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Autore: Mamey    29/04/2008    1 recensioni
L'albero del Gelso, che sembrava riposare nel cortile, ha affondato nuovamente le radici nella nebbia. Tutto inizia con una donna, seduta in uno sperduto parco di periferia. "Tre persone possono mantenere un segreto, se due di loro sono morte. Ricordi?"
* seguito di Nella Nebbia *
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...

La porta della sala si aprì con un gran tonfo mentre un bambino di circa otto anni entrava correndo stringendo in una mano il tesoro che aveva appena conquistato, con l’intenzione di farlo vedere alla ragazza sdraiata sul divano.

“Sorella maggiore, sorella maggiore!” la ragazza appoggiò la rivista che stava leggendo, trattenendo uno sbuffo infastidito “Che vuoi, pulce?”

“Guarda cos’ho trovato” urlò allegro il bambino, sventolando il suo trofeo davanti alla ragazza.

“Cos’è quella roba?” “Sono delle bacche! Il Portinaio dice che sono commestibili!”

“Commestibili? Ma và. Quel vecchiaccio ti stava sicuramente prendendo in giro. Fà un poco vedere…” disse allungando una mano verso il fratello che invece ritrasse la sua, stringendo con forza il frutto. “Prometti di ridarmele dopo?” la ragazza non riuscì a trattenere un sorriso “Certo.” “Promettilo!” le rispose il piccolo, ancora diffidente “Prometto che ti ridarò quelle inutili bacche, va bene?”. Il ragazzino annui, porgendogliele.

La ragazza le osservò prima con curiosità, poi con ansia. Infine con preoccupazione. “Dove le hai prese, pulce?” “Dai rami di un albero del cortile. Ora che le hai viste ridammele!” “Quale albero?” “Quello tutto secco al centro del cortile! Me le vuoi ridare o no?”. Il tono della ragazza si fece più aggressivo “Smettila di scherzare! Chi te le ha date?!”; il bambino indietreggiò, spaventato: sua sorella non usava mai quel tono con lui. “Le ho prese dal vecchio albero rinsecchito del cortile. Lo giuro!”.

La giovane fissò il piccolo frutto con terrore “Non è possibile…non ancora…perché adesso, poi?”. Il bambino si dondolava sui piedi, osservando preoccupato la sorella e indeciso sul da farsi. Alla fine appoggiò le mani sulle gambe della ragazza per sollevarsi e vedere meglio quel suo piccolo tesoro che sembrava averla impressionata tanto. “E’ un tesoro davvero prezioso, vero? Ora però ridammelo, me lo hai promesso.”. “Te lo ridò se tu mi porti dove lo hai preso.” “Certo che ti ci porto!” replicò il piccolo protendendo la mano per reclamare il suo trofeo. Era talmente felice di riaverlo indietro che non si accorse del tremolio delle dita della giovane. Corse verso la porta, ordinando alla sorella di seguirlo, ma prima di uscire di casa le intimò: “Ti conviene coprirti bene, sorella maggiore, fuori c’è una nebbia fittissima!”.

Il cuore della ragazza mancò un battito.

Arrivati al centro del cortile, completamente coperto dalla nebbia, il bambino indicò un vecchio albero addormentato nel mezzo dello spiazzo. “Le ho trovate lì sopra, le mie bacche!” disse orgoglioso. La ragazza si avvicinò quasi con apprensione al tronco, allungando e ritraendo più volte la mano desiderosa di accarezzare la pianta, ma nel contempo timorosa di farlo, continuando a sussurrare una cantilena sgomentata “Non è possibile…ormai sei troppo vecchio per dare nuove bacche…perché di nuovo…”

“Piuttosto, sorella maggiore” disse il ragazzino troppo concentrato a cercare nuovi frutti sui rami per notare lo strano comportamento della giovane “che albero è mai questo?”.

La nebbia parve farsi più fitta, come se si fosse riempita di ricordi sgradevoli, ed i rumori si attutirono di colpo, divorati dal grigiore opprimente.

La ragazza sentì la gola raschiare sotto il veleno di parole che aveva dimenticato e che avrebbe voluto continuare a ignorare, infine emise un rantolo soffocato

“Un albero di Gelso, fratellino.”

...

Stanotte, sotto gli squarci delle stelle nel firmamento, ti canterò la nostra ultima canzone. [un Amico]

Mi alzo di scatto, scostando il sacco a pelo madido di sudore. Come tutte le altre volte, il ricordo mi sconvolge. Come tutte le altre volte, da diciassette anni a questa parte, i miei sogni sono invischiati nelle rinsecchite radici dell'albero del Gelso. Anche qui, in questo ameno campeggio Emiliano, nascosta in una tenda sul limitare delle piazzole.

* L'ULTIMA CANZONE *

- Non erano passate che poche ore, dal funerale celebrato nel cortile, ma già la tomba era stata profanata e la maschera famelica di un gufo la aspettava sullo zerbino della porta di casa, ancora sporca di terra. Se a restituirgliela fosse stato il Cantante o l'Attore non lo scoprì mai nessuno. Probabilmente lei stessa non lo volle mai sapere. Fu da allora che iniziò a cambiare, appassendo come un fiore sul finire della primavera finché, infine, venne il giorno in cui scomparve; per lunghi mesi la credemmo morta. Fino al giorno in cui suo giunse quella notizia... -

È affollata Milano, tra il via vai degli immigrati con i loro profumi insoliti e i ragazzi con le cartelle in spalla che si spintonano per allontanarsi il più possibile dalle scuole. Cammino lenta mentre tutto il mondo corre, imbacuccata sotto il sole opaco di settembre.

Odio Milano e la sua fretta, la sua gioia, la sua perenne e grigia estate.

Volto le spalle al Duomo vestito di rosoni e statue di santi e lo vedo, il mio vecchio amico, il Cantante.

E lui vede me: lo sento ridere, additando la maschera che porto alla vita, scostandosi quella fastidiosa ciocca di capelli che gli cade sul viso, come faceva quando eravamo piccoli. Mi sorride mentre china il capo ed allunga la mano come a cercare la mia in un gesto di eterna amicizia, un gioioso “Bentornata”.

Chiudo gli occhi e lo seguo nel piccolo bar all’angolo della piazza in cui ci rifugiavamo nei giorni di pioggia di tanti anni fa. Parliamo ancora dei nostri progetti, ridiamo dei nostri ricordi e delle nostre avventure, sempre stracolme di figuracce e capitomboli, canticchiamo sottovoce i motivi insulsi della nostra infanzia, seduti al tavolo all’angolo, quello più lontano dalla vetrina e dagli altri commensali, a sorseggiare i nostri the verdi ghiacciati mentre fuori la pioggia cade sempre più fitta.

Dopo minuti che sembrano vite ci zittiamo a metà di una frase contemporaneamente, quasi lo avessimo programmato, e ritorniamo con la mente allo stesso, identico, assillante ricordo, risvegliandoci allo scampanellio della porta d’ingresso del locale.

Risento i gorgoglii prodotti dalla sua gola nel tentativo di iniziare quella conversazione per tanto tempo lasciata in sospeso e poi il suono secco dei suoi denti che si serrano sulla lingua, per trattenere parole piene di veleno. Avverto il suo sguardo posarsi sul mio e farsi più nebuloso, colmo di nebbia vorticante e grigia, le sue dita sfiorare le mie in cerca di un cenno d’assenso che non realizzo, che non ho mai realizzato. Vedo la sua mano ritirarsi freneticamente e rovesciare la tazza ormai vuota, costringendola a infrangersi a terra.

Lo saluto mentre si chiude la porta del bar alle spalle, mentre per l’ennesima volta devo ripagare la tazza e le consumazioni al barista perché il mio amico si è dimenticato il portafoglio.

Ritorno con la mente al presente quando una signora mi spintona per poter passare in mezzo alla calca. Controllo che il borsellino sia ancora al suo posto nel marsupio e poi sposto lo sguardo verso il mio vecchio amico: mi sarebbe davvero piaciuto essere vista da lui in mezzo a questa folla sudata e sussultante, sentire la sua risata nell’additare la mia maschera mentre si scosta con gesti calcolati quella ciocca. So già che il suo benvenuto mi colpirebbe dritta al petto con un pugno ben assestato ed io ormai non ho più sangue da versare.

Quando estraggo con gesti lenti la pistola dalla fondina, la punto sul bersaglio e premo il grilletto, sento il famigliare tintinnio di una tazza che si infrange sul pavimento. Il Cantante si accascia con lo sguardo sorpreso di chi non si aspetta di sentire la vita scivolare così presto dalle mani, cade sul cemento freddo come una foglia nella danza autunnale. La sua ultima canzone è un gemito stupito riflesso nei miei occhi, con le stonature di chi cantante non lo è mai veramente stato.

Mentre mi allontano con passo lento e misurato mi accorgo delle lacrime scivolate sul marciapiede al mio passaggio e subito cancellate dal frenetico correre della folla spaventata

- Fu suo fratello a capire che la morte di quel ragazzo, che per anni aveva giocato con lei nel cortile, potesse avere qualche nesso con la sua scomparsa. Quando nessuno volle credergli riempì il suo zaino, afferrò il suo sacco a pelo blu, e si lanciò alla sua ricerca. -

---

2 cap. - ovvero come la cosa è iniziata. Qui il collegamento con Nella Nebbia credo sia quasi fondamentale.

Un po' mi dispiace per il cantante, ma doveva succedere...

a presto

*Mamey*

  
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