San
Valentino …Gioie e dolori.
Parte: sesta.
Goten rivide tutto come in un
lampo: l’incontro casuale con Bra nella piazza di fronte alla
gioielleria, la loro capatina al bar e l’emozionante bacio
all’interno del tunnel dell’amore, la romantica
attrazione del Luna Park cittadino.
Erano stati momenti a dir poco emozionanti, che gli avevano fatto
scoprire qualcosa di nuovo, giacché prima d'allora non si
era mai reso conto di quanto lei fosse dolce e sensibile, oltre che
bellissima.
In poche ore si era innamorato perdutamente della sorella del suo
miglior amico e, inoltre, non smetteva di pensare
all’abbraccio ricevuto dal proprio padre.
Era difficile capacitarsi d’aver solo sognato,
poiché sentiva ancora un piacevole velo di calore sulla
pelle ed era certo che fosse stato proprio quel contatto ad avergli
fatto rifluire forza e coraggio nelle vene.
Goku gli aveva dato quell’appoggio che per anni gli era
mancato, una stretta paterna a lungo voluta; ed era grazie a lui se
adesso stava sfrecciando a tutta velocità verso la capitale
per raggiungere la Capsule Corporation.
Il bisogno di rivedere la sua principessa stava accrescendo ad ogni
istante e gli sembrò di esplodere di gioia, quando si
accorse di essere arrivato.
Il suo viso era pallido: il ricordo di quel pomeriggio con Goten le
stava scavando dentro l’anima e le sembrava inaccettabile non
potergli dare tutto l’amore che le divampava nel petto.
Tante volte, negli anni passati, aveva litigato con lui anche per
questioni banali ed altrettante volte si era limitata ad ignorarlo
ritenendolo egoista e superficiale.
Adesso però qualcosa era cambiato e, per ironia della sorte,
proprio nel giorno di San Valentino.
Ogni gesto, ogni movimento, ogni parola che si erano scambiati durante
la giornata trascorsa assieme le avevano fatto comprendere la sua vera
natura: sotto quella maschera da seduttore incallito v’era in
realtà un ragazzo dolcissimo e pasticcione, che lei adorava.
La giovane tornò a guardare i fiori e cercò
qualche stella tra nuvole che veleggiano sospinte dalla brezza, che ad
un tratto però la fece rabbrividire.
Con quella temperatura piuttosto rigida rischiava di prendersi un
malanno e, tremante di freddo, decise di rientrare al calduccio.
Sarebbe stato meglio rifugiarsi sotto al piumino, dove già
giaceva l’orsacchiotto regalatole dal Son e che adesso voleva
stringere fra le esili braccia.
Sospirò, pensando che avrebbe potuto far uso della fantasia
per immaginare di fare l’amore con Goten, per sfuggire ad una
realtà che la faceva soffrire, poiché lui
certamente, in quello stesso momento, si stava deliziando in compagnia
della sua ragazza.
Entrò spedita e richiuse la portafinestra facendo ruotare
alla svelta la maniglia d’ottone, camminò fino
alla specchiera e sedette sullo sgabello rivestito in tessuto lilla,
osservò la propria immagine riflessa e poi
afferrò la spazzola, che cominciò a far scorrere
sui lunghi capelli color dell’oceano.
Il mezzosangue aveva dei brividi incessanti in tutto il corpo, ma non
poteva dar colpa al freddo; protese un braccio e chiuse a pugno la mano
per bussare, ma appena sfiorò la finestra sentì
l’impulso di allontanarsi e deglutì rumorosamente.
Che imbecille! Cosa stava aspettando? Che sopraggiungesse
l’alba per farsi avanti?
Lei era lì, a pochi metri da lui, e sarebbe semplicemente
bastato farsi avanti, eppure sembrava imbalsamato: una mummia
millenaria avrebbe mostrato più vitalità, era
paragonabile ad una statua di cera.
“Non ci riesco, lei riderà di me!” si
disse scrollando il capo, poiché l’insicurezza
tornò a manifestarsi e lo avvolse come in una morsa. Le
ginocchia gli tremavano e non riusciva quasi a reggersi in piedi;
sconfortato, ripensò al semplice anello che aveva riposto
nella tasca della giacca.
Affranto, voltò le spalle: si era illuso di poterle aprire
il cuore, ma era stato uno sbaglio. Se ne sarebbe andato in punta di
piedi e a testa bassa.
Goten si mosse verso la ringhiera e guardò vero
l’alto, pronto a spiccare il volo, ma fu in quel momento che
d’improvviso si alzò un vento tremendo: era
talmente forte che riuscì a sospingerlo
all’indietro senza fatica, facendolo barcollare.
Una tromba d’aria gli ruotava vorticosamente attorno e gli
spettinava l’increspata chioma scura, obbligandolo a
socchiudere gli occhi.
“Perdinci, ma cosa sta succedendo? La fine del mondo!
Possibile che…papà sei tu, per caso?”
esclamò cercando di muovere un passo in avanti, ma invano.
Pareva che una grande mano gli premesse sul petto e volesse farlo
indietreggiare a tutti i costi, spingendolo con forza contro
l’ampia finestra, che all’impatto si
spalancò di colpo, facendolo ruzzolare all’intero.
Goten cercò di reprimere un'imprecazione: l’ultima
cosa che avrebbe voluto accadesse era di ritrovarsi a gambe
all’aria sul pavimento di parquet. Bianco come la morte,
imbarazzato oltre l’inverosimile, liberò qualche
colpetto di tosse.
“Oh cielo! Bra, scusami tanto!” disse poi con aria
smarrita.
Lei si era voltata con estrema lentezza, sgranando prima gli occhi e
poi spalancando la bocca: vederlo lì disteso le aveva tolto
il fiato e la indusse a sollevarsi di scatto, la spazzola le
sfuggì dalla mano e cadde a terra con un tonfo secco.
“Go-Goten!” pronunciò a fatica,
avvicinandosi poi con incedere esitante, quasi avesse paura che lui
scomparisse da un momento all’altro.
Sbattè le palpebre più volte: forse era solo un
sogno, oppure, per qualche arcana ragione, era riuscita a
materializzare il proprio pensiero. Aveva desiderato così
tanto di rivederlo, che se l’era ritrovato in camera da
letto.
Il Son tentò di alzarsi anche se aveva i muscoli
completamente irrigiditi; si mise prima in ginocchio con i palmi
appoggiati a terra e infine si sollevò con un colpo di reni
per mettersi in piedi.
“Ehm, scusami tanto. Io…”
raschiò con la gola, mentre una vocina nella sua testa si
complimentava con lui per la figura da imbecille che aveva appena
fatto.
Una lieve risata sfuggì dalle labbra della ragazza, che si
sforzò di combattere alla tentazione di gettargli le braccia
al collo.
La camicia da notte color pesca che indossava era un velo leggero, la
stoffa aderiva alle forme del corpo e la stringeva un poco sul seno,
facendo scorgere i capezzoli turgidi.
Il giovane la stava ammirando, incantato da tanta grazia.
Se le avesse detto che era bella sarebbe stata un torto; non
c’era aggettivo che potesse descriverla e renderle ragione a
sufficienza: nella penombra della stanza sembrava una dea giunta a far
visita ai comuni mortali.
“Bra…” la scrutò ancora con
intensità da capo a piedi ed il sangue nelle vene
cominciò a scorrere troppo veloce, facendolo
accalorare.
Temette di perdere la ragione, di farsi dominare
dall’istinto, e si chiese se fosse colpa delle loro origini
affini se stesse avvertendo una voglia così impellente di
farla sua.
Non riuscì a proibirsi di guardarla e lei abbassò
la testa di lato, incapace di nascondere il turbamento provocatole da
quei grandi occhi scuri, così ardenti, che scivolavano su di
lei e che, se ne avessero avuto la capacità,
l’avrebbero spogliata senza indugi.
“Pensavo fossi con Valese.” disse in modo spontaneo
cercando di scambiare qualche parola con lui.
Il cervello del Son rischiava di andare in
corto circuito: doveva spiegarle l’accaduto con la massima
urgenza.
“Beh, è andata molto male: quando ha visto
l’anello mi ha riso in faccia!” ammise con
sincerità e lei lo vide alzare le spalle con indifferenza,
come per mostrarle di non essere dispiaciuto.
Sul viso dai tratti delicati nacque un timido sorriso, quasi di
soddisfazione, che immediatamente si affrettò a
celare.
Bra era allietata all’idea che avesse rotto con quella
smorfiosa e ancor più che fosse andato a trovarla, anche se
in un modo così inconsueto.
“E… visto che avete litigato, hai pensato bene di
far irruzione nella mia stanza come una meteora. Originale come
entrata, ma un po’ plateale.” scoppiò a
ridere nel guardare la faccia buffa di Goten, che si era colorata di
rosso.
A volte la stupiva: sembrava emozionato come un ragazzino al primo
appuntamento.
“A dire il vero non era previsto che venissi qui, solo che ho
incontrato una pe-persona e …”
fu tutto quello che riuscì a sussurrare,
lasciando posto ad un lungo silenzio, infranto solo dal fruscio
dell’indumento da notte di Bra, che era in piedi di fronte a
lui: la sfumatura dei suoi occhi aveva assunto una tonalità
più intensa.
“Ti senti bene? Voglio dire: sei così strano! Non
capisco dove tu voglia arrivare e se cerchi conforto posso solo dirti
che hai sbagliato finestra: quella di Trunks, lo sai, è
dall’altro lato della facciata.” scosse la testa e
si mise a riflettere un poco irritata.
“Beh, scusa ma vorrei andare a dormire …vedrai che
tutto si aggiusterà, riavrai presto la tua
ragazza!” era certa che fosse sconvolto per la reazione
antipatica della fidanzata e che cercasse solo un sostegno morale:
provò un senso di vertigine all’idea di essere
considerata solo un'amica.
“Non vorrà per caso che mi metta a consolarlo? A
dirgli: oh, povera Valese, sii comprensivo, forse era solo un
po’ stressata, ma ti vuole molto bene. Domani risolverete
tutto! Eh no, caro Goten, arrangianti! Ho i miei problemi da risolvere
e, guarda caso, sei tu la causa!” dedusse tristemente, mentre
il giovane a sua volta meditava in silenzio.
“Non sono dispiaciuto perché mi ha
lasciato.” l’interruppe improvvisamente.
Mancava mezz’ora alla mezzanotte e gli sarebbe piaciuto
dichiararsi in quella giornata: cominciava a detestare meno quella
festa; in fondo San Valentino poteva anche finire in bellezza.
“Non sei dispiaciuto?” ripeté Bra
mordendosi un labbro.
Accipicchia, questa sì che era una notizia! La storia era
imbrogliata, ma stava prendendo un risvolto interessante.
“No, anzi, mi reputo fortunato: solo oggi ho capito quanto
fosse superficiale quella ragazza. Non mi ha mai voluto veramente bene,
ero solo un diversivo. Nemmeno io però ne ero innamorato, me
ne sono accorto poco prima di arrivare all’appuntamento. In
verità amo un’altra e …” le
gambe non lo reggevano più, barcollò e si
appoggiò sul ripiano della scrivania, una goccia di sudore
scese lenta sulla pelle del viso fino al leggero velo di barba.
Bra dovette sedersi: sprofondò di peso sul materasso ed
avvertì un giramento di testa quando vide lo sguardo di
Goten accendersi in un largo sorriso.
“Tu ami un’altra? Chi è questa
ragazza?” l’atmosfera
si riscaldò, lui la inchiodò con i suoi occhi
magnetici.
Avrebbe voluto inginocchiarsi e farle una dichiarazione a regola
d’arte, ma si accorse di essere a corto
d’ispirazione: l’emozione gli stava giocando brutti
scherzi, riusciva solo a balbettare.
“Io…mi- mi sono accorto di am- amarti. Lo giuro,
non mi sono mai sentito così: il mio cuore non ha mai avuto
certi sussulti. E' la pr- prima volta che provo un tale
coinvolgimento.” era spontaneo come un bambino e
all’improvviso il tempo parve essersi fermato. Non attese
risposta, ma si avvicinò: voleva disperatamente stringerla
tra le braccia.
Lei, con un gesto rapito e istintivo, aveva portato una mano sulle
labbra, frenando così un'esclamazione di gioia e stupore.
Ora tutto girava: i mobili, le lampade appese alle pareti, i libri
poggiati sulle mensole, persino il tappeto sembrava essersi sollevato
per compiere assurde evoluzioni.
Era così felice che stava per mettersi a piangere di gioia,
sentiva le ciglia umide e un fiume di lacrime pronto a sgorgarle dai
grandi occhi azzurri.
“Dimmi qualcosa, ti prego. Mandami a quel paese se vuoi, ma
non stare in silenzio, fammi sentire la tua voce ...” era
preoccupato nel vederla così immobile, prossimo ad un
attacco di panico.
“Facile a dirsi, mio caro!” si disse lei con un
pizzico d’ironia. Cosa ci poteva fare se le parole le
restavano impigliate nella gola? Se non riusciva a spiccicare nemmeno
una frase banale, sebbene sentisse il bisogno di urlargli che anche lei
lo amava?!
“Goten…” mormorò alzandosi in
piedi.
“Sì?” chiese con nervosismo il mezzo
saiyan, giocherellando con la stoffa della giacca.
“Oggi pomeriggio quando ero con te…” la
giovane si fermò per prendere fiato, ma si accorse di quanto
lui fosse agitato e cercò di arrivare al dunque.
“Anch’io mi sono accorta di …”
non era pronta e dovette chiudere gli occhi, respirava il suo profumo
maschile che la stava inebriando.
“Di?” continuò lui, giacché
non resisteva più: gli sembrava di essere di fronte ad una
giuria, pronto a ricevere un verdetto da cui dipendeva la propria vita
e faceva la differenza tra l’ essere felice o vivere nella
più cupa disperazione.
“Anch’io mi sono accorta di amarti.”
riuscì a dire tutto d’un fiato, lo sguardo fisso
su di lui che, incredulo, ma felice, aveva spalancato gli occhi colto
da un leggero tremore.
“Oh, Bra!” sembrava vacillare, cercava le parole
giuste ed era indeciso se prenderla per stringerla al petto, ma
superato il primo momento non esitò oltre:
l’avvolse fra le braccia con delicatezza e cercò
le sue labbra donandole un bacio interminabile.
Ogni ostacolo fra loro sembrava finalmente rimosso: avrebbero potuto
amarsi e scoprirsi liberamente, essere felici insieme.
Volevano accarezzarsi e restare a lungo in quella stretta, che dava
loro una commozione ed una contentezza indescrivibili.
“Ti amo piccola, mi dispiace se non sono il partito che ti
saresti meritata, ma ti prometto che riuscirò a laurearmi e
a farmi strada nel mio campo, sarai fiera di me.” le
baciò la fronte e prese fra le dita i suoi capelli azzurri,
che tanto gli piacevano e le asciugò una lacrima: una delle
tante che le rigavano il volto.
“Sono già fiera di te Goten. Non vorrei nessun
altro al mio fianco, ti adoro, adoro la tua spontaneità, la
tua allegria e persino la tua sfiga. Amo tutto di te.”
rispose Bra, ma non fece in tempo a continuare giacché
tornarono a baciarsi, non erano mai sazi.
Totalmente presi dal loro trasporto non si accorsero che qualcuno aveva
spalancato la porta ed osservava la scena rigido e impettito, una vena
sulla sua fronte spaziosa pulsava in modo preoccupante.
Accadde tutto in pochi attimi, non ebbero nemmeno il tempo di
rendersene conto: Bra si ritrovò seduta a terra, gli occhi
chiusi e lo sguardo angosciato. Il suo respiro si fece ansante: era
stato come essere travolti da una tempesta.
“Papà!” urlò e per un
istante, prima di sollevare le palpebre, pregò di essersi
sbagliata, ma c’era un solo individuo capace di emanare una
tale energia: Vegeta, suo padre, il principe dei saiyan.
“Lascialo stare papà, no, ti prego!”
vedeva Goten oppresso dal corpo del guerriero, veniva colpito con forza
e non riusciva a difendersi, ad ogni fendente stringeva i denti e un
nuovo livido violaceo gli spuntava sulla pelle.
“Brutto schifoso! Ti spezzo le ossa, come ti sei permesso di
toccarla?! Ti faccio ingoiare la palle! Rimpiangerai amaramente quello
che hai fatto!” Vegeta tuonava, gli sbraitava in faccia e
sputava insulti via via più feroci.
Lo percuoteva con estrema violenza, sfogando tutta la propria furia.
Immagini di gioia e dolore confondevano la mente di Goten: venire
ucciso dopo aver appena assaporato la felicità era una
terribile beffa, uno scherzo del destino.
“No, fermo!” la vista di Bra iniziava ad
annebbiarsi ed ebbe la sensazione di svenire.
“Basta! E' venuto per dirmi che mi ama, ci siamo fidanzati.
Smettila di fargli male, ti prego!” lo implorò,
resasi conto che lui dopo due minuti era già conciato molto
male e lei temeva seriamente per la sua incolumità.
Vegeta fece una risata cupa e profonda, facendola rabbrividire.
“Fidanzati? Ma non dire eresie: questo è un buono
a nulla, è solo un donnaiolo, ma la sua carriera di
seduttore è giunta all’epilogo! Ti faccio passare
io la voglia d'importunare le ragazze!” urlò fuori
di sé e gli centrò in pieno lo stomaco, facendolo
contrarre dal dolore.
Il giovane strinse i pugni e ripensò alle parole del padre,
al suo sguardo sereno, al suo sorriso che aveva saputo rassicurarlo.
“Papà…fa qualcosa, altrimenti finisce
male: sono troppo debole per reagire!” non se la sentiva di
opporsi alla forza di lui, non era in condizioni di tenergli testa.
“Ve-Vegeta, lasciami spiegare: ho intenzioni serie con tua
figlia! Sono innamorato di lei e non volevo approfittarmene.”
cercò di spiegargli, ma peggiorò solo la
situazione: il principe lo sollevò e lo gettò con
forza contro l’armadio, le ante cedettero al violento urto e
il mezzosangue si ritrovò all’interno del mobile
che, ormai traballante, stava per crollare su se stesso. Un reggiseno
di pizzo della sua amata si era posato sul suo viso terrorizzato.
“E’ finita, mi ammazza! Papà, santo
cielo, se puoi vedermi datti una mossa!” la disperazione
prese il sopravvento e pregò gli Dei a mani giunte quando
vide Vegeta risplendere d’oro, invaso della potenza di
supersaiyan.
Goten si pentì d’aver oziato per anni, evitando di
allenarsi e, offuscato dal dolore, non poté far altro che
abbandonarsi alla rassegnazione ed accettare l’amara sorte.
“Addio, amore mio …” mormorò
lottando per non scoppiare a piangere.
Gli occhi del principe bruciavano di rabbia ed erano assetati di
vendetta: stava per decretare la fine della sua breve
esistenza.
Allargò il palmo della mano dando vita ad una sfera
d’energia luminescente che cresceva a dismisura.
“No!” Bra non sapeva cosa fare per salvare Goten,
urlò a squarciagola e poi si gettò addosso al
padre e lo afferrò per la vita, cercando di trattenerlo;
cominciò a singhiozzare, ma venne allontanata con un
semplice movimento: non c’era modo di fermarlo.
“Addio, rammollito!” Vegeta scoccò
un’occhiata sussiegosa al figlio di Goku e non
esitò a puntargli contro la propria energia.
Ancora pochi istanti e tutto sarebbe finito.
“Nooo!” urlò
lei, provata dall’immenso dolore.
Le palpebre del giovane si abbassarono, la voce di Bra gli sembrava
così melodiosa anche se spezzata dai singhiozzi: poteva
sentire il suo profumo in mezzo a tutti quei vestiti, sarebbe morto, ma
non avrebbe mai smesso d’amarla.
“Muori!”
gridò il saiyan maturo, ignaro di ciò che stava
per accadere.
“Ehi…Vegeta! Uuuhhh!”
Per un attimo lunghissimo il principe trattenne il respiro.
Era solo il sibilo del vento, eppure sembrava una voce distorta,
lontanissima, familiare.
“Tu?” era sconvolto come mai in vita sua:
spalancò gli occhi e, travolto dallo stupore, strinse la
mano per soffocare l’energia.
“Kakaroth!” disse poi ad alta voce .
Un brivido percorse la schiena di Goten nell’udire il nome di
suo padre, percepiva la sua aura immensa ed anche se non poteva
vederlo, si sentì rasserenato.
La sua presenza lo stava liberando da un tormento covato per troppi
anni e lo faceva sentire finalmente amato.
“Papà, sei qui! Lo sapevo di non aver
sognato.” mormorò commosso.
“Ma cosa stanno blaterando quei due?” di colpo lei
apparì incredula, ma sollevata.
Le sembrò che stessero delirando, guardò
incredula le loro figure e poi cercò gli occhi neri del
ragazzo e li vide lucidi.
Egli aveva le guance inondante dalle lacrime e i capelli scompigliati
gli scendeva sul volto tumefatto.
“Goten, papà: cosa centra Goku? Volete
spiegami?”
Nessuno dei due proferì parola, si guardavano seri, restando
immobili, come in un solenne raccoglimento.
“Trunks: devo andare da lui! E' l’unico che forse
può fermare il folle gesto di papà.”
approfittando di quell’attimo di apparente tregua, la ragazza
uscì con decisione dalla stanza e attraversò il
lungo corridoio, per dirigersi verso la camera del fratello:
l’ultima sulla destra.
Le parve di metterci un’eternità: le gambe erano
pesanti, la mano stringeva con forza la stoffa della camicia da notte,
mentre correva e si mordeva un labbro dall’ansia.
Spalancò la porta senza bussare e, spedita,
arrivò dinnanzi al letto dove il congiunto sonnecchiava a
braccia allargate, ignaro dell’accaduto. Accanto a lui era
rimasto spalancato il fascicolo con illustrate le caratteristiche di
una nuova navicella, poiché la stanchezza gli aveva impedito
di portare a termine la visone.
“Ehi Trunks, sveglia! Presto! Papà sta per
uccidere Goten!” le mani esili di lei scrollavano il corpo
muscoloso del presidente, che indossava un comodo pigiama scozzese.
“Bra? Ma cosa…” Trunks aprì
lentamente le palpebre e le sbattè più volte,
subito non si rese conto di quanto fosse impaurita, delle sue guance
inumidite da un torrente di lacrime.
Ragionò alcuni secondi prima di balzare a sedere e di
sgranare gli occhi.
“Cosa sta per fare papà?” chiese
sperando si trattasse di uno scherzo, le iridi limpide alzate verso di
lei, che confusamente cercava di metterlo al corrente su ogni
particolare della vicenda.
“Noi ci amiamo, capisci? Vogliamo fidanzarci e sposarci al
più presto!” sconvolto, lui sprofondò
il viso fra le mani, rabbrividendo in ogni centimetro del corpo, anche
internamente.
Percepiva l’aura di suo padre e sinceramente dovette
ammettere di non avere speranze: chi mai avrebbe potuto fermare una
simile furia? Sarebbe stato capace di devastare l’intera
capitale con pochi gesti.
“Muoviti, cosa aspetti? Devi tirare fuori Goten dai guai: lo
amo, capisci?” ora sembrava una monella capricciosa,
lievemente contrariata: come quando da bambina si ostinava a volere che
lui la facesse giocare.
“Farò il possibile, ma Santo Dende, proprio di
notte ed in camera tua si doveva infilare Goten? Non poteva aspettare
domani, per dichiararsi?” la risposta che poteva darsi era
una sola: aveva una sorella troppo bella ed un amico troppo
irresponsabile.
“Sbrigati! Se non vuoi che lo troviamo ridotto ad un ammasso
di carne fumante, abbiamo poco tempo!” quanto avrebbe dato
Trunks per non sentire quelle parole, ma in effetti Bra aveva
stramaledettamente ragione.
**********
Era tornato per prendersi
gioco di lui!
“Kakaroth!”
L’irritazione gli era salita fino
alla cute dell’appuntita capigliatura.
Vegeta camminò verso il balcone spalancato e
guardò dritto davanti a sé, mentre
l’aria fredda penetrava con forza ed aveva un qualcosa di
sopranaturale.
“Dove sei? Esci fuori! Mi devi ancora una sfida! Avanti,
altrimenti faccio secco tuo figlio.” chissà
perché al pensiero di vederlo gli si allargava il cuore.
Ripensava a quel sorriso e a quella voce infantile; erano passati
lunghi anni, ma nemmeno un giorno in cui non avesse desiderato di
rivederlo.
Per tante ragioni lo detestava, ma per altre gli mancava da morire.
Scese uno scalino e si ritrovò sulla terrazza.
Istintivamente sollevò il capo e vide il cielo totalmente
trapunto di stelle: mai ne aveva ospitate così tante e
brillavano tutte di un’intensità quasi accecante.
In quel momento così carico di tensione, il saiyan fu
pervaso da un inspiegabile senso di pace ed era una contraddizione
assurda, poiché pochi minuti prima era a dir poco furibondo
e ansioso di far fuori Goten.
Il giovane Son avanzò a passo incerto e si fermò
dietro alle sue spalle, a malapena si reggeva in piedi: gli doleva ogni
muscolo del corpo e dovette appoggiarsi allo spigolo del muro per non
cadere a terra.
Il labbro inferiore bruciava e sanguinava copioso, gocce di plasma
avevano sporcato la sua giacca, ormai irrimediabilmente strappata in
vari punti.
Un misto di meraviglia e turbamento apparve sul suo volto pallido.
Un sorriso, però, gli affiorò sulle labbra,
mentre osservava attentamente quello stupefacente miracolo.
“Papà …oh, papà
…”
Continua …
Ciao, vi chiedo scusa per il
ritardo, ma ieri ho avuto dei problemi con internet e non sono riuscita
a pubblicare il capitolo.
L’ho diviso in due parti,
era davvero lunghissimo e avevo paura vi stancasse, il pezzo finale lo posterò
domani sera.
Spero che il capitolo vi sia
piaciuto, aspetto i vostri commenti.
Grazie di cuore ai miei recensori:
Evelyn_L- Cara Lisa ^^ le tue rece mi fanno
davvero piacere, sono lusingata di averti come lettrice. Grazie. TVB
Ishyna- Ciao ^^ sei sempre gentilissima,
spero di non deluderti, un bacio.
nana987- Grazie per il tuo commento, sei
sempre gentile. ^^
Rayn_88- Ti ringrazio tanto, mi fa piacere
che la fic ti piaccia, grazie di cuore. ^^
Alan_k1- Ciao Alan, beh, mi sono convinta
che la fic ti ispiri poco, ma comunque grazie per la rece. Ciao.
Gokussola4ever- Ciao cara ^^ piaciuto
l’aggiornamento? Spero di sì …a domani
per il finale. Un bacio.
miss miyu 91- Wew, ma ciao tesoro…sei
sempre gentilissima, grazie. ^^
Dream_River- Sei davvero gentilissimo, grazie
per le belle parole. TVB
carol2112- Grazie per la tua bella rece, mi
fa piacere che la fic ti piaccia, spero che sarà
così anche per il finale. Un bacio.
nicichan- Nico! Sigh
…è un po’ che non ci sentiamo, mi
manchi tanto ç_ç spero a presto. TVB.
Un
bacio, a domani sera.
LORIGETA
^^