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Autore: SSONGMAR    24/11/2013    4 recensioni
Prendete due persone distanti, distanti in tutti i sensi che possano esistere al mondo e metteteli tra la folla: quante possibilità hanno gli occhi di queste due persone di incontrarsi? Direi una su centomila. Eppure a loro era successo, per un secondo i loro occhi si erano incontrati, i loro sguardi sfiorati, le loro mani toccate e nulla poteva ostacolare quello che stava accadendo. Nemmeno l’oceano.
L’oceano tra noi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano ormai giorni che la pioggia cadeva al suolo indisturbata, e anche adesso il picchiettio incessante si scagliava contro il vetro del finestrino di quel taxi che mi accompagnava alla J Tune. Il cielo era bruno, ma nel momento in cui avevo alzato gli occhi avevo notato un piccolo arcobaleno fare capolino tra le nuvole grigie. Il tempo esprimeva esattamente come mi sentivo, cosa avevo dentro: che quell’arcobaleno fosse il barlume di speranza che avrei dovuto cercare?
Non ero riuscita, ancora una volta, ad acciuffare la persona che stava causando così tanto dolore sia a me che ai ragazzi. Quello che sarebbe dovuto essere il mio sogno stava ormai diventando il mio incubo peggiore.
A causa della pioggia le persone correvano ai ripari, cercavano il loro rifugio e metaforicamente pensai che il mio rifugio fosse Seungho, ma non potevo assolutamente appoggiarmi a lui adesso, avrei dovuto fare qualcosa per riportare l’ordine e magari le cose sarebbero cambiate.
Meg aveva deciso di recarsi insieme a Jun al Santuario di Jongmyo, i giorni in Corea erano quasi terminati e lei a causa mia aveva perso tantissime cose. Mi strinsi nelle spalle e mi lasciai affondare nel sedile appoggiando la testa al bordo, non riuscivo a sentirmi bene e al sicuro poiché mi sentivo devastata mentalmente, dentro il mio petto il cuore sembrava sanguinare, proprio come se mille lame mi avessero trafitta. Riluttante scesi alla mia destinazione con il cuore che pulsava forte in gola, feci un respiro profondo ed entrai nello stabile della J Tune. La notizia, molto probabilmente, era già arrivata all’orecchio dei presenti poiché ero osservata in modo particolare, le persone mi scrutavano ed io sentivo mille occhi puntati addosso.
Percorsi nervosamente il lungo corridoio che avrebbe dovuto condurmi dai ragazzi, ormai mancava davvero pochissimo al concerto ed io avrei dovuto preparare un qualcosa per una specie di debutto.
Sulla mia destra una porta socchiusa attirò la mia attenzione, mi scorsi lentamente oltre essa e potei notare un Mir concentrato con le cuffie alle orecchie, tenere il tempo con le mani ed i piedi. Sentii il mio cuore sorridere ed immediatamente un sorriso spuntò sincero sulle mie labbra. Lentamente vi entrai e chiusi silenziosamente la porta alle mie spalle, era così assorto che non si accorse della mia presenza. A piccoli passi mi avvicinai sempre di più ed appoggiai le mie mani al vetro che ci divideva. Mi guardai intorno e mi accorsi di essere già stata lì, si ci ero stata di sicuro. Chiusi gli occhi e la mia mente fu trasportata indietro di qualche settimana, quando le cose erano ancora tranquille, quando la mia vita sembrava ancora una favola scritta da un famoso scrittore. Mi strinsi nelle spalle e ricordai la mia partenza per Busan, mi ero precipitata lì per salutare i ragazzi e ricevere da loro quel calore che faceva da carburante al mio cuore. Eppure tantissime cose erano cambiate e tantissime cose stavano ancora per cambiare, quello che speravo era che questi cambiamenti fossero avvenuti in positivo. Mentre ero assorta nei miei pensieri sentii delle mani circondarmi, cingermi furtivamente i fianchi. Sobbalzai e guardai oltre la vetrata, ma di Mir nemmeno l’ombra, il maknae furbetto si era accorto della mia presenza. Mi voltai ed il suo sorriso luminoso diede luce ai miei occhi – Smoky Girl – aveva esultato - ehi Mirtillo – esordii io lasciando che la mia mano scompigliasse per poco i suoi capelli. Nonostante lui fosse più grande di me sentivo un senso di protezione nei suoi confronti, forse questo era dovuto al fatto che fosse il maknae. Eppure ogni volta che ci ritrovavamo a ballare insieme il pezzo in Smoky Girl, potevo testare con le mie mani quanto lui fosse uomo. Mir mi prese per mano e mi trascinò con sé all’interno della stanza posta dietro al grande vetro – cosa fai? – chiesi io sorpresa, mi guardò sorridendo, poggiò sulla mia testa delle enormi cuffie e mi posizionò davanti un microfono. A quella scena rimasi allibita e non sapevo come reagire. Immediatamente mi lasciò sola per poter ritornare ancora una volta dall’altro lato del vetro. Lo vidi sistemare una telecamera su un cavalletto e posizionarla davanti a me, su di essa applicò un filtro, poi regolò lo zoom in modo da inquadrare bene l’intera area. Verificò il suo funzionamento e mentre si accertava che tutto funzionasse a dovere io me ne restavo ferma a guardarlo con un’aria vagamente ebete. I miei occhi erano sgranati, erano sorpresi, e non riuscivo a capire che intenzioni avesse esattamente – Mireu-ya, cos’è che stai facendo? – chiesi quindi curiosa, Mir mi regalò nuovamente un sorriso e fiero del suo lavoro si sedette sulla grande poltrona in pelle nera di fianco alla telecamera – metto in scena il tuo provino – confessò– tu adesso canterai – esordì poi. Sentii un brivido strano percorrere il mio corpo e le mani tremare, non avevo una bella voce e non avevo intenzione di cantare, non davanti a lui. Non mi sentivo pronta a farlo, tanto per cominciare avevo bisogno di un po’ di tempo per riflettere sulla cosa. Lentamente, ma con decisione, tolsi quindi le cuffie che Mir aveva appoggiato sul mio capo e mi apprestai ad uscire – fermati, ti prego – aveva urlato lui avvicinandosi alla porta che io stavo per aprire. Restai immobile dietro di essa – Mar, dobbiamo preparare qualcosa che ci permetta di dimostrare al mondo che tu sei qui perché te lo meriti – in quel momento mi sentii sprofondare in un mare di dubbi ed incertezze, ma nonostante tutto Mir aveva ragione. Lasciai che le mie gambe perdessero la forza e mi lasciai cadere a terra, Mir aprì la porta e corse in mio aiuto. Mi strinse forte le braccia e mi aiutò ad alzarmi, sentivo il suo sguardo preoccupato fisso su di me, sentivo come se mi stesse leggendo dentro – ora, io ti mostrerò qualcosa che forse non ti aspetti – si staccò da me e si posizionò dietro al microfono mentre con la testa fece segno a me di uscire e di posizionarmi dall’altro lato della stanza. Annuii e feci come detto, chiusi la porta alle mie spalle e mi sedetti sulla grande poltrona dove poco prima vi era seduto Mir. Immediatamente una base si diffuse per l’intera sala registrazione, Mir posizionò bene le cuffie sulla sua testa e chiuse gli occhi, tra le sue mani uno spartito. Strabuzzai gli occhi e mi avvicinai al vetro per leggere meglio la scrittura riportata sul foglio, Mir Come Here, vi era scritto. Sentii il cuore battere incessantemente, quello stava a significare un solo di Mir ed io, io avrei ascoltato il tutto in anteprima. Sentii gli occhi bruciare immediatamente, la melodia mi piaceva poiché rispecchiava il suo stile. Riuscivo a percepirne la grinta, l’adrenalina che si diffondeva lenta lungo il suo corpo; si era immerso nel suo mondo proprio come se lì non ci fosse nessuno ad osservarlo, semplicemente lui stava esprimendo se stesso. Il mio cuore ed il mio corpo in quel momento furono trasportati  a loro volta in un’altra dimensione, essere lì, guardarlo e sentirlo in quel modo, il tutto era assolutamente indescrivibile, indescrivibile e bello. Dimenticai tutte le cose che mi stavano capitando e capii di dover solo ringraziare il cielo perché avevo ricevuto un miracolo, avevo realizzato il mio sogno ed il sogno di tantissime altre A+. Non c’era tempo per essere triste, non c’era tempo per piangere e maledire coloro che mi stavano facendo male, dovevo solo dare il meglio di me stessa, dovevo solo prendere loro come esempio, proprio come avevo sempre fatto, e andare avanti. Quando Mir smise di cantare mi alzai dalla poltrona e cominciai a battere forte le mani, con esse batteva forte anche il mio cuore. Mir mi sorrise e mi fece il segno della vittoria, forse avevo capito qual era il suo intento, lui voleva esattamente quello che era avvenuto pocanzi nella mia mente, lui voleva che io capissi; mi aveva mostrato in che modo avrei dovuto sentirmi esattamente.
Ripensandoci io riuscivo a sentirmi in quel modo ogni qual volta il mio corpo veniva a contatto col suolo grazie a qualche coreografia, ballare era la mia vita e Mir aveva proiettato il tutto su di lui.  A quel punto quindi avrei dovuto cantare – scegli tu la canzone – disse Mir ed io annuii, avrei scelto sicuramente qualcosa di significativo.
Mi posizionai nuovamente dietro al microfono e Mir accese la telecamera, vedevo la lucina rossa lampeggiante riflettere nel vetro, una lucina che ben presto sarebbe diventata verde. Cominciai a tremare senza sosta, la voce sarebbe potuta uscirmi roca dalla gola o peggio ancora avrei potuto stonare come una campana, era quello che mi preoccupava. Mir notò la visibile preoccupazione sul mio viso – cosa ti succede Smoky Girl? – chiese a sua volta preoccupato, lo guardai con occhi supplichevoli e cominciai a torturare le mie mani – ecco.. io.. – non riuscivo a trovare le parole esatte per esprimere il mio disagio. Mir portò una mano sotto al mento – se è la tua voce che ti preoccupa non preoccuparti, questo aggeggio fa miracoli – disse dando dei leggeri colpetti ad un piano pieni di pulsanti, forse aveva ragione, dopotutto eravamo in una sala registrazione. Feci un profondo respiro che avrebbe dovuto incoraggiare il mio cuore – che canzone hai scelto? – chiese Mir guardandomi – io voglio cantare Rust – confessai.

Mi ci volle un po’ di tempo per arrangiare la canzone nel migliore dei modi, ma grazie all’aiuto di Mir tutto andò a buon fine. Non mi sarei mai aspettata di saper cantare in quel modo, le persone mi avevano spesso detto di non essere stonata, ma io non ci avevo mai creduto.
Stremati ci lasciammo cadere su quelle poltroncine rosso e panna. La luce dei faretti faceva capolino sulle lenti degli occhiali che Mir aveva indossato ed era per questo che i suoi occhi sembravano delle stelle luminose.
- Quando sono giù solitamente mangio del ramyun precotto – aveva esordito Mir improvvisamente, spezzando il silenzio che si era creato tra noi. Lo fissai per circa venti secondi prima di scoppiare in una spontanea risata – cosa? – chiesi fissandolo ancora, Mir si girò verso di me sorridendo a sua volta – dico sul serio, conosco un negozietto di un’ajumma che vende ramyun precotti buonissimi – confessò, vantandosi delle sue conoscenze. Mi strinsi nelle spalle e continuai a fissarlo divertita – credimi, i suoi ramyun sono speciali – la sua voce nel pronunciare quelle parole era diventata improvvisamente più dolce e confortevole, forse il suo intento era quello di aiutarmi. Restai con la bocca chiusa incapace di esprimermi. Mir si alzò improvvisamente e rumorosamente si stiracchiò portando le mani al cielo. L’orologio segnava le cinque in punto. Raccolse le sue cose e fece per andar via, io invece sembravo essere caduta in una specie di trance – Smoky Girl – ma Mir richiamò la mia attenzione. Posai il mio sguardo su di lui e lentamente mi alzai a mia volta, Mir sorrise – io adesso devo andare, ho degli impegni. Mi dai il tuo cellulare? – la sua richiesta ancora una volta era stata capace di lasciarmi senza parole, Mir rise – voglio solo darti le indicazioni per quel negozietto, hai bisogno di sentirti meglio – aggiunse. A quel punto annuii e tirai fuori il mio cellulare, Mir scrisse velocemente le indicazioni – ti saluto Smoky Girl – disse prima di lasciarmi sola.

Il tardo pomeriggio era il mio tempo preferito da quando ero arrivata a Seoul. La morbida luce invernale, unita all’austera bellezza della città, dava al mondo un’aura surreale. Mi strinsi forte su me stessa lasciandomi coccolare dal caldo cappotto che avvolgeva il mio corpo, ed intorno al mio collo avevo lasciato la sciarpa intrisa del profumo di Seungho. Col cellulare tra le mani leggevo le indicazioni che Mir mi aveva scritto, da quando ero lì quella forse era la prima volta che mi ritrovavo a camminare da sola.
Il vento aveva alzato le foglie secche, che stanche, avevano lasciato i rami rendendo gli alberi spogli e tristi, ma nonostante tutto non era minaccioso, anzi, i miei capelli sembravano essere accarezzati.  Abbassai lo sguardo e ne portai una ciocca dietro l’orecchio, quel freddo pungente sembrava lo stesso che percepii quella volta stando in riva al mare a Busan.
Quel ricordo mi fece provare un’acuta fitta di nostalgia.
Alzai lo sguardo e l’insegna del negozio richiamò la mia attenzione, ero finalmente arrivata. Sorrisi mordendomi le labbra ed entrai. Appena dentro un calore accogliente mi invase completamente, di sottofondo vi era una musichetta a me familiare, si trattava infatti di No Love degli MBLAQ. Sorrisi e mi avvicinai al bancone, ma dietro di esso non vi era nessuno. Continuai a guardarmi intorno e decisi così di fare un piccolo giro tra gli scaffali, avrei dovuto pur trovare qualcuno.
Accovacciata accanto ad un ripiano una piccola ajumma stava mettendo a posto alcune cose – vuole una mano? – chiesi d’istinto quando notai quanto fosse anziana. La donna si voltò verso di me e mi sorrise regalandomi la sua espressione meravigliata e felice allo stesso tempo. Velocemente si alzò e continuò a fissarmi, forse il fatto che io fossi straniera e che parlassi perfettamente la sua lingua era strano per lei.
Senza che io dicessi nulla si avvicinò al bancone e tirò da una scatola un pacco di ramyun precotti – sapevo tu fossi arrivata – disse improvvisamente facendo comparire sul mio viso un’espressione sorpresa.  Chiunque avrebbe potuto entrarvi, eppure lei sapeva che ero io quella che stava attendendo.
Presi i ramyun precotti e me ne restai in silenzio, intanto l’ajumma continuava a fissarmi – ehm, quanto le devo? – chiesi tornando nuovamente coi piedi a terra, feci per prendere i soldi dalla mia borsa ma la donna mi fermò – questo è un regalo sincero che io voglio fare a te – disse accarezzando leggermente la mia mano, sgranai gli occhi ancora una volta sorpresa e scossi la testa – oh no ajumma, assolutamente io le devo.. – non riuscii a terminare la frase, la donna si era già avvicinata nuovamente al bancone. Da un ripiano abbastanza alto stava cercando di prendere un grande librone, ma essendo abbastanza bassina non ci riusciva. Mi avvicinai per offrirle il mio aiuto e lei mi sorrise per ringraziarmi. Poggiò il librone sul bancone e lo aprì – avvicinati cara – disse sorridendo. Mentre sfogliava le pagine potevo notare riportato su di esso il nome degli MBLAQ, ovunque, MBLAQ sulla prima pagina, MBLAQ sulla seconda pagina e accanto al loro nome delle grandi somme di denaro. A quel punto me ne restavo ferma chiedendomi cosa volesse mostrarmi in realtà la signora – gli MBLAQ sono i più grandi benefattori che io conosca. Devi sapere che quando devono offrire del cibo alle persone meno abbienti loro vengono qui a spendere da me. Solitamente sono i fans che inviano loro le raccolte di cibo, ma gli MBLAQ offrono cibo anche senza far sapere nulla ai media, e questa cosa avviene spesso – a quelle parole sentii dentro me una forza nascere dal profondo dello stomaco, un qualcosa misto all’orgoglio, ero fiera, fiera di loro, fiera di essere una A+. Un sorriso spuntò quindi sul mio viso e quasi una lacrima intimò di cadere dai miei occhi, ma sarebbe stata di sicuro una lacrima di gioia intrisa di orgoglio. Guardai l’ajumma sorridendo e lei mi sorrise a sua volta – Mar, loro mi hanno parlato del tuo arrivo. Quel mattacchione di Mir mi aveva detto che saresti arrivata per comprare il mio ramyun precotto – rise stringendosi nelle spalle, sapeva anche il mio nome – il ramyun che stai stringendo tra le mani è preparato da me, è precotto perché lo confeziono io stessa, ma è fatto con ingredienti freschi di giornata – guardai le confezioni che stringevo tra le mani ed il sorriso di Mir spuntò improvvisamente davanti ai miei occhi, forse era questo il motivo del suo “sono speciali”, sorrisi nuovamente all’ajumma e a quel punto non avrei dovuto fare altro che accettare il suo prezioso regalo e farne tesoro, di sicuro li avrei gustati davvero con tantissimo piacere. Mi guardai intorno e notai degli sgabelli con un tavolo accanto ad una vetrata, i migliaia di drama che avevo guardato percorsero immediatamente la mia mente, tutti si fermavano a mangiare in negozi come questo. Mi accomodai ed aprii la confezione. Il sapore di quei ramyun era davvero un qualcosa di mai assaggiato prima, potei notare di come l’ajumma avesse messo tutta se stessa nel prepararli. Ancora una volta Mir mi stava dimostrando che l’amore e la voglia di fare portavano a buoni risultati, non mi sarei mai aspettata che il maknae giocherellone in realtà fosse così maturo e profondo.
Le persone percorrevano i marciapiedi ingarbugliati nei loro cappotti che fungevano da piumoni, vi erano coppiette che abbracciate rincasavano insieme, ajusshi muniti di ventiquattrore, ajumma con la busta della spesa, ragazzini che scorazzavano felici. Vedere la vita mi metteva di buon umore. Venendo lì avevo finalmente trovato sollievo dai tanti pensieri che mi opprimevano. Sospirai e mi apprestai a lasciare il negozio per tornare a casa, avrei dovuto pur chiedere a Meg come avesse trascorso la giornata, salutai quindi la signora e mi incamminai.

Il freddo ovviamente non tardava a farsi sentire, era ormai divenuto buio e le temperature erano calate. Il mio fiato si condensava per il freddo.
In lontananza una figura avvolta in una pesante giacca scura richiamò la mia attenzione, nonostante fosse buio ed i miei occhi non riuscissero a vedere con precisione, il mio cuore capì,capì quello ad attendermi sul ciglio della strada era Seungho.
Sentii in un attimo una sensazione strana nascere in me, avrei tanto voluto abbracciarlo, ne avevo così bisogno ma sapevo che non potevo, non in un luogo dove le persone avrebbero potuto vederci. A piccoli passi mi avvicinai a lui, sentivo gli occhi bruciare ed il cuore battere incessantemente. Mi avrebbe sempre fatto lo stesso effetto. Quando si accorse della mia presenza mi venne immediatamente incontro, i suoi occhi nei miei avevano nuovamente creato quella sintonia perfetta – cosa ci fai qui? – chiesi io guardandomi intorno, non era bene per noi lasciare che le persone ci vedessero insieme – mi manchi – confessò Seungho stringendomi forte in un abbraccio pieno d’amore.
Ero preoccupata ma non potevo perdere quell’occasione, in fondo anche lui mi mancava, costantemente, anche se mi era sempre vicino. Mi sarebbe mancato in eterno.
Mi prese una mano e la baciò dolcemente – voglio che tu venga con me in un posto adesso – sussurrò restando ancora con le labbra su di esse – ho l’auto posta poco più distante da qui, andiamo – non lasciò che io commentassi la sua proposta che già mi stava trascinando via.
Avanzammo per le strade nebbiose, rese ancora più spettrali dalla luce lattiginosa dei lampioni. Una nebbia che sembrava diversa. In certi punti appariva densa e impenetrabile, in altri era bruma e sottile, e la lieve brezza l’agitava creando lingue tortuose. Eravamo sulla riva del fiume Han, e Seungho mi stava stringendo forte a se, non riuscivo a scorgere il suo viso ma sentivo il calore della sua presenza nell’oscurità.
Sebbene i suoi lineamenti fossero in ombra, io riuscivo a riconoscere ogni tratto del suo viso, la sua splendida bocca, i suoi occhi – ho ascoltato il modo in cui hai cantato Rust – il silenzio venutosi a creare fu spezzato dalla voce di Seungho, lui mi aveva sentita cantare. Cercai di portare il mio viso verso il suo – tu, tu mi hai sentita? – Seungho sorrise ed annuì – e dimmi, come ti sono sembrata, cioè la mia voce io.. – cominciai ad agitarmi e pensai che molto probabilmente da lì a poco avrei anche potuto farneticare e dire cose senza senso, ma Seungho mi sorprese, si avvicinò a me e lasciò un piccolo bacio sulle mie labbra – shh, sei stata meravigliosa – confessò sottovoce facendomi avvampare. Nonostante tutto stavamo sfidando la sorte pur di stare insieme, ma nel buio della notte nessuno avrebbe scorto le nostre figure che unite formavano un tutt’uno.
Cambiando argomento ad un certo punto Seungho mi chiese – a chi pensavi mentre cantavi la nostra canzone? – quella domanda per me fu una sorta di pugnale al cuore.  Mi aveva trasportato indietro nel tempo , facendo riemergere un doloroso ricordo. Quando Mir mi aveva proposto di scegliere una canzone, io avevo ben pensato a quella che più per me era significativa. Ebbene la mia scelta era subito ricaduta su Rust, nessuna canzone spiegava bene in che modo fosse avvenuta la mia rottura con l’uomo che prima di lui mi aveva fatto battere il cuore. Cominciai a torturare le mie dita e a pensare in che modo avrei potuto spiegarlo a Seungho, ma lui premuroso mi strinse facendomi spazio sul suo petto. Aprì infatti la zip del suo cappotto e mi ci fece accucciolare al suo interno – ecco il mio rifugio – pensai chiudendo gli occhi respirando il suo profumo.
- Come farò senza te una volta che sarai andata via? – sentii le sue labbra avvicinarsi al mio orecchio e la sua voce farsi spazio in me, presi il suo viso tra le mani ed una lacrima non poté fare a meno di scivolare lenta sul mio viso, una lacrima che Seungho non tardò ad asciugare – siamo io e te, siamo qui ora.. amami più forte, adesso – portai le mie braccia intorno al suo collo ed avvicinai la mia bocca alla sua, con uno scatto Seungho si impossessò delle mie labbra – io di te, non ne avrò mai abbastanza – confessò stringendomi forte, sentii il suo cuore battere sul mio petto, sentii come se il suo battito fosse divenuto mio improvvisamente. Affondai le mani nei suoi capelli e mi lasciai cadere in un pianto liberatorio, l’amore che provavo nei suoi confronti era un qualcosa di troppo forte. Ci stavamo amando mentre la nebbia lenta si addensava intorno a noi. Sul fiume, invece, cominciò a farsi più argentea prima di passare ad un bianco opaco – credo sia l’ora di tornare a casa – suggerii, avrei dovuto raggiungere Meg. Seungho annuì e si staccò leggermente da me – domani dovremmo andare in ospedale noi MBLAQ, hanno dimesso l’altra ballerina – confessò, ed io in un momento mi sentii in un certo senso male, come se il mio lavoro con loro fosse finito, come se il rimpiazzo avesse funzionato abbastanza. Abbassai lo sguardo e mi strinsi nelle spalle, sul mio viso una smorfia che sarebbe dovuta essere una sorta di sorriso. Seungho si avvicinò e poggiò le dita sotto il mio mento facendomi tirare su il volto – ehi – bisbigliò – tu stai per debuttare, stai per diventare qualcuno – in quel momento avrei semplicemente voluto dirgli tutta la verità – Seungho, io non credo di volerlo fare – confessai infatti. Seungho mi guardò premuroso e mi strinse a se – sai che ogni tua scelta per me sarà quella giusta – disse lasciandomi l’ultimo bacio della buonanotte.


MA FORSE NON TI RENDI CONTO CHE PER ME NON ESISTE IL MONDO, PERCHE’ PER PRIMA ESISTI TU.


ANGOLO AUTRICE.
Picchiatemi, lanciatemi dallo stabile più alto che conoscete, fate di me ciò che volete, io capirò.
E’ passata ormai un’eternità dall’ultima volta che ho aggiornato, ma spero voi possiate perdonarmi, lo studio mi ha uccisa e continua ad uccidermi, per non parlare della danza e dei vari impegni che mi portano via tantissimo tempo. Ma torniamo a noi..
Dovete sapere che questo capitolo l’ho scritto tipo qualche settimana fa, ma non avevo il coraggio di pubblicarlo perché non mi convinceva. Oggi l’ho revisionato e ho deciso che sarebbe stato opportuno pubblicarlo, mi siete mancate troppo.
Ieri c’è stato il concerto degli MBLAQ. La cosa che mi ha fatta ridere è che all’apertura hanno davvero annunciato un debutto, volevo tipo darmi alla chiaroveggenza, ma vabè sono dettagli xD
Spero come al solito vi sia piaciuto, mi aspetto delle belle recensioni, mi siete mancate (daje) e quindi ho voglia di leggere. Per farmi perdonare, as always, lascio voi delle splendide foto dei protagonisti del capitolo e prometto di non sparire più. Un bacio :))



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