»Chapter
11
Everything... quiet – As Ink On Paper
Il
messaggio di James le dava appuntamento al Pulteney Bridge per le 18.00
p.m.
Erano solo le quattro del pomeriggio quando Beth Smith si
svegliò con uno
sbadiglio, non poco rumoroso, da un lungo sonno durato più
di tre ore.
Nella sera che era trascorsa non aveva chiuso occhio poiché
la sua mente, come
spesso le accadeva, fu invasa da molti pensieri.
Una volta alzata, gli occhi gonfi per il sonno non le resero facile
scendere la
rampa di scale che collegava la sua stanza, che era in soffitta, al
piano terra
e più e più volte rischiò di
inciampare e tra queste, alcune volte lo fece.
La casa era vuota, la madre Jane era a lavoro e suo fratello Patrick da
un
amico.
Mai tanta tranquillità le fu così di piacere.
Di certo arrivare in ritardo all'appuntamento non era né nei
piani di Beth, né
tantomeno nel suo uso abituale.
Certo, avvolte vuoi la fatalità, il destino o in qualsiasi
altro modo lo si
chiami, accadeva, ma quel giorno no, non doveva accadere.
Dopo lo spuntino obbligatorio per un post-sonno, Beth salì
in quella camera,
che di camera non aveva nulla, ma di mercato molto.
Panni sparsi sul pavimento, letto disfatto, schizzi su carta un po'
ovunque,
pennelli dispersi sulla scrivania, CD in qualunque posto disponibile.
Quella era la camera di Beth. La sua camera.
Andò in bagno e aprì il rubinetto della doccia.
Si spogliò e vi entrò.
L'acqua calda e seducente le scese lungo il corpo, si
insinuò nei lunghi
capelli neri, tra le dita e nella pelle.
Beth Smith adorava quella sensazione, che in un modo abbastanza folle
la faceva
sentire libera.
Quella sensazione di essere qualcosa, di essere qualcuno. Di esserci.
Amava il modo in cui l'acqua si modellava sul suo corpo.
Il modo in cui vi scorreva come un torrente e poi si trasformava in
fiumiciattoli più piccoli per poi cadere sul freddo marmo.
Le goccioline d'acqua che le imperlavano le lunghe ciglia.
Ascoltare i Beatles e rilassarsi.
Essere in un modo abbastanza folle... libera.
Quando Beth uscì di casa aveva tutto il tempo del mondo per
arrivare
all’appuntamento.
Gli anfibi affogavano nella poca acqua ai margini dei marciapiedi, le
gambe
avvolte da un paio di calze di lana tremavano un po’, la
camicia di jeans con
sopra il maglione bordeaux, forse non era stata la scelta migliore, ma
d’altronde, Beth, come sempre aveva indossato le prime cose
che aveva trovato.
Un cappello e una sciarpa la riscaldavano, e il parka la coccolava con
il suo
calore.
Le strade di Bath erano vuote, solo il venditore di caldarroste
all’angolo
della strada, e qualche passante.
Quando Beth arrivò al Pulteney Bridge era puntuale come non
mai, e con grande
sorpresa vide James ad aspettarla vicino il muretto che dava sul fiume.
Gli andò incontro e si salutarono, James aveva sul volto uno
strano sorriso che
Beth non seppe decifrare e si sentì un po’ a
disagio.
I due ragazzi si incamminarono verso un bar, dove rimasero a parlare
del più e
del meno per un bel po’ di tempo.
Poi a James squillò il telefono.
<< scusa è mia madre, vuole che le compri
delle cose per la cena…
>>
<< oh, capisco >> sorrise Beth
<< beh, non so potresti venire con me, se non ti
dispiace… >> disse
speranzoso, la compagnia di Beth gli piaceva, molto.
<< si, dai… >> rispose la ragazza
Dopo aver comprato tutto ciò che la madre gli aveva chiesto
James invitò Beth a
casa, la ragazza un po’ titubante accettò
l’invito.
Di certo non si sarebbe aspettata una casa così…
grande.
Arthur’s Villa si ergeva su un magnifico prato
all’inglese ricco di fiori,
l’edificio tipicamente vittoriano era in mattoni marroni e
bordeaux e l’aria
che la circondava odorava di biscotti.
I due ragazzi vennero accolti dalla madre di James:
<< mamma, questa è Beth...una mia amica
>>
<< ciao cara >> disse con un enorme sorriso
<< salve signora >>
<< oh, per favore chiamami Julia non signora, mi fai
sembrare più vecchia
di quella che sono >>
<< certo mi scusi >>
<< e dammi del tu >> e tutti e tre risero
James fece fare un giro della casa a Beth e le raccontò
della sua famiglia, lui
era il maggiore di tre fratelli, uno di sei e uno di diciotto, che
adesso era
partito. Le mostrò le foto della famiglia, e tra queste non
ne vide neanche una
del fratello di età media
<< non ama farsi fotografare, di solito è lui
che fa le foto >>
Beth sorrise
Finito il giro dell’enorme casa Beth fece per andarsene ma
Julia, la pregò di
rimanere a cena.
Dopo una piacevole cena all’insegna delle risa, Beth e James
chiacchierano un
altro po’, poi quest’ultimo la
riaccompagnò a casa.
***
I
giorni successivi
passarono nel più tranquillo dei modi, così come
Natale.
Mancava ormai meno di un mese al rientro a scuola e una settimana al
suo
viaggio a Londra.
Era così emozionata ed agitata che per l’intero
lasso di tempo non dormì
nemmeno una notte.
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Ink
Droplets
Care lettrici,
eccoci con un’ altro capitolo, è corto, ma
è di passaggio per i prossimi
capitoli che saranno più belli e lunghi.
Spero che vi piaccia comunque e ditemi cosa ne pensate.
Vi prego di recensire, queste sono davvero poche e voglio sapere se
vale la
pena continuare.
Scusate se è da un po’ che non aggiorno ma sono
stata a Venezia per la
Biennale, se volte vi posto qualche foto, fatemi sapere.
Xx
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