Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
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Autore: Jay_Myler    21/11/2013    1 recensioni
In questo gioco mi ha sempre colpito molto Castiel, e forse è proprio per il suo disegno nella pubblicità che, incuriosita, sono andata a vedere di che cosa si trattasse Dolce Flirt. Ma quando nei primi due episodi ho incontrato Ken, non ho potuto fare a meno di trattarlo bene e – come avrete visto se avete mai giocato – quando il personaggio, la Dolcetta per intenderci, rispondeva male a Ken o pensava cose cattive su di lui, la riprendevo ad alta voce come una pazza che parla al suo computer. Poi si sa, stiamo parlando di un gioco di dating game, una visual novel, era scontato che quell'anonimo ragazzetto occhialuto sarebbe diventato uno strafigo e così trattandolo bene e tenendo il suo peluches sul comodino l'ho aspettato con ansia e il mio trattarlo bene ha ripagato i miei sforzi.
Spero vi piaccia e buona lettura.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Kentin, Nathaniel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
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“Ormai dovrebbe già essere qui da un pezzo” pensò ansiosa Ivy seduta sulle scale interne della scuola, indecisa se iniziare a salire sul tetto con vista panoramica o continuare ad aspettare lì come un’idiota. Non che cambiasse molto, ma non era abituata a salire da sola in quel posto che in pratica era vietato da visitare per gli studenti, visto che era stato designato off-limits da parte degli insegnanti, con la scusa che era un posto pericoloso; l’unica cosa che era pericolosa era la voglia dei professori a privarli di uno spazio comune in più. Non che non li capisse a pieno, quella terrazza era così piccola che non sarebbe bastata a tutti gli studenti e considerata la notevole vista che si aveva da lassù molti ragazzi avrebbero voluto frequentare quel luogo così bello, con l’unico risultato di affollarlo e di conseguenza nessuno se lo sarebbe goduto. Per evitare discussioni varie ed eventuali incidenti la direzione aveva chiuso quel terrazzino agli studenti.
Ma per alcuni di loro quella restrizione era vista come un amichevole consiglio che veniva del tutto ignorato: lei senza nemmeno rendersene conto era rientrata in quella categoria di persone che se ne fregavano delle regole e che andava comunque a godersi la vista da lassù; se solo l’avesse saputo Nathaniel, che una ragazza così ligia ed attenta alle regole ed al dovere trasgrediva spesso e volentieri una precisa direttiva della Preside, gli sarebbe venuto un accidente. Ma ormai ci aveva fatto talmente tanto l’abitudine che quel posto lo considerava alla stregua della mensa. Proprio il giorno prima si era andata a rintanare lassù, lontana da tutto e da tutto ed ora invece quasi si comportava come una ladra sul punto di compiere il suo primo furto, in preda a tutte le paure di questo mondo. Le lezioni erano finite già da un pezzo e per non far insospettire nessuno era rimasta come al suo solito a studiare matematica con Nathaniel che l’aiutava in quella materia astrusa come meglio poteva; erano quasi due anni che quel biondino aveva accettato di buon grado di darle una mano a studiare le materie scientifiche; aveva notato però, che nel momento stesso in cui aveva iniziato a passare più tempo con lui dopo le lezioni, Melody aveva cominciato a trattarla leggermente con insofferenza, come se dovesse sopportarla suo malgrado. Di certo questa cosa non la stupiva, si vedeva lontano un miglio che quella ragazza così fine e ben educata usciva letteralmente pazza d’amore per il bel segretario delegato; non si risparmiavano infatti le volte in cui lei rimaneva a fargli compagnia o a dargli una mano fino a tardi o a studiare insieme, però per chissà quale motivo non si era mai avvicinata alle loro ripetizioni settimanali del venerdì post lezioni. Forse si sentiva intimorita o temeva che tra lei e Nathaniel potesse esserci qualcosa, fatto sta che sicuramente la cosa le dava fastidio… e non poco.
La ragazza prese il cellulare della borsa per controllare l’ora… ormai erano già venti minuti buoni che aspettava come la stupida su quelle scale; ormai rassegnata al fatto di dover aspettare ancora per molto, con il cuore in gola iniziò a salire le scale che la portavano in cima; almeno lì si sarebbe goduta la vista del tramonto – visto che l’inverno si stava avvicinando le ore di luce diminuivano a vista d’occhio, dandole l’opportunità di godersi una vista simile da una parte della scuola. Non sapeva se fosse solo una coincidenza o se l’architetto che l’aveva progettata ci aveva pensato, ma quella terrazza si affacciava verso Ovest ed il liceo si ergeva su una piccola altura, dando la migliore visione di quella cittadina così piccola e graziosa, imporporata – già dalle sei del pomeriggio nel periodo in cui si trovavano – dal rosso bagliore del sole che si andava a nascondere dietro la distesa orizzontale, che pareva infinita, del mare, poco lontano dal borgo. Già si pregustava quella vista, ricordandosi la prima volta che aveva avuto la fortuna di vederla. Anche se questa volta lo avrebbe visto da sola – visto il clamoroso ritardo del ragazzo.  Appena si avvicinò alla porta della terrazza, che aveva un vetro opaco, si accorse che fuori c’era già qualcuno… come aveva fatto a passarle davanti senza che se ne accorgesse? Una volta tanto in vita sua doveva essere arrivato in anticipo ed era salito ad aspettarlo e lei, con il suo ritardo di due minuti, ora doveva sentirsi la ramanzina di “venti minuti che l’aspettava lassù”; se l’avesse saputo sarebbe salita molto prima, ma alla fine l’appuntamento  se l’erano dati sulle scale, cavoli suoi se l’aveva aspettata invano sul terrazzo, così imparava a prendere decisioni di testa sua… ma non glielo rimproverava, sapeva che era fatto così e non aveva la minima intenzione di cambiarlo; aprendo la porta ed aprendo uno dei suoi bellissimi sorrisi, la ragazza uscì fuori e si trovò davanti…
«Kentin?!» la ragazza si bloccò all’istante, spegnendo il suo entusiasmo iniziale ed il suo sorriso; non era proprio la persona che si aspettava di vedere e di sicuro non era tra le sue preferite in quel momento.
«Ivy…» disse invece il ragazzo con un tono malinconico.
La mano di lei iniziò a pulsare; era la ferita che ancora le sbatteva forte, ma non era solo il solito dolore che le dava quella strana sensazione, era il suo cuore che aveva accelerato all’improvviso portando un afflusso maggiore di sangue che le faceva palpitare così tanto anche il taglio sulla mano: la vista che le si stagliava davanti era ancora più mozzafiato di quella che si era figurata poco prima nella sua mente… Kentin era appoggiato con un fianco alla ringhiera della terrazza, con entrambe le braccia appoggiateci sopra; il viso mezzo girato verso di lei e l’altra metà completamente illuminata dal color pesca del tramonto, mentre la fioca luce che rimaneva ancora nell’aria si stagliava dietro di lui come ad una celestiale visione. Non credeva che quel ragazzo potesse farle ancora un certo effetto, ma non poteva negare che quei magnetici occhi verdi che la stavano fissando la attiravano come una calamita attira il ferro; non doveva cascarci, lui non era più il Kentin di una volta, era cambiato, era un altro, era diventato il tipo che cambia donna come nulla fosse e lei non voleva essere tra quelle e molto probabilmente non ci sarebbe stata visto il cambio di rotta dei suoi gusti… prima Ambra, poi Peggy, che fosse qui per qualcun’altra delle sue conquiste amorose?
Senza dire altro o aspettare che il ragazzo aggiungesse qualcosa, fece un paio di passi indietro, convinta a tornarsene sui suoi passi facendo finta di non aver visto nulla; ma in quel momento Kentin si precipitò a tenere la porta aperta gridando il suo nome per non farla andare via.
«Ivy! Rimani… non andartene» I suoi modi erano così sicuri e spavaldi ma i suoi occhi la stavano supplicando.
«Io non me ne vado» disse senza guardarlo in faccia.
«Nemmeno io…» rispose lui con un fil di voce, sapendo che entrambi non si stavano riferendo a quel momento preciso ma a fatti che erano avvenuti tempo prima.
I due ragazzi rimasero qualche minuto fermi uno davanti all’altro, come se il tempo che avevano passato lontani li avesse disabituati allo stare insieme, mentre forse la vera ragione di tutto quell’imbarazzo era il cambiamento drastico nella vita del ragazzo. Un aspetto nuovo lo aveva cambiato, sia in meglio ma allo stesso tempo in peggio; la sicurezza e il fare il cascamorto erano le due facce della stessa medaglia. Visto che nessuno dei due era intenzionato a muoversi di un muscolo, Kentin prese coraggio a due mani e le prese la mano tra le sue; lei la ritrasse leggermente con un piccolo scatto, non perché le desse fastidio ma perché le aveva preso la mano sinistra che si era ferita e alla quale aveva messo da poco i punti. Così, facendo attenzione a non stringerla troppo, la portò con sé alla ringhiera mostrandole il tramonto che si presentava ai loro occhi; la fece appoggiare sul corrimano e ricordando la sua paura delle altezze le cinse la vita con un braccio per non farla impaurire; rimasero così fino a quando il sole non scomparve del tutto in lontananza, lasciando nell’aria solo un fioco ricordo del suo passaggio; il cielo iniziava a scurirsi e i due non accennavano la minima intenzione di muoversi; dopo tutto quel tempo che aveva perso per stare insieme, dopo i loro scontri degli ultimi giorni, quell’attimo era così tranquillo e perfetto che non se la sentivano di rovinarlo e di farlo finire così in fretta. Ivy rimase altri due minuti in quella posizione di stallo, godendosi appieno il momento, ricordando di come fosse bella la sua sola vicinanza.
Dopo aver preso un grosso respiro, Ivy decise che quell’attimo di pura perfezione doveva terminare all’istante prima che le cose degenerassero; Kentin si accorse che la ragazza voleva liberarsi dalla sua presa, ma invece di allentarla la strinse ancora di più a sé, abbracciandola.
«Perché sei qui?» gli chiese mentre cercava di non far trapelare le sue vere emozioni.
Non sapeva nemmeno lei cosa provava di preciso, era un mix di sensazioni e di emozioni che si accavallavano, un mix letale di sentimenti.
«Io… aspettavo un amico. Non è proprio un amico diciamo un compagno, un conoscente… aspettavo qualcuno insomma» balbettò a sprazzi, pur sapendo che la sua domanda non si riferiva a quella sera.
“Diciamo piuttosto qualcuna” pensò nella sua testa la ragazza.
Decisa ad allontanarsi indietreggiò; il ragazzo ebbe la meglio nuovamente: la lasciò lentamente dandole un minimo di margine da lui prendendole la mano fasciata.
«Come va il taglio?»
«Meglio, grazie per l’interessamento» rispose schietta, evitando perentoriamente il suo sguardo.
«Tu invece, cosa ci fai qui?»
«Anche io aspettavo qualcuno a dire il vero, ma non si è presentato a quanto pare e… si è fatto tardi, bhé, dovrei andare io»
Kentin le lasciò la mano a malincuore, sapendo che un’altra occasione così non gli sarebbe più capitata; sapeva che doveva fare qualcosa, lui voleva fare quel qualcosa, ma lasciò che l’occasione gli scivolasse tra le dita lasciandole varcare quella soglia, perdendo l’occasione che gli aveva offerto quella fantastica coincidenza.
 

 
«Hey, mi hai dato buca sta sera!» disse la ragazza ridendo al cellulare; non se l’era presa a male, conosceva il tipo.
«Perdonami, ma mi farò perdonare: domani passiamo l’intera giornata insieme, al centro commerciale per le nove va bene?»
«Oh» rispose la ragazza confusa, non si aspettava un simile trattamento, non si aspettava di certo una risposta simile, si aspettava solo delle vaghe e celate scuse e nulla più.
«Hai da fare altro?»
«Oh, no no tranquillo, domani alle nove al centro commerciale» Ivy chiuse la chiamata ancora stordita dalla cosa così insolita e senza pensarci oltre andò a dormire.

 
Nove e un quarto.
Non si stupiva nuovamente del ritardo che si stava consumando lentamente come un delitto premeditato, soltanto che in cuor suo sperava che non si finisse come il giorno prima che tanto aveva aspettato per niente. Magari era in ritardo perché la sveglia non aveva suonato – conoscendolo non aveva mai messo una sveglia in vita sua – o forse i mezzi erano in ritardo, o forse un contrattempo o le aveva proprio dato buca per la seconda volta di fila; non si sarebbe di certo stupita! La cosa che l’aveva davvero incuriosita era la reazione del ragazzo al cellulare la sera prima; un suo invito a passare una giornata insieme l’aveva letteralmente spiazzata, non pensava ci sarebbe stata mai così intimità tra di loro, infondo erano così diversi, come la notte ed il giorno e se chiedevi in giro nessuno avrebbe mai detto che erano così amici da uscire addirittura insieme; ma chi era lei per contestare e rifiutare l’invito di un suo suddetto amico.
«Ivy!» la salutò una voce alle sue spalle.
Dietro di lei c’era una coppia: Rosalya, che con una mano la salutava da lontano e con l’altra stava sottobraccio con il suo ragazzo Leigh, a cui l’anno prima aveva avuto l’opportunità di dare una mano ai due a rimettersi insieme; erano davvero una coppia carina e facevano faville insieme ed erano decisamente le due persone che avrebbe voluto incontrare in quel momento. I due le si avvicinarono e la salutarono con calore, con lei era amica e compagna di scuola ma lui era stato il suo sarto da sempre e la sua boutique era in suo negozio d’abbigliamento preferito, si conoscevano da molto senza sapere che lei andava a scuola con la sua ragazza. Nonostante conoscesse da più tempo Leigh, Ivy si era sempre trovata più sciolta a parlare con Rosa che si era eletta a sua confidente ufficiale.
«Che ci fai da queste parti Ivy?»
«Aspetto»
«Uhm, un appuntamento galante?» le chiese Rosalya facendole l’occhiolino.
«Ma no! Cosa vai pensando!» rispose lei imbarazzata.  «A proposito, sapete dirmi dove sta Lysandre?»
«Hai un appuntamento con Lysandrino? Hai sentito Leigh, diventeremo parenti!»
«Smettila di essere così esuberante, non vedi che la metti in imbarazzo?» la riprese dolcemente lui.
«Ivy mi spiace ma credo proprio che Lysandre se ne sia dimenticato, poco prima di scendere l’ho visto andare via e gli ho chiesto dove andasse e mi ha detto che andava da Castiel a provare» disse con tono di scuse come se volesse farsi perdonare per il fratello.
«Non preoccuparti, avevo tenuto in conto anche questo!»
Gli sorrise.
«Puoi unirti a noi se vuoi, stiamo andando a…» ma Rosalya fu interrotta da un gesto lesto ma cortese da parte di Ivy.
«Tranquilla, non vogli di certo rovinare i vostri piani, andate e divertitevi, io ho comunque le mie commissioni da fare!» e dopo aver convinto più volte Rosa che lei stava bene e che potevano lasciarla da sola fece un sospiro di sollievo facendo dietro front per tornarsene a casa e fu lì che andò a sbattere contro qualcuno.
«Ivy?»
Ivy aprì gli occhi dopo quel contatto brusco, massaggiandosi il naso che aveva sbattuto contro qualcosa di davvero duro e così constatò che non era andata a sbattere contro un muro parlante ma contro i pettorali di Kentin.
«Kentin? Possibile che ci incontriamo ovunque io e te?»
«Sembra quasi che ti dispiaccia» le disse porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi, in un misto tra rammaricato e scherzoso.
Ivy accettò l’aiuto e si rimise in piedi.
«Aspetti qualcuno?» le domandò.
«No, tu?»
«Bhè a dire la verità si…»
“Non si ferma mai questo ragazzo?” pensò lei.
«In questo caso l’incontrarmi potrebbe dare fastidio a te, non a me» sentenziò lei mentre si lisciava la maglia che le si era sgualcita addosso.
«Perché mai dovrebbe?» le chiese frastornato senza capire l’antifona.
«Tolgo il disturbo, la ragazza che stai aspettando potrebbe vederci ed andarsene se ci vede insieme, non pensi?» Fece un giro su sé stessa e si avviò verso l’ingresso.
«No, non penso» le disse mettendosi avanti per non farla passare. «Ma so per certo che mi ha dato buca la persona che stavo aspettando e che al cento per cento non è una femmina»
«….»
«….»
Calò un silenzio imbarazzante da parte di entrambi.
«Sapevo che Alexy ha un certo fascino, ma non sapevo fosse così di… tuo gusto»
«Cosa? Oh no, no, no, no, no! Hai capito male! Dovevo vedervi con un mio, diciamo amico, per chiarire… una questione, è da ieri che dovevamo vederci ma anche oggi mi ha dato buca»
«Fingiamo che ti creda» gli disse ridendo.
«Io… So che sono stato un cretino, lo so troppo bene, ma ti volevo chiedere lo stesso se magari volessi farti un giro… qui… così… insomma… con me»
Ivy mise un momento da parte tutto quello che tra di loro era andato storto in quel periodo e rivendendo in quegli occhi il suo Ken, lo prese a braccetto ed iniziarono a camminare per il Mall.
 
                                                                       ****
Stavano entrambi seduti sul bordo della fontana del centro della piazza nel Mall a mangiare un gelato dopo che avevano passato l’intera giornata per negozi di tutti i tipi, da quelli di elettronica a quelli d’abbigliamento, da quelli per il fitness a quelli gastronomici a quelli di giocattoli; le venne in mente l’estate prima quando lei e Castiel avevano preso un gelato insieme e lui glielo aveva fatto cadere; questo però era più tranquillo, più familiare, era… diverso.
Lasciandogli il suo gelato in mano senza dirgli nulla, piantò Kentin là seduto, entrando in un negozio di dolciumi dal quale uscì pochi istanti dopo; poi si rimise a sedere riprendendosi il gelato come se nulla fosse.
«E così stavi aspettando qualcuno» gli disse sapendo che così avrebbe aperto un argomento spinoso che forse avrebbe intaccato quella bella giornata che avevano passato insieme, ma non riusciva a starsene così senza dire nulla a riguardo, se doveva anche essere solo sua amica, il fatto che si vedeva con disparate ragazze alla volta l’infastidiva.  Vedendo però che il ragazzo sapeva dove volesse andare a parare cercò di ammorbidire la conversazione senza però abbandonare il suo obbiettivo madre.
«Anche io all’inizio ero venuta qui ad aspettare qualcuno, sai»
A Kentin stava per andare storto il gelato; si ricompose cercando di fare l’indifferente.
«Ah davvero e chi aspettavi di bello?» le chiese gettando con cattiveria il resto del cono nella pattumiera, visto che il suo stomaco si era improvvisamente chiuso.
Ivy restò impassibile, continuando a sgranocchiare il cono del suo gelato.
«Lysandre»
«Ti piace quel tipo di ragazzo lì? Sempre meglio di Castiel!»
Ivy si limitò a guardarlo di sottecchi.
«Io almeno non mi vedo ogni giorno con una ragazza diversa»
«Vuoi toglierti dalla testa che non stavo aspettando una ragazza?»
Lei continuò a non rispondergli, finendo di mangiare pacatamente il suo gelato.
«Sei libera di non credermi ma stavo aspettando – non mi crederai ma è così – Castiel»
«Mmm» disse la ragazza gettando il fazzoletto con cui teneva il suo cono gelato.  «Hai ragione, non ti credo»
Vide per la prima volta in vita sua la faccia contrariata di Kentin.
«Te lo posso giurare, ma sta a te crederci o meno»
«Si è fatto tardi Kentin, devo andare»
«…»
Ivy iniziò ad incamminarsi per poi fermarsi di colpo.
«Non mi accompagni?»
Kentin sapeva che tra di loro c’erano un mucchio di incomprensioni, non capiva perché lei credesse che si doveva vedere con una ragazza, non capiva la sua allusione al cambiare ragazza ogni giorno, ma sapeva anche che non avrebbero potuto risolvere tutto in un giorno, così si accontentò dei progressi fatti in quella giornata, lasciando il resto al domani.
Mentre stavano camminando per andare a casa, Kentin le si avvicinò, sfiorandole la mano; sapeva che era troppo presto per farlo ma sapeva anche che per lui quello era il momento giusto e che gli andava di farlo; senza troppe esitazioni avvicinò la mano alla sua e gliela strinse. Ivy senza nemmeno girarsi a guardarlo o dirgli qualcosa ricambiò la stretta, incrociando le dita con le sue.
Sapeva che era cambiato, che non era lo stesso, ormai quella voce nella sua testa era diventata così ripetitiva e stantia ma voleva soprassedere per una volta e godersi dopo tutto quel tempo il ritorno, tanto agognato, di Kentin; il ragazzo vide Ivy abbassare lo sguardo e fissare le loro mani intrecciate sorridendo e fu lì, in quel preciso istante che dopo anni si sentì completo.
 Arrivati davanti casa di lei ci fu un po’ di imbarazzo e confusione, non sapevano esattamente come salutarsi; si erano lasciato un anno prima quasi come fidanzati, poi si erano persi di vista, poi era tornato ed avevano “rotto”, mille incomprensioni ed ora avevano passato forse la giornata più bella della loro vita fino a quel momento. Kentin prima di lasciarle la mano ci diede un lieve bacio sopra, facendo arrossire la ragazza.
«Ivy io…»
«Ci sarà un tempo ed un luogo per spiegare tutto, non roviniamo questa giornata, ti prego» gli sorrise, poi iniziò a frugare nella borsa.
«Spero che siano ancora i tuoi preferiti»
Gli mise in mano qualcosa e poi si avvio verso l’uscio di casa; Kentin continuò a fissarla fino a quando la ragazza non entrò e chiuse la porta sorridendogli, poi abbassò lo sguardo e vide che in mano aveva un pacco di biscotti.
Erano dei biscotti al cioccolato; ma non dei semplici biscotti erano quelli che una volta mangiavano insieme dopo la scuola quando passavano del tempo insieme…
Erano proprio i suoi preferiti e quella non era decisamente una coincidenza.
 

 

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