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Autore: AsanoLight    24/11/2013    1 recensioni
Una raccolta di flash-fics e One-shots sul personaggio di Tokitatsu ed il rapporto che ha con il fratello Hirato.
Vari inserti anche sulla pairing Hirakari.
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akari, Hirato, Tokitatsu, Tsukitachi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '♣ Karneval Parade'
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Titolo: Insomnia
Pairing: Nessuna
Personaggi: Hirato, Tokitatsu
Avvertenze: One Shot

Wordcount: 1025




 

Aprì una bustina di semi di Kirine, con disinteresse prese a masticarli scrocchiandoli sotto i denti. Trascinava le pantofole per la cucina, stanco si muoveva come se avesse avuto al posto dei piedi due blocchi di cemento armato che gli impedivano di spostarsi perfino più del dovuto. S’appigliò ad una sedia e, con immensa fatica, la spostò lasciandovisi ricadere. Un gomito appoggiato sulla tovaglia, gli occhi stanchi volti verso il televisore. Tokitatsu lo guardò preoccupato inarcando un sopracciglio mentre giocherellava con il telecomando tra le mani.

«Nottataccia per il mio fratellino?», chiese ingenuamente scrutando le pesante occhiaie che pendevano dal suo volo puerile, lo stesso di un ragazzo che ha un piede nell’infanzia ed uno nell’adolescenza ma che ancora non è né l’uno né l’altro.

Sfoderò uno dei suoi più severi sguardi Hirato, si passò una mano tra gli spettinati capelli e a malapena gli rispose con toni bassi: «Non ho chiuso occhio per tutta la notte».

«Hai avuto degli incubi?», Tokitatsu non si curava nemmeno delle sue parole, tutto veniva ai suoi occhi normale mentre sollevava dalla ciotola di latte un manciata di cereali con il cucchiaio. Guardava Hirato mentre nervosamente tappettava le dita sopra il tavolo irritato senza riuscire davvero a capire il motivo di tanta tensione.

Ruotò di poco il capo il più piccolo, giusto per spostare l’oggetto della sua attenzione dal televisore al fratello. Non gli disse niente, ma anche solo con il suo silenzio era capace di far intendere tutto. Tokitatsu aveva fatto qualcosa di sbagliato e, anche se attualmente non riusciva a richiamare alla memoria cosa mai avesse potuto provocare nelle recenti ventiquattro ore l’ira di Hirato, era certo di aver per forza di cosa fatto qualcosa.

Posò il cucchiaio ed avvicinò le labbra alla ciotola per bere un po’ di latte.

Con la bocca piena, non sarebbe certo stato obbligato a parlare.

Sorseggiò lento la sua colazione, lo sguardo tagliente di Hirato e le borse che aveva sotto gli occhi rendevano agognante perfino il momento della giornata più sublime del dolce risveglio.

 

«Non hai proprio niente da dire in tua discolpa?», chiese il piccolo dopo una lunga pausa di silenzio. Trattenne il latte in bocca il castano senza ingoiarlo, con il desiderio di prolungare il suo silenzio il più a lungo possibile. «Non capisco proprio di cosa tu stia parlando, Hirato», riuscì finalmente a dire impacciato, un buco nella memoria, nero e scuro, occupava tutti i ricordi della notte precedente. Il corvino sbuffò in un gesto di indignazione, con piglio irritato ma di una fredda e compita rabbia si rialzò. Tokitatsu lo vide scomparire per qualche minuto e scendere dopo non molto con delle pesanti coperte tra le braccia ed un cuscino.

«E-Ehi, ma quelle sono le mie lenzuola!»

«Esatto, Aniki. Sono le tue lenzuola. Questa divano da stasera sarà il tuo nuovo letto»

«H-Hirato, aspetta! Non puoi farlo! Se è per ieri sera, ti prometto che non accadrà più-»

«Accadrà ancora», ribadì Hirato in un alquanto sardonico sorriso che aveva un qualcosa di sadico in sé, «Insisterai ancora una volta perché ti tenga la mano la notte. Farai gli incubi e mi terrai sveglio fino alle cinque del mattino fino a quando non crolli addormentato dal sonno. Dunque, vuoi farti le tue maratone di film horror? Perfetto, guardatele qui in salotto, guardatele finché non ti addormenti, fatti i tuoi dolci incubi ma non osare ancora una volta venire a svegliarmi o implorare la mia manina».

«Scherzerai, mi auguro», disse Tokitatsu incredulo, gli occhi fuori dalle orbite tanto era lo stupore.

Hirato negò con il capo: «Ho forse mai scherzato?».

Il silenzio del fratello parlò per lui.

 

***

 

Si coprì le gambe con il piumone ed appoggiò la schienale al cuscino tirando una sbadiglio. Riluttante guardava la pila di dvd horror che Hirato gli aveva con tanto affetto lasciato sopra al tavolino del salotto. L’orologio segnava le dieci di sera.

 

Erano solamente dei film. Nulla era reale. Tutto era finzione.

Bastava pensare ciò per fare sonni tranquilli.

 

Restò con gli occhi sgranati fino alle quattro del mattino. non aveva più sentito Hirato da quando era salito in camera sua alle nove e mezza in punto. Aveva visto così tanto sangue e splatter che se si fosse messo a raccoglierlo l’avrebbe anche potuto vendere clandestinamente agli ospedali per farci le trasfusioni.

Quando spense la televisione, le mani ancora gli tremavano e nella mente non v’erano altro che gli eco delle urla di gente che veniva ammazzata.

Aveva imparato la lezione?

Decisamente.

Ma ogni scherzo è bello quando dura poco.

Si fece coraggio e, ancora atterrito, risalì lento le scale come se temesse che un passo di troppo o un rumore indesiderato potesse risvegliare qualche creatura omicida della notte o far giungere qualche bestia mortifera. Cercò di entrare nella sua camera ma con stupore si accorse che era chiusa.

«Hi... Hirato?», domandò dapprima con tono cauto bussando timidamente, «Per favore, potresti aprirmi la porticina? Solamente un attimo...».

Restò in attesa. Non ottenne risposta.

Bussò ancora una volta. Niente da fare.

Un improvviso rumore proveniente dall’esterno lo fece sobbalzare.

 

«Hirato, ti prego, aprimi! Ti prometto che non guarderò mai più un film horror in tutta la mia vita!»

 

***

 

Udì un trascinare di pantofole nella prima mattina e non gli venne difficile immaginare a chi appartenessero. Si voltò e con stupore notò Tokitatsu arrancare passi fino al tavolo, le borse degli occhi che quasi gli cadevano fino a terra tanto parevano pesanti, i capelli tutti scompigliati e fuori posto. Quello non era il Tokitatsu a cui era solitamente abituato.

«Nottataccia per il mio fratellone?», lo prese in giro bonariamente.

Alzò lo sguardo Tokitatsu, quasi meditò per un istante se gli avesse convenuto rispondergli oppure starsene zitto.

«Ho passato l’interra notte davanti alla camera, rannicchiato per il freddo, a fare incubi su incubi e tu non ti sei nemmeno degnato di aprirmi la porta! Ed adesso hai anche la faccia tosta di chiedermi se ho dormito bene?!».

«Nessuno ti ha detto che dovevi morire di freddo», puntualizzò cinico Hirato masticando un seme di Kirine, «Potevi anche prenderti la coperta».

 

Lo ammazzò con lo sguardo.

Non c’era dubbio.

 

Suo fratello era il peggiore.

   
 
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