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Autore: Malanova    21/11/2013    3 recensioni
Anno 1982: La sala giochi "Litwak's Arcade" è aperta solo da un paio di settimane ma ha già riscosso un grande successo. Il gioco più popolare della sala è Turbo-Time. Il protagonista della mia storia sarà appunto Turbo nel pieno della sua popolarità. Vi auguro buona lettura! ATTENZIONE: Ho modificato un pò la storia, aggiungendo piccoli particolari e, spero, migliorato la mia grammatica. GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE LEGGONO!
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Re Candito/Turbo
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Eccolo di nuovo … Puntuale come un orologio svizzero” pensò Celeste con un’espressione stanca sul suo bel viso, facendo un sospiro seccato. Come al solito, quando si trovava a leggere all’interno della Stazione, a un certo punto aveva alzato lo sguardo dalle pagine del libro e lo aveva notato in mezzo alla folla. Il bizzarro re dei dolci di SUGAR RUSH la stava fissando, a qualche metro di distanza, con un’espressione ebete, incurante che stesse in piedi come uno stoccafisso in mezzo a un tratto che, a quell’ora, era sempre molto affollato. Lo faceva ormai da quasi una settimana e in quel lasso di tempo non si era mai avvicinato né le aveva mai fatto un cenno di saluto per poi riprendere la sua strada. Ora la donna ne aveva avuto abbastanza.
Si alzò dalla panchina, si allisciò la lunga gonna rosa pastello, rinchiuse il libro con un gesto secco e si diresse verso di lui a passo spedito. Il re, quando si accorse che la principessa spaziale si stava avvicinando, si irrigidì tutto ed arrossì vistosamente. Quando fu abbastanza vicina; lei puntò l’indice contro il panciotto di Candito e sibilò minacciosa “Senti … è da una settimana che non fai altro che fissarmi … si può sapere che diavolo vuoi da me?!?”. Il sovrano la fissò disorientato nei occhi purpurei ed aprì la bocca come per sillabare qualcosa. Poi, alla fine, sorrise e sussurrò “Avevo sentito che eri bella ma non immaginavo che potevi essere la reincarnazione del paradiso …”.

Celeste spalancò gli occhi dallo stupore e fece un passo all’indietro, barcollante. Quelle parole … erano le stesse che le aveva rivolto Turbo al loro primo incontro, nel bar di Tapper, quindici anni fa! Ma come … Re Candito si mise a ridacchiare vedendo quell’espressione e stava per aggiungere altro quando vide qualcosa che lo fece azzittire di colpo: il viso della donna si era sbiancato e teso in una smorfia di dolore. Delle rosse occhiaie circondarono la pelle delicata attorno ai occhi e iniziò a tossire così forte che le mancava il respiro. E, all’improvviso, svenne.
Lui scattò in avanti e la afferrò prima che potesse cadere a terra, per poi chiamarla preoccupato “Celeste! Celeste! Tesoro mio … Cos’hai?”. Si voltò verso gli NCP che si erano fermati per guardare la scena e gridò furioso “Imbecilli! Invece di starvene lì impalati come statuine andate a chiamare aiuto!”. A quelle grida; tre persone sobbalzarono e si affrettarono a chiamare qualcuno mentre il sovrano le accarezzò il viso imperlato di sudore “Celeste …” sussurrò sconvolto. Una voce familiare gridò alle sue spalle “Fatemi passare!”.
Il capitano di GALAXY DUEL si avvicinò spintonando la marmaglia di NCP ed esclamò, vedendo la donna in quello stato “Celeste! Il dottore ti aveva ordinato di rimanere a letto”. La prese dalle braccia di Candito e lo ringraziò con un sussurro. Stava per andarsene quando Re Candito lo trattenne per il mantello e volle informarsi “Che cosa le è preso? Prima, quando mi ha rivolto la parola, sembrava che stesse bene …”. Lancaster tornò a fissarlo e rispose con voce tetra “Purtroppo la principessa, da oltre dieci anni, ha una malattia incurabile che le ha indebolito il cuore e i polmoni. L’abbiamo fatta visitare da ogni primario di quest’arcade ma tutti dicono la stessa cosa: morirà entro pochi mesi …”. Poi osservò l’ometto che aveva di fronte e rimase leggermente stupito dall’espressione che lesse sulla sua faccia, di solito rubiconda e allegra. Sembrava straziato dal dolore quanto lui. Il re scosse la testa incredulo e tornò a guardare Celeste con molta tristezza e … amore? Il capitano disse in fretta a mo di scusa “Perdonatemi … di solito non parlo di queste cose con dei perfetti sconosciuti …”. “Noi due ci conosciamo benissimo, bastardo” pensò Candito guardandolo irrequieto ma disse “Ogni tanto fa bene sfogarsi nei momenti di dolore; anche se è con un perfetto sconosciuto”. L’astronauta sentì un brivido percorrere la schiena. L’ultima volta che provò una simile sensazione era quando si trovava insieme al pilota di kart, quello che aveva spezzato il cuore alla sua migliore amica.
Gli occhi di Candito distolsero il loro sguardo dal capitano e si persero nel vuoto, in una muta disperazione e si allontanò in fretta. Lancaster gli gridò dietro “Ehi! Si sente bene?” ma l’altro ignorò le sue parole. Lo vide infilarsi nel suo gioco caramelloso e alla fine, anche lui se ne andò per la sua strada.

Calò la notte. Il cielo di GALAXY DUEL era ricoperto da uno splendido manto di stelle ma nessuno, quella notte, le stette a guardare. La mente di tutti gli abitanti del gioco era rivolta alla principessa Celeste e speravano tutti a una pronta guarigione; anche se sapevano il responso dei medici. Ogni alieno le aveva lasciato un dono nelle sue stanze e molti potevano giurare di aver visto lo spietato Cancelliere Zoom piangere come un bambino mentre la principessa cercava di consolarlo. E adesso ella stava riposando nelle sue stanze, con Lancaster che si prendeva amorevolmente cura di lei, mentre l’imperatrice Cirenea aveva indotto nella immensa sala da pranzo un’assemblea con i rappresentanti delle razze aliene del gioco. Il suo volto era intriso di dolore e con voce rotta dal pianto ricordò le condizioni di sua figlia, raccontando brevemente ciò che era accaduto in mattinata “La malattia di Celeste si è aggravata in queste ultime tre settimane e non so fino a quando riuscirà a svolgere il suo compito senza soccombere e …”.
Si interruppe per qualche secondo, serrando gli occhi e cercando di riprendere il controllo. Quando si fu calmata alzò la testa e li guardò con determinazione, ricacciando indietro altre cocenti lacrime, e concluse, cercando di restare calma “Dobbiamo iniziare a scegliere in che luogo dovremo trasferirci quando il signor Litwak ci staccherà la spina”.

Passarono i giorni e Celeste, nonostante cercasse di apparire allegra come al solito e di non far pesare le sue condizioni ai altri; diventava sempre più debole. Re Candito la poteva osservare attraverso il monitor del suo gioco, quando festeggiava un’altra schiacciante vittoria, e gli si stringeva il cuore a vederla ogni giorno più stanca ma sempre con un dolce sorriso sulle labbra. Era in quei momenti che voleva raggiungerla, dirle la verità, riuscire a prendersi cura di lei come la donna aveva fatto quando lui era depresso. Forse, con le sue cure, lei non sarebbe … era così straziante da sopportare. Quando la sala giochi chiuse il re mise una mano nella tasca e ne tirò fuori la fede nuziale dove all’interno c’era scritto il nome della sua amata. La strinse nella mano con una tale violenza che le nocche sbiancarono. D’improvviso, seppe cosa doveva fare.

Quella notte, Celeste era stesa nel suo letto in stato di dormiveglia a causa di una forte febbre che l’aveva colpita poco dopo la chiusura. Il medico era arrivato in fretta e l’aveva esaminata attentamente. Ma la sua diagnosi confermò i timori della madre: forse non sarebbe riuscita a passare la notte. Tutti i suoi amici e gli alieni del gioco le diedero l’ultimo saluto ed erano ritornati nelle loro case piangendo. Solo due ore fa l’avevano lasciata da sola, come lei aveva richiesto.
La principessa stava per cedere al sonno quando sentì un panno umido detergerle con delicatezza la fronte e il viso. Aprì con fatica gli occhi e vide, seduto accanto a sé, Turbo. Lei sbatté le palpebre un paio di volte, incredula, e mormorò sorridendo leggermente “La mia ora deve essere giunta … Vedo i fantasmi …”.
Lui non disse niente ma sul viso gli scivolarono delle grosse lacrime. Lei allungò una mano e gli asciugò le lacrime. Il pilota le prese la mano e la baciò con devozione. Poi la premette di nuovo su una guancia e le dette un’occhiata disperata. “Non essere triste. L’hai detto tu stesso che morire sarebbe stato come un battere di ciglia” disse lei cercando di allargare il suo sorriso ma lui la interruppe dicendo “Ho atteso per dodici anni il momento propizio in cui potevamo ricongiungerci e ora il destino ci ha fatto questo … Perché?”. Chiuse gli occhi “E’ così ingiusto!”.
Celeste allargò le braccia e disse “Vieni qui”. Il pilota si stese sull’ampio letto, affianco la principessa, e si strinsero l’uno contro l’altra. Lui mise la testa sul petto della moglie, che gli tolse il casco e gli accarezzò i capelli corvini. Lei gli mormorò “Sai che ti avevo riconosciuto quel giorno? Nelle vesti di Re Candito intendo …” “Ah, si? E come? Per le parole che ti ho rivolto?” domandò Turbo con voce rotta. La donna gli rispose “Non proprio … Indossavi quell’orribile completo che avevi alla festa di natale …”. Lui, malgrado la sofferenza, si mise a ridere e si allungò in modo che i loro visi fossero alla stessa altezza. Si baciarono con una tale passione che cancellò per un istante tutti i loro più tristi ricordi, compresi gli anni in cui furono costretti a passarli in solitudine. Si separarono e lei torno ad accarezzargli i capelli. Per un attimo il pilota si era perfino dimenticato del perché di tutta quella disperazione; ma la realtà lo colpì come un macigno, facendolo ritornare a piangere, e soffocò i suoi singhiozzi sulla camicia da notte della principessa. Poteva sentire i battiti del cuore farsi sempre più radi. Si strinsero forte, incapaci al momento di parlare. Poi Celeste gli chiese con voce flebile “Cantami … la nostra canzone”.
Il pilota tirò su con il naso e, con voce rotta, intonò

“Immagina me e te, io lo faccio
Penso a te giorno e notte, va bene
Pensare alla ragazza che ami e stringerla forte
Così felici insieme …”.

Poi lui non riuscì più a continuare tanto che era disperato. Lei sospirò “Forse non eravamo destinati ad stare insieme ma sono stata molto felice con te, nonostante tutto …”. Il pilota la supplicò “SSSHHH! Non parlare così amore mio! La tua ora non può essere arrivata …”. La strinse più forte “Rimani con me …”. Si baciarono un’altra volta, con trasporto, e lui si sentì definitivamente perduto. Celeste infossò il viso sulla spalla del marito e sussurrò “Ti amo”. Poi le braccia della donna smisero di stringerlo e Turbo la chiamò moltissime volte ma lei non rispose. Tornò a guardarla in faccia. Sembrava che stesse dormendo. Era così bella e così … felice.
Allora iniziò a balbettare discorsi senza senso ed a cullarla tra le braccia finché non sentì picchiettare sulla spalla. Si voltò e vide il capitano spaziale. Anche lui stava piangendo e lo fissava con un tale odio che lo fece sussultare un poco. “Non dovresti stare qui … Tutti ti credono morto …” disse l’uomo ma Turbo ribatté “Che cosa ti dice che non lo sia? Il fatto che tu mi veda?” Lancaster si avvicinò e ringhiò “Allora perché non ti sei fatto vedere prima? Lo sai perché ogni giorno si avviava alla Stazione e si sedeva su quella panchina? Perché sperava che tu un giorno tornassi da lei”. Il pilota di kart strinse con maggior forza il corpo della principessa e serrò gli occhi.
Non lo voleva ascoltare. Parlava come se la sua Celeste fosse morta mentre stava semplicemente dormendo. Ora l’avrebbe baciata sulle labbra e si sarebbe svegliata come una principessa delle favole, l’avrebbe portata nel suo bianco castello a SUGAR RUSH e magari, colpito da un moto di compassione, avrebbe modificato di nuovo il programma ed avrebbero adottato Vanellope come la loro bambina … Così sarebbero stati una famiglia felice …

L’astronauta guardò fuori dalla finestra e disse “E’ quasi l’alba … E’ meglio se te ne vai …”. Turbo lo fissò disperato e l’altro aggiunse irritato “Se quelli del mio mondo ti vedono andranno dai antipicchi a denunciarti!”. Il pilota di kart allora domandò “Cosa mi dice che non sarai tu quello che mi denuncerà?”. Il capitano strinse le spalle e rispose con freddezza “L’amore fraterno che provavo per Celeste”. Gli indicò una finestra nascosta e sibilò “Ora sparisci …”.

Turbo non andò al funerale e non volle sapere che fine avessero fatto tutti i personaggi di GALAXY DUEL dopo che Litwak staccò la spina. La sua Celeste non c’era più e tutto il mondo in cui viveva prima si era sgretolato dopo la sua scomparsa. Ma ora si doveva concentrare su un altro problema che persisteva incessantemente nel suo regno: Vanellope cercava di partecipare a una corsa di kart e lui sapeva che se vi avrebbe partecipato sarebbe stata la fine di tutto. Così riusciva, in un modo o nell’altro, a rispedire quella marmocchia in un angolo remoto di SUGAR RUSH e a rimanere il padrone incontrastato del gioco. Perché nessuno poteva batterlo! Lui era il pilota più grande di tutti i tempi! Non avrebbe permesso a quella mocciosa di rovinare tutto il suo lavoro! Ma ogni tanto lui si dirigeva davanti al portale di GALAXY DUEL, quando l’arcade chiudeva, e riprendeva dalle tasche quell’anello che aveva regalato alla principessa e rileggeva quelle parole “Turbo e Celeste felici insieme”.

  
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