Sun rises
again
Non fu l'allarme ripetuto e
penetrante del cellulare a svegliarlo l'indomani da un sonno senza sogni, ma la
voce squillante di Shannon che, appena aperta la
porta della sua camera d'albergo, gridò: «Sveglia, bell'addormentato! C'è un sacco di cose da
fare oggi!«
Jared aprì
gli occhi, sbattendo ripetutamente le palpebre per abituare le pupille alla
forte luce solare che entrava dalla finestra.
Sbadigliò portandosi una mano davanti alla bocca. «Che... che diavolo ci fai tu in camera mia?»
Shannon non lo guardò neppure, si diresse verso il frigo bar
nell'altra stanza. «Ho fregato il passepourtout dalle
tasche di una cameriera... », disse, scrollando le spalle, come se per
lui fosse una cosa del tutto naturale.
Jared
balzò a sedere, completamente sveglio. «COSA?»
Il fratello tirò fuori dal frigo una bottiglia di birra e, ridendo, si
voltò verso di lui. «Rilassati! Stavo solo scherzando! Mi sono fatto dare le chiavi alla reception...
non ti svegliavi!»
Jared si
portò una mano sul volto, stropicciandosi gli occhi ancora insonnoliti.
« Bevi birra di mattina?»
Shannon mandò giù un sorso della bevanda, poi alzò
la bottiglia quasi in segno di salute. «Ehi, ragazzo... io sono sveglio
da parecchio, me lo posso anche permettere!», commentò.
«Ma...
che ore sono?» Jared si voltò verso il
comodino, aspettandosi di vedere il cellulare con lo schermo rivolto verso di
lui. Ma il mobile era vuoto. «Dove diavolo
è il mio cellulare....?»
Qualcosa lo colpì al petto e
gli cadde in grembo.
Jared si
voltò e vide che Shannon gli aveva lanciato il
suo telefonino.
«L'hai dimenticato in auto,
ieri sera», spiegò il batterista. «Temevo l'avessi fatto di
nuovo... »
Il cantante abbassò lo
sguardo. Tutto gli tornò alla mente. Sia quanto era
successo l'anno prima, sia quanto era successo la sera prima. Per un
attimo aveva creduto, aveva sperato fosse solo un
sogno, uno dei film in cui aveva recitato. No. Era l'amara e dura
realtà che tornava. “La fotografia!” Già, la
polaroid che aveva trovato la sera prima! Istintivamente si portò le
mani sul petto, nel punto in cui si trovava la tasca del giubbotto, ma si
accorse di non avere nient'altro che una maglia a maniche corte addosso.
Sospirò e prese tra le mani il cellulare. «Grazie, Shan...»
Shannon bevve un
altro sorso di birra e prese il blocchetto di fogli che aveva portato in camera
e abbandonato ai piedi del cantante, quindi scrollò le spalle. Figurati«, disse. «Dai,
alzati... hai un sacco di cose da fare oggi, è
la seconda e ultima data in questa
città. »
Jared
spostò le coperte di lato e si alzò, dirigendosi verso il bagno
la cui porta si apriva accanto al letto. Lasciò
scorrere l'acqua dal rubinetto del lavandino e, dopo averne raccolta un po' con
le mani giunte a coppa, se la passò sul volto. Il freddo per un attimo
gli intorpidì la pelle, ma servì per svegliarlo definitivamente.
Abbassò le mani e si fermò a guardare la propria immagine
riflessa sullo specchio: era strano vedersi senza alcun trucco che sottolineasse pesantemente i suoi occhi, vedersi con i
capelli che cadevano scompigliati sulla fronte. Se li
sistemò con qualche movimento delle mani, poi tornò in camera
dove Shannon era ancora seduto sul suo letto.
Il batterista appoggiò la
bottiglia di birra per terra. «Oh, bene, Jay!
Ci sei?»., esclamò battendo le mani l'una
contro l'altra, simulando un'allegria che non provava. Doveva tenere alto il
morale del fratello, dato che quello era un giorno molto triste per lui.
Sfogliò il
blocchetto che aveva in mano. «Allora... il programma di oggi: fra un quarto d'ora arriveranno i truccatori...
sono andati un po' in escandescenza prima quando non ti hanno visto e ci hanno
truccato borbottando per tutto il tempo.» Sorrise, indicando la matita nera che già
gli contornava gli occhi.
«Perchè diavolo non mi hai svegliato, allora?«, borbottò Jared nel frattempo direttosi verso l'armadio.
Shannon
scrollò le spalle. «Non volevo svegliarti... non hai dormito che
poche ore questa notte e oggi devi dare il massimo al concerto, non puoi
permetterti di farci fare brutte figure...» Un
momento di silenzio, nel quale Jared scosse la testa
con un sorriso: suo fratello non cambiava mai!
«Comunque...»,,
riprese il batterista. «Tra un quarto d'ora hai i truccatori. Tra
mezz'ora abbiamo la prima intervista tutti insieme con
giornali locali, nazionali, televisione. La solita routine, insomma. Questo
c'impegnerà tutta la mattinata, fino a mezzogiorno e mezzo dove siamo
attesi nel ristorante dell'albergo per un pranzo con il sindaco della
città che...»
« Ehiehiehiehi,
frena, frena!» Jared, che aveva tirato fuori dall'armadio maglia e pantaloni rigorosamente neri,
interruppe il fratello che parlava in modo molto veloce. «Perché mi stai dicendo il programma tu? Dov'è Emma?»
« Ha avuto un piccolo contrattempo
con dei giornalisti»,, rispose Shannon, ridacchiando. « Come al
solito, ha ringhiato loro contro quando hanno detto di voler anticipare le
interviste, dovessi vedere che scene! Ah, inoltre anche lei è andata in escandescenza quando non ti ha visto.... »
Jared
s'infilò la maglia. « Ma lei va in escandescenza
anche quando mi vede, Shan!», ridacchiò.
«Già!»,
concordò il batterista. «Dunque, stavo dicendo....
ah, a mezzogiorno pranzo con il sindaco che si vuole congratulare per aver
scelto questa città come sede del concerto e per aver portato un po' di turismo
in più, ecc. ecc. ecc... Lo sai come sono i
politici, non smettono mai di parlare. Poi, alle tre massimo
dobbiamo sgusciare via allo stadio, dove dobbiamo controllare che tutto sia a
posto e fare le prove generali come al solito. E alle sei....
il concerto! E Matt, come al
solito, ci ha augurato buona fortuna e ti raccomanda di non sbagliare a dire il
nome della città, com'è già successo...»
Jared
s'infilò i pantaloni e le scarpe, poi si diresse verso il cappotto nero
che la sera precedente aveva abbandonato sull'attaccapanni. «Già...
Tomo continua a prendermi per il culo
per questo... », ridacchiò. Allungò le mani verso il
cappotto, ma si bloccò.
La fotografia.
No, non poteva prendere quel
cappotto, non dopo aver fallito miseramente per la seconda volta.
Tornò verso l'armadio e prese
un altro giubbotto, questa volta grigio, e lo
indossò. «Insomma, abbiamo parecchia roba da fare oggi, eh?»
Cercò di apparire felice, ma dal suo tono trasparì la tristezza
che provava.
Shannon si
alzò in piedi e gli andò incontro. « Jay,
te la senti di affrontare i giornalisti, il pranzo, le prove...
il concerto? »
Jared si
sistemò le maniche del cappotto e sospirò, tenendo il capo chino.
« No, Shannon... non me la sento» Dopo un
attimo, però, alzò lo sguardo. «Ma
devo farlo. E' il mio lavoro. »
«Jared...»,
fece per chiamarlo il fratello, ma l'altro esibì un sorriso forzato.
«Forza, andiamo»,
esclamò il cantante, quindi aprì la porta e
uscì.