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Autore: kiara_star    20/11/2013    7 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap4
L' ultima lacrima



IV.





Tony guardò la grossa stella ancora una volta poi guardò il viso di Thor, poi guardò quello di Rogers, poi decise che un martini non gli avrebbe fatto male.
«Quando hai detto di avergli dato dei vestiti credevo gli avessi dato dei tuoi vestiti.»
«Ho pensato che si sarebbe sentito più a suo agio con qualcosa di maschile.»
Pepper lo avvolse in uno sguardo di indulgenza, quella che si riserva ai bambini quando ti chiedono perché babbo natale non ha portato il regalo che volevano.
«Ma proprio “quella” maglia?»
E poi sorrise.
Tony l'amava anche per quello, perché Pepper era l'unica persona al mondo a farlo sentire uno stupido.
«Oh, non dirmi che non volevi far sapere a Steve che avevi una maglia di Captain America gelosamente conservata nell'armadio...?»
«Avevo tredici anni ed ero sotto acido quando la comprai!»
Si giustificò mentendo e ricordando invece la voce di Howard che gli diceva che grande uomo fosse Steven Rogers, che fortuna fosse stata averlo conosciuto, quanto avrebbe potuto imparare lui. Tony lo aveva sempre recepito come “non sarai mai la metà di lui”.
Poi aveva avuto modo di conoscere Steve e avrebbe voluto che suo padre fosse ancora vivo per dirgli che si era sbagliato, che Steve aveva poco da insegnare e tutto da imparare, che era un noioso soldatino con un taglio di capelli discutibile, che non era per nulla il grande uomo di cui aveva sentito parlare in tutti quegli anni.
Howard non gli avrebbe risposto e al massimo gli avrebbe lanciato uno sguardo rassegnato. Tony sarebbe uscito dal suo ufficio tronfio e sorridente, stupidamente pago per tutte quelle grosse bugie che aveva appena sparato.
«Mi sembra che a Thor piaccia.»
«Credo che i gusti di qualcuno che se ne va in giro per l'universo con un mantellone rosso non siano da prendere in considerazione» affermò osservando Thor e Steve che parlavano seduti al suo tavolo da pranzo.
«Perché, quelli di un uomo che sfreccia nei cieli con un'armatura cromata lo sono?»
«Solo se quell'uomo è Tony Stark e, guarda un po', io sono To-» Le labbra di Pepper gli rubarono le ultime parole.
«Ora devo andare. Cerca di non fare nulla per meritarti un altro tacco sulla faccia.»
«Non è stato poi così male...» sospirò stringendola a sé.
Pepper sorrise sulla sua bocca. «Davvero? Allora quando torno proveremo tutta la collezione di Manolo. Contento, Tony Stark?»
«Aspetterò trepidante nella mia armatura cromata.»
Ed era per quella dolce risata che avrebbe continuato a indossarla.





₪₪₪





«Ci possiamo fidare di lui?»
Amora guardò il suo profilo cercando di leggere nella sua mente.
Non ci riuscì.
Con lui non c'era mai riuscita e vi era solo un altro essere che fosse capace di tenerla fuori dai suoi pensieri.
Ora si era ritrovata con entrambi dalla stessa parte del campo di battaglia.
«Ovviamente no, mia bella Incantatrice, ma questo sai cosa significa?» Al suo sorriso restò silente. «Che la cosa è reciproca.»
«E di te posso fidarmi, Styrkárr?»
«Noi siamo della stessa natura, Amora, non confondermi con quello sporco Jotun.» Gli sentì sentenziare con un disprezzo per nulla celato.
Amora odiava Loki.
Sapeva, Styrkárr provava lo stesso.
Lei odiava anche Styrkárr e di certo, come amava ripetere quello stupido Vanr, la cosa era reciproca.
Due schiene sarebbero state colpire senza possibilità di scampo.
Non aveva intenzione di essere una delle due.
«Se ognuno farà la sua parte nessuno resterà deluso. Dico bene, ragazza mia?»
Finse un sorriso e annuì. «Perfettamente, mio signore.»
Styrkárr rise sguaiatamente e lei accennò una risata suadente.
Se sto facendo tutto questo, amore mio, è solo per te.





₪₪₪





«Allora, Hermione, cosa vogliono dire quei simboli?» Tony raggiunse il tavolo e si sedette sulla sedia di fronte a quella di Steve. Thor alla sua destra lo osservava con il solito piglio diffidente.
«Nella fattispecie non saprei dirlo, sono di certo rune, ma questo già lo sapete.»
«Sì, il capitano ci ha tenuto una breve lezione sull'occulto alieno.» Steve sbuffò dal naso e lui sorrise. «Hanno a che fare con questa tua nuova forma, però. Giusto?»
«Con ogni probabilità sì, Loki... lui deve averli usati per...» Non concluse la frase e Tony avvertì un ringhio muto salire dalla sua gola. Certo non doveva essere piacevole guardarsi allo specchio e non riconoscersi, soprattutto non doveva essere piacevole indossare quell'orrenda maglia sotto gli occhi di Steve. Per lui non lo sarebbe stato.
Perché non la gettava?
...
Prossima domanda?
«Non le avevi prima.» Alla sua frase Thor sbatté le palpebre guardandolo confuso.
«Perdonami?»
Tony allungò l'indice e sfiorò il suo piccolo naso. «Le lentiggini. Non le avevi da uomo. Cos'è, un plus di tuo fratello?»
«Tony, per favore, cerca di essere serio almeno una volta» brontolò Steve stringendo i pugni sul tavolo.
«Ma sono serissimo. Guarda, tu le ricordi?» Stavolta gli punzecchiò una guancia.
«Finiscila!» Si sentì afferrare il polso e posare forzatamente il palmo sul vetro del tavolo. Meglio non far incazzare Captain America soprattutto se era ancora in alta uniforme con tanto di scudo al fianco.
«Le ho sempre avute quando ero una donna.»
«Thor, non devi rispondergli.»
«Davvero? Le hai anche sul resto del corpo?»
«A dire il vero-»
«Basta adesso!» Steve aveva perso la calma e di solito succedeva spesso quando lui era nei paraggi così come accadeva spesso che gli si imporporasse il viso quando si parlava di qualcosa che avesse a che fare con il gentil sesso. «Siamo qui per cercare di capire cosa ti sia successo, Thor, e se c'è modo per aiutarti, ma se continui a dare retta a questo idiota non si andrà da nessuna parte! Capisco che la situazione non sia facile per te ma, per favore, restiamo concentrati. Va bene?»
«Ascolta, Rogers, cerca di rilassarti. Stiamo solo chiacchierando fra amici. Ora, solo perché Thor non ha più un ninnolo fra le gambe non significa che lo devi trattare in maniera diversa. Non so come funzionava al tuo tempo ma oggi questa è discriminazione e si finisce in tribunale. Vuoi finire in tribunale? Papà Fury non sarebbe contento.» Tony sapeva di Peggy, Tony sapeva tutto di Steven Rogers.
«Stark, te lo dirò un'ultima volta.» Il viso di Steve era pericolosamente - e minacciosamente - vicino al suo. «Chiudi. Quella. Bocca.»
«Mi spiace, ma non posso. È anche grazie a questa bocca che le Stark Industries sono ciò che sono, certo è soprattutto per il mio genio, ma se hai una buona idea e non la sai vendere, quell'idea vale zero. Concetti di marketing, Rogers. Prendi appunti.»
Steve sorrise in modo preoccupane. «Vuoi che ti mostri i miei concetti, Stark?»
Ok, forse aveva varcato quella sottile linea che divideva lo scherzo dal suicidio.
«Signore?»
«Jarvis! Amico mio, parla pure!» Mai come in quel momento fu grado di sentire quella voce.
Steve tornò al suo posto senza però perdere la luce assassina negli occhi e Thor sembrava semplicemente troppo occupato a fissare il tavolo. Forse la battuta del “ninnolo” non era stata così simpatica...
«L'agente Romanoff chiede di lei.»
«Sono tutto orecchie.»
«Come desidera, signore...Stark, lo abbiamo trovato.”»
Solo in quel momento Thor alzò lo sguardo.



*



Bruce ascoltò il discorso in silenzio. Si passò poi una mano sul viso e decise che non avevano poi nulla da perdere, ammesso che l'altro se ne fosse stato al suo posto e non avesse fatto alcun colpo di testa.
«Tu resterai qui con Thor.» Annuì e guardò il volto metallico di Iron Man. «Noi andiamo a fare un viaggetto. - Ci vediamo in volo, Capitano.»
Un secondo dopo Tony era sparito nei cieli sopra la Stark Tower.
Steve si sistemò lo scudo al braccio. «Fa' attenzione, Bruce... Speriamo solo che Stark abbia ragione...»
«Per quanto la cosa possa essere irritante di solito è sempre così, Steve.» Abbozzò un sorriso che Steve ricambiò.
«Lo so, purtroppo.» E salì sul jet in cui Natasha e Clint erano già in cabina di pilotaggio.
Bruce alzò anche una mano per salutarli quando si alzarono in volo causando una forte folata di vento che quasi gli fece perdere l'equilibrio.
Bruce, scemo...
Sta' zitto!
Sospirò e guardò un'ultima volta la scia bianca che sfumava nel cielo azzurro.

Mentre tornava in soggiorno ripensò alle parole di Tony.
Avrebbe funzionato? Sarebbero riusciti a prendere davvero Loki stavolta?
Sarebbe riuscito a reprimere la rabbia quando lo avrebbe riempito di simpatici insulti?
Probabilmente Thor in quest'occasione non avrebbe potuto - voluto? - alzare un dito per difenderlo.
Quando entrò nella stanza lo trovò a braccia incrociate a fissare la vetrata con indosso un'imbarazzante t-shirt da dodicenne e un paio di pantaloni rossi di una tuta troppo larga.
«Sono partiti ora.» Alle sue parole Thor annuì e non disse altro.
Bruce fece solo pochi passi ma restò fermo accanto al divano. Dal riflesso della finestra riusciva anche a vedere il viso serio e pensieroso del compagno. Nonostante i nuovi lineamenti rimaneva sempre il Thor intimidatorio e combattivo che aveva conosciuto quella prima volta sull'elivelivolo.
«Mi spiace crearvi tanto disturbo.»
«Non dirlo, Thor, noi siamo abituati... cioè, nel senso che siamo una squadra e quindi i problemi di ognuno- non voglio dire che sei un problema, solo che...» Thor si voltò con un sorriso gentile sul viso e Bruce si grattò la testa sospirando. «Risolveremo anche questa, ecco.»
«Grazie, Bruce.»
Annuì e fece dondolare fra l'indice e il pollice una penna. «Dobbiamo aspettare, quindi.»
«Chi aspetta spende le stesse energie di chi scende sul campo. Non si è guerrieri solo se si impugna un'arma. C'è coraggio e onore anche nello scegliere di rinunciare ad armarsi, forse ve n'è di più.»
Bruce ascoltò quelle parole e le sentì forti e sicure come una stretta di mano, le sentì calde come un abbraccio e sincere come il sorriso che ancora sfoggiava Thor.
Thor aveva sempre avuto la capacità di calmarlo. Paradossalmente un omaccione di un altro pianeta dai modi a tratti autoritari e facile alla rissa, sapeva anche possedere una sorprendente dose di serenità, di equilibrio.
Era l'equilibrio che Bruce cercava da sempre, restare in bilico su quella sottile asta che separava l'uomo dal mostro, la rabbia dalla pace, Bruce da Hulk.
Nelle notti dense, quelle che non passavano mai, quelle scandite dal suono severo di una lancetta, Bruce si chiedeva cosa sarebbe accaduto se un giorno avesse deciso di saltare quell'asta, di cadere da una parte anziché dall'altra. In quelle notti dense, sentiva di voler saltare, di voler lasciare andare l'equilibrio ed essere libero. Ma la libertà non apparteneva a Bruce e allora aspettava che sorgesse il sole, aspettava di vivere un altro giorno di dorata prigione.
Thor guardava ancora al di là dell'imponente vetrata. Bruce si avvicinò e restò in silenzio a osservare lo stesso paesaggio.
Due ore più tardi erano ancora in quella stanza, in attesa.



*



«Deve avere un permesso da parte del signor Stark per entrare.»
Il giovane alzò appena gli occhi dallo schermo prima di sgranarli. Il cuore gli arrivò in gola. «No-»
Fu veloce e fulmineo.
Un attimo dopo giaceva privo di sensi, riverso sul bancone della reception della Stark Tower.
Il sistema di sicurezza diede immediatamente l'allarme.



*



Il sibilo era risuonato prepotente nelle sue orecchie.
«Jarvis, che succede?»
«Qualcuno è entrato nel sistema, dottor Banner, sta cercando di mettermi offline.»
Bruce guardò verso Thor che gli restituì lo stesso sguardo.
«Avvisa Tony e gli altri, Jarvis, io-»
«Non posso, signor-e, non riesco- a- sono- ta-»
La voce della A.I. iniziò a gracchiare e anche i vari monitor sparsi in giro presero a mal funzionare.
«Thor...»
Guardò nel fondo dei suoi occhi azzurri qualche attimo.
«Va'.»
Un solo cenno con la testa.
Bruce scese velocemente per le scale, seguendo il suono degli spari.
Ci siamo.



*



C'erano ancora strani rumori simili ad acuti lamenti, ma erano artificiali. Allarmi, li chiamava Tony, sirene diceva alle volte Steve.
Non aveva tempo né interesse a decidere per un nome più corretto.
Fissò ancora il suo riflesso.
Pochi passi che udì nonostante la confusione.
Nel vetro, accanto al suo viso, un altro. Altri due occhi e un sorriso che conosceva bene.
Un sospiro abbandonò la sua gola.
«Finalmente ci rincontriamo... Sigyn.»



*



Avvolse un braccio attorno alle spalle dell'uomo e lo condusse verso la parete libera.
«Respira piano, non è nulla di grave.» Il ragazzo annuì sofferente e Bruce lo fece sedere lentamente a terra. «Premi forte qui.»
«Va bene.» L'altro portò le mani tremanti sulla propria coscia dalla quale usciva un debole fiotto di sangue.
«Non è l'arteria, tranquillo.»
«Ok, ok.»
Bruce si guardò attorno e vide altre persone a terra, nessuno sembrava in fin di vita.
Non poteva aiutarle tutte, non ora, doveva pensare alle parole di Tony.
È di certo una trappola, lo sa che lo stiamo cercando e ha voluto farsi trovare. Un copione già visto.
Allora non dovremmo andare, così faremo solo il suo gioco.
È qui che sbagli, capitano. Noi dobbiamo fare il suo gioco in modo che sia lui a fare il nostro.
Stark, non ti seguo.”
La cosa non mi sorprende...
Bruce, invece, l'aveva seguito perfettamente.
«Torno subito. Continua a premere sulla ferita.» Tranquillizzò il ragazzo e corse verso il suo laboratorio.
Corse veloce sperando che le pulsazioni non aumentassero troppo.
Resta dove sei. Non uscire!
Il cuore gli batteva forte nelle tempie e nella gola.
Dovette aprire la porta con le mani, dato che l'apertura elettronica era fuori uso.
Il cassetto in basso a destra.
Lo aprì con un profondo respiro.
Resta dove sei, ancora per dieci minuti.



*



I suoi occhi, le sue labbra, il suo profumo.
Le dita strette nei pugni.
La rabbia.
Fece ancora un passo
Lei non indietreggiò, lei non indietreggiava mai.
Lei aveva più onore e coraggio di chiunque altro. Era così avventata e ingenua da non temerlo.
Era bella come ricordava, forse di più.
Allungò la mano e le sfiorò il viso.
«Non avresti dovuto. Fra tutte le tue bassezze, questa è la più vile.»
Sorrise quando gli scostò la mano con uno gesto secco.
«Vile... Ho ricevuto insulti peggiori, Sigyn.»
«E li hai meritati tutti.»
Rise divertito mentre vedeva le sue spalle alzarsi e abbassarsi. La bocca stretta in una linea sottile e la luce scura nello sguardo. «Come hai potuto infangare anche questo? Dopo quello che...»
Lei tremava, come quella prima notte, come quell'ultima, e lui la guardò con lo stesso desiderio e la stessa paura, assopita nel suo petto per un tempo così lungo che pareva far male sentirla tutta insieme.
Un dolce male, una lama amica che gli tagliava il cuore in due, una metà le apparteneva.
No.
Tutto, tutto era suo, fino all'ultima goccia di sangue bastardo Jotun che gli scorreva nelle vene.
«Sigyn-»
«No, non usare quel nome, non dire un'altra parola, fratello. Questa volta non ci sarà posto per nulla di diverso dalla-»
«Non sono tuo fratello.»
L'unica, sola, incancellabile verità.
Sigyn scosse la testa con un sorriso tragico. «Lo sai? Hai ragione, tu non sei mio fratello, tu non sei il fratello che conoscevo e che amavo, Loki. Chiunque vesta la tua pelle adesso è qualcun altro.»
Prese un respiro e piegò le labbra dolcemente. «Sei la solita ingenua, Sigyn.»
«Non chiamarmi così!» Negli occhi lesse il dolore che filtrava dalla rabbia, la sofferenza che faceva vibrare le labbra insieme all'ira.
«È il tuo nome...» Lesse la sua stessa storia scritta su una pergamena diversa, la storia di un sogno andato in frantumi, di una meravigliosa illusione svanita sotto le dita.
Questa volta l'avrebbe tenuta in piedi, questa volta avrebbe reso le trame della sua volontà così fitte da essere più solide di qualsiasi altro destino deciso nelle Ere antiche.
Questa volta avrebbe rivendicato il suo vero trono.
«Non c'è più quel nome, non c'è più niente di quel tempo, Loki. Non c'è mai stato niente, era solo il gioco perverso di due ragazzini stupidi. Non è così? Altrimenti non avresti calpestato ogni singolo ricordo, non avresti rinnegato l'affetto che ci ha uniti per tutti quegli anni... Non avresti insultato quella piccola vita mai nata per soddisfare i tuoi meschini piani.»
Il suo sorriso mutò, divenne un ghigno, una ferita deforme sul viso pallido. «Le vesti di questo piccolo mondo non ti donano come la seta di Asgard.»
«Smetti adesso, per favore, fratello.»
Fratello... fratello... fratello...
Chiuse gli occhi e ingoiò la forza che avrebbe guidato la mano a violare il suo viso, che le avrebbe urlato ancora una volta, l'ennesima, quell'unica realtà.
Lasciò che i pensieri governassero la sua gola, le sue gesta, le sue emozioni. Sarebbe venuto presto il tempo di viverle, il tempo di liberarsi della maschera una volta per tutte e di afferrare e trattenere fra le mani ciò che gli era sempre appartenuto, l'utopistica legittimità che aveva assaporato in giorni di sole e notti nascoste nella memoria, che aveva avuto il suono della sua voce e il calore del suo corpo.
Fece un passo indietro solo per perdersi nella sofferenza che le tingeva il viso.
«Perché l'hai fatto?»
«E tu perché chiedi risposte che già hai? Non fingere più ingenuità di quella che già possiedi, principessa.» La vide stringere i pugni e inclinò appena la testa con fare arrogante.
«Tu sei...»
«Cosa, mia cara?... Cosa sono?»
Non udì la sua risposta. Avvertì solo una fitta al collo e la terra mancargli sotto i piedi.
Quando portò le dita sulla pelle sentì qualcosa. Ne dirò via quello che sembrava un sottile dardo acuminato.
Si voltò solo per incrociare il viso di Banner, le sue mani che stringevano un'arma.
Sorrise, forse rise. Non udì neppure la sua stessa risata, perse l'equilibrio e cercò di recuperarlo poggiandosi su qualche sostegno.
Non riuscì a far altro che crollare in un sonno non richiesto.
Nei suoi occhi ora assopiti, ancora bruciava l'immagine della sua Sigyn.
Mia.



*



«Tutto bene?»
Thor annuì continuando a guardare il corpo privo di sensi steso sul pavimento.
Bruce gettò la pistola sul divano e cercò di recuperare un ritmo cardiaco decente.
«Tony aveva ragione» sospirò.
Visto Capitano? Aveva ragione anche stavolta... dannato lui.
Pregava solo che non avesse ragione su tutto eppure la voce di Loki, così diversa dal solito, che aveva udito entrando nella stanza, sembrava rispecchiare irrimediabilmente quell'assurda verità.
Non aveva compreso le parole, non aveva intenzione di chiedere a Thor di chiarirgliele.
Sono un codardo...
Bruce, scemo!
Sì, forse hai ragione...
«Per quanto dormirà?» Si sentì chiedere.
Portò gli occhi sul viso di Loki e poi su quello di Thor.
«Per un bel po', spero. Ho lavorato a questo narcotico per anni affinché potesse abbattere... Beh, qualcosa di più grosso e verde.» Finalmente anche Thor lo guardò. «Anche se Loki non è propriamente umano, ha comunque un organismo simile al nostro. Per qualche ora dovrebbe starsene buono.»
Thor non disse nulla, prese solo un respiro e annuì ancora.
«Ehi, Bruce?»
Come ogni volta saettò con gli occhi al soffitto. «Tony! È andato tutto secondo il piano, più o meno.»
«Non avevo dubbi.» Sorrise stanco al suo tono soddisfatto.
«Bruce, ci sono stati feriti?» Stavolta era la voce di Steve e il tono era di tutt'altra natura.
«Qualcuno, ma nessuno in pericolo di vita.»
«E Thor? Tutto ok?»
«Sto bene, Steve... Sto bene.» Non sembrava stesse mentendo.
«Fury sta provvedendo a mandare una squadra.» Era di nuovo Tony. «Ah, Bruce, voglio quel pazzo squilibrato fuori da casa mia, ok? Ho già detto a Nick di allestirgli una bella stanza per il suo nuovo soggiorno
Bruce cercò qualcosa negli occhi di Thor, quella vena di dispiacere e di colpa che solitamente gli copriva lo sguardo ma stavolta non la trovò. Non trovò nulla, per la prima volta Thor sembrava completamente estraneo da tutto ciò che riguardasse Loki.
Non sembrava più Thor.
«Saremo lì fra poco
«Ok, Steve.»
La chiamata terminò.
Sul pavimento Loki dormiva.
Bruce avrebbe giurato di vedere ancora un ghigno su quel viso pallido.



*



Jane scese l'ultimo gradino d'acciaio con il petto gonfio di domande.
Con le dita strette attorno alla tracolla cercò con gli occhi un volto amico, qualcuno che avesse qualche risposta al suo mare di interrogativi.
Prese un respiro e poi vide l'auto nera e lucida, la portiera che si apriva e le gambe lunghe e perfette di Pepper.
Lasciò andare via l'aria ma tenne forte la fibbia nella mano.
Camminò veloce, forse troppo, non le importava. Raggiunse presto il viso sorridente della donna.
«Jane, com'è andato il volo?» Si sentì strofinare una spalla e annuì.
«Bene, grazie per avermi mandato un aereo. Io...» Si stirò una ciocca di capelli dietro un orecchio e annuì ancora.
Impacciata come una ragazzina.
Ingenua come una bambina a innamorarsi di qualcuno che non sarebbe mai stato realmente suo.
«Figurati. Vieni, c'è stato qualche movimento alla Tower ed è meglio che ti aggiorni.»
Quando entrò nell'auto prese un nuovo respiro.
«Pepper?» La domanda era lì, il coraggio di porla no. Gli occhi indugiarono sul sedile invece di sparire in quelli gentili della sua amica.
«Non è grave come sembra, però potrebbe mettere in pericolo la tua autostima di donna.»
Alzò il viso per incontrare un altro sorriso. «Neanche con anni di trattamenti riuscirei ad avere quella pelle.»
Rise e si sentì un po' meglio.
«E per il resto?»
«A parte lo sguardo da cerbiatta e la terza di seno, è sempre lui.» Poi il sorriso sfumo dalle labbra rosse di Pepper per dar spazio a un'espressione più seria, un'espressione che le fece stringere le dita contro la pelle nera. «Hanno preso Loki. Lo S.H.I.E.L.D. lo sta prelevando proprio adesso.»
Mandò giù un nodo ruvido.
«Non sono una bella persona se dico che spero che gli facciano male, vero?» Dalla sua gola salì una risata triste e la mano di Pepper sfiorò il dorso della sua.
«Io avrei voluto scuoiarlo solo perché mi aveva distrutto il soggiorno.»
Sorrise. «Sì, noi donne siamo vendicative.»
«Già e forse Loki si è appena dato una bella mazzata sui piedi da solo. Thor non è mai stato un maestro di zen, e con una buona dose di estrogeni forse riuscirà finalmente a dare a suo fratello la lezione che merita.»
Forse.



*



Nick Fury guardò la porta che si chiudeva, la porta da cui era appena uscito l'agente Tyrell a cui aveva dato il comando della squadra che avrebbe preso Loki in custodia.
Picchiò la punta delle dita sulla scrivania guardando a vuoto la parete coperta dal simbolo dell'agenzia.
«Troppo facile...» sospirò nella solitudine del suo studio. «Troppo facile.»



*



La vide entrare dalla porta e si alzò dal letto.
Lei sorrise debolmente. Tremava, non si sforzò di nasconderlo.
«Oddio... sei...» La sua voce era incerta, piena di paure.
«Sono io.»
Jane deglutì e fece piccoli passi.
Le andò in contro con altrettanti brevi falcate.
Le fu di fronte e lasciò che il suo sguardo vagasse sul suo corpo, che facesse mute domande che si desse risposte sbagliate, che provasse curiosità, altra paura, forse disgusto.
Poi incrociò il suo azzurro e Jane sorrise di nuovo. Un sorriso come armatura..
«Posso?» Allungò le dita verso il suo viso.
«Certo.» Quando si sentì sfiorare una guancia gli occhi di Jane divennero lucidi, le labbra vibrarono. La mano si ritrasse subito. «Lo so, è strano.»
«Sì, è strano...» Raggiunse le sue dita con le proprie e le intrecciò sorridendole.
«Sono sempre io, però.»
«Sì?...» Poi le lacrime iniziarono a bagnarle il viso. «Scusami, ma io non credevo che...» E Jane le asciugò con il dorso della mano facendola sfuggire via dalla sua.
Quando quel calore abbandonò la sua pelle, l'avvolse fra le braccia senza dire altro.
«Thor...» La strinse forte e sentì le sue lacrime aumentare. «Thor...»
Il nome risuonò nelle sue orecchie più volte.
Il corpo di Jane premuto contro il suo per un tempo che non contò.
Il pensiero diviso in due, come ogni volta.
Metà in quell'abbraccio, l'altra nella cella sterile di un edificio poco distante.
«Thor...» sospirarono due labbra.
Sigyn... sorrisero altre due.











***













NdA.
Aggiornamento al volo perché ho ancora qualche neurone funzionante, non so per quanto. Perdonate eventuali e immancabili refusi.
Grazie nuovamente a tutti ^^
Vi lascio speculare su quello che succederà adesso.
Qualche idea?
Come direbbe Tony: sono tutto orecchie!
Alla prossima e un abbraccione a tutte.
Kiss kiss Chiara
  
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