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Autore: adrienne riordan    17/11/2013    1 recensioni
Storia liberamente tratta da La gatta innamorata di Esopo, e questo già ci fa capire che la storia finirà male. Tre o quatto capitoli massimo, potrebbe cambiare rating da Arancione a Rosso. Pairing TurchiaXGrecia
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Grecia/Heracles Karpusi, Turchia/Sadiq Adnan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole brillava alto e caldo nel cielo pur essendo solo le prime ore del mattino. Il calore non era ancora abbastanza intenso da far evaporare le pozzanghere formatesi la notte precedente grazie a un temporale.

Bere dell’acqua fresca poteva essere la giusta contropartita di una notte passata all’addiaccio, pensò con senso pratico un grosso gatto assetato mentre la sua linguetta lappava da una pozzanghera all’ombra di un caseggiato. In quanto randagio, era abituato a ripararsi in alloggi di fortuna ma non amava bagnarsi – dopotutto, era un felino.

Il gatto sapeva bene che nelle calde terre della Grecia meridionale non era facile trovare acqua ragionevolmente pulita con cui dissetarsi e aveva accolto come la manna dal cielo quella preziosa riserva che andava sfruttata prima che il sole implacabile gliela portasse via. Quello era inevitabile, ragion per cui il randagio aveva assunto un atteggiamento minaccioso nei confronti degli altri mici che osavano avvicinarsi al suo tesoro. Sapeva che non era necessario attaccare subito i rivali: tutti i gatti della zona, randagi e domestici, conoscevano quel gatto selvatico fin troppo bene. Giunto da lontano non molto tempo addietro, il nuovo arrivato aveva conquistato subito fama non di un semplice attaccabrighe, ma di un vero e proprio pericolo da cui stare alla larga. Ottimo cacciatore di uccellini, topolini e lucertole, non aveva esitato ad ammazzare qualche gatto per appropriarsi di qualche leccornia che lo sventurato non aveva fatto in tempo a nascondere per completare il suo pasto giornaliero. Per questa ragione si era guadagnato il nome con cui era conosciuto e di cui era orgoglioso: Sadik, il “sadico”. Non avendo mai avuto un nome in vita sua, aveva trovato che quel nome gli calzasse a pennello e lo aveva preso come suo.

Grazie alla sua abilità di cacciatore, non aveva avuto necessità alcuna di fare il lecchino con le gattare che portavano un po’ di cibo ai mici della zona in cambio della loro compagnia o, peggio ancora, barattare la sua libertà in cambio di un giaciglio morbido, un tetto sulla testa e croccantini mescolati agli avanzi del “padrone”. Il randagio disprezzava i gatti domestici: a suo modo di vedere la situazione, il benessere ottenuto in cambio di qualche coccola, grattatina e fusa di “piacere” erano un esempio di meretricio bello e buono.

La sete intensa, unita tuttavia alla paura di dover affrontare Sadiq faceva tentennare diversi gatti, posti a distanza di sicurezza dalla pozzanghera tanto ambita. Ma ben presto una voce umana venne accolta con gratitudine da tutti loro (tranne che da Sadiq ovviamente) che accorsero al richiamo.

Il randagio si irritò nel sentire quella voce fastidiosa, appartenente al più assiduo tra le gattare della zona. Era un uomo alto e giovane, l’unico tra l’esercito di vecchiette senza più una vita sociale - ammesso che ne avessero mai avuta una, pensò acido Sadiq. Provvisto di ciotole, bottiglie d’acqua e croccantini, si dava un bel daffare per nutrire tutte le bestiole che incontrava. Ogni tanto se ne portava via qualcuna malandata, dalla salute debole oppure ferita. I primi tempi i gatti del quartiere erano diffidenti verso il ragazzo, soprattutto quando qualche loro compagno anziano o malato non aveva fatto più ritorno, e i giovani feriti erano restii a farsi portar via. Quando però altri mici tornarono non solo sani e salvi ma perfettamente guariti, avevano ben presto capito che il ragazzo curava i gatti malati e assisteva fino alla fine quelli per i quali non c’era ormai più nulla da fare.

Come ovvia conseguenza, il ragazzo era divenuto ben presto l’idolo dei gatti, che come i fans adoranti di una rockstar si strusciavano addosso al loro beniamino per elargire tutte le coccole e l’affetto che il giovane sembrava gradire molto.

Tutte puttane i gatti di questa zona, pensò schifato Sadiq. Nella sua terra natìa, la Turchia, i gatti non erano così ben visti. Erano tollerati per la loro utilità nel far sparire i topi, quello era vero, ma comunque non erano molto amati dagli umani. Sadiq aveva deciso che non avrebbe mai avuto a che fare con loro da quando uno di essi ebbe avuto la bella idea di usarlo come bersaglio col fucile. Così, per divertimento. Uno dei pallini l’aveva centrato a una natica, lasciandogli vistosa cicatrice, non appena la ferita si fu rimarginata. Una vera fortuna che non era finito azzoppato, e da quel giorno Sadiq aveva preso a vagabondare sempre più lontano, senza mai guardarsi indietro. Attraversato lo stretto dei Dardanelli a bordo di una nave – gli spazzini dei topi non potevano che essere i benvenuti – non aveva avuto particolari motivi per fermarsi in un villaggio situato sulla costa greca, semplicemente voleva riposare un po’ prima di riprendere col suo vagabondaggio.

La sua presenza non era passata inosservata dagli umani stessi. La maggior parte ovviamente lo aveva ignorato, i bambini, avendo a disposizione gatti ben più docili con cui giocare, avevano imparato a non avvicinarsi (erano ben memori di pianti disperati di alcuni compagni di giochi dopo qualche profondo graffio ben assestato dal gatto turco); persino le gattare non gli si avvicinavano, ben interpretando i soffi minacciosi di Sadiq, ciononostante non mancavano mai di lasciare una manciata di croccantini anche per lui. Il randagio non disprezzava certo il cibo ma non aveva mai mostrato un briciolo di gratitudine verso quelle megere.

Ma se c’era qualcosa che la Storia insegnava, era che i tiranni, presto o tardi, sarebbero stati costretti ad affrontare la propria caduta, e questo, un giorno, fu proprio ciò che accadde a Sadiq.

All’interno di un gruppo – nel caso specifico, un gruppo capitanato da dei fratelli scansafatiche provenienti dall’Italia – anche i gattoni più mollaccioni si fanno coraggio e tirano fuori un’indole vendicativa che mai avresti sospettato. Sadiq si vide ben presto chiuso in un’imboscata tenuta dai gatti adulti del quartiere, arcistufi di subire le angherie del turco. Fu una lotta impari, ma anche se i primi morsi e graffi avevano centrato efficacemente alcuni avversari, nessuno dei gatti della zona era fuggito, anzi, erano tornati alla carica per sconfiggere l’odiato tiranno. Era troppa l’esasperazione accumulata.

 

 

Non era morto. Una parte di Sadiq lo avrebbe desiderato, quale liberazione dalle sofferenze per le spaventose ferite su tutto il corpo. Un’altra parte aborriva tale prospettiva – no, non era paura – in quanto mai avrebbe voluto dare questa soddisfazione a quei vigliacchi che non avevano avuto il coraggio di affrontarlo uno alla volta. Piuttosto, sarebbe arso dal desiderio di vendetta se non fosse stato per il fatto che, in quel momento, ardeva soltanto per il dolore fisico e l’umiliazione della sconfitta.

Alla coscienza del dolore e del desiderio di vendetta si sostituiva sempre più spesso l’incoscienza del delirio. Da quanto tempo stava fluttuando nell’agonia? Non avrebbe saputo dirlo, non riusciva a tenere il conto dell’alternanza della luce e del buio, e comunque non gli importava.  Sapeva solamente che, solo e senza cure, il destino a cui stava andando incontro era uno soltanto. Si abbandonò per l’ennesima volta all’incoscienza, rassegnato.

  
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