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Autore: Jackie_    25/11/2013    2 recensioni
Vi capita mai di desiderare di essere invisibili?
Di sentirvi tremendamente soli, ma al tempo stesso di temere la solitudine?
Capita anche a voi di convivere con una costante e irrequieta ansia che vi stringe proprio lì, all'altezza dello stomaco?
Inoltre, esiste un posto dove avete paura di andare pur sapendo che se ci andaste la vostra vita migliorerebbe?
Mi chiamo Camryn e la mia risposta a tutte quelle domande è sempre sì.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Quattro
 
Sono passati due mesi dall’inizio della scuola. Pensavo che sarebbe stata dura ambientarmi in una scuola così prestigiosa, ma avevo sottovalutato la presenza di Alex e dei suoi amici. In effetti inizio a ritenermi davvero fortunata anche perché la mia compagna di stanza, Yuki, sembra essere un angelo caduto dal cielo. Ne sto proprio parlando ora con Jack e Alex mentre ci godiamo l’ultimo sole caldo di novembre seduti sul prato.
“È sicuramente merito dell’educazione che ha ricevuto. Dopotutto è cresciuta in Giappone, no?”
I due ragazzi mi guardano e annuiscono dandomi ragione senza un vero e proprio fondamento. Non sono nemmeno sicura di che educazione ricevano i bimbi giapponesi, però le sue buone maniere, il suo sorriso mesto e la sua gentilezza non sono atteggiamenti tipici americani. Purtroppo.
“Inizio a sentirmi un po’ una merda per farmi passare sempre gli appunti da lei.” Borbotta Jack grattandosi la nuca.
“E io perché ancora non le ho ridato la macchina fotografica. Cazzo, ce l’ho da tre settimane ormai.”
“Io cosa dovrei dire, allora?” –mi intrometto con una vocina stridula. Non mi piace la piega che ha preso il discorso, tutti questi sensi di colpa.‑ “Riordina sempre lei la stanza, io è già tanto se mi sistemo il letto. Ma lei lo fa con piacere. Solo, vediamo di dimostrarle che le vogliamo bene perché è una fantastica amica e non perché ci rende la vita più semplice.”
Credo che se l’argomento Yuki stia andando avanti da un’abbondante mezz’ora sia perché ci manca parecchio. Ha contratto la varicella quando i suoi genitori –ignari del fatto che il suo fratellino stava già covando la malattia- sono venuti a farle una breve visita. È da più di una settimana che è confinata in infermeria e ci è permesso farle visita solo un’ora al giorno. Sì, decisamente ci manca.
“Questo posto è bellissimo.” –commento dopo troppi minuti di silenzio- “Com’è che non ci viene mai nessuno?”
Alex si sdraia appoggiando la testa sulle mie gambe e coprendosi gli occhi col braccio per proteggersi dal sole ancora alto.
“Immagino sia per pigrizia.”
In effetti per arrivare in quello che mi piace chiamare “il nostro Rifugio” bisogna scalare una ripida collinetta appena dietro l’edificio dove si trovano le aule scolastiche e attraversare una deliziosa radura. È così che raggiungiamo il piccolo laghetto artificiale che sembra suscitare una qualche emozione solo a noi.
In questo periodo dell’anno, poi, credo sia ancora più perfetto. Il piccolo bosco che circonda l’altra sponda è colorato dalle tipiche sfumature autunnali, la mia stagione preferita soprattutto perché non fa né caldo né freddo. È semplicemente perfetto.
Così chiudo gli occhi e volgo il viso al cielo sentendomi stranamente in pace con il mondo e con me stessa. Una pace che viene interrotta bruscamente da Alex che balza in piedi portandosi le mani ai lati della faccia.
“Cazzo!” –esclama, ma il suo risulta più come uno strano singulto- “Dovevo vedere Sophie dopo le lezioni!”
Sophie. L’attuale ragazza di Alex. Si sono frequentati per un mesetto e stanno assieme da qualche settimana. Tutti (e con tutti intendo Jack, Matt, Zack, Vinny, Rian, Yuki ed io) siamo convinti che lei non sia innamorata veramente di lui, ma piuttosto dell’idea di avere un ragazzo, eppure nessuno gliel’ha detto. L’unica volta che ci abbiamo provato Alex ci ha interrotti praticamente subito e ci ha assillati per un’ora ricordandoci quanto Sophie sia perfetta per lui. Insomma, non ce la siamo sentita.
Io e Jack ci scambiano un’occhiata contrita e non riesco ad evitare di sorridere per l’espressione disperata di Alex. Manco avesse appena ucciso qualcuno!
“Ci vediamo per cena!” strilla come una ragazzina iniziando a correre verso la collina e io mi lascio andare ad una risatina sconsolata.
“Quel ragazzo è impossibile. Credo la sua memoria a breve termine abbia qualche problema!” ridacchia Jack alzandosi in piedi. In effetti non conosco persona più sbadata di lui.
Raccoglie il suo maglione e quello di Alex dall’erba e se li appoggia sulla spalla. È davvero assurdo che il regolamento scolastico imponga la divisa invernale a partire dal primo novembre. Moriamo tutti di caldo sotto la camicia e il pesante maglione di lana!
“Vieni con me, voglio mostrarti una cosa.”
Trotterello dietro di lui in silenzio. Sono assolutamente incuriosita dal sorrisetto compiaciuto che aleggia sul suo viso. Intuisco dove stiamo andando solo quando svoltiamo verso il retro del campus, dove ci sono i campi sportivi. Jack si volta a guardarmi come se volesse soppesare la mia reazione alla vista dei campi di tennis.
“In due mesi non ci sei mai andata.” Afferma storcendo un po’ la bocca. Le sue labbra mi distraggono.
“Te l’ho detto, prima voglio vedere se riesco ad organizzarmi con lo studio. Non voglio deludere la famiglia di…ehm…la mia famiglia.”
Per un momento mi maledico mentalmente. Stavo per tradirmi da sola dicendo di non voler deludere la famiglia di Alex. Per fortuna Jack non sembra dar troppo peso al mio lapsus e si appoggia alla staccionata di legno rivolto verso i tre campi. Osserva distrattamente la coppia di ragazze che sta giocando in quello più vicino mentre io allungo la vista ai quattro che stanno giocando un doppio. L’ultimo campo è vuoto.
“Io invece credo proprio dovresti giocare.”
Non riesco a trattenermi e sbuffo un po’ infastidita. Non capisco perché insista tanto! Nemmeno esprimessi ogni giorno il mio desiderio di tornare a giocare. È vero, il tennis mi manca, ma ora come ora non mi va di allenarmi in mezzo a tutti quegli studenti che non fanno altro che fissare i giocatori. Mi sentirei troppo osservata e messa in mostra, la cosa mi piace meno di poco.
“Perché?” gli chiedo infine, esasperata.
Jack si acciglia e torna a guardarmi. Immagino la sua mente che cerca di elaborare una risposta esauriente e in quell’attesa mi beo della sua espressione pensierosa.
“Perché Alex ha fatto la stessa cosa per me, quando ci siamo conosciuti. È questo che fanno gli amici: ti aiutano a capire quale sia la strada giusta da prendere.”
Non so cosa rispondere, perciò me ne resto zitta. Mi riesce difficile elaborare le sue frasi, così lui continua.
“Ascolta, non voglio importi niente, solo ti ripeto quello che lui disse a me anni fa. Le nostre passioni sono molto più importanti di quello che crediamo. Dobbiamo coltivarle, conceder loro un enorme spazio nella nostra vita perché gran parte di ciò che siamo è definito proprio da quello che amiamo. Capisci cosa voglio dire? E ora ti dico cosa ne penso. Non si tratta solo di praticare uno sport, sono sicuro che dietro ci sia molto di più. E non voglio vederti commettere l’errore di lasciar andare una delle tue passioni. Non capisco perché tu ancora non abbia in mano una racchetta e una pallina e non voglio nemmeno chiedertelo. Però dammi retta. Non abbiamo tutto il tempo del mondo, vivi come vorresti vivere e fregatene di tutto il resto.”
Ancora, rimango senza parole. Il suo discorso mi ha confusa e ha risvegliato in me una strana sensazione, come se di punto in bianco mi fossi svegliata da uno strano torpore e avessi deciso di conquistare il mondo. Non so se chiamarla determinazione sia appropriato.
Allo stesso tempo però credo lui la faccia facile. Ha ragione quando dice che per me il tennis non è solo uno sport, ma c’è quella parte di me, quella Camryn timorosa, insicura e sempre a disagio, che non credo riesca a sopportare tutti quegli sguardi indiscreti.
“Non so, Jack, penso…”
“È proprio questo il problema, Camryn!” –sbotta interrompendomi sbattendo una mano sulla staccionata- “Tu pensi troppo! Per una volta smettila di farti mille problemi inutili e fai solo ciò che ti sembra giusto per te. Vuoi giocare? Gioca! È così semplice!”
Rimango sbalordita dall’impeto della sua voce. Questo ragazzo sembra conoscermi meglio di quanto credessi. E forse ha ragione, se io non mi perdessi sempre in mille pensieri negativi e paranoici probabilmente vivrei meglio. Ma cosa ci posso fare? Sono fatta così.
Mi mordo il labbro rimuginando ancora un po’ sulle sue parole e lui piega la testa di lato con aria contrariata. Cavolo! Sto ancora pensando troppo!
Jack alza gli occhi al cielo e non capisco se sia infastidito come lo ero io pochi minuti prima. Mi afferra la mano e mi trascina verso la casetta di legno dove sono riposte tutte le attrezzature.
“Ehi, che stai facendo?” farfuglio allarmata immaginando le sue intenzioni.
“Giochiamo.”
E la sua voce è tranquilla, quasi serena. Non posso fare a meno di sentirmi sollevata nel sapere di non aver guastato il suo umore sempre allegro. Però…cosa?! Giochiamo? Ora?!
“Ma no, non mi va!”
Il mio sguardo corre a tutti i ragazzi accampati intorno ai campi mentre fanno merenda e chiacchierano amabilmente. Uno dei motivi per cui mi piace il tennis è che nessuno se lo fila. Ma qui alla Weinberg è il secondo sport più popolare dopo il basket. È bastato vincere due campionati nazionali di fila parecchi anni addietro per concentrare l’attenzione di tutta la scuola sul mio sport preferito. Dannazione!
“Sono sicuro che ti divertirai. Anche perché io non so giocare, quindi vincerai di sicuro. E a tutti piace vincere!”
Mi porge una racchetta blu esibendosi in quella risata che mi piace tanto e sorrido di riflesso.
“D’accordo, allora.” Mi lascio convincere e sono quasi sicura sia colpa di quegli occhi stupendamente scuri che mi implorano da dietro gli occhiali.
Firmo con lui il foglio che ci porge il custode e abbiamo il via libera: il campo numero tre sarà nostro per un’ora.
E mentre oltrepasso il cancelletto, galantemente tenuto aperto da Jack, sento che per la prima volta non mi importa davvero di tutti quegli sguardi curiosi posati su di me. Sorrido come un’ebete mentre prendo posizione e faccio rimbalzare la pallina un paio di volte; la sollevo in aria e la colpisco con tutta l’energia che ho in corpo.
Jack aveva ragione su due cose: il tennis mi manca come nemmeno riesco ad immaginare e lui è veramente una frana.
Ma è sicuramente un ottimo amico.
Un amico.


Author's corner

Aaaah- questo capitolo mi piace!^^ E se invece a voi non piace, bè...soffermatevi sulla risata di Jack. Davvero, esiste qualcosa di più bello? *fangirleggia alla grande*
Quindi ecco, che questo capitolo vi piaccia o meno vi invito a farvi un giro sul suo profilo di Keek e guardarvi qualche video idiota. Lui e la sua risata sono la soluzione ad ogni male, lo giuro!
E dopo questa vi saluto, un grazie speciale a chi recensisce! A presto!
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"Eating a fish....eating a fish..." (cit. one of his keek's video)

Damn, Jack mi disturba mentalmente.
Scusate, addio.
  
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