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Autore: TheNaiker    19/11/2013    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 53: L'ultimo viaggio



Ibaraki, 1 Marzo 1984

L'albergo che avevano scelto per Rika e Kimiyoshi non era nulla di speciale, si trattava di un piccolo edificio costruito subito dopo la seconda guerra mondiale e dotato solo di una manciata di stanze di piccole dimensioni, ma perlomeno era confortevole al punto giusto. La camera che era stata loro assegnata aveva due letti morbidi e caldi che li invitavano al riposo; tuttavia, sebbene fosse già molto tardi, nessuno di loro sentiva il peso della stanchezza. Rika sapeva già che non sarebbe riuscita a dormire, quella notte, aveva una marea di cose che doveva assolutamente fare, la prima delle quali era telefonare a qualcuno ad Hinamizawa: all'inizio, aveva composto il numero di casa Maebara, e la madre di Keiichi rispondendo le disse di essere sollevata dal sapere che stava bene, anche perché sapeva che, solo poche ore prima, il figlio aveva fatto le valigie per andare ad Ibaraki, e solamente per trarre lei in salvo; la donna, come del resto anche il marito, era una persona comprensiva ed aveva dato volentieri il permesso al figlio di andare, ben sapendo come lui lo avesse fatto per una nobile causa.

Rika la ringraziò per quelle notizie e mentre riappendeva il ricevitore si mise a riflettere su quello che le era stato detto. Keiichi, e probabilmente anche qualcun altro, si trovava da qualche parte ad Ibaraki per trovarla... E questa ricerca era sicuramente coordinata. La base dei suoi amici non poteva che essere il Maniero, questo era poco ma sicuro, così fece una seconda telefonata, questa volta ai Sonozaki. Fu Shion a rispondere, e dopo averle chiesto come stava la ragazza pregò Rika di darle l'esatta ubicazione dell'hotel in cui soggiornavano. Avrebbe contattato Kasai e gli altri in modo che questi la raggiungessero in men che non si dica.

Non più di quindici minuti dopo, Kasai fu lì. Non appena giunti in quella grande città, l'uomo aveva affittato un nuovo furgone in maniera da rendere più comodi i loro spostamenti, e con esso aveva condotto tutti fino all'albergo, guidati da Shion che gli aveva mandato l'indirizzo tramite il suo cercapersone. Rika li attese all'entrata della struttura, e successivamente salirono subito su fino alla loro camera. Fatto ciò, Kasai scollegò il normale apparecchio telefonico fornito dall'albergo e lo sostituì con un altro, dall'aspetto massiccio e luccicante. Doveva essere nuovo di zecca.

“Che cos'è?” chiese Rika.

“Un vivavoce.” spiegò lui, conciso “Con questo affare potremo parlare tutti con quelli che stanno all'altro capo del telefono, e non solo chi tiene in mano la cornetta. Sarà come se fossimo tutti nella stessa stanza.”

Rika non ne aveva mai visto uno, ed il suo volto mostrò una certa sorpresa. In questo modo non erano solo due persone a comunicare per telefono, ma tutti avrebbero udito all'istante quello che dicevano dall'altra parte. Era molto meglio così, avrebbero sprecato meno tempo. Pertanto, all'istante chiamò di nuovo il Maniero, e questa volta fu Satoko a rispondere. Anche lei era ancora in piedi, e si trovava a casa dei Sonozaki in quanto Shion l'aveva informata di essere stata contattata dalla loro amica scomparsa, e quindi erano in attesa di altre novità da Ibaraki. Infatti, la loro compagna bionda fu estremamente contenta di risentire ancora la sua voce, ed a Rika ci volle un minuto buono per dirle di asciugarsi le lacrime e ripeterle che non poteva stare meglio, implorandola di non allagare il parquet del Maniero a furia di piangere.

Dopo di che, Rika venne a sapere che anche Shion, Hanyuu, Satoshi ed Akane erano nella stessa stanza dove c'era anche Satoko e che essi potevano comunicare tutti insieme con quelli ad Ibaraki; evidentemente pure loro stavano utilizzando un vivavoce. Inoltre, scoprì anche che tutti loro ormai sapevano del passato di Goemon e delle ragioni che lo stavano istigando alla vendetta, così loro poterono saltare a piè pari l'argomento e passarono a fare il punto della situazione.

Shion parlò per prima: “Allora, tu non puoi proprio venire a casa adesso, Rika-chan?”

“No, per ora no. Formalmente non mi stanno accusando di nulla, ma mi hanno detto che hanno bisogno di me per i prossimi due o tre giorni. Suppongo che vogliano comparare le diverse versioni dei fatti, fare delle analisi e roba del genere.”

“E queste analisi di 'sta ceppa non le possono fare ad Hinamizawa, o ad Okinomiya almeno?”

“In teoria potrebbero anche farlo, però condurre le varie operazioni ad Okinomiya sarebbe a dir poco scomodo per loro.” si intromise Keiichi “In quel caso sarebbero costretti a trasferire molti ufficiali fin là, senza contare la documentazione del caso e tutto l'equipaggiamento del caso, e poi dovrebbero ogni volta telefonare ai loro quartieri generali per fare rapporto ed informare i propri superiori delle novità. Dal loro punto di vista non c'è nessun motivo per fare una cosa simile...”

E Satoko aggiunse: “Non possiamo neppure dimenticare che loro non possono spostare Goemon-san dal carcere di Ibaraki, e se loro venissero qua ad Hinamizawa con Rika il paragone tra quello che diciamo noi e quello che dice lui sarebbe decisamente più problematico da condurre. Uhm... Loro non possono sapere che cosa stanno facendo veramente, ma per loro è molto più facile chiedere a Rika di stare là con loro, ed una volta che hanno avuto il permesso dai suoi tutori non c'era problema, legalmente parlando.”

In effetti... pensò Rika, Loro non sanno nulla della Sindrome, quindi non possono immaginare quello che vuol dire tenermi rinchiusa qui... Non posso certo prendermela con loro, ma non posso neanche dire loro la verità, è troppo assurda per essere creduta. Non mi crederebbero mai. Ed anche il povero Kimiyoshi, anche lui all'oscuro... Mi chiedo che cosa stia capendo davvero di questa riunione.

“Però forse” suggerì Rena “La polizia potrebbe riuscire a sbrigare tutto domani, e quindi ti lasceranno andare prima che sia troppo tardi? Potrebbe essere così? Potrebbe?”

“Sei troppo fiduciosa, Rena” replicò Shion, disillusa “In casi come questo ti dicono sempre Non abbiate timore, sarete liberi in due giorni, ma lo fanno solo per intenerirti ed infatti poi finisci col passare là con loro tre, quattro, cinque giorni, visto che chissà come mai sono spuntati fuori degli inconvenienti non previsti o delle novità che cambiano tutto... Pensare che Rika-chan possa andare a casa prima di quanto vi abbiano detto sarebbe da ingenuotti di prima categoria. Comunque” chiese poi “Da un punto di vista formale tu potresti tornare a casa quando vuoi, Rika-chan? Nel senso, non hai l'obbligo di dimora ad Ibaraki ventiquattr'ore al giorno, ho capito bene?”

“Penso che Shion-san abbia colto nel segno...” rispose Kasai, il quale era accanto alla finestra “Anche se temo che la stiano monitorando.”

“Huh?”

“Ci sono due agenti in borghese che ci stanno tenendo d'occhio. Li ho individuati mentre stavamo entrando, erano in un angolo nascosto della strada, piazzati in modo da essere quasi invisibili. Però il fatto che stessero mangiando dei panini li ha traditi, se lo fanno in auto è perché vogliono restare lì per un bel po'. Ad ogni modo non paiono avere brutte intenzioni, non sono pericolosi per la vostra incolumità.”

“Sì, anche Rena li ha visti. La loro è una macchina blu scuro.” La giovane dai capelli castani appoggiò le mani sulle ruote della sua sedia a rotelle e facendole ruotare si spinse in avanti verso la finestra, vicino allo stesso Kasai, osservando da lì la strada su cui si affacciava l'albergo. “Riesci a scorgerli da qui, Keiichi-Kun? Giusto a sinistra dell'ingresso, quella utilitaria a lato del lampione... I due uomini seduti dentro stanno fissando in continuazione questo piccolo hotel, e certamente si sono anche accorti che Kasai-san li ha scoperti. I poliziotti stanno facendo in modo che Rika-chan non possa fuggire via.”

“Vedo, vedo” commentò Keiichi “Quindi sanno che noi siamo con lei. Oh, beh, nulla di grave.”

“Nulla di grave? No, questo è MOLTO grave, invece!” gridò Kimiyoshi, che pur facendo fatica a seguire il filo del discorso non era d'accordo con il ragazzo “Hanno così poca fiducia in noi, adesso? Prima ci spediscono qui e poi hanno paura che ce la svigniamo? Mi sentiranno, gliela faccio passare io la voglia di trattarci come delle pezze!”

“Per favore calmatevi, Kimiyoshi-san. Quei due agenti potrebbero trovarsi qui anche per evitare che qualcuno faccia del male a Rika-chan, che la possa rapire... Per loro la nostra amica potrebbe essere anche un testimone che qualcuno potrebbe voler eliminare, e dunque...”

“Avrebbero dovuto chiederci l'autorizzazione prima, se era quello il caso! Per piacere aspettatemi, non ci vorrà molto. Lo faccio per voi... ma non solo per voi.”

“Che cosa intendete?”

“E' colpa mia se Mion-san giace in quel letto d'ospedale in quelle condizioni, alla fine. Sono il vero responsabile della morte di Oryou-sama, io non posso negare che il suo infarto sia stato causato da me, ed io so che Mion-san si è risentita non poco per questo. Forse nel suo cuore mi ha già perdonato senza dirmelo, un po' come sua nonna aveva perdonato gli Houjou tanto tempo fa, ma esattamente come Oryou-sama lei non lo ammetterà mai a meno che non sia io a fare il primo passo. Viste le circostanze, io e lei non abbiamo mai avuto tempo per mettere le cose in chiaro, e personalmente io avevo persino paura di farlo, pensavo che sarebbe stato un brutto colpo per il mio orgoglio. Ma ora ho capito che non avevo capito niente, e visto che adesso non posso fare nulla per Mion-san, allora il miglior modo per pagare pegno è dare una mano a voi e fare per voi quello che è nelle mie capacità. Non vi preoccupate, arrivo subito. Con permesso.”

E l'uomo usci dalla stanza d'albergo. Kimiyoshi-san è un brav'uomo, a conti fatti... In ogni caso, Rika non l'aveva mai visto comportarsi così impulsivamente, quello che era successo quel giorno doveva aver messo pure lui sotto stress. Ma il fatto che lui non si trovasse più in quella camera presentava anche qualche implicazione positiva, ora potevano parlare molto più tranquillamente della Sindrome e di tutto il resto. Perciò, Rika si sentì autorizzata ad informare i presenti di quello che Goemon le aveva rivelato sui suoi piani, e così Shion fece una proposta che il povero Kimiyoshi non avrebbe mai potuto capire: “Ragazzi, qui dobbiamo inventarci qualcosa. Perché non chiediamo il permesso di portare Rika-chan a casa durante la notte per poi riaccompagnarla ad Ibaraki la mattina dopo? Per la polizia sarebbe lo stesso, l'avrebbero comunque a loro disposizione, mentre per noi invece cambierebbe tutto...”

“Ma Shii-chan, il viaggio da Hinamizawa ad Ibaraki è bello lungo, non è uno scherzo. Anche se lasciassimo questo albergo immediatamente e riuscissimo ad eludere le guardie là fuori... Non saremmo a casa prima delle tre di notte...”

“E dopo un riposino breve potrebbe ripartire, tornando alla stazione di polizia giusto in tempo per il sorgere del sole. Lo so che andare avanti e indietro sul treno sarebbe parecchio stressante per una bambina piccola come Rika-chan, a portarla a spasso così non ci facciamo una gran figura, però sarebbe una questione di pochi giorni, e farla restare al villaggio anche solo per qualche minuto costituirebbe la nostra salvezza, visto che venendo tutte le notti il tempo passato dalla sua ultima ultima permanenza ad Hinamizawa sarebbe sempre meno di trentasei ore...”

“Ed allora tu la faresti rientrare nel villaggio ogni notte, per resettare questo conto alla rovescia...” Keiichi ci riflettè sopra “Come opzione può avere un senso, è ragionevole, ma temo che non andrebbe bene. Dal punto di vista dei poliziotti, la nostra sarebbe una richiesta assurda: andare ad Hinamizawa, restarci lì per un secondo e poi tornare indietro... Perchè una persona normale desidererebbe fare questo? A loro sembrerebbe che Rika-chan deve fare qualcosa di importantissimo ad Hinamizawa, qualcosa di collegato a questo caso, vista l'urgenza... Sarebbe sospetto, come se volessimo occultare delle prove, o nascondere qualcosa. Anzi, gli agenti potrebbero addirittura di bloccarla del tutto ad Ibaraki e trattenerla per qualche giorno in qualche altra struttura, per precauzione. Ed in quel caso sarebbe la nostra fine.”

“E per la stessa ragione” dedusse Satoko “Noi non possiamo farla ritornare a casa in segreto, come una ladra di notte. Se ci sono poliziotti lì, la scoprirebbero in un battito di ciglia, e saremmo obbligati a dare delle spiegazioni imbarazzanti, improponibili... E naturalmente è fuori questione cercare di neutralizzarli con una trappola od una imboscata, rischiereste solo di essere arrestati, faremmo solo il gioco di Goemon-san.”

“E' vero... Cavolo, il nostro villaggio non può neanche darci una mano, organizzare una marcia od una manifestazione sarebbe impossibile in così poco tempo, radunare tutte quelle persone fino ad Ibaraki sarebbe difficilissimo,considerando l'aspetto logistico.”

“Appunto, e poi sarebbe inutile. È stato proprio Goemon-san a spiegarmelo, nel momento in cui non mi stanno accusando di nessun crimine, non c'è nessuna motivazione per protestare. Nuocerebbe solo alla reputazione del nostro villaggio, senza ottenere nessun risultato utile.”

“E se provassimo con qualcos'altro... Shion-san non potrebbe usare il potere della famiglia Sonozaki, per indurli e restituircela?”

“Non può.” Akane corresse Satoko “Noi non siamo così forti da modificare quello che avviene lontano da Hinamizawa. Non siamo così grandi, temo.”

“Ed allora” propose Shion “Io suggerirei di usare un pretesto straordinario, qualcosa a cui non possono dire di no.”

“Un pretesto straordinario? Tipo cosa?” chiese Satoshi.

La ragazza dai capelli verdi ci pensò un attimo, e poi venne fuori con questo: “Beh... Potremmo adoperare... Il funerale di Ali-chan...”

“Scusa?”

Gli altri rimasero scossi da quell'idea inquietante. E la stessa Shion non potè fare a meno di tacere per un secondo, prima di chiarire: “Lo so che è macabro, ma è la nostra unica possibilità. Dopo tutto, è pur vero che non lo abbiamo ancora celebrato, gli eventi non ce l'hanno mai consentito. E Rika-chan è la sacerdotessa del tempio del villaggio, quindi sarebbe suo compito essere presente alla cerimonia per poterla officiare...”

“Rena pensa che sarebbe una mancanza di rispetto verso di lei, ed anche verso Gi-chan... Sarebbe cattivo, calpestare i sentimenti della loro famiglia... E comunque, non sarebbe una buona soluzione. Kimiyoshi-san ed il preside avevano già concesso il permesso di portarla qui, allora affermare che Rika deve fare marcia indietro perché c'è un funerale da celebrare suonerebbe strano e sospetto... Inoltre, una volta completato il rito, loro la riporterebbero ad Ibaraki e noi saremmo punto e da capo.”

“Avete... Ragione... Scusatemi se volevo usare Ali-chan per questa cosa, non volevo fare la cinica...”

“Non fartene una colpa, Shii-chan, ti possiamo comprendere. Però spiegatemi una cosa. Tutta questa sceneggiata sui Sonozaki, la Guerra delle Frane, il rapimento di Mii-chan e tutto il resto... Se Goemon-san voleva uccidere tutti gli abitanti del villaggio portandoti lontana da loro, non poteva direttamente dare l'ordine di sequestrarti evitando tutto questo sfacelo?”

Rika chiuse gli occhi. Lei sapeva che questo era solo un piano di emergenza, dovuto al fatto che la maledizione di Ouka non era riuscita nell'intento di ucciderla. Ma il punto era che lei non aveva mai rivelato agli altri dell'esistenza di quell'altro spirito e del sigillo energetico che le aveva piazzato nel cuore al fine di eliminarla. Da un lato, lei temeva di non essere creduta, uno spettro che viene dal passato e lancia incantesimi su di lei... Il loro villaggio era stracolmo di racconti simili, ma convincerli che questa era una storia vera era tutto un altro discorso... Per quanto l'estate prima i suoi amici avessero dato prova di fidarsi di lei quando si era trattato di sconfiggere la Yamainu.

Dall'altro lato, però, Rika non voleva neanche umiliare Hanyuu: per lei sarebbe stato mortificante far sapere al gruppo che la figlia della sua antenata era la vera responsabile di tutte le peripezie che loro avevano affrontato, e Rika voleva evitare di aprir bocca a riguardo, almeno finché non fosse stata obbligata dal contesto. Infatti, sin da quel giorno alla prefettura di Okinomiya loro sapeva di dover combattere contro un nemico; tuttavia, tra tutti i possibili antagonisti, lo spirito di un loro antenato era il più inatteso e sgradito. Non era un caso che Hanyuu fosse rimasta scioccata, quando avevano incontrato Ouka al Saiguden e l'avevano sentita dichiarare i suoi insani propositi. Non poteva credere a quello che sentiva, sua figlia era sempre stata una brava ragazza in vita, con lei condivideva il sogno di costruire una migliore Hinamizawa, una comunità dove non serviva il sacrificio di nessuno ma dove ognuno faceva la propria parte... Ed invece ora Ouka voleva estirpare il male da quella vallata nella maniera più tragica ed estrema. Per quale ragione era diventata così malvagia e vendicativa? Loro non riuscivano a capacitarsene. E così, Rika ed Hanyuu avevano preferito momentaneamente mantenere il segreto, renderlo pubblico avrebbe avuto l'effetto di rigirare il coltello nella piaga.

Però, stando così le cose, il momento di vuotare il sacco era finalmente giunto. I loro amici dovevano sapere tutto, ed anche se le due bambine erano ai capi opposti della linea telefonica, Rika poteva percepire che Hanyuu stava annuendo, per darle il coraggio di raccontare tutta la verità. La fanciulla dai capelli blu emise un lieve lamento, e poi disse tutto quello che c'era da dire.

Fortunatamente, anche se gli altri parvero indispettiti dalla sua iniziale reticenza, tutti mostrarono di capire come mai avesse agito con tale prudenza. Sapevano che la loro piccola amica aveva sempre odiato far preoccupare i suoi compagni: era come durante la guerra contro Takano, quando Rika aveva cercato di tenere nascosta la verità fino all'ultimo momento, affermando che quello che chiedeva loro era solo qualche spunto per il manga che stava disegnando ed ammettendo tutto solo quando non aveva potuto fare altrimenti.

“Eh eh, mi sa proprio che certe persone non cambiano mai...” esclamò Keiichi “C'è una parte di te che rimarrà sempre la stessa, a prescindere da quello che capita.”

“Mi spiace...”

“E basta con le scuse, è una cosa che vale per tutti, non solo per te. Tra l'altro... Non mi ricordo chi era stato... Ma una volta mi hanno detto che le persone non devono necessariamente sapere tutto dei propri amici, per poterli considerare tali.”

“Credi che sia così?”

“Sicuro! Nessuno ha bisogno di «amici» che pretendono di scoprire ogni dettaglio della nostra vita, sarebbe un sintomo di scarsa fiducia in noi... Ma se queste persone pensassero che non siamo affidabili, che razza di amici sarebbero?”

“Anche io devo averlo sentito da qualche parte, questo adagio.” aggiunse Satoko “Mi chiedo chi ne sia l'autore, non mi sembra d'averlo letto su un libro...”

“Hauuu, Rena non l'ha mai sentito! Perché Rena è sempre così scalognata? Perché?”

Non stavano discutendo se il racconto di Rika fosse vero o falso, stavano parlando di altro... Avevano subito accettato quello che la loro compagna aveva detto loro, lo consideravano reale senza metterlo neppure in dubbio. I suoi cari vecchi amici si erano fidati di lei, e Rika fu enormemente lieta di capire che era così.

“Insomma” concluse Keiichi, riprendendo il filo del discorso “Ora si spiegano quintalate di roba... Il piano di Goemon-san ha tutta l'aria di essere una scelta di ripiego, un'opzione da usare solo nel caso che Rika-chan non ci avesse lasciato prima... E per di più, capisco anche perché ha messo in pratica questo tranello così di fretta... Lui aveva pochi giorni per compiere la sua vendetta, prima che fosse troppo tardi.”

“Davvero?”

“Già, deve essere così” Satoko prosegui “E scommetto che Goemon-san non ti ha rivelato questo piccolo, scomodo particolar.”

“Oh... Avete ragione.”

“Ovviamente, Rika-chan. Stasera, alla centrale di polizia, lui voleva spaventarti, ma questa parte della favoletta avrebbe generato l'effetto opposto. Ma la verità è che quell'uomo ha usato la crociata della moglie come scusa, come paravento per coprire il suo vero intrigo, ci sei? Però, visto che l'incontro decisivo tra i membri del clan Sonozaki è stato programmato per il cinque di questo mese, dopo questa data la faida sarà comunque giunta al suo termine, qualunque sia l'esito, e quindi lui sarebbe costretto ad agire allo scoperto. Megumi-san è molto più dura di comprendonio di Keiichi-san, ma anche lei scoprirebbe subito le magagne del marito se lui continuasse a cospirare dopo la fine della sua guerra personale: in un battibaleno Goemon-san si ritroverebbe senza alleati né amici, con una probabilità pressoché nulla di vincere. Anzi, io leverei dalla frase pure il «pressoché».”

“Ah, Rena ci è arrivata. Se lui è così di fretta allora il suo ultimo inganno avrà presumibilmente delle crepe, dei difetti, e noi dobbiamo trovarle per mandare tutto per aria. Ha ragione Rena, ha ragione?”

“Certo che ce l'hai!” rispose enfatico Keiichi “Possiamo vincere, possiamo farcela.”

“Ma quale sarebbe il punto debole di questo suo piano?” chiese Shion.

“Uhmm... E' qui che viene il bello... Temo che ci sia una sola maniera per venirne a capo.”

“Che sarebbe?”

“Dimostrare che Rika-chan è completamente estranea a questi fatti, con delle prove schiaccianti che facciano capire a quegli zucconi che le loro verifiche non sono necessarie, in modo da avere il permesso ufficiale per riportarla a casa immediatamente.”

“In sostanza, una cosa assolutamente legale... OK, io non ho nulla in contrario, ma come facciamo in una sola giornata? C'è qualcuno che ha un lampo di genio, qui?”

“Dobbiamo scambiare due paroline con il capo delle indagini, secondo me i suoi subordinati non oserebbero mai lasciarla andare senza la sua autorizzazione. Quei pusillanimi di ufficiali senza fegato né attributi si barricherebbero dietro frasi idiote come Io non ho l'autorità per fare questo, Sto solo eseguendo a degli ordini, E' il mio dovere, Non posso assumermi la responsabilità... Blah, blah, blah, ciucia lì, ciucia là... E' molto meglio andare dritti al nocciolo del problema, ed avere a che fare a chi ha dato il comando di condurre Rika-chan ad Ibaraki. Sapete chi è il boss di turno, in questo caso?”

“Come posso dirvelo...” sussurrò Rika “Glielo abbiamo chiesto, mentre eravamo ancora nei loro quartieri generali. O meglio, lo ha fatto Kimiyoshi-san, io avevo la testa tra le nuvole, ero chiusa coi miei pensieri... E gli hanno risposto che il capo responsabile dell'inchiesta è... niente di meno che il Questore di Ibaraki in carne ed ossa.”

“Wow! Non esattamente un tizio qualunque...”

“Il caso di Seohara-san ha avuto una grande risonanza anche in una metropoli vasta come questa, si parla pur sempre della morte di quattro adolescenti, pertanto c'è stato un notevole dispiegamento di forze da parte loro, ed il loro superiore ha preso direttamente le redini delle indagini. Sapete, lo chiamano anche «Il Commissario», perché prima faceva quello di mestiere...”

“Ed alla faccia di tutte queste risorse siamo stati noi a risolvere questo giallo, svelando la verità... Mah, che vadano alla malora. Rika-chan, hai già parlato con questo signore? Sarebbe carino sapere che tipo di persona è, per decidere quale strategia seguire.”

“No, purtroppo la mia buona stella è andata a farsi una vacanza. Ci hanno ripetuto più volte che era assente, e che non sarebbe ritornato ad Ibaraki prima di domani sera.”

“Questa sì che è sfortuna.” commentò Shion “Ma siamo certi che questa non sia una frottola inventata su due piedi per tenerci lontani da lui? Non vorrei che questo commissario-barra-questore appartenga a quella categoria di persone che odia dare spiegazioni e pensa di essere un essere superiore a chiunque altro, tipo un semidio.”

Ma sua madre la rimproverò: “No, stavano dicendo la verità. Oggi anche il prefetto di Okinomiya era stato convocato a Tokyo per un raduno tra pubblici ufficiali, ed anche lui rincaserà solo domani.”

“Quindi il gran capoccia delle forze dell'ordine di Ibaraki sarà raggiungibile solo domani sera... Ma quindi mi viene da pensare che domani starà a casa tutta la serata, per tornare al lavoro solo il giorno dopo... Per noi sarà troppo tardi!”

“Forse no.” Rika diede a Shion un lumicino di speranza “Io avevo la testa ad altro mentre Kimiyoshi chiedeva dove era questo fantomatico commissario, ma mi ricordo che gli avevano dato un piccolo foglietto di carte, glielo avevano consegnato come risposta a quella domanda. Immagino che sia qualcosa che lo riguardi...” La bambina si alzò in piedi e frugò nelle tasche del cappotto di Kimiyoshi, adagiato sopra il letto.

“Eccolo qui.” esclamò lei, quando rinvenne il pezzo di carta.

Keiichi lo lesse mentre Rika lo teneva in mano “Uhm... Ha tutta l'aria di essere un volantino su di una festa in cui hanno invitato personalità ed autorità di ogni ordine e grado.”

“Nulla di più facile che il capo della polizia sia presente a quell'evento. Dove e quando...”

“Domani alle nove in punto, alla Grande Sala delle Conferenze della città. Vuoi davvero partecipare a quel gran gala, Kei-chan?”

“E' la nostra sola chance per illustrargli la nostra causa, ho paura... Considerando i nostri vincoli di tempo, Rika-chan deve andar via da Ibaraki prima della mezzanotte di domani, altrimenti sarà una tragedia. Anzi, dobbiamo chiedere anche a qualcuno di controllare quando parte l'ultimo treno della serata... Ad ogni modo, il problema più urgente è trovare la maniera di intrufolarsi in questa festa per incontrare quell'uomo. L'ingresso non sarà certo libero.

"Oh, Maebara-kun..." sospirò Akane “Un minuto fa tu stavi sopravvalutando la nostra famiglia, adesso fai l'opposto. I Sonozaki potrebbero non essere forti a sufficienza per mutare il corso della legge ad Ibaraki, però abbiamo un nome abbastanza famoso per ricevere degli inviti per domani sera, specialmente se non è uno di quei party riservati a pochi intimi. E direi proprio che non è questo il caso, non distribuirebbero volantini a destra e manca altrimenti.”

“Allora? Potete garantirci che saremo tutti alla festa, domani?”

“Certamente. Lasciate fare a me ed a mio marito, non ve ne pentirete.”

“Eccellente. Non sarà cortese da parte nostra disturbano un evento mondano piacevole come quello, ma è letteralmente una questione di vita o di morte. Comunque, dovremmo indossare perlomeno il nostro abito più formale ed elegante, non possiamo certo entrare alla festa con i vestiti che abbiamo addosso adesso.”

“Giusto. Manderemo qualcuno a portarveli. Avviseremo i vostri genitori di quelle che sono le vostre intenzioni, saranno loro a preparare i vostri bagagli.”

“Ops...” fece notare Satoko “In quanto a me ed a Nii-Nii, non sono sicura di avere vestiti adatti...”

“Oh, se è per quello... Me ne occuperò io.” Shion la confortò “In casa ci sono dozzine di armadi con abiti che non usiamo mai, troveremo qualcosa di comodo per voi, sarete dei figurini. Oppure, se preferite, possiamo chiedere a Irie-sensei: ci metto la mano sul fuoco, sarebbe felice di prestarvi quell'uniforme cosplay da infermierina che ha acquistato qualche tempo fa, sareste l'attrazione della serata...”

“Oh buon Dio, vi prego, no! Sono stanca di sottostare alle torture di quel pervertito!”

A quell'esclamazione, gli altri risero di gusto, ed un sorriso apparve anche sul viso di Rika, udendo come i suoi amici stessero cercando di tirarsi su di morale l'un l'altro.

“Bene, è tutto deciso!” concluse Keiichi, sfruttando quel momento di sollievo per dare la carica “Domani accompagneremo Rika-chan alla centrale, visto che immagino dovrà stare lì tutto il giorno o quasi. E già che ci siamo cercheremo di convincere i sottoposti del commissario che tenerla lì è un errore madornale; temo che sarà solo fiato sprecato però non voglio lasciare intentata alcuna strada. Quindi, la sera saremo tutti alla Sala delle Conferenze, e questa volta dovranno starci a sentire, con le buone o con le cattive!”

“Chi sarà quello che porterà le valigie?” chiese Rena.

“Uhmm... In realtà stavo pensando che faremmo meglio a venire tutti ad Ibaraki con voi. Anche Megumi-san si trova laggiù, è lampante che stanno concentrando là tutti i loro sforzi, e non qua ad Hinamizawa. Se stanno preparando qualcosa, lo stanno facendo in quella città.”

“Ne sei convinta, Shii-chan?”

“All'incirca. Per distruggere l'intera popolazione di Hinamizawa velocemente e senza lasciare tracce, le uniche maniere sono togliere la vita a Rika-chan oppure tenerla lontana dal suo villaggio, ed in entrambi i casi dovrebbero entrare in azione ad Ibaraki, visto che lei ora si trova là. Sarei scettica sul fatto che questo possa essere un diversivo, abbiamo già concluso che Goemon-san non ha avuto molto tempo per pensare a qualcosa di troppo articolato. Va da sé che non possa esserne completamente certa, non gli posso mica entrare in testa a quello, però è un rischio che vale la pena correre a mio parere, più persone siamo ad Ibaraki meglio è.”

“In parole povere... Avete intenzione di venire qui anche voi?”

“Non dovremmo, Kei-chan? Non possiamo starcene con le mani in mano e lasciarvi nell'occhio del ciclone!”

È bello vedere come resistiamo e stiamo ancora uniti e forti, nonostante tutto, pensò Rika. Anche in questo momento, ardiamo tutti dal desiderio di soccorrerci...

Ma era davvero così? Quel desiderio lo provavano veramente tutti? Un dubbio le era sorto in mente, e questo le ricordava quello su cui aveva riflettuto in precedenza. Magari Goemon-san aveva calcolato tutto, e questa volta non potevano permettersi alcun errore... Non potevano concedersi il lusso di lasciare qualcuno da solo, neanche per sbaglio, i risultati si erano visti nei giorni scorsi. Pertanto, chiese ad un tratto: “Saremo tutti qui ad Ibaraki, allora?”

“Sì, Rika-chan. È quello che ti abbiamo appena detto.”

“Nessuno escluso? Neppure Gi-chan?”

La domanda piombò come un fulmine a ciel sereno. Shion non rispose, e Rena disse: “Perchè stai chiedendo di lui, Rika-chan?”

“Perchè non si trova con gli altri al Maniero, almeno non ho ancora sentito la sua voce. Lui è rimasto alla Clinica, dico bene?”

“Io... credo di sì.” rispose Satoko.

Il pensiero di Rika volò indietro ai fatti dei giorni precedenti. Io posso immaginare come si sta sentendo adesso... Sono sicura che abbia passato tutto il tempo al capezzale di Mii-chan, tenendo la mano della sua amica nelle sue per riscaldarla... E' ancora arrabbiato con se stesso per quello che le ha fatto, non si è ancora perdonato... Ma io non voglio che lui scivoli nella disperazione e nella rassegnazione, non ne verrebbe più fuori. Io un'altra Takano non la voglio... Gi-chan deve capire che c'è qualcuno che si prende cura di lui, indipendentemente da tutto.

Così, la bimba dagli occhi blu propose infine: “E' necessario che anche lui ci raggiunga qui. Potremmo aver bisogno di una testa in più.”

“Non ho nulla in contrario.” ribattè Shion “E non credo che Irie-sensei si opporrà alla richiesta, fisicamente lui sta bene. Io però mi domando se Gi-chan sarà d'accordo. Temo che non andrà al settimo cielo, all'idea di andare via dall'Istituto... Già di suo è un tipo complicato da entusiasmare, se poi aggiungi il suo stato d'animo attuale...”

Sia ad Ibaraki che ad Hinamizawa, le persone presenti cominciarono a guardarsi negli occhi con un senso di smarrimento. Ora che sua sorella Alice non era più con lui, l'unica che forse era in grado di convincerlo a raccogliere il poco coraggio che gli era rimasto stava riposando in pace accanto a lui, e gli altri non avevano la più pallida idea di come fare per sradicarlo da quella stanza d'ospedale. L'immagine lì demoralizzò, cominciarono a temere che il destino riservato a quei due ragazzi sarebbe presto divenuto anche il loro... L'intero gruppo stava perdendo ogni briciola di determinazione, pareva che non fosse possibile modificare il loro tragico fato che si stagliava all'orizzonte. Tutti potevano ascoltare distintamente i passi della loro fine che si approssimava alle loro spalle...

“No, col cavolo che lo accetto!”

Un grido potente riempì improvvisamente l'aria della stanza dell'albergo, tanto quanto quella della sala del Maniero.

Gli altri si guardarono a vicenda, colti di sorpresa da quelle parole. Chi le aveva pronunciate?

Era stato Keiichi. Era stato Keiichi, che poi continuò urlando: “Quello lì verrà con noi, se è questo che vuoi! Non ti preoccupare del modo di persuaderlo, di quello me ne occupo io!”

“Sul serio?”

“Sul serio. E siccome sono deciso a fare tutto quello che posso, adesso, nessuna cosa o persona di questo dannato pianeta riuscirà a fermarmi, chiaro?

“Ma...”

“Ma un corno! Io non intendo starmene in disparte a girarmi i pollici mentre questa storia va avanti! Non potrei manco morire in pace, sapendo che non ho fatto nulla per cambiare il mio destino! Io non posso convivere con questa sensazione, non sarei più capace di guardarmi allo specchio! E dunque, se voi volete stare qui e continuare a piagnucolare, fate pure come volete, ma poi non lamentatevi se vi capita qualcosa di brutto! Allora, chi è con me?”

“Ke...”

“IO NON VOGLIO SENTIRE DOMANDE, ORA, VOGLIO SENTIRE RISPOSTE! CHI È CON ME, HO DETTO?”

Gli altri non credevano a quello che udivano, una tale dichiarazione di forza, così assurda dato il contesto... Ma, grazie ad essa, ognuno sentì un nuovo fuoco ardere nei loro cuori. Lo sapevano, avevano tutti capito che Keiichi non si stava arrendendo, sarebbe stato il loro comandante, anche oggi, anche quel giorno, anche se erano lontani da tutti gli altri loro compagni di lotta, dalla loro Hinamizawa... Quel ragazzo sarebbe stato in grado di far sorgere dal nulla un nuovo miracolo, potevano annusare nell'aria che era così, e perciò lui li avrebbe condotti alla vittoria. Scuotendoli con quel grido di guerra, Keiichi li aveva infettati con quel nuovo, bruciante entusiasmo.

Lui non avrebbe mai capitolato di fronte al suo fato. In tutto questo tempo, sin dall'inizio di quella storia, lui non era mai stato capace di aiutare davvero chi si era trovato in difficoltà, si era sempre sentito in balia degli eventi, correndo qua e là forsennato per evitare l'inevitabile, né più né meno degli altri. Perlomeno, questo era quello che lui stava pensando adesso di se stesso. Ma ora non ne poteva più di continuare per questa strada, ora avrebbe smesso di essere mosso dal destino come una marionetta, ed avrebbe cominciato a reagire di conseguenza, influenzando a sua volta il destino stesso e tutti quelli che erano intorno a lui, amici o nemici che fossero. Avrebbe guardato il futuro negli occhi, ed avrebbe fatto capire anche alla Provvidenza chi era che comandava lì. E tutti questi sentimenti si erano mescolati insieme, miscelandosi e formando quell'urlo sconquassante che aveva risvegliato ogni anima del gruppo dal torpore in cui erano affondati. Quello era il loro caro vecchio Keiichi, sempre pronto a trascinarli, ad animarli, ad incitarli a non cedere, ed infatti Rena lo ringraziò di cuore per quel grido di orgoglio.

“Mi piace che tu non ti sia arreso, saremo tutti con te, Keiichi-kun. Ma cosa hai in mente di fare, nello specifico? Il tempo delle visite alla Clinica sarà certamente finito, ormai è già notte, e nella stanza in cui hanno ricoverato Mii-chan non c'è nessun telefono, hanno solo un cercapersone e con quello non si può mandare dei lunghi messaggi con cui dar forza. Tu poi sei ad Ibaraki adesso, Keiichi-kun, e non puoi parlargli di persona.”

“Troverò un modo. Il fatto che l'orario delle visite sia scaduto non è grave, basta che la Clinica sia ancora aperta, Irie-sensei capirà. Qualcuno sa se è possibile entrarci adesso?”

“Sì, sì, si può ancora farlo.” Satoko lo riassicurò “Le porte principali della struttura dovrebbero essere già state chiuse, a dire il vero, ma Gi-chan ha ricevuto una copia delle chiavi, ed anche se lui non volesse aprire io ne ho un doppione. Andare da lui è facile, consideralo già fatto.”

“Ottimo. Le cose devono cambiare, qui, ne ho fin sopra i capelli di guardarmi le spalle e mettermi sempre e solo sulla difensiva. È il nostro turno di attaccare, e Megumi-san e Goemon-san impareranno presto quanto noi siamo brillanti nel farlo!”

“Lo spero anch'io!” esclamò Rena “Domani vedranno tutti di che pasta siamo fatti...”

“Già, sicuro!”

“Si pentiranno di averci sfidati, li rimanderemo a casa con la coda tra le gambe!”

“Se siete così decisi, allora sono con voi...”

Rika sorrise, si era levata un peso non indifferente. Per l'ennesima volta, Keiichi era riuscito nell'impresa di permettere ai suoi amici di superare quel momento di rassegnazione, ed ora li aveva di nuovo preparati alla lotta. Kimiyoshi, non appena fosse tornato dal piano inferiore, sarebbe stato messo al corrente del loro piano di battaglia, e senz'ombra di dubbio avrebbe dato loro tutta l'assistenza di cui era capace... Questo perché, nel giorno che stava per iniziare, tutto sarebbe stato sistemato, tutto sarebbe stato deciso, e Rika avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di ogni singolo membro del club in mezzo a cui era cresciuta. Ogni singolo membro, senza alcuna eccezione.

~-~-~-~-~

Come Shion aveva immaginato, Giancarlo era ancora immerso nell'oscurità, nel buio del seminterrato della Clinica. Silenzioso, immobile, stava passando la notte insonne vegliando sulla ragazza davanti a lui, come un triste e derelitto angelo custode. Non era necessario per lui guardarsi intorno o parlare, non gli serviva: del resto pensava di essere da solo in quell'edificio, soprattutto a quell'ora della giornata. Dunque, rimase vivamente sorpreso e spaventato, quando udì cigolare una porta. Era quella che conduceva dal piano terra dell'edificio fino appunto al seminterrato, quindi evidentemente qualcuno stava sopraggiungendo...

“Chi va là?” cercò di chiedere ad alta voce senza però ottenere l'effetto desiderato, visto che il fiato gli si era strozzato in gola e le sue parole erano suonate tutto tranne che perentorie.

“Sono solo io. Ti ho fatto venire i brividi?”

Una ragazza che sogghignava davanti a lui.

“Shii-chan, non è il tempo di scherzare...”

“Io in verità pensavo che lo fosse. Ogni tanto tu fai troppo il serio.”

Il ragazzo sospirò, indispettito: “Basta con queste burle da cretini, per piacere, non sono dell'umore giusto. Perché sei venuta qui, invece? È già mezzanotte.”

“Volevo informarti che stiamo tutti partendo per Ibaraki, per togliere d'impaccio Rika-chan. Ci faresti un favore se venissi anche tu, tua sorella Flavia è già a casa tua a prepararti la valigia con suo marito. Ti farò un ragguaglio con tutti i particolari mentre torniamo indietro.”

“Io non ho voglia di andarci.” troncò lui il discorso.

“Lo presupponevo. Preferiresti restare qui fermo con Onee, magari?”

Lui tenne la bocca chiusa, e Shion si sedette allora in fondo al letto della paziente.

“Gi-chan” disse lei teneramente, fissando il volto di Mion apparentemente sereno “Non fare storie, ti prego. Pensi di essere il solo che sta soffrendo per quello che sta succedendo a lei? È anche mia sorella, non te lo dimenticare.

“Io... Non sto dicendo questo... Non voglio negarlo...”

“E nonostante questo puoi vedere che io sto cercando di essere fiera ed andare avanti insieme ai miei amici. Perché tu non dovresti fare altrettanto, allora?”

“Perché... Perché... Perché...”

“Perché cosa?” lei lo pressò.

“Perché... E' diverso... Io non voglio... Fare del male a qualcuno, se facessi qualcosa, qualsiasi cosa, rischierei di...”

Shion lo guardò: “Questo era precisamente quello che Kei-chan pensava che tu avresti detto... Lo sai?”

“No...” Giancarlo osservava solo il pavimento, adesso.

“Ecco perché ci ha dettato questo per telefono.”

Gli porse un foglio di carta.

“Lui si trova ad Ibaraki, al momento, quindi non poteva parlarti di persona, ma anche se l'avessimo potuto non l'avremmo fatto. Ormai ti conosciamo, sappiamo che tu odi parlare od ascoltare lunghi discorsi o arringhe piene di roba retorica. Però sappiamo anche che ami i libri e leggere in generali, quindi ecco qua. Piglia e divora queste poche righe, sono certa che ti aiuteranno.”

Lui ebbe un'esitazione, ma poi obbedì. A tutti gli effetti quel testo era composto da solo cinque o sei righe senza premesse e senza fronzoli, scritte nel consueto stile giapponese. Tanto valeva far contenta Shion, ci voleva poco.

Il messaggio era il seguente:


 

Giancarlo, ascolta.

Noi non possiamo prometterti che vinceremo senza il minimo dubbio. Questo dipende da noi, da te, ma anche da altri fattori che solo Oyashiro-sama conosce. Quello che posso prometterti, però, è che se tu sarai dalla nostra parte allora ti sentirai meglio. Se anche combattessi per poi perdere, la tua anima farebbe pace con la tua coscienza, in quanto tu saresti cosciente di aver fatto quello che era nei tuoi mezzi. Figurati come ti sentiresti in caso di vittoria...

Non te ne pentiresti, e ti garantisco che sarebbe molto più semplice poi scusarsi con Mion, una volta che quella si alza dal suo letto. Ti saresti già sdebitato.

Quali sono le nostre percentuali di vittoria, al momento? Vai a saperlo? Forse è qualcosa di vicino allo zero, o forse è quasi il cento per cento. Però siamo tutti d'accordo che con te sarebbero un poco più alte di quanto non siano adesso. Non vorrai abbassare le nostre probabilità di sopravvivere, spero.

Il nostro treno parte da Okinomiya alle due di stanotte. Scegli se venire con noi o meno. Ti aspetteremo.

Keiichi.


 

“Non avrei mai immaginato che Kei-chan potesse scrivere cose simili.” commentò Giancarlo, quando ebbe terminato la lettura “Lui non era mica quello dalla volontà di ferro in grado di capovolgere perfino il flusso del destino? A vedere quello che vi ha dettato invece sembra quasi appoggiarsi a quello che il fato ha in serbo per noi. In pratica sta dicendo «Tu vieni, poi incrociamo le dita»...”

Shion replicò: “Gi-chan, leggi con più attenzione. Noi non abbiamo scritto quello in cui crediamo noi. Abbiamo scritto quello in cui credi tu. Tu non hai mai avuto completa fiducia in te, e forse tu sei effettivamente troppo debole per stravolgere le carte in tavola... Ma puoi sempre modificare un pochino il futuro delle persone che ti circondano. Dare il tuo contributo, intendo. Non è molto, lo so, ma è qualcosa che è nelle tue possibilità, ed è qualcosa che può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Comunque, adesso gira il foglio.”

Lui lo fece e guardò l'altra pagina del pezzo di carta. Lì, poteva leggere le firme di tutti i membri del club.

“Come mai questa trovata?” chiese.

“Giusto un simbolo di come ognuno sia in attesa del tuo ritorno.” spiegò Shion “Ti piace?”

“Sì, ma...”

“Ma? La pianti di continuare a criticare e fare il difficile?”

“No, non volevo, più che altro c'era una cosa che mi sembrava strana... Qui c'è anche la firma di Kei-chan, e quella di Rena-chan, e quelle di Rika-chan e Daijiro-kun... Non dovrebbero stare tutti ad Ibaraki, adesso? Come hanno fatto a mettere qui il loro autografo?”

“Eh eh eh...” tossì lei “Tecnicamente questi sono dei falsi... Ma è come se fossero autentici. Avrebbero firmato più che volentieri se fossero stati qui, lo sai bene.”

“Sì... Forse...”

“E qui c'è un altro nome che potresti avere piacere a leggere. Dai un'occhiata all'angolo in basso a destra.”

Giancarlo diresse lì lo sguardo, e spalancò gli occhi, commentando lentamente: “Questa è... La firma di Mii-chan...”

“Certo che lo è. Ovviamente non l'ha fatta lei di persona, l'ho scritta io di mio pugno in sua vece, non è la prima volta che mi capita se devo essere sincera. Ma Onee avrebbe fatto lo stesso se avesse potuto.”

“Quindi, secondo voi, lei sarebbe d'accordo con... con voi... In fin dei conti, questa firma... Assomiglia così tanto a quelle che faceva di solito, l'ho vista scarabocchiare su così tanti documenti, a causa dei suoi impegni...”

Giancarlo stava leggermente balbettando e stava abbracciando il pezzo di carta, tenendolo al petto come se fosse una bambola che gli era stata appena regalata. Vedere il nome di Mion in teoria doveva essere un elemento insignificante, ma a lui aveva fatto uno strano effetto psicologico. In fondo Shion aveva imparato a riprodurne fedelmente la firma, dovendo sostituirla spesso era una cosa necessaria per non essere smascherata. Ed a Giancarlo doveva essere scattata una molla: in fondo stava parlando con una ragazza dai capelli verdi che assomigliava appunto a Mion, e nella sua testa si era generata come una sorta di autosuggestione, era un po' come parlare all'altra gemella, quella che era sdraiata sul letto e che non poteva parlare. Era un po' come parlare alla ragazza a cui voleva bene, ed essere confortato da lei in persona. Ne aveva tremendamente bisogno.

Pertanto, alla fine disse con un filo di voce: “Mi sa proprio che non abbia scelta, o sbaglio?”

“No, in realtà ce l'avresti. Ma sappiamo già quale decisione stai per prendere. È normale passare un periodo di sbandamento, quando ti trovi a perdere qualcosa di prezioso, ma prima o poi bisogna ripartire, ad un certo punto viene spontaneo, o almeno è così per la maggior parte delle persone. Tu lo hai già fatto una volta quando eri piccolo, lo puoi fare ancora... Vieni da una famiglia di testardi ed ostinati, dopo tutto, e se c'è una cosa che ti hanno insegnato, questa è ricominciare da dove sei caduto e ritrovare una nuova via lungo cui incamminarsi.”

“E questo tu come lo sai?”

“Lo so perché è quello che Onee pensava di te. Se vogliamo dire le cose come stanno, Kei-chan col tempo ha imparato ad essere qualcosa di più di un semplice uomo: è come un Dio splendente che non conosce sconfitta, forte, bello, imbattibile, qualcuno che non devia mai dal sentiero che ha scelto. Tu invece sei una persona fragile che non è mai sicuro di quello che sta facendo, ma che continua lungo la sua strada perché sa che è comunque la cosa più giusta da fare, o almeno è la meno scorretta. Lui è il possente Sole, la cui luce è troppo potente per qualsiasi ombra, tu sei la flebile Luna che non potrà mai illuminare come quella stella così immensa e calda, ma che al tempo stesso può portare un po' di chiaro nei momenti in cui il Sole stesso sparisce dietro la linea dell'orizzonte...”

In realtà, quelle metafore così poetiche non erano farina del sacco di Shion, ma di quello di Rena. Era un concetto che l'amica aveva elaborato al telefono insieme agli altri, prendendo spunto da quello che Alice aveva detto loro una volta, tanto tempo prima. E Shion si era imparato il discorsetto a memoria, anche se non stava certo mentendo mentre lo ripeteva. Anche lei credeva in quello che stava dicendo... E poi era un modo dolcissimo per prenderlo bonariamente in giro, si sentiva perfettamente a suo agio mentre pronunciava quelle parole che non le appartenevano.

Così, la giovane alla fine lasciò andare un tenero sorriso, e Giancarlo non replicò. Non era più necessario che si parlassero, ormai si erano intesi benissimo.

“Posso avere solo un minuto?” le chiese solamente.

“Prego.”

Lui si sedette sul letto dove si trovava Mion, e questo suggerì a Shion che fosse meglio alzarsi da lì. Quindi, il ragazzo prese un oggetto da una tasca della camicia che aveva sotto il golfino. Si trattava di un orologio da tasca.

“Mii-chan, spero tu possa ascoltarmi...” Iniziò a dire, mettendole l'oggetto in mano, e chiudendo delicatamente le dita della mano attorno ad esso. “E' solo un normale orologio, non ha un gran valore economico... Ma me lo avevano regalato quando avevo nove anni, dopo la sera in cui avevo deciso di rimpiazzare mio padre. Con questo ho un fortissimo legame affettivo, perché durante tutto questo tempo mi ha sempre ricordato che lo spirito della mia famiglia è sempre con me, nella buona e nella cattiva sorte. Ed anche ora che siamo a migliaia di chilometri di distanza, esso mi fa tornare in mente che nella mia vita non sarò mai del tutto da solo... Però adesso io voglio che lo tenga tu, spero che ti possa aiutare tanto quanto ha aiutato me in passato. Voglio dartelo, poiché mi sa... che devo davvero andare via, stanotte. Non sono sicuro di avere la forza che i tuoi amici dicono che abbia, non so se posso dare un qualche contributo per la causa, ma se su questo mondo c'è davvero un posto per me... Allora a maggior ragione ci sarà per te. Come gli altri stanno aspettando me, io aspetterò te. Lo stiamo facendo tutti, in fondo. So che ci vorranno mesi ad Irie per trovare una cura, sono conscio che la mia sarà un'attesa lunga, ma sarò paziente. Materialmente non posso stare al tuo fianco tutto il tempo, però posso almeno cercare di creare un legame tra me e te, tramite questo orologio... E quando ti sarai svegliata sarai libera di scegliere se restituirmelo o no. Anzi, forse è meglio se me lo rendi, questo non è un regalo.” fece uno sforzo per sorridere a quella sua battuta “Consideralo più che altro un prestito. Spero di vederti presto mentre mi ridi in faccia e me lo ridai indietro.” Le diede gentilmente un bacio sulla fronte, sistemandole una ciocca di capelli con le dita, e quindi si rimise in piedi.

“Possiamo andare? Suppongo che troveremo Flavia e Kasai-san, qua fuori. La sorellona è sempre stata veloce con i bagagli, avrà già finito.”

Shion annuì, e mentre uscivano dalla stanza due occhi spenti stavano seguendo la loro camminata ed il loro incedere, come se Mion potesse davvero guardarli ed augurargli buona fortuna. Quanto a Shion, invece, stava continuando a sorridere, al punto che Giancarlo le chiese il motivo.

“Posso dirti una cosa?” spiegò lei, divertita “Kei-chan era come un Dio, ti ho detto prima, era un modello da imitare, il più forte ed affascinante di tutti i maschi di questo mondo, e probabilmente per Onee sarebbe stato il miglior partner possibile. Ma alla fine... Neanche tu sei tanto male.”

E la ragazza accelerò istantaneamente il passo, quasi correndo sulle scale che conducevano al piano terra e quindi all'uscita, e senza osar controllare se con quell'insinuazione lei lo avesse fatto arrossire o arrabbiare... oppure se piuttosto l'avesse fatto semplicemente sorridere di piacere.

  
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