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Autore: Jackie_    22/11/2013    2 recensioni
Vi capita mai di desiderare di essere invisibili?
Di sentirvi tremendamente soli, ma al tempo stesso di temere la solitudine?
Capita anche a voi di convivere con una costante e irrequieta ansia che vi stringe proprio lì, all'altezza dello stomaco?
Inoltre, esiste un posto dove avete paura di andare pur sapendo che se ci andaste la vostra vita migliorerebbe?
Mi chiamo Camryn e la mia risposta a tutte quelle domande è sempre sì.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Tre
 
Dopo essere tornate in camera e aver fatto una doccia io e Yuki ci siamo date una pausa: lei ha trascorso una buona ora a parlare al telefono con i genitori e io ho fatto passare il tempo guardando video idioti su YouTube e giocando col telefono. Adesso stiamo aspettando Alex nascoste dietro ad un’orribile quanto inquietante statua di pietra consumata. Dovrebbe essere un’imitazione dell’Apollo e Dafne, credo. Ora come ora mi preoccupa solo il fatto che qualche professore possa vederci qui fuori in cortile dopo il coprifuoco. Essere beccate ad infrangere le regole il primo giorno di scuola non mi sembra proprio il massimo.
“Dove hai detto che la fanno questa festa?” mi domanda Yuki con il suo fantastico accento asiatico.
“Mah, Alex mi sembra abbia parlato di biblioteca.”
Entrambe ci scambiamo un’occhiata scettica e ci stringiamo nelle spalle proprio quando Jack sbuca da dietro la statua facendoci prendere un infarto. Ci è mancato poco che lanciassi un urlo.
“Ciao, ragazze!” esclama con un sorriso divertito e la voce troppo alta.
“Jack, cazzo ti urli? Ci farai sgamare!” lo rimprovera Alex spingendolo via e salutandoci con un sorriso.
“Naah, l’oscurità è mia amica, mi proteggerà!”
Alex scuote la testa e si incammina lungo il perimetro dell’edificio.
“Dobbiamo muoverci perché se chiudono la porta non possiamo più entrare.”
Non capisco bene cosa intenda dire, ma me ne sto zitta.
“Preparati per un terzo grado, Camryn.” –mi dice Jack dandomi una leggera gomitata- “Stasera ho intenzione di conoscerti meglio!”
“Oh, lasciala in pace!” –interviene ancora una volta il mio migliore amico- “Non è ancora abituata a te, non riuscirà a sopportarti tutta la sera!”
Jack per tutta risposta alza gli occhi al cielo e per il resto del tragitto nessuno apre più bocca. Siamo tutti con le orecchie ben tese e concentrati nel fare il meno rumore possibile mentre ci dirigiamo alla biblioteca.
La festa risulta essere in quelli che sembrano proprio dei sotterranei da film. Nel retro c’è una scala che conduce al piano di sotto –al magazzino– chiuso da una pesante ed ermetica porta di metallo.
“Il fratello maggiore di Evan lavora come giardiniere per la scuola. Qualche anno fa è riuscito a rubare la chiave di questa porta e da allora facciamo tutte le feste qui.” –spiega Jack mentre scendiamo i gradini– “Ma il bello è che ci procura un sacco di roba da bere!”
All’interno del magazzino aleggia una pesante aria umida e polverosa, un tavolo al centro è stato ricoperto di bottiglie e bicchieri di carta. Ci saranno una trentina di ragazzi. Mi sento parte di un’élite! O di una qualche strana setta segreta.
Il famoso Evan si illumina quando vede arrivare i due ragazzi e si salutano con uno strano gioco di mani.
“Bene, voi siete gli ultimi!” –dice chiudendo la porta ermetica dietro di noi– “Che la festa cominci! Buon anno a tutti!”
Si sollevano grida di augurio e in un attimo parte un’assordante musica che mi martella nello stomaco. Alex e Yuki sembrano già spariti, Jack è l’unico viso conosciuto che riesco ad individuare in quell’ammasso di adolescenti esaltati per un’orribile festa in un puzzolente magazzino. Alex non me ne aveva mai parlato!
Seguo il ragazzo moro fino al tavolo dei drink e sorrido quando lo vedo versare rum e Cola in due bicchieri. Me ne porge uno e mi fa cenno di seguirlo con la testa. Noto dall’altro lato della stanza Matt, Vinny e Zack e li saluto alzando il bicchiere domandandomi dove diavolo mi stia portando l’amico di Alex. Apre una porta di legno completamente rovinata e immagino di sentirla cigolare sotto la spinta gentile del ragazzo. Questa musica è terribilmente alta, mi vien quasi voglia di tapparmi le orecchie. Grazie al cielo quando la porta di legno si richiude alle mie spalle il rumore si attenua leggermente. Adesso capisco anche la storia della porta ermetica: se è chiusa la musica non si sente all’esterno, per questo non possono riaprirla.
“Sì, è vero, ti ho portata in un ripostiglio.” –sentenzia Jack e solo allora noto la minuscola stanzetta nella quale mi ha trascinata– “Ma non ho intenzione di farti niente di male, parola di Giovane Marmotta!”
Non posso fare a meno di ridacchiare a quell’esclamazione. Anche perché a vederlo questo Jack sembra essere un ragazzo a posto, il mio istinto è tranquillo, nessun allarme o scritta lampeggiante che recita “Scappa!” nella mia mente. Dopotutto è il miglior amico di Alex, no? Non potrebbe mai avere cattive intenzioni.
“Mi piacerebbe solo parlarti un po’, ecco. Oggi a cena c’era troppo casino…” cerca di giustificarsi e io non posso fare a meno di pensare che sia…carino.
“Non c’è problema, possiamo parlare ora.”
Devo ammettere che parlare non sia proprio uno dei miei passatempi preferiti, ma Jack mi incuriosisce e soprattutto non mi mette in soggezione.
Lui sorride e prende un sorso del suo “Cuba Libre”, se così può essere chiamato. Mi allunga con il piede uno scatolone pieno di scartoffie e lo imito sedendomici sopra. Il drink, comunque, è terribile.
“Cosa vuoi sapere?” gli domando interrompendo il silenzio che si è creato.
Lui alza le spalle evitando il mio sguardo e mangiandosi inconsapevolmente le unghie. Deve essere un vizio che ha da molto tempo.
“Da quanto conosci Alex?”
Facile.
“Da sempre. Le nostre madri sono grandi amiche. Si sono conosciute ad un corso pre-parto o qualcosa del genere. Non sono mai stata attenta quando ci raccontavano quelle storie.”
Jack si acciglia per un momento e vorrei davvero sapere cosa sta pensando, ma aspetto pazientemente la domanda successiva.
“So che ti piace il tennis. Seguirai il corso extrascolastico?”
Dio, mi sembra di star rilasciando un’intervista. Davvero non capisco perché Jack ci tenga a conoscermi così tanto.
“Adoro il tennis, ma non so se seguirò il corso. Devo vedere se riesco a gestirmi con lo studio.”
Bevo un altro sorso e questa volta non riesco ad evitare una smorfia che lui ovviamente nota.
“Anche il tuo fa schifo? Scusa.” –ridacchia– “Rian e Matt sono quelli bravi con gli alcolici. Io sono bravo solo a berli!”
Rido anche io perché la sua risata è così limpida e coraggiosa che mi viene naturale imitarlo. Devo ammettere che la sua è la risata più bella che abbia mai sentito.
“Ma no, non è così male.” –mento spudoratamente– “È solo un po’ forte.”
E ho ragione perché dopo averne bevuto appena metà sento già le gambe pesanti e la testa leggera. Okay, è anche vero che io e l’alcol non andiamo proprio d’accordo. Lo reggo quanto lo reggerebbe un bambino di tre anni! Però almeno quello riesce a sciogliermi la lingua. Non troppo, giusto quel che basta per portare avanti una normale conversazione con il migliore amico del mio migliore amico.
“Sai una cosa, Jack?” –dico dopo almeno mezz’ora passata a raccontarci strani episodi della nostra infanzia– “Ho sedici anni e non mi sembra di star vivendo la mia vita. Hai mai questa sensazione?”
Lui annuisce lasciando cadere il bicchiere ormai vuoto accanto alle sue scarpe.
“Credo che il bello debba ancora venire. Insomma, sedici anni sono niente se conti di arrivare almeno ai novanta.”
“Dio, spero di no! Ne ho già abbastanza!”
“Naaah, è il doppio rum&Cola che parla. Sono sicuro che il destino abbia in serbo molte belle cose per te. Se Alex dice che sei una ragazza speciale, lo sei. Lui è bravo in certe cose, ha sempre ragione.”
Sorrido immaginandomi Alex che racconta al suo gruppo di amici quanto io sia speciale e per un momento ci credo davvero. Per un momento, nello sgabuzzino del magazzino nel sotterraneo della biblioteca, con un ragazzo brillo a raccontarmi di quella volta in cui si è tuffato nel lago ghiacciato per recuperare una palla, mi sento speciale. O forse dovrei dire normale. Sì perché ho passato gli ultimi anni della mia vita a sentirmi un’emarginata, una ragazza troppo diversa da ogni standard sociale. E l’unica cosa che mi riesce di fare è ringraziare Jack e dividere con lui l’ultimo sorso di quel pessimo doppio rum&Cola.
“Tu, amico del mio amico, sei l’esempio che le cose possono migliorare. Mi piace la tua compagnia.” Confesso in un lampo di pura sincerità.
È che nemmeno ricordo l’ultima volta che ho riso tanto o che avessi tanta voglia di parlare con qualcuno che non fosse Alex. Non saprei spiegare perché, ma Jack mi piace e anche se ho passato solo un paio d’ore in sua compagnia so di aver trovato un nuovo amico. Per la prima volta da tantissimo tempo mi sento felice. E non è di certo merito del terribile doppio rum&Cola.
Torniamo nel magazzino dove la musica è ancora a livelli illegali e appena metto fuori un piede dallo sgabuzzino vengo travolta da un Alex dall’aria preoccupata.
“Oddio cosa stavate facendo voi due lì dentro?” farfuglia indignato.
“Abbiamo parlato.” –dico alzando le spalle– “È simpatico il tuo amico.”
Alex mi guarda alzando un sopracciglio e porta lo sguardo su Jack in cerca di una conferma. Lui sorride e solleva le mani in segno di difesa.
“Parlato. Giuro.”
“Voi due…” –balbetta Alex e capisco che ha sicuramente bevuto anche lui– “Non innamoratevi. È un ordine!”
Spalanco gli occhi a quelle parole e so di star arrossendo perché sento le guance diventare bollenti. Quelle due ore nel ripostiglio sono state…spensierate. Niente ansia, niente assurdi attacchi di panico, niente di niente. Ero felice e non posso negare che Jack mi piaccia, un pensierino su di lui ce l’ho fatto!
Jack ride facendo una smorfia e maledico quella musica così alta che mi impedisce di sentirlo ridere.
Scopro da Matt che Vinny, Zack e Rian se ne sono andati e hanno riaccompagnato in stanza Yuki che non sembrava proprio divertirsi. Io e Jack non ci eravamo nemmeno accorti di quando hanno fermato la musica per farli uscire.
Così, quando la festa finisce, mi ritrovo di nuovo da sola con Jack. Alex sta praticamente dormendo in piedi (questo è quello che gli succede appena finisce l’effetto dell’alcol, mi ha detto Matt mentre lo reggeva per il gomito) ed è tornato zoppicando al dormitorio affiancato dall’amico.
Mentre attraversiamo il cortile a passo svelto inizio a sentirmi un po’ a disagio. Tutta colpa di Alex che mi ha fatto riflettere troppo sui miei pensieri su Jack imponendomi di non innamorarmi di lui. Okay che era leggermente ubriaco, ma ancora mi domando la natura di quell’imposizione.
“A cosa pensi?” bisbiglia Jack spostandosi i capelli dagli occhi per potermi guardare.
Penso che non vorrei questa notte finisse.
“Era da tanto tempo che non ridevo come stasera.”
“E Alex che diceva non mi avresti sopportato! Sta facendo il geloso.” mi fa l’occhiolino e io sorrido come una bambina.
Cala uno strano silenzio, come se entrambi volessimo dire qualcosa che però teniamo per noi. Volgo lo sguardo al cielo e sospiro lentamente. Vorrei solo stare meglio, sentirmi ogni giorno leggera e serena come in quel ripostiglio.
“Eccoci.” –dice Jack quando arriviamo davanti al portone del mio dormitorio– “Ti spiace se non entro? Ti ricordi la strada per arrivare alla tua stanza?”
Annuisco cacciando le mani nelle piccole tasche della gonna della divisa scolastica.
“Grazie per avermi accompagnata. Stai attento quando torni indietro, non sono così sicura sulla tua amicizia con l’oscurità!”
Lui mi rivolge un mezzo sorriso -che trovo adorabile- e sono consapevole di star già creandomi assurdi film mentali su questo ragazzo dagli occhi neri.
“Buona notte, Camryn. Grazie per la compagnia, ci vediamo domani.”
Accompagna le parole con un gesto della mano e al mio “Buona notte” si volta lasciandomi da sola con mille pensieri contorti e una strana sensazione euforica.
  
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