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Autore: Princess_Klebitz    23/11/2013    2 recensioni
Amici fino alla morte ed oltre; nemici controvoglia. Musica, amore e morte nella metà sbagliata degli anni '90, scaraventati avanti volontariamente per non poter più tornare indietro.*
La tregua tra la Ragione ed il Caos durava da troppo tempo; quando si accorsero dell'errore, corsero ai ripari, e l'Immemore e l'Innocente si trovarono faccia a faccia, dopo anni di ricerche, per riportare la situazione in parità.
Un errore troppo grosso, la persona sbagliata, un imprevisto che non doveva assolutamente accadere.
Storia scritta nel 1997, e l'epico tentativo di riscriverla senza snaturarla.
Spero qualcuno apprezzi.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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23.Il richiamo del Mare d'Irlanda

 

 

Era ormai quasi estate quando il secondo, nuovissimo tour dei Changes partì da Londra, e a metà luglio era già negli States.

 

Tante cose erano cambiate, dall'anno precedente.

 

Dorian aveva messo a dura prova la pazienza di tutti, avendo già comprovato di non essere sacrificabile.

Grazie a lui, spesso anche Shane ed Eddie evitavano grossi guai che potevano derivare da situazioni anomale per il settore in cui la loro musica era venduta.

 

Shane si recava ormai regolarmente dal tatuatore, nell'intenzione di far diventare la propria schiena un'opera d'arte e, finalmente, dopo pazienti lezioni durate settimane, aveva acquistato una moto: una Honda sportiva. Almeno non aveva cercato il vecchio cliché hard rock dell'Harley, e già quel particolare fece tirare un sospiro di sollievo a tanti del suo staff.

 

Ma poi aveva fatto di più.

Non solo aveva seguito le date del tour in Inghilterra e in Europa continentale in moto, ottenendo di portare l'agile mezzo con sé da un continente all'altro, ma si era anche guadagnato una foto in cui aveva fatto un'entrata cafonissima e trionfale davanti al Trinity college, a Dublino, scaricando Justin e tutti i suoi quaderni e cartellette per appunti.

Il povero ragazzo aveva l'aria di aver visto la morte in faccia almeno sette volte, e di stare per vomitare.

 

Rose non l'aveva mandata giù.

Neanche-un-po'.

Ma ormai, grazie alle regole che aveva fissato quel gran bastardo di Dorian, che poteva farci?

 

Come poteva tenerli sotto controllo-come nel primo tour- e tenerli distanti da quella potenziale minaccia, se essi stessi andavano a cercarlo e, purtroppo, erano completamente liberi di farlo?

Aveva evitato di dare risalto alla cosa, ben sapendo che il divieto di vedere il loro vecchio amico si sarebbe solo trasformato in una cosa proibita e succosa da fare e da usare per farla incazzare.

Erano maschi ed erano in un'età in cui le cose proibite erano ancora le più buone.

Ma non era riuscita ad evitare che ormai quei tre disgraziati passassero il loro tempo libero a Dublino, e non certo a trovare le famiglie.

 

Aveva ridotto loro il tempo libero, con esercizi vocali e palestra, e tante, tantissime session fotografiche, utili visto il loro tour stava andando a mille, anche grazie alla loro immagine più sfrenata e libera rispetto ad altre boyband (e questo la manager lo sapeva, ma non lo mandava giù comunque, grazie), ma non riusciva a fermarli.

Una giornata libera e zac! Dorian era già al telefono per prenotare posti per Dublino da Heatrow o da in capo al mondo.

 

Aveva tentato di non far sapere loro se non all'ultimo momento quando avessero avuto una pausa, ma prima Dorian aveva quasi frantumato una porta di cristallo, sbattendola, uscendo dall'edificio dove stava il suo ufficio, promettendo vendette che per sua fortuna erano andate a vuoto. Poi il maledetto biondo in camicia fumè se n'era fottuto e aveva iniziato a saltare sessioni fotografiche e prove, sostenendo che il suo tempo ricreativo era sacro e non sacrificabile!

E ovviamente in quei casi, facendo lui le regole, aveva il posto dove accomodare il suo ammiratissimo fondoschiena su un Boeing Air Lingus già da una settimana.

E stava via due giorni, non uno.

 

Di nuovo: come fare?

Dorian si era scatenato, e non si sarebbe fermato presto.

Quel punto che si era marchiato a fuoco in testa nel momento dell'allontanamento di Justin era ancora lontano dall'essere avvicinato e soddisfatto.

 

Ora aveva ottenuto di poter fare un pezzo acustico, una delle canzoni del primo album, con la sua chitarra: non che ci fosse niente di male, le fans andavano in visibilio, e Dorian con la chitarra non se la sarebbe cavata male fino alla morte, probabilmente con le mani sulle corde.

Stranamente non aveva imposto una delle loro canzoni pre-boyband, ma scelto una dei Changes.

Perciò tutto bene, si sarebbe detto.

 

Il problema era che l'aveva voluto e l'aveva ottenuto.

 

Eddie era uscito con un occhio nero da una rissa a Glasgow con un chitarrista indie locale, che l'aveva deriso per la loro attività, mentre lui voleva solo godersi lo spettacolo; vero è che Eddie in un pub non era certo sinonimo di sobrietà.

 

Dorian passava il tempo a scegliere il guardaroba, riavviarsi i capelli e strimpellare la chitarra, oltre che prenotare biglietti aerei, ma mai una volta che nello show non fosse impeccabile.

 

Shane stava visitando tutti gli studi di tatuatori di Londra e ora anche nelle varie città degli States.

Nelle tre date a L.A aveva trovato la Mecca, a sentirlo, sia per la sua moto che per i negozi.

 

E il tour, incredibilmente, era andato quasi sold out quando i biglietti erano stati messi in vendita, il merchandise preso d'assalto in ogni angolo del Regno Unito e degli States, e nel nuovo mercato del Sudamerica, oltre che in Giappone.

Un risultato, in soldoni, triplo se non persino quadruplo, rispetto a quello precedente.

 

Le cause potevano essere molte. Nonostante si fossero trasformati in tre bastardi, i ragazzi avevano acquisito molta più professionalità in studio, prove e, ovviamente, dal vivo.

Vi era il piccolo show unplugged di Dorian, che veniva praticamente coperto dagli strilli.

L'immagine del gruppo era cambiata, e lo show veniva suddiviso in due parti: la prima più sensazionalistica di luci ed effetti, più 'sportivo' e con coreografie, e la seconda più soffusa ed in crescendo, in linea con il secondo album.

La loro libertà ritrovata non sfociava comunque in atteggiamenti molto diversi dei post adolescenti di tutto il nuovo mondo globale, un mix di ribellione, maturità tradita e piccole soddisfazioni.

 

Rose, a Londra, evitava anche di compiere una delle sue famigerate visite a sorpresa, che, nel tour precedente, tenevano i ragazzi in riga; la vista di Dorian, che prima le scatenava un misto tra affetto materno e caldo nella zona inguinale, ora le faceva voglia di rompere qualsiasi cosa avesse sotto mano.

Il mouse del pc era la sua vittima preferita, e la sua segretaria, Jackie, ne teneva sempre due o tre di scorta, ghignando ogni volta che doveva portargliene uno.

 

Sapeva bene chi era la causa, e non poteva che sorriderne.

 

Quando, il 17 luglio 2000, venne chiamata all'interfono per scartare un nuovo mouse e portarlo alla Grande Sorella con le Chiappe in Poltrona, che presumibilmente ne aveva sfasciato un altro con un pugno, i tre disgraziati vagabondi erano in giro per Dallas, Texas, con un'afa incredibile.

 

Senza controllo, senza guardie, senza show da fare per almeno tre giorni.

Liberi.

 

Shane libero di bucherellarsi con l'inchiostro o di spaccarsi l'osso del collo, Eddie di sbronzarsi con una popolazione poco amichevole,(e finire contuso o ucciso dalla C.I.A. nel momento in cui, troppo sbronzo, avesse tirato in ballo il caso Kennedy), e Dorian- teoricamente- in viaggio verso Nashville per vedere delle chitarre.

 

Beh, su una cosa aveva ragione.

 

Dorian era in viaggio, sì.

 

Stava sorvolando l'Atlantico in quel momento, bevendo un Martini e maledicendo la durata del viaggio che non gli permetteva di fumare.

Era partito quella mattina dal Dallas-Fort Worth, , avrebbe poi cambiato volo a Heatrow e preso infine il classico Aer Lingus

 

Amava la livrea verde degli aerei, amava indovinare se il caso gli avesse riservato un vecchio Boeing o uno dei nuovi Airbus, amava sorvolare il Mare d'Irlanda (la prima volta si era dovuto trattenere con tutte le sue forze per non piangere), amava vedere la sua patria rifiorire e diventare un intero campo nell'oceano.

 

E, specialmente, amava trovare il sorriso del suo miglior amico all'uscita del terminal, sotto il cielo sempre in movimento della sua terra.

 

*

*

 

“E sai chi ho rivisto, di recente?”

“Mmm... in che senso? Gente che conosco anche io, o che dovrei fare uno sforzo per ricordarmene?”

 

Il duo era sdraiato a S. Stephen's Green, nel centro di Dublino.

Dorian si era cambiato in fretta con i suoi vecchi jeans e una t shirt prestatagli da Justin, a casa sua, ed erano corsi a St. Stephen's Green.

Se ne stavano sdraiati su una collinetta, sotto il sole che giocava a nascondino con le nuvole tipiche del cielo d'Irlanda, una birra a testa a portata di mano, e altre dieci (a testa) nello zaino.

Quando Justin le aveva messe in congelatore, Edele aveva commentato, acida ma con una punta di divertimento, se intendesse diventare un venditore ambulante.

 

Ròis ,invece, l'aveva aiutato a portare il carico a casa, dopo la mattinata universitaria.

 

Dorian stava a braccia incrociate, con occhiali da sole non troppo vistosi come i suoi soliti Ray Ban Wayfare, e un odioso cappellino da football a nascondergli i capelli, nella t shirt dei Cure troppo grande per lui.

Un regalo di Shane a Justin, aveva ricordato.

L'amico non sapeva che taglia prendere a 'quell'ammasso di ossa' quando erano andati a comprare i regali all’ ultimo anno della Wenders School, e aveva preso una L, basandosi sull'altezza.

 

Tutto, quel giorno, sembrava riportarli in quel glorioso 1997, partito bene e finito meglio, prima di imbarcarsi per quel brutto trip.

Persino il caldo.

 

Justin sembrò condividere la sua idea, poiché non fece altre domande su chi avesse visto l'amico, sedendosi e appoggiando le braccia sulle ginocchia raccolte.

“Ti ricordi che caldo faceva quando provammo la prima volta per suonare live?”

“Sì.”, sospirò Dorian. “E tu ti sentisti male, cretino.”

“Non sembra il 1997?”

“No, Justin.”, lo corresse Dorian, con più asprezza di quella che avrebbe voluto usare.

Tolse brevemente il cappellino, passandosi significativamente le mani nella corta chioma bionda.

“Non è il 1997. Vedi?”, ed estrasse il cellulare, debitamente scarico.

Poi, allungo la mano a prendere un ciuffo di capelli neri dell'amico.

“È da tempo che non è più il 1997, Justin. Questi te li sei fatti l'anno dopo.”

 

La faccia pallida dell'amico, arrossata dal sole, si imporporò dalla vergogna di essersi lasciato così trasportare.

La cicatrice che Dorian gli aveva fatto un anno prima risaltava, come sempre, sul sopracciglio mai ricomposto.

“Hai ragione, Dorian.”, ammise, sdraiandosi anche lui. “Ma tu pensi che potrebbe tornare?”

“No.”

 

La risposta di Dorian, rapida come una sentenza, quasi ferì Justin, ma l'amico riprese subito la parola.

“Sarà molto meglio. Sarà il 1997 in grande stile!

 

Justin sorrise alle nuvole che avevano ancora nascosto il sole, e si accomodò, i jeans neri che strusciavano l'erba.

 

“Allora, conosco chi hai visto o no?”, chiese, riprendendo il discorso di prima.

“Non so se puoi ricordartela, ma... sì, la conosci.”

“È una donna. O una ragazza. Periodo pre o post -Grande Truffa?”

 

Così Justin datava il suo periodo nei Changes, e nessuno si sentiva di dargli torto.

“Pre.”

“Alison, la sorella di Eddie.”

“Psssht, è più probabile che la veda tu, si è iscritta al Trinity anche lei.”

“Ma và?!”

“Torniamo all'argomento, Justin.”

“Dorian, ma che vuoi dalla mia vita?! Cosa posso sapere di chi... oh.”, e un'illuminazione parve farlo tacere, mentre scrutava la faccia impassibile del biondo.

“Sì?”

“È qualcuna che ti sei scopato?”

“Dio mio, che linguaggio scurrile, Justin Andreas Swanson!!”, sbottò Dorian, alzandosi in piedi e fissandolo allibito.

 

Per due secondi.

Prima di mettersi a ridere, assieme.

 

“Fottuto stronzo, hai visto Monik!”

“Fottuto stronzo, come hai fatto ad indovinarlo?!”

“Ti sei scopato UNA persona di numero, prima di mollare questo postaccio di merda, o almeno credo, se non contiamo le pecore dei pascoli attorno a Linayr… poi ho saputo da Shane che la tua carriera di troietta ha preso il volo, ma se parli di periodo PRE, allora è Monik! Come l'hai incontrata?”

“È diventata addetta stampa, p.r di un... personaggio musicale.”, disse Dorian, ridacchiando, sedendosi.

“E?”

“E... basta! L'ho vista nel backstage di una premiazione negli States, una settimana fa. Dio solo sa cos'ha fatto l'Irlanda a quella ragazza, ma le ha fatto solo bene!”, rispose Dorian, stiracchiandosi beato.

“Cioè? Ci sei finito di nuovo a letto? Mio Dio, Shane ha ragione, stai diventando una troia fatta e finita, Dorian Patrick Kierdiing, se le tue fans sapessero de...”

Non ci sono finito a letto assieme.”, tagliò corto Dorian. “Ho solo notato che ora parla un'inglese magnifico, assolutamente british, è professionalissima e stava un incanto in quei jeans di pelle e il suo microfono auricolare, l'ear-in, ma non ho potuto dirglielo.”,ridacchiò, al ricordo. ”Mi ha lapidato con uno sguardo di ghiaccio appena ho fatto un passo per avvicinarmi!”

“Quella è tedesca, è già tanto che non ti abbia staccato la testa con un'asta di microfono e l'abbia tenuta come trofeo, per come l'hai mollata.”

Dorian non volle replicare, ricordando come quel solo commento aveva fatto esplodere una rissa degna della loro breve storia.

 

E forse per quello stoccò l'informazione seguente, che a Justin non sarebbe andata molto giù, giudicò.

Il problema dell'essere tornati in breve così amici era che, forse, Dorian si era sentito rinvigorito, persino eroico nelle sue lotte per ritrovare l'amico.

Così facendo, però, non si era reso conto che Justin si riprendeva, sì, ma più lentamente.

 

Ignorava cosa facesse, come stesse veramente.

Quando lo vedeva, Justin era sempre felice, come mai era accaduto nella storia della loro amicizia.

 

“Sono andato a letto con un'altra vecchia amica invece, se ti interessa.”

“Jackie. Tu ed Eddie dicevate sempre che ve la volevate fa...”

“No, no, no, no. Un'amica dell'era pre.”, sogghignò Dorian, sentendosi un po' carogna.

 

Diamine, ma perchè, poi?!

In fondo Justin non stava uscendo con la fotocopia di Courtney Love?

Sarà stata pure grassoccia, ma a vederla in foto, Dorian avrebbe scommesso che quella sarebbe stata capace di succhiargli anche il cervello fuori dai pantaloni, se avesse voluto!

Anzi, a vederla dal punto di vista di Dorian, avrebbe voluto, eccome!

“Sono stato in una... romantica, amichevole, lunga e oltremodo piacevole, amabile e...”

“Doriaaaaaaaaaaannnnn....”, sbadigliò Justin, facendo finta di annoiarsi, mentre in realtà si stava divertendo un mondo.

“Ok. Con la tua ex vecchia amica di penna, Katryn.”

“Oh.”

 

Justin accusò il colpo e, d'improvviso, il suo sorriso scomparve dalla faccia, come il sole in quel momento.

Dorian, intento a sorridere al cielo, non si accorse di niente, neanche di come l'amico si girò lentamente a guardarlo per un secondo.

Non proprio amichevolmente.

Cancellò l'espressione furibonda prima che Dorian se ne accorgesse, insospettito dal silenzio, e ne assunse una apatica.

Non riusciva ad andare oltre, in quel momento, non sulla scala dell'amicizia.

“Ti... ti ha dato fastidio? Pensavo che... Tu mi avevi detto che era stata una... Sì, insomma, vi eravate scritti e poi niente. E poi ti vedi con quella Ròis, e...”

“Niente che non va. Ho un piacevole ricordo di quella ragazza... era americana, vero?”, sorrise Justin, più falso e dolce di una moneta da tre euro di cioccolato andato a male.

“Canadese.”

“Ah...giusto. Se non ha perso il suo... talento per far passare piacevoli notti ad un musicista immagino ti sarai divertito.”, continuò Justin, lievemente acido.

Il suo sorriso si era allargato, e non ci avrebbe messo molto a passare da 'splendente' ad 'inquietante'.

“Justin...”

“Come sta? Ha fatto carriera facendo po...”

“JUSTIN.”

Dorian aveva alzato la voce, ma era calmo e si era girato verso di lui, che teneva ostinatamente lo sguardo verso il sole che era uscito di nuovo, come volesse bruciarsi la retina.

Lo sguardo di Justin era diventato di ghiaccio, nell'essere ammutolito.

“Ho sbagliato, va bene?”, si difese Dorian, in impaccio. “Ma potevi anche non dirmi tutte quelle balle su una botta e via, amici di penna, storia che non contava niente! Mi sarei regolato!”

Justin alzò un dito singolo, l'indice, non del tutto accusatorio, ma chiedendo silenzio, con calma.

“Rallenta. Per finire a letto, si deve volerlo in due, giusto? O, per definizione, è stupro.”

“Co... Che intendi?”

“Che non so quanto tu ci abbia provato.”, e si girò verso l'amico, sul fianco destro, guardandolo dritto negli occhi. “Ma lei c'è stata. O forse ci ha provato. Non voglio saperlo.”, e si girò di nuovo, pigramente, a stendersi. “Ora, diciamo così: non mi interessa più. E' stato solo un colpo sentirlo. Ero un ragazzino ed anche lei. Se non te ne fossi accorto sto frequentando altre persone, più... consone.”, e un breve sorriso aleggiò sulla faccia di Justin, al pensiero della sua nuova amica .

 

Sì, forse Dorian lo immaginava, ma ne aveva vagamente saggiato le doti.

E non erano certo solo sessuali, come lui sapeva bene.

“Come sta?”

“Eh?”, un confuso Dorian venne preso di sorpresa a quella domanda.

“Hai parlato di un evento, personaggio musicale, p.r... E' andata avanti a suonare, o era con Monik nello stesso seguito?”

Dorian lo fissò ancora per un secondo, poi, rassicurato dallo sguardo sereno di Justin, si rimise sdraiato a sua volta.

“Canta. E' diventata solista, con un gruppo di supporto.”

 

Un altro colpo allo stomaco colpì Justin.

“E com'è?”, chiese con voce arrocchita, nascosta dietro un colpo di tosse.

“Oddio, è diventata bionda, ha smesso di vestirsi da wannabe punk, direi che è aumentata di peso, la faccia è meno scavata o si trucca con più criterio, e le te... Cioè, nel complesso, si è arrotondata. Più femminile.”, si corresse all'ultimo minuto Dorian, cosa che non sfuggì a Justin, comunque.

“Dorian...”

“Eh?”

“Musicalmente. Com'è?”, spiegò con pazienza Justin.

“Oh. E'...è brava. Ha sviluppato la voce, sia in basso che in alto, notevole per la sua altezza.”, si lanciò a spiegare, entusiasta. “Tiene un tono abbastanza monocorde, ma piacevole, visto poi fa delle salite impreviste ed incredibili con facilità, o...”

“Stare con i coach vocali ti ha rincoglionito il cervello...”, borbottò senza malanimo Justin. “La musica, Dorian. Musica.”

“Uh, qual è quel termine così di moda, ultimamente? Indie. Indie rock. Un pizzico di Nirvana, un po' di quella che a N.Y chiamano No Wave, ritmiche molto anni '80 inglesi, synth... Non è ancora emersa, ma emergerà.”, disse con una punta di fierezza, per poi continuare. “Ho il suo cd, lo vuoi?”

 

Justin ci pensò, combattuto un attimo se sguazzare tra vecchi ricordi o no, e si rivolse a Dorian, pensieroso.

“Vale l'ascolto?”

“Un po' debole al centro, ma almeno sei canzoni a livello singolo. Quel genere esploderà tra qualche anno, vedrai. Le premesse ci sono.”, e, magicamente, Dorian estrasse il cd dalla sua borsa stile studente chic.

 

La copertina era una foto anticata nella quale una ragazza, con lunghi capelli biondo miele (si intuiva più che vederli chiaramente), stava nella penombra davanti ad una finestra che mostrava un tramonto dipinto, di stampo impressionista.

Era inquadrata solo dal busto in su, e teneva un braccio teso ad afferrare una delle tende rosso scuro della finestra. Poco si intuiva della faccia, ruotata solo un quarto del volto, ma Justin ebbe lo stesso un tuffo al cuore.

 

Quella faccia.

Quella faccia che si sollevava a guardarlo, a fissarlo negli occhi, senza nessuna remora.

I suoi occhi di ghiaccio che si riflettevano in quelli blu, quasi viola della ragazza.

 

Mise via il cd, sentendo di essersi soffermato troppo a lungo ad osservarla, e infatti, la voce di Dorian lo raggiunse, mentre, seduto di schiena, stava cercando un posto nello zaino.

“Il booklet fotografico è molto bello. E' curato da un suo amico, mi ha detto.”

“Non ha perso l'abitudine di spacciare cd, nonostante stia per fare successo, a sentire te...”, disse Justin, dolcemente.

 

E perchè no?

Era un ricordo dolce.

Anche un po' amaro, come tutti i ricordi andati e ormai perduti, ma dolce perchè vissuto.

 

Si raddrizzò e si tirò in piedi, osservando il tramonto da St. Stephen's Green, sull'Isola di Smeraldo.

“Dici che questo genere farà strada?”

“Sicuro. Ho sentito molti gruppi underground negli States.”, disse , concentrato, Dorian, togliendosi gli occhiali da sole ed il cappellino, vedendo come la gente sfollava, alle prime folate di vento. “Sarebbe giusto che qualche gruppo rispondesse, qua da noi.”, continuò, pensieroso.

 

Justin tirò fuori un'altra birra e brindò, a sorpresa, con quella di Dorian.

“Ben vengano, allora.”, e bevvero.

Dopo un minuto di silenzio, Justin si contemplò le unghie, bevve un altro sorso ed osservò l'amico, con un sorriso furbetto.

L'attimo di gelo era passato o era forse solo sepolto, ma per ora se n'era andato, chissà.

 

“Domani ho prenotato una sessione di prove all'Airsound, di Artane. 4 ore.”, gustò le parole sulla lingua prima che lo abbandonassero.

“Dopodomani, se riesci a svegliarti al mattino, uguale. Ho scritto circa 20 canzoni...”, si gustificò, scrollando le spalle, davanti alla bocca debitamente spalancata di Dorian.

“Che c'è? Avevo tempo da perdere, io.”, sogghignò perfidamente.

“Venti canz... e quanti testi hai?!”

“Quasi settanta.”, ammise Justin, con un certo orgoglio malrespresso.

 

Dorian si alzò a sua volta e trangugiò un'imponente sorso di birra, con gli occhi ancora sbarrati.

Poi fissò l'amico.

“Immagino tutte in powerchords, vero?”

“Tutte in accordi pieni, Kierdiing.”, ammise Justin con un certo fastidio.

Non aveva certo fatto progressi con la chitarra, dai tempi della Wenders.

 

E pensando a quello, non sentì quello che stava dicendo Dorian.

“Scusa? Ero distr...”

“Siamo senza basso e batteria. Dubito tu voglia un sound acustico.”, lo scrutò, l'amico.

Justin sorrise, sempre un po' teneramente e po' furbescamente, e lo prese sottobraccio, mentre si avviavano ai cancelli del parco, tra le folate sempre più forti di vento che portavano con loro l’ odore del Mar d'Irlanda.

“Al basso ci stà Ròis. Non è bravissima, ma l'ho un po' esercitata. Per ora dovrai accontentarti. Mentre alla batteria c'è una vecchia, vecchiiiiiissssima conoscenza, passerotto mio bello.”

“Hai insegnato a tua madre a suon...”, e Dorian si fermò, con l’espressione incredula di chi avesse incautamente ingoiato una noce e stesse per morire soffocato, assistendo allo spettacolo più divertente del mondo.“Edmond.”

“Sì.”

“Hai...chiamato Edmond JAMES JOYCE, JUSTIN ANDREAS SWANS SEI UNO STRONZO MATRICOLATO, IL Più FOTTUTO DEGLI ESSERI SULLA TERRA!!!!”,e saltò ad abbracciarlo, incurante dello zaino e tutto, e finirono a terra, ridendo come cretini.

 

“Tutto pur di farti felice, passerotto mio! Grazie dei complimenti, so che mi vuoi bene!”, rise Justin, tentando di risollevarsi, vanificato nel tentativo dal troppo ridere e dal peso di Dorian.

“Stasera, Gran Canal Docks, con le birre rimaste!”

“E poi mia madre ci sbatterà giù dal letto col doposbronza!”, rise Justin.

“E se mi vedesse quella puttana di Rose Evans, mi sbatterebbe fuori in un nanosecondo, vacca sacra o no!”, rise Dorian.

 

*

*

 

La suddetta nominata puttana da Dorian Patrick Kierdiing, a Londra, aveva appena rotto un altro mouse, sapendo del ritorno in albergo dei suoi 'protetti'.

Protetti? Non più. Incontrollabili mine vaganti.

 

Ne mancava uno.

Dorian, quel fottutissimo Dorian!!

Sempre a fermarsi fuori la notte, a farsi chissà quale puttanella o a concerti, in ogni città!

Non sopportava il sorriso con il quale Jackie la guardava, come a dire 'io me lo sono fatto e tu no, a-ah!', e le aveva bloccato ogni avanzamento di carriera, finché non le fosse passata.

E la memoria di Rose, come le sue chiappe, era come quella degli elefanti.

 

Con tre giorni liberi chissà cos'avrebbe fatto, quel maledetto stronzetto!

 

Rose stava per tirare un pugno al nuovo mouse, decretandone la fine in tempo record, quando la mano le si bloccò a mezz'aria.

Tre giorni liberi.

Non era rientrato.

Tutti erano rientrati.

Persino i suoi compari, che non disdegnavano fare bisboccia, o vedere concerti di band mai sentite.

Loro erano tornati.

 

Ed in tre giorni si aveva un sacco di tempo, tempo che una persona come Dorian avrebbe saputo bene come far fruttare.

 

La mano che stava per distruggere, si posò quieta sulla scrivania, mentre il cervello lavorava.

E il suo intuito anche, resosi più fine dalla cantonata presa con Justin: il pacchetto intero non era andato bene, e andare poi a dimezzarlo si era dimostrato uno sbaglio colossale.

Aveva aperto un vaso di vespe, ed una di essere correva, correva restando ferma, correva più avanti per...

 

Dublino.

C'era la vaga possibilità che Dorian fosse in giro da solo per una città come Dallas, ovviamente c'era, e non sarebbe stato il suo primo sbaglio nel provare a prevedere le mosse di Dorian, ma questi si era fatto via via più sicuro col tempo.

Troppo sicuro.

 

Dorian era a Dublino.

Dorian Kierdiing era a Dublino dal suo vecchio amico, la causa di tutti i mali della manager.

 

Rose digrignò i denti e premette l'interfono.

Per fortuna non c'era Jackie in segreteria, ma la sua collega, Sophie, che le aveva dato il cambio per la sera.

A differenza della sgualdrinella, Sophie era meticolosa come una spia della Stasi, respingente come un cactus e aveva giurato fedeltà quasi sacra all'agenzia.

“Sophie.”

“Buonasera, Rose.”

“Chi abbiamo a Dublino, Sophie?”

“Nessuno.”, intuì il motivo, la giovane londinese. “Vuole che mi accerti che nessuno dei nostri sia a Dublino?”

“Sì, per favore.”, sospirò Rose, soddisfatta di dover sprecare così poche parole per un concetto così importante. E ciò la spinse a dire cose che mai Eddie, Shane, Dorian e men che meno Justin, avrebbero mai pensato potesse dire. “Grazie Sophie, ringrazio Dio per la tua precisione.”

“Avrò qualche risposta tra un'ora circa, Rose.”, fu l'impersonale risposta.

La manager, Colei che sedeva in poltrona con le chiappe color albicocca, ne fu sollevata.

 

“Ti prendo, passerotto...”, sussurrò, maligna, facendo il gesto di prendere qualcosa al volo.

Gli occhi le si erano assottigliati.

“Ti prendo...”

 

*

*

 

Quella sera, al Gran Canal Docks, nonostante la zona fosse tirata a lucido più di quanto ricordassero, il duo rideva, nonostante la fitta pioggerellina fredda che li inzuppava.

“E Shane, Shane... ahahahahahaha, insomma, Shane voleva provare un'impennata per fare una foto ricordo, e insomma prova, accelera e lui...AAHAHAHAH, lui riesce a restare in piedi e la moto gli sguscia via da sotto il culo, ahahahah, poteva restarci secco!!”

“Ahahahahahah!! Dio santo, quando mi ha portato al Trinity ha fatto quasi un frontale con un fottuto tram, la Gàrda ci è stata alle costole e lui l'ha seminata, sta diventando un fottuto pazzo!”

“Ed Eddie?! Non sai di Eddie!! Io sono partito da Fort Worth mentre lui si stava per buttare vicino a Fort Worth! Paracadutismo, la sua ultima passione!”

“Oh oddio, ti prego, hahahah... e...e si tiene sempre una lattina in mano?”

 

I due si guardarono e poi ricominciarono a sprizzare risate e lacrime alla luna, come al solito, in un balletto demente.

Alla fine, esausti per il tanto ridere, si appoggiarono ad un muretto, vicino all'argine del Liffey, e respirarono a fondo l'aria del Mare d'Irlanda.

 

Dorian, specialmente.

“Dorian...”

“Dimmi tutto.”, sospirò il biondo, capendo che era finita l'ora delle pazze risate.

No, in realtà non sarebbe finita mai, si corresse.

“Sai perché ho fissato tutte quelle ore di prova?”

“Perché hai fretta.”, e ridacchiò.” Venti canzoni! Mi chiedo se ce ne sarà una buona!”

“Non ha importanza.”, disse quieto Justin, appoggiato al muretto, trangugiando l'ennesimo sorso di birra scura. “Tu ne saprai certo cavare qualcosa. E poi non è ancora l'inizio.”, disse, con tranquillità.

 

Dorian lo fissò, perplesso.

“E allora, che...”

“Il tuo tempo, Dorian.”, e Justin lo fissò in modo strano, quasi inquietante. “Il tuo tempo, intendo questo tuo giochetto di fuggire, venire qui...”,e gesticolando, fissò involontariamente l'apertura dove il Liffey sfociava nel loro mare.

“Sta finendo. Cambierai. Poi tornerai, lo so.”, e lo fissò di nuovo, con quello sguardo trasparente. “Ma stai ballando sul filo del rasoio. Devi smetterla e tornare a fare il bravo. Onorare i tuoi impegni.”, concluse Justin, mestamente.

 

Dorian fu dolorosamente colpito da quelle parole.

“Cosa... cosa intendi?”, chiese, fievolmente.

“Tre giorni, Dorian. Starai qui tre giorni. Ed è perfetto, scommetto faremo un sacco di roba, ma...”, e Justin sospirò. “Togliti dalla testa che non sei sacrificabile.”, lo trapassò, con le parole.

“Io...”

“Tu pensi che non possano liberarsi di te?”, lo attaccò, senza malanimo Justin.

Non voleva ferirlo, sapeva solo a che gioco stava giocando Dorian.

Ci era passato prima di lui, in fondo.

“Guarda me. Anche io mi credevo inattaccabile. La VOCE dei Changes. Ricordi? Un caratteraccio, ma una voce che non sarebbe stato possibile togliere dalla struttura delle canzoni.”, e i suoi occhi brillarono, al ricordo. “Ma mi hanno cacciato. Stai giocando col fuoco, Dorian.”, gli intimò Justin, mentre lo fissava. “Smetteremo di vederci, dopo queste prove. Non ti accompagnerò neanche all'aeroporto. Ma...devi onorare il nostro patto.”, e la voce di Justin tremò lievemente. “Se fallisci, come me, non servirai a molto. Porta a casa tutto il salvabile, Dorian.”

 

“E se non lo volessi?”, chiese, con voce calma, Dorian, mentre dentro di sé tremava.

Justin alzò lo sguardo a guardarlo, freddamente.

“Lo vuoi. Vuoi farlo, e vuoi girarti a sputare in faccia chi ti ha fatto tutto questo.”, e in un gesto circolare, Justin sembrò abbracciare tutto.

La vita, il padre, Rose Evans...

Forse persino se stesso.

 

“Sarà un miracolo se riuscirai a nascondere questi tre giorni, Dorian. Farà male... Ma...”, e Justin esitò. “Aspetteremo. Aspetteremo di poterci muovere.”

 

Dorian si avvicinò a lui, la bottiglia levata in un altro brindisi, silenzioso, finché gli occhi si incrociarono.

“A Londra. Liberi.”

“Liberi. A Londra.”, ripeté Justin, assaporando quelle parole.

 

*

*

 

Tornando a casa, fradici ed ancora ridenti (la serata non si era certo fermata lì, per loro), un fotografo scattò una foto, non chiara, da rotocalco, ma sufficiente.

 

Al suo ritorno a Dallas, anzi direttamente a Fort Worth, la tappa successiva del tour, Dorian trovò qualcosa di inaspettato.

Rose Mya Evans aveva ripreso l'abitudine di fare loro visite a sorpresa.

 

Ed era venuta per lui.

 

 

Bene, questa volta non siamo tanto in ritardo, grazie a quella santa donna di Jo_the ripper che viene a prendermi anche durante lo studio di Antropologia Culturale ( odiodiodiodiodiodio e oddioddioddioddio!!).

Visto in tante storia, mi sono presa la libertà di un esperimento, un account efp dedicato SOLO a questo; chi ne ha voglia mi aggiunga e mi scriva in privato, poichè mi sento triste e sola con le mie critiche preferite ( tanto ammmore per queste povere donne!), sennò lo cancellerò e non è una minaccia, è una constatazione: diciamo che 'Voglio fare un gioco...' (come dico alle mie conqui quando suono al citofono, povere donne). 

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007135950754

Ah, ho preso il ticket per i FF. Ma a parte a chi ne ho parlato, nessuno proprio indovina a che band mi sono ispirata per questa storia (inizialmente...) e poi da quali altre ho preso spunto? No? Ok. Kuessel!

   
 
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