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Autore: Valeriagp    18/11/2013    8 recensioni
Attenzione! Spoiler sulla 5a Stagione.
Merlin ha cercato Arthur ogni momento delle sue innumerevoli vite. Ormai rassegnato a non vederlo mai più, un viaggio in Metro gli cambierà la vita.
Primo capitolo ispirato ad una fic breve letta su Tumblr mesi fa, di cui purtroppo non ho mai più trovato l'autore.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Merlino, Parsifal, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Years and Back'
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Nota dell’autrice:

Eccoci qua, siamo arrivati alla fine di questa storia. O no?....

Leggete le note alla fine del capitolo :)

Qui voglio commenti a iosa! Ditemi che ne pensate :D

Grazie come sempre al prezioso input e incoraggiamento della mia cara beta, Shipalltheships. Questa storia non esisterebbe senza di te :*

 

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Era stata così stupida. Aveva quasi perso tutto, aveva quasi perso Morgana, solo perché era caduta nell’inganno di Arthur.

Morgause non poteva credere di essere stata presa in giro proprio da colui che voleva usare per raggiungere i suoi scopi… Era stata ingenua e si era fidata del fatto che Arthur sembrava fosse caduto ai suoi piedi.

E quell’attimo in cui Morgana stava facendosi convincere dal discorso di suo fratello, era stato terribile. Si era resa conto che non aveva controllo su di lei, che negli ultimi tempi la parte più vera di sua sorella aveva preso il sopravvento, e che la sua natura stava dominandola. Avrebbe dovuto trovare una soluzione, quando lo scontro che stava per iniziare fosse finito.

E poi Mordred… quel ragazzino fastidioso era tornato da Pendragon. Aveva fatto bene a non fidarsi di lui… anzi, gli aveva rivelato anche troppo del suo piano. Ma tanto ormai non sarebbe più stato realizzabile: aveva fallito ad assoggettare il Re, e quindi si tornava al combattimento a scena aperta come sempre avevano fatto. Peccato, pensò Morgause: il suo piano era molto più elegante di un semplice omicidio! Ma ormai era l’unica strada rimasta.

Guardò Morgana, che aveva gli occhi pieni di lacrime e un’espressione tradita sul volto mentre lanciava incantesimi verso i loro avversari, e si unì a lei e a Nimueh che già le stava dando man forte.

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Le tre donne che avevano di fronte stavano già attaccandoli incessantemente, ma Merlin aveva la situazione sotto controllo. Forse era la sua rabbia, forse il fatto che si era già scontrato con loro recentemente, ma nulla di quello che gli lanciavano addosso riusciva a penetrare lo scudo magico che aveva creato attorno a sé, Mordred e soprattutto Arthur.

Mentre respingeva incantesimo dopo incantesimo, vide con la coda dell’occhio che Valiant, che era rimasto fino a quel punto nascosto e dimenticato in un angolo, stava avventandosi con un pugnale sul Re: Merlin mosse la testa e sussurrò Acwele!, e Valiant rimase sospeso per un istante in aria prima di venir scaraventato violentemente sulla parete in fondo alla sala con un udibile CRACK. Morto sul colpo probabilmente, pensò Merlin, ma non ebbe tempo di preoccuparsene vista la battaglia che infuriava attorno a lui.

Morgause si girò solo per un istante verso il suo tirapiedi, che giaceva inerme sul pavimento, e tornò a dirigere le sue attenzioni verso il Re e i due maghi che la fronteggiavano. Urlò un nuovo incantesimo ma Merlin respinse di nuovo il flusso di energia rosso fuoco che gli arrivò incontro. Le tre donne si buttarono a terra istintivamente per evitare che l’incantesimo le colpisse di rimando, ma Nimueh fu troppo lenta e venne colpita in pieno volto.

Morgause, che le era accanto, urlò: “NIMUEH!” e le si avvicinò, e Merlin approfittò del momento per sferrare a sua volta un attacco sulla bionda, che però Morgana deflesse - sebbene le costò un evidente sforzo fisico.

Mordred si rivolse allora a Merlin: “Emrys, Morgana è molto potente adesso: la rabbia che le scorre nelle vene, unita all’incantesimo di Morgause che la soggioga, la rendono virtualmente imbattibile. Stai attento. Ma non dimenticare il nostro patto: la voglio viva quando sconfiggeremo Morgause.”

Merlin annuì senza però distogliere lo sguardo dalle loro avversarie, e notò che Nimueh era agonizzante sul pavimento, con Morgause che cercava di fare qualcosa per alleviare la sua sofferenza.

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Sapeva di dover prendere tempo: Morgana aveva visto quanto duramente fosse stata colpita Nimueh, e Morgause si stava amministrando per cercare di salvarle la vita. E lei da sola non avrebbe potuto affrontare Merlin e Mordred.

Allora abbassò le mani in segno di tregua, i palmi rivolti verso i due maghi, e si rivolse a suo fratello: “Mordred. Perché? Perché mi hai tradito?” Era sicura che questo avrebbe fermato gli attacchi di Merlin, visto che poco prima sembrava che tutti loro sperassero ancora di riuscire a convincerla a tornare sui suoi passi e ad abbandonare sua sorella per unirsi a loro.

Come se questo fosse davvero possibile. Stolti, pensò Morgana. Userò la vostra debolezza e il vostro sentimentalismo per prendere il sopravvento.

Mordred la guardò fissa negli occhi, ma dopo qualche secondo abbassò lo sguardo, evidentemente sofferente per quello che aveva fatto.

“In queste settimane ho potuto vedere quanto la presenza di Morgause ti abbia cambiata. E’ come se qualcosa che era in te - la tua compassione, la tua gentilezza, la tua capacità di amare - sia sparito nel nulla nel momento in cui quella megera è rientrata nella tua vita. So che tu non sei questa persona, Morgana: non sei senza cuore, non sei spietata, e non uccideresti mai tuo fratello - né in questa vita, né in quella passata. E il fatto che tu abbia ordito per anni, a Camelot, perché questo accadesse, e sia ancora decisa a portare avanti quel piano orribile adesso, mi dà la certezza che quella che ho davanti non sia davvero tu.

Sei una marionetta nelle mani di Morgause: ti comanda, ti fa fare quello che lei vuole, e ti ha tolto la capacità di esercitare il tuo libero arbitrio! Come fai a non accorgertene?”

Morgana lo fissò per qualche istante e stava per rispondere, quando suo fratello riprese la parola: “Non rispondere, Gana. So che non hai una risposta… ma rispondi a questo: cosa ricordi dell’anno che hai passato con Morgause, quando scappasti con lei da Camelot?”

“Ricordo che finalmente avevo una famiglia. Finalmente avevo qualcuno su cui potevo contare, qualcuno che mi amava per quello che ero, e non per le aspettative che aveva su di me.”
“E io? Io ti amo per quello che sei, e ti ho amata moltissimo anche quando ci incontrammo a Camelot. Ero un bambino spaventato, e tu mi proteggesti con tutta te stessa, mettendo a repentaglio la tua stessa vita, per liberarmi e salvarmi la vita. Dov’è finita quella persona?”

“E’ morta, Mordred. E’ morta dopo che ho scoperto che Uther mi aveva mentito per tutta la mia vita, e poi è morta di nuovo quando ho scoperto che anche Merlin mi aveva mentito, nascondendomi la sua magia. E’ morta, tante volte negli ultimi anni. E l’ultima volta è stato quando ho ricordato chi fossi davvero, e cosa mi avesse fatto lui.”

Puntò il dito verso Merlin, che sostenne il suo sguardo senza tentennare.

“Quello che ho fatto, Morgana, l’ho sempre fatto perché ero convinto che fosse l’unica scelta che avevo. Non ti ho rivelato la mia magia perché dovevo proteggere Arthur, e non potevo permettermi di rischiare che qualcuno mi scoprisse. Ti ho avvelenata perché Morgause ti stava usando, e l’unico modo per liberare il castello dall’incantesimo era eliminare il tramite dell’incantesimo. Ti ho uccisa, perché era l’unico modo per mettere fine alla guerra insensata che tu e quella strega avevate dichiarato a Camelot. Non ho mai voluto farti del male, Morgana, anche se mi rendo conto che te ne ho fatto moltissimo.”

“E non ti senti nemmeno un po’ in colpa, Emrys?” disse, infondendo in quel nome tutto l’odio e il risentimento di cui era capace.

“Certo che mi sento in colpa, Morgana… so di averti tradito tante volte, e che avrei potuto rimediare ai miei errori in molte occasioni… ma quando finalmente io ero pronto ad ammettere la mia magia al mondo, tu eri ormai persa, perché Morgause ti aveva incantata.”

“MORGAUSE NON MI HA FATTO NIENTE! Semmai lei mi ha aiutata a svegliarmi dal mio torpore e a capire dove dovessi riporre la mia lealtà!” urlò la donna, gli occhi iniettati di sangue dallo sforzo e dalla rabbia.

“Non ne sono proprio sicuro, Morgana.” Una voce da dietro la porta fece sussultare Morgana… una voce che non pensava avrebbe mai più sentito.

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Arthur si girò per un istante a guardare dietro di sé, e vide Gaius che lentamente avanzava fino ad affiancare lui e gli altri, di fronte alle streghe. Scambiò uno sguardo con Merlin, poi tornò a fissare Morgana, e le disse: “Ok, mettiamo pure il caso che Morgause non ti abbia fatto un incantesimo, ipoteticamente. Quella donna ti sta manipolando da secoli ormai, e continua a farlo. Quello che non sai, cara Morgana, è che ho ricevuto informazioni sensibili sulla morte dei tuoi genitori: non sono morti a causa delle ferite dovute all’incidente, bensì sono stati soffocati con un incantesimo, prima di andare a sbattere. Ed è stato solo un colpo di fortuna a non uccidere anche Mordred: doveva infatti essere in macchina con tuo padre e tua madre, ma per un contrattempo inprovviso non sono più andati a prenderlo a scuola, mandando invece te. Ricordi vero? Ricordi che l’ultima telefonata che ricevesti da tua madre fu quella in cui ti disse di andare a prendere tuo fratello?”

Arthur era sconvolto da queste rivelazioni, e si girò a guardare prima Morgana (che aveva in faccia il suo sorriso più subdolo), e poi Mordred (che fissava Gaius a occhi sbarrati e bocca aperta).

“E perché mai, mio vecchio amico, dovrei pensare che Morgause abbia qualcosa a che fare con quello che mi stai dicendo? Le tue sono solo illazioni!”

Gaius continuò: “Chi altro ti avrebbe voluta isolare da tutti i tuoi affetti, se non lei?” Indicò Morgause, che a questo punto aveva lasciato stare Nimueh e stava fissando Gaius con uno sguardo che avrebbe potuto uccidere.

“A chi altro avrebbe potuto far comodo che tu fossi sola, disperata e triste, così da potersi avvicinare eventualmente a te un giorno, e guadagnare di nuovo la tua fiducia incontrastata?”

Morgana scoppiò a ridere sonoramente, non distogliendo lo sguardo dall’anziano mago. “Sono solo stupidaggini, Gaius! Sei tu che stai cercando di manipolarmi, solo per vincere questa battaglia! Ma non ci riuscirai: so bene a chi essere leale, so chi è che mi ama e mi ha sempre protetta, fin dai tempi di Camelot, e questa persona è mia sorella!” Porse la mano a Morgause, che si rialzò in piedi a fronteggiare i nemici, ma non disse una parola.

Mordred si girò verso Gaius e disse: “E’ vero Gaius? Quello che hai detto a Morgana, è vero?” Il suo sguardo era sconvolto, le sue narici allargate e il respiro affannato, evidentemente controllava a malapena la rabbia. Arthur avrebbe voluto dire o fare qualcosa per calmarlo, ma si rese conto che sarebbe stato inutile, visto quello che significava per lui questa rivelazione: Morgause aveva ucciso i suoi genitori, e avrebbe ucciso anche lui se fosse stato in quella macchina, e tutto per arrivare a Morgana.

Gaius guardò Mordred con occhi pieni di tristezza e compassione, e annuì gravemente.

Il giovane chiuse gli occhi solo per un istante, e poi si scagliò verso Morgause con tutta la sua forza, stringendole le mani attorno al collo per strozzarla. Urlava uno sproloquio di insulti ed aveva gli occhi trasfigurati dalla follia della rabbia. La strega rimase immobile per qualche secondo, evidentemente stupita dalla fisicità del gesto di Mordred che aveva scelto di attaccarla con la forza invece di usare la magia, e poi gli prese i polsi: comparì un lampo dorato nei suoi occhi, e dopo qualche secondo Mordred lasciò la presa urlando, sui suoi polsi vesciche e segni paonazzi dove la strega aveva poggiato le mani.

Il giovane indietreggiò, solo per venir colpito di striscio ad un fianco da un raggio di luce rossa che gli aveva lanciato Morgana urlando: “LASCIA STARE MIA SORELLA!”

Il dolore che Arthur lesse negli occhi di Mordred all’udire quelle parole, superava di certo l’agonia delle sue ferite.

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Merlin si rese conto che Mordred era fuori combattimento… le sue mani erano profondamente ferite dall’incantesimo di Morgause e non era in grado di usarle per veicolare la magia. Stava infatti tentando di lanciare un incantamento ma urlava ogni volta, le vesciche che gli coprivano i polsi sembravano accendersi ed infiammarsi ad ogni tentativo. Merlin fece cenno al ragazzo di mettersi dietro di lui, poi gli disse: “Vai fuori Mordred; fatti medicare da Lance.”

Il giovane però rispose: “Non me ne vado da qui Merlin. Nonostante tutto voglio ancora che Morgana viva!” Disse questa frase con le lacrime agli occhi, e Merlin si rese conto della sua sofferenza al sapere sua sorella quasi sicuramente persa. Però non abbandonava la speranza, e questo diede a Merlin la forza per andare avanti con il loro piano.

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Arthur, che era dietro a Merlin, si avvicinò a Mordred e gli prese le mani, guardando con attenzione lo stato delle sue ferite. In questa battaglia si sentiva quasi impotente: le forze che fronteggiavano andavano ben oltre quelle che erano le sua capacità di combattimento, contro la magia non poteva fare nulla. Però poteva dare coraggio a Merlin, che a questo punto era l’unico rimasto ad affrontare le due maghe che ancora li stavano attaccando: Nimueh era infatti a terra, svenuta dalla ferita riportata poco prima. D’altro canto, fra le loro fila, Gaius era sicuramente un mago potente, ma probabilmente i suoi poteri non erano sufficientemente sviluppati per potersi opporre alle due donne.

Arthur lasciò le mani di Mordred e lo guardò con tutta l’autorità che aveva, intimandogli di rimanere fermo dov’era.

Quindi si alzò, e si affiancò al suo Merlin, prendendogli la vita con un braccio. Il mago, che era ancora impegnato a repellere gli incantesimi che le due donne stavano lanciando verso tutti loro, ebbe un sussulto e si girò a guardare Arthur: per un istante non ci furono più incantesimi, maghe, ferite o devastazione, c’erano solo loro due. Gli occhi di Merlin erano leggermente lucidi, e bellissimi come sempre, quegli occhi che erano stati la sua guida e il suo ricordo più bello durante questa seconda vita. Il suo faro nella nebbia. Li fissò con intensità, sentendo che nei suoi si raccoglievano delle lacrime che Arthur cercò di ricacciare indietro, e gli sussurrò: “Insieme…”

Il tempo sembrò tornare al suo normale corso, e Merlin annuì solennemente prima di girarsi di nuovo verso le maghe.

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Quando Arthur gli aveva cinto la vita, pochi secondi prima, Merlin aveva sentito un sussulto attraversargli il corpo, come se improvvisamente la sua magia si fosse decuplicata, tanto che faceva quasi fatica a controllarla. Arthur era la sua forza, gli dava coraggio, ed era il motivo per cui stava combattendo, e la sua magia sembrava risuonargli dentro, amplificata dal contatto con il suo uomo e Re. Sembrava volergli esplodere nelle vene, e lui doveva DOVEVA farla uscire.

Così alzò lo sguardo verso Morgause, che continuava inutilmente a lanciargli incantesimi addosso, come se qualcosa potesse penetrare il suo scudo magico - ingenua strega… Con tutti i suoi anni e le sue macchinazioni, non aveva ancora capito che non poteva nulla contro Emrys, il mago di cui generazioni di bardi avevano narrato le gesta e la potenza. Per un istante Merlin si rese conto che era arrivato il momento per cui aveva vissuto tutti questi secoli, in attesa del compimento del suo destino, e questa consapevolezza lo rese calmo e gli diede l’ultimo briciolo di sicurezza di cui aveva bisogno per mettere fine a tutto.

Il potere che gli scorreva nelle vene era inebriante, incommensurabile e assoluto. Era come se la terra stessa stesse alimentando la sua magia, veicolata da Arthur e dal suo tocco caldo sul suo corpo. In quel momento erano uno, più di quanto lo fossero mai stati fino a quel momento, e Morgause dovette rendersi conto che qualcosa era cambiato, perché il suo sguardo era atterrito e reverenziale.

Merlin sorrise, trasfigurato nell’enormità del suo potere, e sussurrò una sola parola: “Basta!”, prima di lasciar finalmente uscire il flusso di magia pura e assoluta che aveva trattenuto fino a quel momento.

Con la coda dell’occhio vide Morgana che sgranava gli occhi, e poi un rapido movimento e…. le tre maghe sparirono.

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Ora capiva cosa volesse dire il potere. Morgana aveva guardato con ammirazione la trasfigurazione di Merlin - o meglio Emrys - nel momento in cui gli si era affiancato Arthur. Era assolutamente vero che quei due erano stati creati per stare insieme, perché l’enorme potere che già albergava in Merlin era stato amplificato dalla vicinanza di suo fratello. E lei in quel momento poteva solo invidiare che il loro destino si compisse così profondamente.

Nell’attimo successivo aveva fissato il mago, vedendo - o forse immaginando nella sua testa, attraverso la magia - tutte le sue facce, le sue incarnazioni: il giovane che aveva conosciuto tanti secoli fa, dall’aria innocente e un po’ sperduta; il mago più adulto che l’aveva uccisa, tutti quegli anni fa, con gli occhi velati di dolore per l’atto che stava compiendo. Il vecchio che aveva popolato i suoi incubi per tutta la sua precedente vita, in cui finalmente riconosceva colui che per anni era stato suo amico. Una donna anziana, a lei ignota, dai modi queruli e bizzarri.

Lo vide nella purezza del suo potere, e quello che scorse la spaventò: era un essere di luce incorrotta, in cui risuonavano tutti gli elementi della Terra. Sentì l’odore del mare e della terra smossa; il solletico della brezza in riva al mare; l’umidità della rugiada mattutina; il calore cocente del fuoco che ardeva nei falò. E per ultimo ebbe una breve visione di un luogo isolato e surreale, in cui l’essenza bianca e accecante di Emrys si affiancava a quella calda e dorata di Arthur, come se vivessero uniti su un’altra dimensione dell’esistenza nonostante tutto.

La visione di Morgana finì, e lei si rese lucidamente conto che non poteva nulla contro di lui, contro di loro uniti in quel modo. E quando si accorse che Merlin stava per sferrare il suo attacco, decise che l’unica via per sopravvivere era la fuga: prese la mano di Morgause, che a sua volta si abbassò ad afferrare il braccio di Nimueh svenuta, e Morgana usò ciò che le rimaneva delle sue forze - fiaccate dall’infruttuosa battaglia - per trasportare sé stessa e le sue compagne lontano.

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Quando Morgana aprì gli occhi rimase disorientata per qualche attimo, fino a rendersi conto che si trovava nel luogo che aveva sognato tempo fa, dove aveva incontrato la misteriosa creatura che le aveva consegnato quell’incomprensibile messaggio.

Si rese conto che ora riconosceva quel posto: si trovavano infatti subito fuori dal Tor di Glastonbury, la torre isolata nel mezzo della collina che si diceva fosse l’isola di Avalon di tanti secoli fa. La costruzione antica puntava verso l’alto, immersa nella nebbia che sembrava impregnare di mistero i dintorni, e Morgana si diresse all’interno della torre senza tetto, da cui filtrava la luce della luna. Morgause la seguì portando Nimueh in braccio.

Morgana si guardò intorno, e quello che vedeva si mischiò con la sua precedente visione, dove aveva intravisto la creatura e un altare con sopra una coppa d’acqua. Ma nella realtà in quella torre non c’era nulla, solo muri spogli e terra, e un raggio di luna che colpiva il centro del pavimento formando un perfetto cerchio iridescente. Era come se la invitasse, se la chiamasse, e così Morgana fece un passo e si trovò nel mezzo dell’area illuminata.

E improvvisamente si rese conto che c’era un motivo per cui era lì: ripetendo mentalmente le parole che le aveva insegnato la maga, si accorse che non erano altro che un incantesimo. Non sapeva cosa volesse dire, né che effetto avrebbe avuto, ma era certa che quello fosse il momento giusto per pronunciarlo. Guardò quindi Morgause, che rimaneva fuori dal cerchio luminoso, e vide che Nimueh era pallida ai suoi piedi, e che la vita la stava lasciando.

Disse, con aria solenne: “Mi dispiace, sorella; questa cosa devo farla da sola.”

E nonostante Morgause la guardasse sbigottita, Morgana le diede le spalle e chiuse gli occhi, isolandosi dall’ambiente circostante, pronta a declamare l’incantesimo.

La sua voce era ferma e sicura, e iniziò a ripetere le parole che le venivano in mente automaticamente nella lingua dell’antica religione:

Sholas na gealaí, mo dheirfiúr, soilse ar an mbealach … (Luce della luna, mia sorella, illumina la via…)

Ón an ceo de na huiscí naofa reborn (Dalla nebbia delle sacre acque rinasco)

Agus arís beidh mé a bheith chumhachtach agus neamhchlóite (E nuovamente sarò potente e indomita)

Oscail suas, nó cheo, agus lig dom dul (Apritevi, o nebbie, e lasciatemi passare)

Mar sin, beidh mé ag mend an créacht am (Così ch’io possa ricucire le ferite del tempo)

Agus ceart an éagóir a rinneadh. (E riparare il torto fatto.)

L’aria di fronte a Morgana iniziò a tremolare, come succede intorno a una fiamma accesa, per poi aprirsi letteralmente, formando davanti a lei una polla d’acqua sospesa all’altezza del suo viso, che lentamente si allargò fino quasi a toccare terra. Morgana la guardò incantata, ed allungò una mano esitante fino a toccarla. Era davvero acqua, e la donna se ne sentì attratta incontrollabilmente. Senza pensare nemmeno per un istante a sua sorella e a Nimueh, Morgana fece un passo ed entrò nella polla.

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Morgause vide sua sorella sparire attraverso l’acqua, e sconvolta cercò di seguirla, solo per venire respinta dalla superficie umida della polla. L’aveva perduta… cercò allora di ricordare le parole che Morgana aveva pronunciato, e le ripeté al meglio delle sue possibilità.

La polla, che fino a quel momento si era lentamente ristretta, smise di rimpicciolirsi, ma Morgause non riuscì comunque ad attraversare la soglia che l’avrebbe portata chissà dove. Pensò lucidamente che i suoi poteri non erano sufficienti per attivare il portale, e allora guardò Nimueh: forse con l’aiuto della maga avrebbe potuto aprire di nuovo il passaggio. Ma Nimueh era in fin di vita, ed era incosciente ormai fin dalla battaglia, quindi non avrebbe potuto aiutarla nemmeno se avesse voluto.

Ma forse… Morgause ricordò che durante gli anni del suo addestramento, aveva sentito di una leggenda per cui, alla morte di un mago per mano di un altro mago, se il giusto incantesimo veniva pronunciato i poteri della vittima sacrificale avrebbero amplificato temporaneamente quelli del carnefice. Ed in effetti così era stato quando, tutti quegli anni fa, Morgana aveva ucciso proprio lei, aprendo di conseguenza la strada agli spiriti dell’aldilà.

La donna quindi decise: la vita di Nimueh non l’avrebbe abbandonata invano. Anche lei avrebbe avuto il suo scopo nel misterioso disegno che si stava svolgendo davanti alla maga.

Morgause pronunciò un incantesimo, e nella sua mano si materializzò un pugnale finemente decorato. Lo afferrò fermamente, per poi trascinare il corpo inerme della sua compagna al centro del cerchio di luce lunare. Si abbassò fino a sfiorarle la fronte con le labbra, e sussurrò con voce a malapena udibile: “Grazie, amica mia. E scusami…”

Alzò il corpo e allargò le braccia, con le mani rivolte verso il cielo. Iniziò a recitare l’incantesimo con voce solenne, e pronunciando l’ultima frase, sollevò la mano destra che stringeva il pugnale e lo affondò al centro del petto di Nimueh.

Si sentì pervadere da una nuova forza, e seppe che aveva avuto successo: percepiva chiaramente che i poteri di Nimueh si erano sommati ai suoi. E per l’ennesima volta tentò di attraversare la polla d’acqua, questa volta sentendosi risucchiata attraverso la soglia magica.

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Merlin vide sparire le tre donne davanti ai suoi occhi, e l’incantesimo che aveva appena lanciato si scontrò con la parete di fronte a loro, mandandola in frantumi. Il buco che si era creato davanti a loro fece sì che il soffitto della stanza in cui si trovavano iniziasse a cedere, e crepe minacciose si aprirono al centro delle decorazioni che ornavano le pareti rimaste ancora in piedi. Calcinacci iniziarono a cadere su di loro, e i suoi compagni alzarono le mani spaventati per proteggersi dall’imminente e inevitabile crollo dell’intera mansione.

Ma Merlin allargò le braccia, dicendo semplicemente “NO!” e i frammenti di cemento che stavano per scagliarglisi addosso si fermarono a mezz’aria. Arthur, che non aveva mai abbandonato la sua presa su di lui, lo guardò, occhi sgranati e bocca socchiusa in un’espressione di genuino stupore: Merlin gli fece un timido sorriso, alzando leggermente le spalle, e disse: “Non lasciare la presa su di me.”

Arthur si ricompose e disse: “Mai…” e, come a sottolineare la sua ferma volontà di sostenerlo fino alla fine, strinse ancor di più la mano sul suo fianco, in un gesto allo stesso tempo incoraggiante e possessivo.

Merlin distolse lo sguardo dal suo Re, e si rivolse agli altri due uomini nella stanza, che lo guardavano con la stessa stupita espressione che fino a qualche secondo fa aveva avuto Arthur in volto: “Usciamo da qui, non potrò trattenere il crollo a lungo.”

Gaius aiutò Mordred ad alzarsi da terra, e gli mise un braccio attorno alla vita per sostenerlo, mentre lentamente uscivano dalla stanza. Il danno provocato dall’incantesimo di Merlin era stato ben più esteso di quello che aveva potuto inizialmente vedere: le stanze seguenti erano tutte in rovina, ma anche lì i poteri di Merlin stavano trattenendo i pezzi in aria, sostenendo con una magica forza frammenti di cemento e proteggendo, ancora per qualche breve istante, l’integrità strutturale della mansione.

Quando finalmente raggiunsero l’uscita, videro Gwaine e Percival che stavano venendo loro incontro, e non appena giunsero in giardino Merlin si accasciò a terra sfinito. Nell’istante in cui il mago cadde in ginocchio, un assordante rumore si udì alle loro spalle, e la mansione crollò in una valanga di polvere e cemento.

I due indietreggiarono atterriti, rendendosi conto di quanto era appena successo, e subito dopo Gwaine fu a fianco di Merlin, sul suo volto uno sguardo riverente e stupefatto. Arthur era già accanto al suo compagno, e lo stava aiutando a sdraiarsi, sostenendogli la testa con una mano e poggiandogliela sulle proprie gambe.

Merlin gli sorrise, guardandolo attraverso le palpebre appena socchiuse, e disse: “Grazie, Arthur. Senza di te non avrei mai potuto fare quello che ho fatto stasera.”

E poi l’oscurità lo prese.

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Arthur vide Merlin che perdeva i sensi, e iniziò ad urlargli di svegliarsi, ma Gaius scansò con decisione le sue mani che aleggiavano incerte sul corpo del mago, e le sostituì con le proprie.

Dopo qualche istante, alzò il viso sorridendo stancamente, e disse: “E’ solo sfinito. Ha bisogno di riposare. Ha fatto degli sforzi sovrumani questa sera…”

Il Re tirò un sospiro di sollievo e disse: “Allora portiamolo a casa.”

Si alzò in piedi, non lasciando mai la sua presa sul corpo del compagno, e quando Percival si offrì di portarlo al suo posto, Arthur fece cenno di no con la testa: gli aveva promesso che non lo avrebbe lasciato e così avrebbe fatto.

Misero Merlin sul pavimento del retro del van con cui erano arrivati, e la squadra si diresse velocemente a Palazzo Camelot. Al loro arrivo, Merlin fu portato in salone da Arthur, che lo sdraiò sul divano, coprendolo con un caldo plaid. Non si mosse mai dal suo fianco, e gli tenne la mano, fino a che un’ora dopo il mago si svegliò.

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Merlin aprì lentamente gli occhi, combattendo contro la spossatezza che lo pervadeva, e la prima cosa che il suo cervello registrò fu la mano di Arthur nella sua. Alzò allora lo sguardo e sorrise al suo compagno, il quale gli sorrise di rimando. Sentì provenire dalla zona della cucina le voci degli altri componenti del team, che stavano sussurrando - probabilmente per non disturbare il suo sonno. Fece per alzarsi ma le sue forze limitate non glie lo permisero, così tornò a cadere sui cuscini, troppo fiacco per reagire. Gaius dovette cogliere il movimento però, perché in un secondo fu al suo fianco, gli prese la mano che non era fra quelle di Arthur, e gli sorrise con affetto: “Emrys… mi inchino alla tua grandezza. Questa sera ho finalmente potuto vedere con i miei occhi di cosa sei capace, e sono onorato che tu sia sangue del mio sangue, ma soprattutto di poterti considerare mio amico.”

Merlin abbassò lo sguardo, e sorrise timidamente guardando le sue mani congiunte in uno strano incrocio con quelle delle persone che gli erano più care. Un attimo dopo, sentì una mano scompigliarli i capelli in un gesto d’affetto, e alzando la testa vide che si trattava di Gwaine. Gaius lasciò la sua mano facendogli cenno di attendere un attimo, e quella di Gwaine prese il suo posto, stringendo fra le dita le sue, e depositandogli un reverente bacio sulle nocche.

“Se potessi ti abbraccerei Merlin… Sei davvero un essere straordinario. Non ho parole per descrivere quanto io ti ammiri.”

Uno ad uno, tutti i componenti del team gli si avvicinarono per ringraziarlo, rendergli omaggio, e Merlin si sentì imbarazzato davanti a tutte quelle attenzioni, lui che non aveva quasi mai ricevuto ringraziamenti per tutta la sua precedente vita, e che era abituato alla solitudine e all’isolamento.

Gaius tornò accanto a lui, e gli porse un bicchiere con all’interno un liquido viscoso dal colore verde, che aveva davvero un aspetto orribile, ed un odore anche peggiore. Merlin scansò la testa schifato, ma Gaius insistette, dicendo che era una pozione che gli avrebbe ridato rapidamente le forze, e così Merlin chiuse gli occhi e ingoiò forzatamente quella cosa orribile. Effettivamente, una volta passata la nausea dovuta al sapore rivoltante, Merlin sentì che finalmente era di nuovo in grado di muoversi, e la sua magia - che fino a quel momento era rimasta silenziosamente dormiente nelle sue vene, riprendeva a fluire in lui, focalizzata dalla mano di Arthur che ancora stringeva la sua.

Si mise finalmente seduto, e chiese: “Ci sono tracce delle maghe?”

Gwen si fece aventi, sedendosi sulla poltrona accanto al divano, e rispose: “Nessuna. Stiamo cercandole, ma sono sparite senza lasciare alcun indizio di dove potrebbero essere. L’unico che potrebbe darci qualche indizio sei tu con la tua magia, ma ora sei troppo debole…”

Merlin cercò di concentrarsi per localizzare le tre donne, ma era veramente ancora troppo debole, nonostante la pozione che gli aveva dato Gaius, e rispose: “Ho bisogno di riposare ancora qualche ora. Appena ne sarò in grado, proverò a cercarle. L’importante è che per ora siamo tutti salvi.”

Improvvisamente ricordò che Mordred era ferito, e scattò in piedi chiedendo dove fosse.

Gli indicarono una delle tante camere della casa, e lui baciò la mano di Arthur ancora unita alla propria, in un silenzioso messaggio - doveva andare da solo, parlare con lui, e scusarsi per non essere riuscito a riprendere Morgana. E soprattutto doveva assicurargli che non avrebbe smesso di provare.

Arthur annuì e fece scivolare le dita fra quelle del mago, lasciandolo libero di andare dal ragazzo.

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Mordred era appena cosciente, quando sentì la porta che si aprì e richiuse. Girò la testa sul cuscino, combattendo contro il dolore che gli pervadeva il corpo, e vide che si trattava di Merlin, che si sedette sul suo letto delicatamente, e gli sorrise.

Lui voltò la testa dall’altra parte… si vergognava delle lacrime che gli cadevano ancora sulle guance, il suo orgoglio non gli permetteva di farsi vedere così vulnerabile.

Merlin non disse una parola, né cercò di attirare la sua attenzione. Mordred sentì il materasso abbassarsi leggermente, e poi le mani di Merlin sui suoi polsi. Istintivamente scattò all’indietro, liberandosi dalla presa del mago e quasi sibilando dal dolore: le ferite inflittegli da Morgause erano profonde e continuavano a dolergli, nonostante Gaius avesse insistito perché prendesse una pozione che doveva accelerare la sua guarigione.

Ma Merlin non si fece scoraggiare dal suo gesto di stizza, e circondò nuovamente i suoi polsi con le sue lunghe dita. Questa volta Mordred lo lasciò fare, e lo fissò mentre sussurrava un incantesimo che per un istante gli fece sentire un forte calore, e l’istante dopo gli diede improvviso sollievo. Il dolore era sparito.

Era incredulo: guardò i suoi polsi che Merlin aveva appena lasciato, e non c’era più nulla, nemmeno un segno o una cicatrice, dove prima c’erano carne viva e sangue.

Alzò lo sguardo e fissò il mago che aveva davanti, e sorridendogli timidamente disse solo: “Grazie, Emrys, per avermi guarito. E per tutto quello che hai fatto per me oggi. E per…. averci provato. Morgana ha scelto la sua strada, ormai non c’è più niente da fare per lei.” Le lacrime stavano tornando… Emrys aveva curato le ferite del suo corpo, ma quelle che più lo dilaniavano erano troppo profonde per essere guarite, ed erano conseguenza di tutto quello che era successo nelle ultime ore con sua sorella.

Merlin gli sorrise di rimando, ma poi si fece serio, e il suo sguardo si indurì. “No, Mordred. Non abbandonare la speranza. La troveremo e la salveremo, che lei lo voglia o no.”

Il mago gli porse la mano destra e lui, rinfrancato dal fatto che c’era ancora qualcuno che credeva nella sua missione, la strinse; ma Merlin la lasciò e spostò le dita fino a stringergli l’avambraccio nel saluto dei Cavalieri di Camelot, che lui, quasi incredulo, ricambiò.

E si rese conto di essere davvero tornato a casa.

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Merlin si chiuse dietro la porta sorridendo, per lasciar riposare Mordred. Il giovane ne aveva davvero passate di tutti i colori nelle ultime ore: dalla consapevolezza che sua sorella non voleva avere niente a che fare con lui, alla scoperta che la morte dei suoi genitori era stata causata da Morgause, alle ferite che la strega gli aveva causato, fino al vedere sua sorella sparire davanti ai suoi occhi. Aveva parlato un po’ con lui prima di lasciarlo, perché capisse che qui era benvenuto. Immaginava che il suo chiarimento con Arthur sarebbe stato difficile per entrambi, ma non era questo il momento per pensarci: avrebbero avuto tempo di parlare nei prossimi giorni, e Merlin avrebbe fatto del suo meglio per testimoniare in favore del giovane, di cui ormai aveva piena fiducia.

Si diresse stancamente verso il salone, per tornare dai suoi amici, ma trovò Arthur in corridoio che lo aspettava, poggiato al muro accanto alla porta della loro camera da letto. Lo guardò con gratitudine, e gli sentì dire: “So che sei stanco, così ho liquidato tutti e ho detto loro che parleremo domani. In fondo non c’è molto da dire… dobbiamo aspettare che tu sia abbastanza in forze per cercare di localizzare le fuggitive.”

Merlin si avvicinò al suo compagno, e gli prese una mano nella sua, avvicinandosi fino a sfiorargli le labbra. Arthur gli passò una mano nei capelli, facendola scivolare fino alla sua nuca, e continuò: “Hai fame? Posso andare a prepararti un sandwich…”

Il moro gli sfiorò la punta del naso con il suo, e rispose: “Non preoccuparti, la pozione di Gaius mi ha riempito lo stomaco e ridato molte delle forze che avevo speso in battaglia. Per non parlare che ho ancora il sapore nauseabondo di quella robaccia in bocca, e solo l’idea di mangiare… mi fa sentire male.”

Arthur rise e baciò lievemente le labbra del suo compagno: “Andiamo a metterti a letto allora. Ti rimboccherò le coperte come si fa ai bambini…”

“Sinceramente speravo che ti unissi a me sotto le coperte…” La mano libera di Merlin scese lungo la schiena del biondo, fino a fermarsi sulla sua natica.

Con una faccia oltraggiata e stupita - scherzosamente esagerata - Arthur disse: “Ma tu non eri stanco dall’aver fatto il super-stregone-onnipotente?”

“La pozione di Gaius ha fatto davvero miracoli… mi sento fresco come una rosa!” E sottolineò l’ultima frase con una strizzata del gluteo muscoloso del suo compagno, che in tutta risposta si incollò al suo corpo.

“Come rifiutare un’offerta simile, Emrys?”

Merlin rise, e disse: “Non chiamarmi così, ti prego. Mi fa sentire un vecchio mago barbuto! Ed è l’ultima delle mie incarnazioni a cui voglio pensare in questo momento!”

Le sue labbra finalmente si unirono a quelle del suo uomo, che aprì la porta della loro stanza, trascinando Merlin. Come furono entrambi dentro, Arthur richiuse la porta e spinse il moro all’indietro fino a che ebbe la schiena poggiata al legno. Immediatamente si inginocchiò davanti a lui, e prese a slacciargli la cintura.

Merlin, che era già eccitato - la pozione di Gaius era davvero miracolosa!! - passò le mani fra i capelli del suo Re, tirandoli leggermente fino a che il biondo alzò la testa e lo fissò con aria interrogativa. “Cosa c’è? A giudicare da quello che ho qui davanti, mi sembri d’accordo…”

Il moro rise: “Certo che sono d’accordo… è solo che mi fa strano vederti in ginocchio. Sei bellissimo…”

“Non posso che rendere omaggio al più potente degli stregoni, e quale modo migliore di questo?”

I jeans di Merlin erano ormai finiti a terra insieme ai suoi boxer, e quando la bocca di Arthur si chiuse avidamente sul suo membro eretto, lui chiuse gli occhi e poggiò la testa all’indietro sulla porta, provando un senso di felicità e sollievo all’essere ancora lì con il suo amato dopo tutto quello che era successo.

Dopo qualche secondo, smise di pensare, travolto dall’intensità del piacere.

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Morgana si trovò in acqua, e per un istante non riuscì a capire dove fosse l’alto e dove il basso. I polmoni iniziarono a bruciarle ed ebbe paura di affogare, fino a che intravvide la luce della luna e iniziò a nuotare più veloce che poteva verso la superficie.

Quando la raggiunse, prese degli enormi respiri per calmare la sua sete di ossigeno, e finalmente riuscì a guardarsi intorno. Si trovava al centro di un… lago? Cercò di orientarsi, girando su sé stessa per raccogliere informazioni, e quello che le apparve subito evidente fu che si trovava immersa nel lago di Avalon. Solo che la torre che troneggiava sulla collina non era un rudere, era intatta e magnifica, e il fatto stesso che ci fosse un lago, e non una valle, significava che qualcosa di grosso era successo. Morgana non riusciva nemmeno a sperare che fosse quello che immaginava.

A fatica raggiunse la riva, e invece di vedere la cittadina di Glastonbury, trovò radure e alberi. La sua speranza si cementava nel suo cuore, ed iniziò ad aggirarsi per i boschi in cerca di un’anima viva ed un cavallo.

I suoi abiti erano totalmente inappropriati a questo punto, così tolse le scarpe coi tacchi, sentendo la fredda umidità dell’erba sotto le piante dei piedi.

Il completo grigio che portava era fradicio, ovviamente, ma con un incantesimo lo fece asciugare. Almeno sarebbe stata al caldo.

Sentì dietro di sé un rumore, e si girò di scatto per vedere cosa lo avesse provocato: Morgause emerse da un cespuglio e le corse incontro.

“Sorella! come… come hai fatto a seguirmi?”

“Ho ripetuto il tuo incantesimo e sono riuscita a passare attraverso la polla…”

“Nimueh?”

Morgause abbassò il capo e con un’espressione solenne rispose: “Non ce l’ha fatta.”

Si abbracciarono strette per un istante, e Morgause chiese: “Dove siamo?”

“Credo che la domanda corretta sia: QUANDO siamo?”

La bionda sgranò gli occhi, e mentre Morgana ripeteva su sua sorella l’incantesimo con cui aveva asciugato i propri vestiti, disse: “Non…. non posso crederci! Siamo tornate indietro nel tempo?”

“L’esistenza del lago di Avalon mi ha fatto capire cosa fosse successo. Non sapevo a cosa andassi incontro quando ho pronunciato quell’incantesimo…. diciamo che mi è stato suggerito. Ma ha evidentemente funzionato!”

Quando Morgause la incalzò per saperne di più su come Morgana avesse ottenuto l’incantesimo che le aveva portate lì, la mora rispose che ne avrebbero parlato in seguito. “Quello che è indispensabile capire, adesso, è quando esattamente siamo arrivate. Credo che potremo avere la nostra risposta solamente dirigendoci a Camelot.”

Le due donne camminarono per ore, fino a che raggiunsero una fattoria. Trovarono dei modesti abiti stesi e li indossarono, abbandonando a terra le ultime vestigia del tempo da cui provenivano. Presero un cavallo dalla stalla, e si diressero al galoppo verso il castello, impazienti di sapere a cosa andassero incontro.

Poche parole furono dette, durante il loro viaggio: erano entrambe concentrate a raggiungere il prima possibile la loro destinazione. Quando infine arrivarono alle porte di Camelot, iniziavano ad intravvedersi oltre le colline le prime luci dell’alba. Videro che le bandiere che adornavano il castello erano ammainate a metà: chiaro segnale di lutto.

Morgana non poteva credere che tutto stesse andando nel verso giusto: se interpretava correttamente gli indizi che vedeva intorno a sé, erano arrivate dopo la morte di Arthur, e quindi il Regno era in subbuglio, e potenzialmente debole.

Si intrufolarono nella cittadella usando la magia, e riuscirono ad arrivare alle porte del castello. Dopo aver ucciso le guardie che proteggevano l’entrata, nel silenzio più totale le due donne navigarono sicure i corridoi fino a raggiungere la porta delle Stanze Reali.

Un semplice incantesimo sbloccò la serratura, e davanti a sé Morgana vide l’anticamera, con un tavolo sommerso da pergamene e libri, e più in là il letto.

Una figura solitaria lo occupava, immobile nel sonno: la Regina Guinevere giaceva in mezzo alle coperte, il viso segnato dalla fatica nonostante stesse dormendo. Era girata su un fianco, e i  lunghi capelli le incorniciavano il viso facendola somigliare ad un dipinto preraffaellita di Ofelia, che Morgana aveva visto in uno dei suoi libri d’arte.

Morgause si affiancò silenziosamente a sua sorella, e le fece scivolare in mano qualcosa: Morgana capì cosa doveva fare.

Coprì nel più assoluto silenzio gli ultimi passi che la separavano dal letto, e si inginocchiò sul materasso, accanto a quella che era stata sua amica, così tanto tempo fa.

Il movimento sembrò destare Gwen dal suo sonno, e nel momento in cui la Regina aprì gli occhi, Morgana sollevò la mano destra: i gioielli che ricoprivano l’impugnatura del pugnale brillarono alla luce della luna che filtrava attraverso le tende, quando la lama si conficcò nel petto di Guinevere.


Nota dell’autrice 2:

CORRETE a leggere l’epilogo… in questa nuova storia *chissà che vorrà dire… alza gli occhi in modo vago*:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2287036
  
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