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Autore: onedsfaith    22/11/2013    3 recensioni
Los Angeles.
Città dei contrasti.
Nessuno si è mai chiesto perché una città talmente bella, talmente assolata, è stata nominata così? Per la differenza abissale tra le enormi case di Beverly Hills o Bel Air e le povere vie della South Los Angeles, ovviamente. Quest’ ultima zona è comandata da gang urbane altamente pericolose e quando mai i ricchi si inoltrano in quei meandri della città che considerano quasi…forestieri, per carità! L’idea neanche li sfiora.
Provate ad andare in una sfarzosa casa delle splendide vie di Beverly Hills o in Rodeo Drive, vedrete solo persone schifosamente ricche, schifosamente snob, schifosamente ignoranti, volenti o meno, di ciò che succede all’infuori del loro splendido mondo.
Ma cosa succede se quel paradiso viene disturbato da crimini inattesi? Furti, omicidi inspiegabili. Non lo sentite anche voi? Bel Air e Beverly Hills minacciate da criminali sconosciuti. Si continuano le indagini sulla gang del Sole. Parole della polizia, signori miei.
Non pensate anche voi che forse, ma veramente forse, dovrebbero allargare i loro orizzonti e cercare di capire che probabilmente alla malavita non interessa minimamente dei loro soldi? Troppo ciechi, troppo stupidi, troppo…ricchi?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  How can you see into my eyes
like open doors  

 


2. Pretty face

“Allora, So, com’è andato il giorno del tuo compleanno?” domandò Lydia, sbocconcellando quello che aveva davanti: piselli e carne, sicuramente non il piatto preferito di Sophie.
Che poteva dire loro? Che le avevano detto che il suo destino era di essere una criminale? Che suoi genitori non erano del tutto scomparsi in modo misterioso? Che suo fratello sapeva tutto e che le aveva mentito per tutto quel tempo? Anche se, in realtà, la sua scusa era stata “non ti ho mai mentito, Soph, ti ho solo tenuta nascosta ad alcune faccende”. Come se le potesse bastare.
“Bene. E’ andato tutto a meraviglia.” annuì, poco convinta. Sapeva che non sarebbe riuscita a mentire per troppo tempo ai suoi amici, ma Cooper era stato categorico: nessuno doveva sapere.
“Che ti ha regalato Rod?” chiese Malcolm, curioso.
 “Un micio. Un piccolo gattino nero dagli occhi blu delle dimensioni della mia mano. Si chiama Bisez…è talmente morbido e piccolo e fragile…qualcuno potrebbe non vederlo e schiacciarlo.”
La campanella suonò, portando i tre amici nelle rispettive classi. Erano le ultime tre ore e Sophie era completamente al culmine della sua pazienza: le prime due erano state un incubo, per non parlare di quelle seguenti, dove le avevano imposto di scrivere un tema per la volta dopo su come aveva passato il compleanno. Quante stronzate che avrebbe raccontato.
“Signorina Hills, venga alla lavagna.” come se non bastasse, la professoressa di biologia doveva rimarcare su quel cognome che tanto odiava. I suoi antenati avevano deciso di chiamarsi con quel semplice e inutile nome e lei doveva subirne le conseguenze.
Con malavoglia, la ragazza di alzò, prendendo in mano il gesso e scrivendo la formula che la professoressa le stava dettando.
“C6H12O6” ecco cosa c’era scritto.
“Allora, Hills, dimmi qual è il significato di questa formula, cosa si intende per formula bruta e fammi un esempio di proteina…di tutti e quattro i tipi.” la interrogò la prof.
Come se Sophie avesse avuto il tempo di “perdere” il tempo a studiare quella materia che tanto odiava con tutto quello che le era capitato.
“Non saprei, prof. La formula bruta dovrebbe essere una di quelle formule scritte male che poi però, dato che gli scienziati sono un branco di idioti, hanno ritenuto come se fosse un pezzo della Bibbia e si sono accorti dopo secoli dell’errore, no? Potrei sbagliarmi, ma non credo.”
Sophie affrontò la prof a testa alta, beccandosi una nota, un’entrata gratis nell’ufficio del preside e un’uscita anticipata da scuola.
Appena attraversato il cancello della scuola, la ragazza prese il cellulare, inviando un messaggio ai suoi amici e al fratello, avvisandoli di cosa le era successo.
Arrivata a casa, Sophie prese un pezzo di pizza della sera prima dal frigo e cominciò a smangiucchiarla, accendendo la televisione e trovando subito un episodio di Scrubs, uno dei suoi telefilm preferiti.
Le squillò il cellulare: il nome sullo schermo era quello del suo capo.
“Cooper.” disse, dopo aver fatto scorrere il dito sullo schermo.
“Buongiorno Sophie, non dovresti essere a scuola?”
“Non capisco perché tu mi abbia chiamato, allora…comunque sono stata mandata gentilmente fuori dalla mia professoressa di biologia. Tu come stai?”
“Non c’è male, non c’è male. Senti, hai qualche programma per dopo?”
le chiese, facendole intuire che qualsiasi risposta lei avesse dato, la successiva battuta di lui sarebbe rimasta la stessa comunque.
Così lei provo: “Sì, dovrei uscire con Lydi-“
“Perfetto, allora dopo vieni qui, devo presentarti un po’ di gente e dobbiamo fare due chiacchere.”
Bingo! Come pensava lei.
“Okay, Coop. Ci vediamo dopo.”
“Ma chi sarebbe Lydi?”
“Lydia.”
puntualizzò lei, sbuffando. “La mia migliore amica.”
“Comunque, principessa, ora ti spiego come arrivare qui…”
E, detto questo, si lasciò andare con uno sproloquio della scomodità dei mezzi pubblici, dell’utilità dei taxi e della via che doveva dire al taxista e il pezzo da fare poi a piedi.
Annuì, prendendo appunti su un pezzo di carta trovato per caso sul tavolino.
“Quanto ci si impiega da Bel Air a lì?” gli chiese, appoggiando il cellulare tra spalla e orecchio.
“Beh…” il suo tono si fece vago. “Dipende tutto dai punti di vista…comunque cerca di venire qui il prima possibile, okay?”
“Perfetto. A dopo, Coop.”

Sophie decise che quello sarebbe stato il suo soprannome, niente “capo”, niente “supremo comandante”, niente “Cooper”. Lui era Coop.
La ragazza attaccò, tirando fuori dalla borsa i libri di biologia, cominciando a studiare per la verifica del giorno dopo. Formule su formule, leggi su leggi, per Soph era un miracolo riuscire a imparare il nome dei suoi compagni, figuriamoci tutto quello.

“Los Angeles Street 6200, per favore. Si fermi prima dell’incrocio.”
La voce di Sophie risuonò cristallina nelle orecchie del taxista, il quale prese subito il via verso l’indirizzo da lei richiesto.
Palme su palme, verde su verde, le strade lastricate di quello splendido grigio, così elegante, così meraviglioso, così pulito. Ed eccola là, la ruota panoramica. Sophie aveva sempre desiderato salirci sopra, fin da quando era piccola, ma non si era mai presentata l’occasione.
Appoggiò la fronte contro il vetro, come era solita fare, e osservò le persone che correvano per strada: chi per andare al lavoro, chi perché era in ritardo per un appuntamento, chi  perché semplicemente era abituato così, senza sapersi gustare le cose. E poi c’erano le coppie. Loro erano talmente felici che sballottavano da una parte all’altra del marciapiede, lottando contro le altre persone che cercavano di passare, tenendo quelle tenere mani incrociate, lasciandosi schifosi umidi baci sulle guance. Amava vederli camminare, vederli seduti al bar, ovunque.
Una delle caratteristiche di Sophie era che riusciva a capire tutti i pensieri di una persona solo guardandola negli occhi, riusciva a stabilirci una specie di contatto e rispondeva a domande che non erano ancora state pronunciate ma si leggevano chiare nelle pupille della persona con cui stava parlando o che stava osservando. Peccato, però, che nessuno aveva quella stessa caratteristica nei suoi confronti.
“Signorina? Siamo arrivati.” il taxista interruppe i pensieri della ragazza, indicandole con un cenno della testa la strada di fronte a lei.
Lei pagò e scese, guardandosi intorno. Qual era la direzione che doveva prendere? Ah, eccola là.
Si diresse verso un enorme cancello che sembrava proprio quello che Cooper le aveva descritto, suonò al primo campanello e cominciò a dondolarsi sui piedi, segno che era nervosa. Fottutamente nervosa.
Il cancello si aprì, lasciandola passare.
Era la prima volta che entrava a Neverland da sola ed era una sensazione fantastica: tutto quel bianco e quel verde, tutte quelle persone indaffarate che non la degnavano di un’occhiata, era strano per lei. Voleva, per un attimo, essere la centro dell’attenzione, essere quella nuova che dovevano rassicurare, ma nessuno le mise una mano sulla spalla, nessun gesto di incoraggiamento.
Vide il suo capo a qualche metro di distanza e gli andò incontro, tenendo stretta al fianco la borsa di pelle.
“Principessa, eccoti!” l’accolse lui, dandole un caloroso abbraccio.
Per Sophie fu difficile smettere di stringerlo, era uno dei pochi abbracci che la faceva sentire al sicuro. Strano, per lei, essersi trovata bene così presto tra le braccia di qualcuno.
“Bene, ti faccio vedere il tuo ufficio, è proprio di fianco a quello di Niall.” la condusse per un lungo corridoio, poi salirono su un ascensore e ripercorsero un altro corridoio che portava a vari uffici, con porte di vetro e con lunghi tavoli all’interno. Sembravano occupati.
Andarono avanti, ancora avanti fino alle ultime stanze del corridoio, quelle che sembravano le più grandi.
“Questa.” ne indicò una a sinistra. “Questa è la tua. Vuoi metterci una targa? Guarda, ho già queste.” e, detto questo, prese da dietro la schiena tre stupende targhette, con inciso “Sophie Hills”. La ragazza scoppiò a ridere, scegliendone una e affissandola subito, nei punti prefissati.
Aprì piano la porta e lasciò vagare lo sguardo: un’enorme scrivania, sgombra di tutto, e una gigantesca vetrata che spaziava sulla città. Quella era la parte che preferiva in assoluto: grattacieli e poi là, in fondo, ecco la linea del mare. Quanto lo amava il mare, non riusciva neppure a capacitarsene. Non era come un sentimento che provava per una persona, era una cosa il quadruplo più forte, qualcosa che le nasceva dentro.
“Ti piace?” Cooper ruppe il silenzio, raggiungendola alle spalle.
“E’ perfetta, Coop. Mi piace da morire.”
“Ti presento uno, vieni.”
La guidò nella stanza di fronte, aprendola e facendola scontrare con qualcuno.
Quel qualcuno era l’essere più meraviglioso che Sophie avesse mai visto: due occhi di un azzurro così intenso che anche il mare che lei tanto amava era invidioso, una zazzera di capelli biondo platino, ovviamente tinti, e quelle labbra sottili. Si schiusero in un sorriso che le fece accapponare la pelle.
Cominciò a sentirsi debole, ad avere le gambe tremanti, davanti a tutta quella bellezza. Indossava una semplicissima maglietta con lo scollo a v, ma in qualche modo sembrava fosse vestito come un meraviglioso principe. Il principe dei suoi sogni.
Eppure lo vedeva, che non era perfetto, ma, d’altra parte, era talmente bello che non aveva bisogno di esserlo.
Sophie era rimasta incantata, testa verso l’alto, a osservarlo da vicino, essendogli andata completamente addosso.
Prese a boccheggiare, cercando di ritrovare la voce per scusarsi, ma lui la precedette: “Ehi bel faccino, cosa ci fai già addosso a me?” esclamò, ridendo.
Sophie ritrovò immediatamente, dopo quell’ultima battuta, il pieno controllo di se stessa, lanciandogli una frecciatina: “Dovresti imparare a distinguere le ragazze normali da quelle che pensi tu…Niall.” pronunciò il suo nome quasi come se fosse uno sputo, voltandogli le spalle e tornando nel suo ufficio.
“Devi prendere lezioni di originalità, bel faccino!”
La sua voce le arrivò chiara nell’orecchio, prima che potesse chiudere la porta. Possibile che tutti i bei ragazzi che incontrava dovessero rivelarsi proprio quel genere di persone che Sophie stava cercando di evitare?
“Ehi, principessa. Ti sei offesa per quello che ha detto Niall?” la testa di Cooper fece capolino.
“Tranquillo, sono abituata a gente come lui. Ora cosa dovrei fare?” la ragazza scosse la testa, facendo sollevare gli angoli della bocca in un sorriso.
“Puoi accendere il portatile e vedere un po’ come ti trovi, ti chiamo io sul tardi, devo spiegarti un po’ di cose.”
Cooper se ne andò, lasciando Sophie alle prese con il nuovo computer, cercando di accenderlo. Una volta fatto, si connesse ai dati di Neverland, trovando che la password era terribilmente banale e che qualsiasi persona avrebbe potuto scoprirla a occhi chiusi. Il gioco non era così difficile, bastava mettere i propri dati, la data di matricolazione e poteva accedere al suo profilo, dove c’era già la sua foto. Una più brutta non potevano prenderla?, pensò Sophie, imbarazzata.
Cercò il profilo di Niall, curiosa di sapere che foto avesse lui, invece. Digitò il nome ed eccolo lì…il cognome era Hor…Hon..Horan. Curioso, non c’era nessuna foto di lui…strano, davvero strano.
Sophie si passò una mano sulle labbra, accarezzandosele, pensierosa.
La porta si spalancò in quel preciso istante e la ragazza fece un salto in alto sulla sedia da far invidia ai canguri e chiuse di scatto il computer. Non sapeva ancora se era permesso vagare nei profili degli altri.
“Bel faccino, cosa stavi facendo? Guardando porno?” Niall entrò, appoggiandosi allo stipite della porta e guardandola con un sorrisetto. “Il capo vuole vederti, ti aspetto qui fuori. Fai veloce.” si scurì subito in volto, chiudendo la porta dietro di sé.
Sophie riaprì il computer, chiudendo tutte le finestre e uscendo dal suo account, spegnendo poi tutto.
“Eccomi.” disse, una volta uscita dall’ufficio e messa a fianco del biondo, seguendolo nei meandri del palazzo.
“Allora…” Niall ruppe il silenzio. “Come avrai capito io sono Niall, molto piacere.” le porse la mano.
Sophie la guardò, rifiutandosi di stringerla. Dopo tutto pochi minuti prima lui le aveva dato della puttana.
“Sophie.” fece un falso sorriso, lasciando intendere che non avrebbe avuto un contatto fisico con lui, il quale abbassò la mano, ridendo.
“Come conosci il capo?” stava cercando di fare conversazione, il ragazzo, quello era sicuro.
“Conosco Cooper” calcò sul suo nome. “perché i miei genitori lavoravano qui.”
“E sono in pensione?”
“Morti. Credo.” alzò le spalle. “Tu?”
“Vecchia e lunga storia.”
Erano arrivati nell’enorme ufficio di Cooper, il quale li invitò a sedersi, aprendo un complicato discorso che Sophie non ascoltò.
C’era troppo vetro in tutto quell’edificio: finestre enormi, scrivanie trasparenti, vasi contenenti fiori bianchi…la ragazza voleva ribellarsi a tutta quella perfezione. Nella sua mente creò una mappa del suo ufficio, mettendo rose e tulipani rossi ovunque, cercando di dare del colore a tutto. Se non poteva farlo nella sua vita, almeno poteva fingere di essere una persona allegra, lì. O forse, quello era il luogo dove poteva essere se stessa, mostrare a tutti che finalmente lei ne valeva la pena e poteva fare parte di qualcosa di grande.
“Che ne pensi, principessa?”
La voce di Cooper la fece cadere dalle nuvole: “Ah…ehm…sì, sì, io sono d’accordo.” cercò di salvarsi.
“Non stava ascoltando.” puntualizzò Niall. “Non dovresti affidarle questo incarico.”
“Senti” Sophie si agitò sulla sedia. “Non ho idea di che incarico tu stia parlando perché sì, lo ammetto, ero distratta, ma non mi sembri in grado di ordinare a Coop cosa deve fare. Vero?” si rivolse a Cooper che stava ammirando con interesse il dibattito.
“Scusami, Horan, ma questa volta il punto va a Hills. Comunque, ricapitolando quello che stavo dicendo: mi hanno appena dato un incarico, è abbastanza difficile, ma conto su di te, Sophie. Si dice che chi comincia prima meglio fa e Niall è uno dei migliori qui, quindi ti propongo questa missione. Lui ti manderà tutto per e-mail, state tranquilli e organizzatevi per bene. Potreste, siete caldamente invitati, a trovarvi, oggi, per decidere come agire. Ora scusatemi, ma ho un gigantesco impegno proprio” guardò l’orologio. “ora.”
I due ragazzi uscirono, trovandosi fuori dalla porta, non sapendo cosa fare.
“Vieni a casa mia dopo, dobbiamo decidere cosa fare e per tempo. Al capo non piacciono i ritardi. Questo è il mio indirizzo.”
Detto questo, Niall si allontanò, lasciando la piccola Sophie ferma a osservare le sue grandi spalle andarsene, non guardando se aveva capito o se era rimasta, ancora una volta, bloccata nei suoi pensieri.

“Lydia, stasera non posso venire a cenare da te, scusa.” Sophie era la telefono con la sua amica, cercando di inventare una scusa al momento.
“Il motivo? So, dai, è la nostra serata, non puoi lasciarmi così.” la voce di Lydia era aggressiva e, in fondo, aveva ragione: le loro serate erano sacre e quasi mai potevano essere saltate.
“Scusa Lyd, colpa di Rod, sai com’è fatto quando si mette in mente che deve organizzare qualcosa. Mi farò perdonare, lo giuro.” detto questo, Sophie riattaccò, mettendosi le dita tra i capelli. Che casino che si era creato, come faceva a non dire niente di tutto ciò che aveva fatto quel pomeriggio ai suoi amici?
Il fatto di andare a casa di Niall le faceva venire l’ansia, non sapeva come vestirsi e che comportamento avere. Era da tanto che non si sentiva così.
“Rod!”
Il fratello accorse, preoccupato.
“Stasera devo andare a casa di Niall Horan, come mi vesto?”
Il viso del fratello si oscurò. “Qualcosa di poco appariscente, Soph. Per favore.”
Dopo questa frase, e dopo essersi preparata accuratamente, la ragazza chiamò un taxi, dando al conducente l’indirizzo del suo compagno, battendo i denti dall’agitazione.




«...guardandola con un sorrisetto.»


La nostra Lydia che cerca di capire Sophie.
 

Buonasera lettrici!
Dovrei davvero davvero davvero scusarmi dell'enorme ritardo con cui aggiorno, prometto che cercherò di essere molto ma molto puntuale. E' tutta colpa della scuola, mi distrugge (domani ho pure la verifica di matematica).
Comunque, passando al capitolo, come vi sembra? Nelle recensioni ho letto che qualcuno pensava che Niall fosse un nemico di Neverland, mi pare...beh, non è così, è il collega di Sophie, poi vedremo anche che tipo di collega.
E che vi sembra del rapporto tra Coop e Soph? Sembra quasi un padre, no? 
Comunque, cosa ne sarà del prossimo capitolo, quando la ragazza andrà nella tana dle lupo? ba ba bam..lo scoprirete solo leggendo.
Vi sembra bella la ragazza che ho scelto per interpretare Lydia? Io la AMO.
Mi piacerebbe tanto che lasciaste una recensione, nei sarei davvero molto grata. Grazie a tutti quelli che hanno letto quello precendente.
Un enorme bacio!

@niallsfighter


 
  
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