e’ un rischio da correre, non credi?  In caso contrario, mia cara Molly, sarai una vedova molto ricca!”
Lo schiocco dello schiaffo risuona forte nell’appartamento e poi cala il silenzio.
Lui sbatte le palpebre qualche volta e sembra uscire dallo stato di agitazione che l’ha permeato fino a qualche secondo prima.
Abbassa le braccia e la pistola e’ ora contro il suo fianco.
Molly si porta una mano alla bocca e soffoca un singhiozzo: non riesce a credere di averlo appena colpito ma le ultime parole di Sherlock l’hanno fatta reagire d’istinto.
“Non osare” gli dice infine con voce rotta “non osare parlare in questo modo del fatto che potresti morire. Non e’ per questo che io... io ti ho aiutato. Guarda come ti sei ridotto! Non riesci a stare fermo un minuto e hai un aspetto orribile... da quanto tempo non ti riposi un po’ o fai un pasto decente? E per favore, metti via quell’arma!”
Lui arretra di un passo e rimette la pistola in tasca.
“Non ho tempo di fare queste stupide cose!” ribatte poi con forza “io devo dare la caccia a una rete criminale, Molly! Mi spiace se in questo modo disturbo la tua quieta e noiosa esistenza” fa vagare velocemente gli occhi verso la stanza e poi li punta di nuovo verso di lei “ vedo che ieri sei stata addirittura ad una festa! Ti sei divertita? Com’e’ quel proverbio? Quando il gatto non c’e’... i topi ballano”
Questa volta ha i riflessi pronti e afferra al volo il polso di Molly prima che lei possa colpirlo di nuovo.
Stringe con forza e i suoi occhi si riempiono di furia, come se non stesse piu’ guardando la donna di fronte a lui ma stesse pensando a tutt’altro.
Negli occhi di Molly passa un lampo di terrore: il suo Sherlock non avrebbe mai, mai alzato un dito su di lei.
Che cosa gli e’ successo in questi mesi?
“Mi stai facendo male...” gli dice, provando  comunque a  dominare la paura. Deve cercare di riportarlo alla realta’ e di farlo uscire da quello stato di agitazione.
“Per favore” gli sussurra “lasciami”
Il suo tono lieve ma fermo sembra fare improvvisamente breccia dentro di lui, che molla la presa e rimane a fissarla, incapace di  credere di averle appena stretto tanto il polso da lasciarle dei segni sulla pelle.
“Mi dispiace...” sussurra scuotendo il capo, come a cercare di schiarirsi le idee.
Si allontana provando vergogna e stupore: si e’ talmente abituato alla violenza da non riuscire piu’ a farne a meno? Tanto da fare del male all’unica persona che in questo momento crede ancora in lui?
No. Non a Molly.
Si sente stanco, molto stanco:  crolla in ginocchio e chiude gli occhi, cercando di calmare il respiro. Avrebbe bisogno di riposare, ma non se lo puo’ permettere.
Molly ha ragione, lui non si ricorda piu’ il tempo di aver fatto una notte di sonno o un pasto decente.
Improvvisamente, sente la piccola mano di lei che gli si posa sulla guancia dove poco fa l’ha colpito, questa volta dolcemente.
Si permette il lusso di indugiare in quel contatto, ma poi la realta’ lo richiama all’ordine: deve compiere la sua missione, deve trovare i due russi prima che lascino la citta’, deve
“Fatti aiutare, ti prego”
Le parole della donna gli fanno aprire gli occhi di scatto.
“Mycroft ti ha contattata” le dice con una punta di diffidenza nella voce.
Lei annuisce piano.
“Dopo quasi un mese che te n’eri andato. Avevi ragione, ha capito praticamente subito che tu eri vivo” fa un sorriso triste al pensiero di quanto freddo e’ stato il suo dialogo con quell’uomo, che tuttavia ora rappresenta una speranza “ha detto... ha detto che se tu lo vorrai, lui ti aiutera’”
Sherlock si rialza e l’assenza del contatto con il corpo di lei gli lascia uno strano senso di freddo addosso.
“Vuole che strisci da lui e che mi umilii, che nonostante tutto cio’ che lui ha fatto io riconosca di non potercela fare da solo! No!” stringe i pugni e serra la mascella.
No, non dara’ questa soddisfazione a suo fratello. E’ stato un errore venire qui, non deve avere incertezze, e’ meglio andare.
“Ti prego...” la supplica di Molly lo raggiunge mentre e’ gia’ alla porta “per favore. Questa cosa... ti sta distruggendo”
Sherlock si volta stupito e si rende conto che per l’ennesima volta Molly Hooper gli sta vedendo dentro e che con la sua supplica gli sta chiedendo anche qualcosa per se’ stessa, nonostante non riesca a spingersi tanto oltre e a chiederglielo ad alta voce: la sicurezza di saperlo sano e salvo.
Ma perche’ dovrebbe acconsentire alla sua richiesta?
Perche’ Molly ha ragione, naturalmente: lui sta inesorabilmente cadendo in una spirale di autodistruzione e la sua caccia lo sta consumando.
Perche’ e’ vero, l’aiuto di suo fratello (per quanto odiosa sia l’idea) potrebbe dare alla sua missione una svolta definitiva.
Ma soprattutto, perche’ lo deve alla donna di fronte a lui, che ha rischiato ogni cosa per salvarlo e dalla quale ha sognato spesso di tornare, convinto che avrebbe trovato un po’ di pace.
Sherlock Holmes annuisce piano e ritorna sui suoi passi: quel giorno resta nella casa  di Molly, si fa curare la ferita in fronte e mangia il pranzo veloce che lei gli prepara, poi dorme per diciotto ore filate.
Al mattino, una macchina nera si ferma nella strada di sotto e dopo poco il campanello suona: Mycroft entra nell’abitazione in silenzio e si ferma ad osservare suo fratello minore, poi gli fa un cenno del capo e lo invita a seguirlo.
Lui si volta verso Molly, che gli sta sorridendo  fiduciosa e grata e la stringe in un forte abbraccio, nel tentativo di comunicarle tutto quello che ancora non riesce a dirle a voce.
Lei lo ricambia con forza e poi lo osserva lasciare l’appartamento.
Mycroft esce per ultimo, ma sulla soglia si gira a guardare la donna che probabilmente ha salvato Sherlock per una seconda volta.
“Grazie” le sussurra.


“Molly quel giorno ha evitato che io continuassi la mia missione da solo e mi ha aiutato a capire che era necessario ricorrere all’aiuto di mio fratello. Probabilmente sarei morto, se non l’avessi fatto” commento’ sinceramente Sherlock, abbandonando i ricordi.
“Dovevi essere proprio in una brutta situazione per farlo, considerando il suo ruolo con Moriarty” aggiunse pensosamente John  “Mi dispiace, non abbiamo mai veramente parlato di quanto e’ stata dura per te”
Sherlock agito’ una mano per aria.
“Non era necessario, credimi. Ho fatto quello che dovevo ed ero cosciente fin dall’inizio che non sarebbe stato facile ma... sono grato del ruolo che Molly ha avuto”
“L’hai fatto anche per lei, giusto?  Perche’ non dovesse essere piu’ preoccupata per te e per cio’ che stavi facendo” disse John, che osservo’ poi con titubanza la difficolta’ del consulente investigativo a riconoscere la veridicita’ di quell’affermazione e i sentimenti che si celavano dietro a una decisione apparentemente solo logica.
Alla fine Sherlock annui’ lentamente.
“E da li le cose sono... progredite” aggiunse poi con un lieve rossore sul volto.
Anche John annui’, poi sul suo viso comparve un sorriso soddisfatto.
“Bene. Sono pronto a sentire il resto, ora”
Sherlock alzo’ un sopracciglio con fare interrogativo e il suo amico comincio’ a ridere.
“Non credere di cavartela cosi! Quello che mi hai detto non copre minimamente tutta la parte riguardante il... dopo. E non far finta di non capire... voglio i particolari, Sherlock. Tutti quanti, me li devi”
“Non credo proprio” ribatte’ Sherlock con sussiego.
“Oh si, invece” annui’ convinto John, prima di scoppiare in un’altra risata “ma posso aspettare fino a che non saremo a casa e ci sara’ anche Greg”
“E perche’ dovremmo includere anche Lestrade in questa... cosa?”
“Perche’ e’ tuo amico. Perche’ ce lo devi. E perche’ sara’ tremendamente soddisfacente sia per me che per lui”
“Ridicolo. Ci vogliamo concentrare sul caso, per favore?”
 
***
 
Sherlock mantenne la sua parola e la mattina seguente riconsegno’ le chiavi all’agente Morris, poi lui e John presero il treno diretto a Londra.
“Contattero’ la mia rete di informatori per capire se c’e’ agitazione tra i collezionisti per qualcosa che riguardi Sheakespeare... e’ logico pensarlo, visto che era  il campo di specializzazione del professore. Potrebbe aver addirittura effettuato una transazione prima di morire, per quanto ne sappiamo e in questo caso aver battuto l’assassino sul tempo” disse Sherlock mentre erano ormai alla periferia della citta’.
“Ma tu non ne sei convinto” osservo’ John, prendendo dalla tasca il telefonino che aveva appena segnalato un sms.
“No... non sembra il tipo di persona che vuole lucrare su una sua passione. La deliziosa Miss Morstan ti ha convocato d’urgenza?”
John rimise il cellulare al suo posto e fece una smorfia.
“Dice che e’ un’emergenza... spero non si tratti davvero di nuovo del colore delle tovaglie per il ricevimento, l’ha gia’ cambiato quattro volte. Non ho proprio voglia di discutere di nuovo per questa cosa”
Sherlock lascio’ vagare lo sguardo verso il paesaggio e finalmente si concesse di  ripensare al modo in cui lui e Molly si erano lasciati: una volta arrivato sarebbe andato da lei e avrebbero parlato, era inutile e stupido continuare a litigare.
E la cara zia Emily avrebbe dovuto rassegnarsi al fatto che loro due sarebbero rimasti insieme, anche se questo avrebbe probabilmente significato interagire ancora con lei.
“Scoprirai ben presto, John, che il matrimonio e’ una continua fonte di compromessi” dichiaro’.
Il Dottor Watson lo fisso’ a bocca aperta.
“Oh no” dichiaro’ “non esiste proprio che sia tu a dare dei consigli a me in questo campo!”
Sherlock si giro’ a fissarlo incuriosito.
“Tra due mesi sara’ l’anniversario della mia finta morte e di conseguenza, raggiungero’ con Molly il traguardo del secondo anno di matrimonio. Osserva i fatti: non puoi negare che sia io quello con piu’ esperienza, John.”
Beh, a questo non c’era proprio possibilita’ di replica.
 
***
 
Sherlock entro’ a Baker Street esattamente quaranta minuti dopo e si appresto’ a salire i gradini di corsa.
“Sherlock, benedetto ragazzo che cosa hai fatto?” la sua padrona di casa aveva fatto capolino sulla porta e ora lo stava fissando con uno sguardo perplesso e dispiaciuto.
Lui si fermo’, roteo’ su se’ stesso e le ando’ velocemente vicino.
Evidentemente le notizie viaggiavano in fretta.
Le sorrise e le poso’ un bacio sulla guancia.
“Su signora Hudson, non sia cosi dispiaciuta. In fondo e’ solo una piccola aggiunta a quello che sapeva gia’. E’ stata Mary a dirglielo, vero? Mi spiace di non averla avvisata ma non era sicuramente il tipo di matrimonio a cui avere degli invitati. Sa... la fretta. L’ora tarda. Il finto suicidio da organizzare.
Ma sono sicuro che Molly apprezzera’ le sue congratulazione e sono altrettanto sicuro che Lei si rifara’ consumando quintali di fazzolettini piangendo al matrimonio di John”
“Non mi riferivo a questo...” Martha scosse il capo e il sorriso di Sherlock svani’ dal suo volto.
“Molly e’ stata qui” realizzo’ lui, mentre una punta di timore cominciava ad insinuarsi nella sua mente.
La donna annui’.
“Quella povera ragazza... era in condizioni pietose. Non faceva che piangere e mi ha detto che avrebbe fatto in fretta, e’ salita nell’appartamento ed e’ scesa dopo dieci minuti con una borsa. Mi ha lasciato il paio di chiavi che tu le avevi dato, ha detto che non le sarebbero piu’ servite. Sherlock che cosa e’ successo? Avete litigato? Sicuramente potete risolvere tutto, giusto?”
Lui non rispose e si fiondo’ per le scale: entrato nell’appartamento si diresse subito nella sua camera e apri’ l’armadio. Tutte le poche cose che Molly aveva tenuto li erano sparite.
 
 
 
  
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