Anime & Manga > Rossana/Kodocha
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Autore: Fallen Star    21/11/2013    6 recensioni
Sana e Akito, dopo mille promesse sono riusciti a parlarsi circa i propri sentimenti. Ormai fidanzati la loro storia prosegue a gonfie vele, fino a quando lei deve partire per LA per un film.
Un incidente farà credere a tutti che Sana sia morta ma le circostanze le hanno fatto perdere la memoria e la trovano alle prese con una nuova vita a Sao Tomè. Akito intanto combatte i demoni della solitudine. Riusciranno i due ragazzi a ritrovarsi e a far risplendere il loro amore?
//Storia rimpaginata,ora si dovrebbero leggere i dialoghi //
I primi capitoli di questa storia sono stati scritti secoli fa per cui sono piuttosto infantili, la vera storia è quella che subentra poco dopo.
Poco a poco controllerò e sistemerò i vecchi capitoli, per quanto possibile.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ti ricorderai di me

Primi passi


La scintillante Lexus nera di Kamura parcheggiò vicino al cancello della proprietà di Misako Kurata. Naozumi scese dalla macchina, pronto ad aprire la portiera a Bakari, quando i suoi occhi incontrarono quelli di Hayama.
Il giovane ragazzo biondo era già in sella alla sua moto, solo per un attimo distolse lo sguardo da quello di Kamura per vedere il suo cellulare che continuava a illuminarsi. Quando Akito avviò la moto per andar via, il cuore dell’attore esultò.
Lui e solo lui aveva riportato a casa Sana, Akito non aveva fatta nulla e quella ragazza tanto contesa aveva conosciuto lui, Naozumi Kamura, con il quale aveva riso, scherzato e parlato, Naozumi aveva cercato di ammaliarla con i suoi modi gentili ed galanti e lei ne era rimasta visibilmente affascinata.
Durante i mille pensieri del giovane, Bakari era lì seduta, che giocava con lo stesso pupazzetto che lei gli aveva regalato tempo fa e che lui aveva gelosamente legato allo specchietto retrovisore.
La moto di Akito sfrecciò a gran velocità di fianco al finestrino oscurato di Bakari, lei fu scossa dal rombo che la distolse dai suoi pensieri.
<< Zotico >> esclamò, mentre con lo sguardo seguì la motocicletta andar via.
Naozumi si riscosse e andò ad aprire la portiera di Bakari .
<< Eccoci qui >> le fece un grande sorriso, mentre lei scendeva appoggiandosi alla mano che lui le aveva porto.
<< Chi vive qui? Qualcuno che può darci informazioni? >> chiese la giovane, Naozumi acconsentì scuotendo la testa con convinzione, rischiò di essere inondato da una fiumana di domande che lui arginò, poggiando delicatamente un dito sulle sue labbra, sfiorandogliele appena.
<< Stai tranquilla, qui troverai tutto quello che cerchi >> le disse avvicinandosi al videocitofono, si fece avanti solo lui e premette il pulsante per attirare l’attenzione degli abitanti di casa Kurata, subito il cancello gli fu aperto.
Per tutto quel tempo, da quando era stata annunciata la morte di Sana, Naozumi era sempre stato vicino alla famiglia Kurata, sia quando la Maestra fece iniziare le ricerche nella speranza di trovarla ancora viva, sia quando gli esiti furono negativi e ogni speranza vana, lui era lì, al fianco di Misako Kurata e ancor di più il giorno dei funerali .
La mente di Kamura ritornò a quel giorno buio, migliaia di persone si presentarono alla cerimonia, tra fan, giornalisti, colleghi, amici e parenti, persino Keiko, con la quale non si vedeva da dieci anni era lì, tutti, tranne Akito.
Lui, troppo rinchiuso nel suo dolore si rifiutava di essere alla funzione.



La mano ghiacciata di Naozumi continuava a suonare al citofono, ma nessuno rispondeva.
Il vento e la forte pioggia di quel giorno continuavano a sferzare il suo corpo senza sosta, non bastava il dolore acuto che attanagliava il suo cuore, ci si metteva anche il tempo a urlare la disperazione di quella perdita.
Kamura aveva una missione: trascinare Akito alla cerimonia e onorare la vita della sua compagna, con la sua presenza lì.
L’attore era ormai stanco di bussare senza risposta, si fece forza e scavalcò il cancello della casa che i ragazzi avevano comprato come nido del loro amore.
Con le nocche diede un primo colpo alla porta, attese qualche suono che gli facesse capire la presenza di qualcuno << Hayama entro >> disse alzando la voce per farsi sentire, mentre le ultime parti asciutte del suo corpo erano ormai inzuppate.
Gli occhi azzurri saettavano in casa alla ricerca del ragazzo, iniziava a sentire freddo, per via dei vestiti che si erano appiccicati addosso, e a tremare per qualche spiffero, intuì che forse doveva esserci qualche porta o finestra aperta e iniziò a cercare.
Continuò a chiamare Akito di continuo, aprendo tutte le porte che trovava lungo il suo percorso, finalmente in una stanza trovò aperta la porta finestra che dava sul balcone, la pioggia impietosa penetrava nella camera aiutata dai forti venti.
Naozumi notò finalmente la figura del giovane in piedi appoggiato alla ringhiera << Hayama >> chiamò per non farlo spaventare, ma la condizione in cui lo trovò lo lasciò attonito.
Kamura si avvicinò lento, gli si mise di fianco e lo scrutò per un attimo.
Akito era totalmente bagnato da capo a piedi, era lì, fermo e immobile, nonostante le raffiche sembrassero spingerlo dentro.
Il suo sguardo era proiettato verso le nuvole o forse molto più su, i suoi occhi rossi e gonfi, le occhiaie profonde e il viso scarno risaltavano immediatamente.
Il suo viso dai piacevoli lineamenti mascolini ancora un po’ acerbi, era totalmente cambiato mostrando una maschera di dolore.
Eppure ciò che più lo aveva colpito erano le gocce che solcavano la sua faccia e si mischiavano con la pioggia.
Quelle lacrime sembravano lame che incidevano indelebilmente il suo volto al loro passaggio.
Naozumi fu scosso a quella vista, la figura da duro di Akito si era sgretolata sotto il peso del suo immenso amore per Sana.
E lui si sentì quasi indegno per aver provato più volte ad allontanarli.
<< Akito >> non aveva mai usato quel tono confidenziale con lui, ma in quella circostanza gli sembrava che lo facesse sentire più vicino chiamarlo per nome << Per favore, vieni con me, andiamo insieme ad onorare la sua vita su questa Terra. Lei ha fatto del bene a tanti, a noi soprattutto… >> il fiato gli sembrava mancare a quelle parole, solo in quel momento gli sembrava di realizzare davvero che la sua migliore amica era andata via per sempre << Questo almeno glielo dobbiamo >> concluse con le lacrime che inesorabilmente gli bagnavano gli occhi.
Il ragazzo biondo non si scosse minimamente a quelle parole, tutto in lui faceva capire che quella consapevolezza l'aveva raggiunto da tempo e così immobile, con lo sguardo vacuo e teso all'infinito parlò << Lo faccio già, sempre. Onoro la sua esistenza restando qui, in vita su questa terra seppur morto nel cuore >> scandì quelle parole con una tale solennità che Naozumi non seppe controbattere e capì quanto fosse giusto lasciarlo lì.
Scendendo le scale si chiedeva chi dei due fosse realmente morto, se lei che aveva fisicamente lasciato questo mondo o lui che c’era ma che non desiderava vivere.
Abbandonò in fretta quella casa, il suo dolore sembrava enfatizzato tra quelle mura.



Un brivido percorse il corpo di Kamura a quei ricordi, scosse la testa per allontanare quelle brutte sensazioni che gli apparivano ormai lontane, a brevi passi attraversò il cortile di casa, lasciando che quegli ultimi sprazzi di sole primaverile illuminassero i suoi capelli argentei.
Naozumi prese un profondo respiro prima di bussare al portoncino, accarezzò la testa di Sana in un gesto affettuoso per infonderle coraggio e le si posizionò dinanzi, sovrastandola con la sua figura ormai cresciuta.
Avrebbe voluto riflettere meglio su come portare la ragazza in casa anche solo per preparare meglio la mente e il cuore distrutto della Sensei, ma non riusciva a trovare soluzioni in quel momento.
Bussò.
Subito uno scalpicciò giunse alle loro orecchie accompagnato da una voce gentile << Vengo subito >>.



Akito con una lunga frenata raggiunse la strada sotto casa sua, con nervosismo aprì il cancello ed entrò sbattendo il portoncino.
La visione del perfetto Kamura che andava a trovare la madre di Sana, cosa che lui non aveva mai fatto, lo aveva infastidito al punto che sentì il suo corpo tremare e i nervi fremere sotto la pelle.
Quella casa che in genere sentiva grande e vuota, appariva improvvisamente piccola e opprimente, aveva bisogno di sfogare quella sensazione.
Senza neanche pensarci le sue mani presero le scarpette e non ebbe il tempo di rendersene realmente conto che le sue gambe si mossero da sole e con grandi falcate marciò sulla strada, macinando metri inconsapevolmente.
Un’ora dopo, il suo corpo spossato e affannato si appoggiò al portoncino di casa, il suo petto si alzava e abbassava veloce, il cuore pulsava forte, il sudore imperlava la fronte appiccicando i ciuffi ribelli.
Per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva … vivo.
Quella corsa gli aveva fatto superare tutte le emozioni provate in quella giornata, la casa di Kurata, la presenza di Kamura, i ricordi di lei. Senza troppi preamboli si buttò sotto la doccia, per la prima volta svuotato e senza pensieri.



Bakari osservava la porta d’ingresso della villa, percependo un non so che di familiare, continuò a guardarsi intorno nel tentativo di far passare quei secondi infiniti.
Sentiva il cuore in gola mentre, nervosa, stropicciava la camicetta tra le mani, ogni passo che sentiva provenire dalla casa le rimbombava nella testa, le pareva che il tempo si fosse fermato.
I cardini scivolavano silenziosi tra loro, la porta si aprì e una signora anziana, con in mano un vassoio, accolse il giovane con un caldo sorriso << Salve signor Kamura >> le si illuminarono gli occhi nel vedere quel ragazzino che aveva visto crescere << Mi scusi se l’ho fatta attendere e se l’accolgo in queste condizioni, ma le altre domestiche sono impegnate >>.
La signora fece cenno a Kamura di entrare, ma lui le rivolse un mezzo sorriso imbarazzato e rimase in posizione … Non sapeva che fare.
<< Signorino non si sente bene? >> riprese la signora Shimura vedendolo immobile.
Naozumi non riusciva a trovare alcuna parola per spiegare la situazione, per cui si fece coraggio e si spostò di lato, scoprendo la figura che nascondeva alle sue spalle.
I foschi occhi scuri della donna incontrarono le pozze cioccolato della ragazza.



<< Maestra crede che riprenderà a scrivere le sue opere? >> chiese il giovane, la scrittrice lo guardò, la sua voce e il suo corpo risposero senza il solito brio che le apparteneva << E’ probabile che riprenderò a scrivere ma non so tra quanto, credo che la mia pausa durerà ancora un po’ >> disse lapidaria,come se improvvisamente avesse perso quelle stesse parole che l'avevano resa famosa.
Sasaki sbirciò nei suoi occhi, fisicamente stava bene ma il suo sguardo appariva vuoto, come disinteressato al mondo circostante, persino i suoi lunghi capelli apparivano piatti e lineari con il suo stato d’animo, racchiusi in una lunga treccia che le ricadeva dietro la schiena. Delle sue stravaganti acconciature nemmeno l’ombra.
Tsuyoshi non ci mise molto a capire perché.
SBRANG!
Un rumore vibrante giunse al salotto in cui si trovavano.
Gli occhi di Misako saettarono verso la porta, d’istinto la raggiunse in fretta.
I suoi occhi puntarono la figura minuta della signora Shimura.
Abbandonò senza remore la stanza, mentre avanzava nel suo lungo kimono nero con passi svelti verso l’ingresso della casa.
Kurata cercava con lo sguardo qualsiasi indizio di quel trambusto, prima di arrivare da Shimura-san, le sorprese avevano smesso di piacerle.
Lo sguardo di Misako dardeggiò tra le tazzine rotte in terra e il vassoio sporco di the, salì lungolla figura della sua fedele domestica, fino a puntare l'immagine di una ragazza dai lunghi capelli mossi dalle accese sfumature ramate.
La padrona di casa si avvicinò con premura, i lineamenti della giovane divennero più nitidi, la linea del viso delicata, occhi intensi e un grande sorriso aperto al mondo erano le caratteristiche che la contraddistinguevano, oltre alla grande somiglianza con sua figlia. Solo la carnagione era diversa, la pelle nivea di Sana era fortemente in contrasto con quella imbrunita di quella giovane.
<< Che cosa significa? >> il cipiglio severo di Misako le diede uno scossone << Come osa venire qui e deridere le disgrazie di questa casa? >> la scrittrice era furiosa, la giovane guardava interdetta la donna di mezz’età non sapendo cosa rispondere.
Bakari capiva ciò che le veniva detto, provò ad aprire la bocca per spiegarle la situazione ma ogni volta che provava ad articolare un suono, le parole le venivano meno.
La rabbia con la quale quelle parole la raggiunsero, avrebbero dovuto ferirla, ma Bakari non riusciva ad avercela con quella donna, nei suoi occhi leggeva solo tanto dolore risvegliando una forte empatia.
Avrebbe solo voluto sapere qual era il suo ruolo in quella indignazione.
La Sensei riacquistò la sua calma solita << Mi faccia il piacere di lasciare questa casa immediatamente e non si permetta mai più di oltraggiare la memoria di mia figlia >> indignata girò le spalle alla ragazza, lasciandola lì senza parole.
Naozumi intervenne << Misako-san si fermi. Dedichi cinque minuti a questa ragazza, la prego >>, il passo della donna si fermò di colpo, alla voce del giovane amico.
Misako cercò di essere fredda e razionale, promettendosi di non illudersi mentre la sua testa sembrava quasi dire “Sana non c’è più, accettalo”.
La Kurata seppur controvoglia invitò la giovane ad entrare mentre lei invitava la domestica a servire qualcosa,fece un cenno a Kamura indicandogli lo studio, dimentica della presenza di Sasaki.
L’attore varcò placido l’ingresso senza notare la presenza del giornalista sulla poltroncina che dava loro le spalle. Tsuyoshi sentendo la presenza di qualcuno nella stanza, si alzò per salutare le persone arrivate, quando il suo sguardo si posò sulla giovane.
La gola gli si seccò, ma solo un nome sfuggì dalle sue labbra << Sana? >> .
Non ci pensò un attimo, di slancio Tsuyoshi allungò le braccia a stringere il corpo di una Bakari dapprima sorpresa, ma poi intenerita da quel gesto affettuoso.
Tsuyoshi allentò l’abbraccio per guardarla negli occhi, incurante delle prime lacrime che facevano capolino.
La Kijana guardò Kamura per avere spiegazioni << Perché ha detto Sana? E’ una persona? Le assomiglio? >> non ci volle molto per gli altri, a capire cosa stesse domandando, perché netto il suo viso mostrava quella confusione mista a curiosità.
Tuttavia nonostante le sue domande, Naozumi non rispose, attendeva che fosse Misako ad aprire l’argomento.
La donna, dall’esterno della stanza, aveva assistito alla scena senza proferire parola, tutti aspettavano un suo gesto o parola.
Il silenzio che regnava fu rotto dai passi cadenzati della scrittrice che avanzava nella stanza.
Il suo sguardo fisso e penetrante studiava la giovane.
<< Crede che tu sia mia figlia >> proferì indifferente, attraversando la stanza da parte a parte.
Bakari cercò di assimilare quell’informazione senza scomporsi, anche se quella frase continuava a ripetersi nella sua mente come una nenia. Lei aveva attraversato mezzo mondo alla ricerca del calore della sua famiglia e riceveva gelo da quella che si spacciava essere sua madre.
<< Ma lei è morta >> continuò con una leggera inclinazione nella voce << Per cui esigo sapere chi sei e perché sei qui >> continuò fredda e quasi accusatoria al cospetto della ragazza.
<< Signora, mi chiamo Bakari Kijana >> rispose in portoghese, guardandola fisso negli occhi, mentre Naozumi traduceva ogni parola.
<< Non so realmente chi sono. Questo è il nome che mi ha dato la giovane che mi ha trovato sulla spiaggia di Sao Tomè >>.
<< Sao Tomè? >> ripeté Sasaki ignaro dell’esistenza di quel paese.
<< Sì, Sao Tomè e Principe. Sono delle isole che si trovano nel Golfo della Guinea. Sono piccolissime, perciò può essere che non le conosci >> sorrise a Tsuyoshi che ascoltava attento.
<< Mi hanno trovato lì poco più di otto mesi fa, altro non so >>.
La scrittrice stava per parlare, che nuovamente la voce del giornalista si fece risentire << Sensei i tempi coincidono >> proruppe convinto che quella ragazza fosse la sua amica << E la somiglianza con Sana è innegabile >> concluse a spada tratta.
A Misako questi dettagli non erano sfuggiti, ma la paura d’illudersi e soffrire nuovamente le impedivano di riaprire ancora il suo cuore, dilaniato dalla scomparsa della figlia che la vita le aveva strappato prima del tempo.
Kamura diede alla maestra il foglio che lui teneva spiegazzato nella tasca del pantalone, le indicazioni che Robert aveva lasciato alla ragazza per arrivare a casa della scrittrice.
Quasi uno spiraglio di luce e speranza stava per raggiungere il cuore della donna.
<< Non mi hai ancora risposto, perché sei qui? >> riprese Misako avvicinandosi alla ragazza per scrutarla meglio.
<< Sono qui perché mi hanno detto che avrei avuto delle risposte >> prese fiato pensando alle parole di Naozumi e di Robert << Voglio solo scoprire chi sono e se ho anch’io una famiglia a cui appartenere >> la voce della giovane apparve quasi come un’infantile bisogno d’amore.
Misako vide nel suo sguardo quello della bambina abbandonata, che ventidue anni prima aveva trovato sulla panchina del parco.
Il cuore di madre non aveva più bisogno di risposte, ma la sua mente continuava a esigerne.
In un movimento un po’ goffo, Bakari lasciò scoprire il ciondolo che teneva legato al collo. La luce del lampadario colpendolo veniva riflessa, attirando l’attenzione della scrittrice.
Incuriosita osservò con attenzione, pur non riuscendo a mettere bene a fuoco << Che cos’è? >> chiese con voce gentile indicandolo con lo sguardo.
Bakari raggiunse la collanina, l’accarezzò con premura << Non lo so >>, con le dita percorse tutto il mezzo cuore << Però da quando ne ho memoria, l’ho sempre avuto con me >>.
<< Posso? >> le chiese la donna, dopo un sorriso di assenso, la mano della donna raggiunse il ciondolo; se lo girò tra le mani e notò una piccola incisione sul retro, una “A” troneggiava in bella vista.



Era sabato notte, Misako era seduta sul letto in attesa d’ispirazione con il portatile sulle gambe, sperava che in quell’oscurità, le parole che cercava sarebbero giunte più facilmente.
Sana era partita per Los Angeles da qualche giorno e l’aveva sentita poco perché lei era molto impegnata con le riprese. D’un tratto, nel silenzio della casa, un “BING” risuonò, notizie fresche in arrivo.
La scrittrice aprì la pagina delle mail, in cui svettava una lettera della figlia, lesse con fervente curiosità tutto ciò che la sua bambina le raccontava.
Notò un allegato e lo aprì.
Vi era una foto di Sana con un ciondolo a forma di cuore spezzato e un ulteriore allegato con l’incisione retrostante, una “A”.
Misako lesse con gioia che la figlia era felice con Hayama e gioiva della sua gioia.



Solo in quel momento realizzò, quel ciondolo che incorniciava quella giovane era lo stesso delle foto che Sana le aveva inviato, le sue risposte erano arrivate.
La ragazza che le stava di fronte, era sua figlia.
Le barriere di Misako crollarono così come i suoi timori, come un castello di carte sospinto dal vinto.
Le braccia della donna avvolsero il corpo di Sana, stringendolo a sé con tutto l’amore che aveva, la sua testa si appoggiò al collo della figlia respirandone l’essenza, la stretta ardimentosa ma non forte mostrava quanto delicata e fragile apparisse l’immagine della figlia agli occhi della scrittrice.
Temeva che stringendola più forte lei sarebbe scomparsa, che la sua immagine si sarebbe dissolta tra le sue braccia lasciando solo qualche voluta nell’aria, così come nei suoi sogni accadeva di frequente.
Quel corpo che lei aveva sperare di ritrovare, seppur senza vita, era lì di fronte a sé, con la sua solita vitalità ed energia.
In un gesto dettato dall’istinto, la giovane ricambiò la stretta a quella donna sconosciuta, lasciandosi guidare dalla voce delle emozioni che provava. Misako s’inebriò di quel momento e assaporò il calore dell’abbraccio della figlia, mentre calde stille di gioia conquistarono il suo viso segnato.
Finalmente tra le braccia di sua figlia si poté sentire una madre completa.
L’emozione colse pure Sana che si lasciò andare a un pianto silenzioso carico di commozione, le loro lacrime si mischiarono.
Quelle due anime fragili si erano rincontrate e riconosciute, diventando un’unica realtà, in grado di superare le difficoltà del mondo insieme.
Naozumi trascinò Tsuyoshi fuori, quel momento era giusto fosse solo loro.



Kamura e Sasaki, erano appoggiati al muro del corridoio, le tante emozioni della giornata li avevano quasi sfibrati.
In un momento di lucidità, Naozumi espresse i suoi pensieri all’amico di Sana.
<< Sasaki ora dobbiamo pensare solo a preservare Sana e la sua famiglia. Nessuno deve sapere >> concluse secco.
Tsuyoshi ascoltò attento, avrebbe voluto chiedergli tante cose, come l’aveva trovata e soprattutto se sapeva perché lei sembrava non riconoscere nessuno, ma aspettò che fosse lui a dargli le risposte che cercava, ma fu colpito a bruciapelo da quella sua affermazione.
<< Non capisco cosa vuoi dire Naozumi, chi vuoi che sappia? La stampa? E’ ovvio che faremo di tutto per evitarlo, per lei potrebbe essere un trauma. E poi ha bisogno di tempo per abituarsi alla sua vita e ci sono molte persone che hanno bisogno di recuperare il tempo perduto con lei >> concluse tutto d’un fiato, convinto.
<< No, Sasaki non hai capito. Nessuno oltre noi può sapere! >> disse serio, un sopracciglio di Tsuyoshi si alzò incredulo.
<< Non puoi chiedermi di mentire ai miei amici, che sono anche i suoi e poi Akito deve saperlo! E’ il suo ragazzo, diamine! >> rispose innervosito.
<< Sasaki non è possibile! >> gli occhi di Naozumi fissarono duramente il ragazzo dinanzi a sé e ancor più duramente la sua voce risuonò nella testa del castano.
Tsuyoshi stava per andare in escandescenza, prese Kamura per la camicia e la stinse con rabbia crescente.
<< Cazzo Kamura, Akito ha tentato il suicidio quando ha saputo della sua morte! Come puoi dire così tranquillamente che non deve sapere, quando conosci quello che li lega >>.
Kamura a quelle parole si sentì colpito nell’orgoglio, Hayama era tutto ciò che lui avrebbe voluto essere per Sana. Il confronto con Akito e la sua costante presenza nella vita dell’unica donna che avesse mai amato, erano per lui una piaga continua.
Naozumi prese un grande respiro << Sasaki >> ponderò bene le parole << Sana ha perso la memoria … Non ricorda niente, né chi è lei, né chi è Akito , né altro >> il tempo che si prese per completare la frase, ne enfatizzò ancor di più l’importanza << Ho il timore che possa perdere tutti i suoi ricordi >>.
Gli occhi di Naozumi videro uno Tsuyoshi sconfortato dalle sue parole, ma era giusto che continuasse e che lo mettesse dinanzi ai fatti << Credo che da qualche parte, nei meandri della sua memoria, ci siano tutti i momenti che non ricorda, è come se avesse messo inconsapevolmente da parte la sua vita, per viverne una parallela. Temo che adesso, se venisse a contatto con le persone che un tempo le erano vicine, per uno strano motivo, potrebbe perdere tutti i ricordi. Sai, tipo uno shock >>si prese qualche secondo << Sarebbe come averla qui, ma perderla per sempre>>.
Il silenzio che aleggiò tra i ragazzi rimbombava come il suono di uno schiaffo inferto in pieno viso.
Tsuyoshi non volle disturbare e se ne andò per la sua strada, lasciando i propri ringraziamenti alla fidata collaboratrice di Misako. Approfittò del leggero venticello per riflettere meglio e scrollarsi di dosso tutte quelle emozioni che lo avevano turbato. Si era promesso che Akito non avrebbe saputo nulla fino a tempo debito.
Temeva solo che con la sua sensibilità, Aya avrebbe capito che c’era qualcosa di nuovo nell’aria.



Stretta tra le braccia di sua figlia, gli occhi brillavano della stessa intensa luce di come quando le era stata affidata la piccola Sana, dopo aver saputo di essere sterile.
Dopo molto tempo Misako allentò l’abbraccio, non avevano mai parlato, entrambe tutto quello che avevano da dirsi, se lo erano dette tramite i loro gesti d’affetto.
<< Vuoi qualcosa? >> chiese la madre, che solo in quel momento realizzò che la figlia non capiva più la lingua, ma, a dispetto dei suoi pensieri, Sana capì.
Scosse appena la testa che il leggero brontolio del suo stomaco raggiunse le orecchie preoccupate di Misako, lei le sorrise con calore, le prese la mano e la portò con sé in cucina.
<< Questa è la cucina, prendi tutto ciò che desideri. Per qualsiasi cosa io e Shimura-san siamo qui >> le sorrise con sincerità, Sana titubante prese qualcosa dal frigorifero, quando si girò verso la madre << Sushi >> disse guadandola, pur non capendo cosa fosse, continuò a ripetere quella parola per lei priva di senso.
Dopo poco più di dieci minuti, due porzioni del miglior sushi di Tokyo era in bella vista sul tavolo.
Gli occhi di Sana correvano da un mazisushi al temaki, dagli onigiri all’urumaki, dal sashimi al gunkanzushi*, il solo suo sguardo si riempiva di quelle forme diverse e dai colori carichi, che variavano dal verde scuro dell’alga nori** al bianco intenso del riso , dal rosa del salmone al verde chiaro dei cetriolini, quel mare di colori e odori investivano i suoi sensi, rendendo quel piatto così invitante ai suoi occhi, che subito si sedette a tavola.
Misako seguì Sana, sedendosi al suo fianco, felicemente trascinata dall’entusiasmo di sua figlia. Ringraziò mentalmente i kami per la sorpresa che le avevano riservato.
<< Ittadekimasu*** >> esclamò la donna, avvicinando le mani per poi separarle subito dopo un breve inchino. Sana ripeté i suoi gesti e le sue parole, intuendo come quello fosse un rito di ringraziamento e un buon augurio per la cena. Misako prese le hashi**** tra le mani e con maestria il primo bocconcino di sushi giunse alle sue labbra, la ragazza provò nuovamente a emulare la madre, non riuscendo nell’intento.
La giovane cercò di mantenere le bacchette in modo corretto, intenta com’era non si accorse della presenza della madre, fino a che si sentì sfiorare dalla manica nera del suo kimono.
<< Cara si prendono così >> disse la scrittrice con premura, mostrandole la posizione delle mani rispetto alle bacchette. Sana seppur in difficoltà, tremolando, riuscì ad agguantare una prima porzione di riso e a portarsela veloce alla bocca; la ragazza assaporò a fondo il gusto.
<< Ti piace? >> scandì Misako e lei fece la sua faccia più soddisfatta per far capire alla madre quanto avesse apprezzato, riprese le hashi tra le mani e provò a prendere un ulteriore pezzo,lo stomaco si faceva sentire.
Tremò ancora, aggiunse un po’ di salsa di soia e quando stava per portarlo nuovamente alle labbra, le scivolò il bocconcino, ruzzolando prima sulla tovaglia per poi spiaccicarsi a terra.
Il viso di Sana s’imporporò in un baleno, s’affannò con un tovagliolino a pulire, tra le risate di Misako che la facevano stranamente sorridere, senza farla sentire schernita.
<< Non ti preoccupare >> le disse la madre, facendola risedere al suo posto . Ancora in imbarazzo Sana si sedette al suo posto e si precipitò ad allontanare il piatto di sushi dinanzi a sé.
Misako guardò la figlia e attese che lei ricambiasse lo sguardo, a quel contatto la donna si precipitò a prendere il sushi con le mani, incitandola a fare lo stesso.
La giovane apprezzò quel tentativo di farla sentire a proprio agio e con piacere ritrovato, si servì del piatto.
Terminata la cena, le due donne si portarono fuori la veranda, illuminata dalla Luna, ormai alta in cielo.
Restate sole chiacchierarono e cercarono di capirsi quanto più possibile.
La madre accarezzò la guancia della figlia, ancora incredula di quella sua presenza lì.
<< Come sei stata in questo periodo? Eri felice? >> chiese parlando piano, la sua priorità era sapere che non aveva sofferto più del dovuto, in quel periodo.
Scosse la testa verso il basso, era un sì.
<< Molto >> riuscì a dire, Misako strabuzzò gli occhi sentendola parlare in giapponese, seppur in difficoltà.
<< Allora cosa ti ha portato qui? >> chiese curiosa.
La giovane poggiò la mano su di sé << I-i-io impo… in.. incompleta >> farfugliò a fatica, scovando tra le mille parole che le vorticavano nella testa, cercò quelle che le sembravano più idonee, anche se le parole corrette le apparivano dinanzi agli occhi come sfuocate e i suoni molto soffusi e lontani.
Misako l’abbracciò con un vero e profondo abbraccio materno, sperando di colmare almeno in parte i suoi vuoti.
D’improvviso l’immagine di Hayama le baleno alla mente, stava per chiederle se ne avesse ricordo, che la vide sbadigliare.
<< Forse è il caso di andare a dormire >> disse la donna e Sana acconsentì, con ancora le lacrime agli occhi per lo sbadiglio.
Dopo una doccia veloce, Misako l’accompagnò lungo il corridoio, posò la mano sulla maniglia della stanza che era sempre stata di Sana, stava per aprire << Dormire con te? >> biascicò in uno strano mix nippo-portoghese << tutto sconosciuto a me, tu sei l’unica cosa che sento parte di me >> disse a bassa voce.
Misako senza troppi preamboli la portò nella sua stanza e dopo pochi minuti si ritrovarono nel letto, si addormentarono felici l’una nelle braccia dell’altra.


Il sole giunse presto a conquistare il cielo bruno di Tokyo, questa volta la sua luce non si era limitata ad illuminare i tetti delle case, ma era penetrato nel cuore, divenuto pece, di Misako Kurata.
<< Si dottore… ho capito >> concluse la telefonata con un nuovo peso che le schiacciava il cuore.
<< E adesso? Come devo fare? >>


* Mazisushi, temaki, onigiri, sashimi e gunkanzushi = Varietà differenti di sushi
** Alga Nori = Alga verde scura che avvolge gli involtini di riso per il sushi
*** Ittadekimasu = Buon appetito
**** Hashi = Bacchette Salve a tutti :)
Rieccomi qui con questo 13° chappy che spero vivamente vi sia piaciuto, anche se credo che in particolare ci sia il momento dell’abbraccio che non rende come vorrei :s Dettagliuccio a parte, questo capitolo credo sia più lungo del solito e spero fatto meglio :)
Comunque appena termino l’ultimo capitolo di un’altra fic, mi dedicherò unicamente a questa così da terminarla quanto prima :)
Ormai si può dire che non manca molto, anche se sarà strano dover addio a questa fiction che quand’ero ragazzina mi accompagnava nei lunghi ritorni da scuola, in cui fantasticavo su queste avventure :D
Spero che anche voi lettori e commentatori sarete qui a sopportarmi e supportarmi con affetto come hanno alcune di voi :)
Grazie mille del supporto,
Fallen Star
   
 
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