Aveva un sapore acre. Amaro . Aveva il sapore del sangue la Solitudine.
Sospirò e si sistemò le coperte. Era una notte fredda .
Fuori dalla finestra della soffitta angusta la pioggia batteva forte sui vetri e sui tetti e ,in lontananza, si intravedevano le fronde del salice muoversi vorticosamente.
Abbassò lo sguardo.
Le stelle ricamate sulla trapunta sembravano voler schizzare fuori dalla stoffa scura e inoltrarsi , profughe, nella tempesta e nell’oscurità.
Un tuono la distolse dai suoi pensieri.
L’orologio batté un colpo.
Si Aggiustò il cuscino . – Se voleva alzarsi il giorno successivo le conveniva tentare almeno di dormire- si disse.
Il pensiero del giorno successivo le svuotò l’anima.
Un altro giorno a cui dare un senso , in cui trascinarsi. Guardando la felicità senza mai poterla afferrare.
-La noia, prima o poi, mi ucciderà- . Si girò su un fianco.
Chissà come sarebbe stato vivere in un mondo in cui avrebbe potuto essere felice. In cui non sarebbe stata sola. Sorrise tristemente e , poco dopo, stava sognando.