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Autore: HamletRedDiablo    25/11/2013    8 recensioni
L’equilibrio della Confederazione Siderale era garantito da tempi immemori dall’Asse, il primogenito della famiglia Vaticana Vargas; l’Asse era il cardine su cui ruotava tutto l’universo conosciuto.
Ma due gemelli avrebbero fatto precipitare anche il cielo, pur di ricongiungersi con il consanguineo.
«Saresti davvero disposto a tradire la tua famiglia?»
«Voglio liberare mio fratello dal Palazzo. Non mi importa del resto.»
«E faresti qualunque cosa?»
«Qualunque cosa.»
Una mano abbronzata sventolò sotto il suo naso, in una precisa offerta.
«Sei pronto a unirti alla mia ciurma?»

Coppie: GerIta, Spamano, RoChu, PruCan (altre si uniranno in seguito)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo Nove: il Confine del Mondo

 

La canna del fucile annaspò in un attacco di tosse pieno di polvere e di ruggine, prima di spirare con un crepitio patetico.

L’espressione di Gilbert rimase orgogliosamente statuaria, mentre si appoggiava il rottame alla spalla.

«Credo che sia meglio fargli dare una revisionata» sentenziò, un angolo della bocca che tremava per l’umiliazione. «Nove anni di inedie non sono pochi…»

«Hai intenzione di andare dai Gunsmith?» s’informò Antonio, quasi glorioso dietro la sua scrivania. Da quando erano tornati su la Reina de la Oscuridad, una nuova pace era discesa su tutti loro. Ivan e Yao li avevano trattati con riguardo durante la loro permanenza nella Fortezza Errante, ma respirare di nuovo il legno e la salsedine dell’Aereonave li aveva fatti rinascere, come una crisalide che emerge dal bozzolo: si erano liberati del guscio di ansia e sangue di quei giorni, finalmente liberi di tornare ai loro soliti ruoli.

Lovino si sistemò inquieto sul ripiano della scrivania. Avrebbe voluto godersi appieno quei momenti, ma erano troppo effimeri per caricarli con le sue speranze. Procedeva guardingo come chi si siede a un banchetto sapendo che c’è un piatto guasto: riusciva comunque a godere il sapore delle pietanze, ma era sempre in allarme per la minaccia del boccone infetto.

«Chi meglio di loro?» enfatizzò Gilbert, apparentemente incosciente dell’irrequietezza di Lovino. «Hanno sistemato tutto il mio equipaggiamento. E poi, sono in debito con me.»

«In debito? Per cosa?»

«Questo è un segreto» replicò Gilbert, con uno sguardo malizioso spolverato di cattiveria amichevole.

Antonio preferì stendere la mappa sul piano della scrivania, ignorando il collega.

«I Gunsmith si trovano qui, tra Siberia e Britannia» notificò, puntando il dito su un punto viola nella mappa. «Possiamo accompagnarti, ma non possiamo scortarti fino al pianeta.»

«Non c’è problema» Gilbert accarezzò la spilla sul petto, tronfio. «Gilbird non vede l’ora di sgranchirsi un po’ le ali.»

«Te lo sconsiglio» lo freddò Antonio. «La Confederazione è in allerta per la tua fuga. E una tua traversata su Gilbird sarebbe un tantino… appariscente.»

L’Hellsing si dondolò sulla sedia di frassino, incrociando i piedi sul bordo della scrivania.

«In altre parole, firmerei il mio biglietto di ritorno per Caina» sintetizzò.

«Potresti firmare il tuo biglietto per il patibolo. Sei evaso una volta. Se ti catturassero di nuovo, potrebbero decidere di essere più drastici» recise Antonio.

Gilbert incrociò le braccia al petto e strinse la testa nelle spalle. Quando l’ombra scura del comando scendeva sul viso di Antonio, nessuna ribellione sarebbe stata tollerata, nemmeno quella di un vecchio amico; degno del capitano del tanto temuto vascello pirata. Gilbert sciolse le braccia, alzandole in segno di resa.  

«D’accordo. Mi farò accompagnare dal Custode dei Cancelli e dal Figlio del Cielo. La Fortezza Errante dovrebbe sollevare meno curiosità di Gilbird» patteggiò.

Antonio annuì velocemente, e puntò di nuovo il dito sulla mappa.

«Noi, invece, ci dirigeremo a Britannia.»

Il boccone marcio era appena giunto. Lovino trasalì sulla scrivania, e Gilbert quasi si rovesciò sulla sedia.

«Britannia?» esclamarono all’unisono.

«Vuoi suicidarti, idiota?»

«Sei impazzito del tutto, Antonio?» rimbombarono poi separatamente.

Il capitano non si scompose. Intrecciò le dita davanti al viso, come era solito fare quando doveva fornire una spiegazione che non sarebbe stata accettata di buon grado dai suoi sottoposti.

«Le nostre forze sono insufficienti per far cadere il Vaticano. Abbiamo bisogno di Francis. E l’unico modo per trovarlo e liberarlo è chiedere aiuto al Mago dell’Ovest» volse i suoi occhi verdi verso Gilbert e pronunciò, conciso e brutale: «Hai detto anche tu che hai bisogno di Francis per soddisfare la richiesta del Figlio del Cielo, giusto?»

«Che c’entra il Figlio del Cielo, adesso?» esplose Lovino. La sua impulsività aumentava esponenzialmente quando non capiva cosa stesse accadendo intorno a lui.

L’Hellsing staccò la spilla dal suo petto e prese a giocherellare nervosamente con le punte delle piume ferrose di Gilbird.

«Mi ha chiesto se è possibile sradicare un demone dall’anima di una persona» raccontò Gilbert, gli occhi e le labbra guizzanti per la tensione. «Tuttavia, io mi occupo dell’eliminazione di demoni fisici. Non so come si possa far uscire uno spirito da un corpo umano. Avrei bisogno di Francis, per un’operazione del genere» le dita arrestarono bruscamente i loro movimenti, e due occhi duri come la tundra del suo pianeta fulminarono Antonio: «Ma possiamo trovare un altro modo per recuperare Francis! Quello che stai proponendo tu è un suicidio!»

«È la via più diretta.»

«Certo. Per il camposanto» il capitano non sobbalzò quando Gilbert salì con un piede sulla scrivania e si sporse verso di lui. «Lascia che ti faccia una breve previsione sul tuo incontro con il Mago dell’Ovest: tu metterai piede su Britannia, lui ti staccherà la testa, la userà come sputacchiera e poi ti userà per concimare i campi. E tanti saluti al più grande capitano della Confederazione. Non è necessario avere i poteri dell’Asse per prevedere qualcosa di così ovvio.»

«Ho i miei motivi per credere che il Mago dell’Ovest mi ascolterà» replicò adamantino Antonio.

«Gli abbiamo fatto impazzire un intero equipaggio, non molto tempo fa» gli ricordò acido Lovino.

«Oh, questo è davvero un ottimo biglietto da visita» Gilbert si schiaffò una mano sulla testa per sottolineare il concetto.

Antonio stese la spina dorsale contro lo schienale della sedia e contestò, semplice e inamovibile:

«Possiamo discutere per il prossimo anno, se volete. Ma non cambierò la mia decisione.»

Lovino fu bloccato dalla mano di Gilbert, che gli picchiettò appena il ginocchio per convincerlo a stare fermo. Il giovane si morse le labbra, notando il velo di ombra calato sul volto dell’uomo, lo stesso che avvolgeva quello del suo compagno. Una bestia oscura li stava divorando entrambi, e lui non sapeva nemmeno quale fosse la sua forma.

«Non è detto che il Mago dell’Ovest ti risparmi solo per via di quella vecchia storia…» tentò ancora Gilbert, ma Antonio scosse la testa.

«Non preoccuparti. Se non dovesse ascoltarmi, troverò il modo di scappare. Non sono così stupido da farmi catturare.»

«Lo pensavo anche io» lo pugnalò Gilbert, con una lama di acredine.

Il silenzio durò qualche istante, prima che il capitano lo lacerasse con decisione.

«Questa sera raggiungeremo i Gunsmith, e domani approderemo a Britannia. Farò preparare una scialuppa per portarti alla Fortezza Errante.»

L’Hellsing non riuscì nemmeno a muovere le labbra: lo stesso ghiaccio che lo aveva imprigionato per nove anni stava ora indurendo la voce del suo amico.

Scrollò le spalle e sbuffò: «Cerca solo di non farti ammazzare. Vi raggiungerò il prima possibile con le nuove armi». Prima di uscire dalla porta, si accostò a Lovino e gli bisbigliò: «Cerca di ficcargli un po’ di buon senso in quella testaccia dura!»

«Non è dura, è di granito» ringhiò Lovino, voltandosi verso il capitano. Antonio lo ignorò con snervante scioltezza prima di degnarlo di uno sguardo serio.

«Abbiamo bisogno di Francis. E non possiamo passare altri anni a girovagare a caso in cerca di informazioni» sintetizzò Antonio. «Il risveglio dell’Hellsing ha messo il Vaticano in allarme, e non dimentichiamoci che il Figlio del Cielo è stato spodestato. Inoltre, ormai sapranno anche che tu sei vivo. Il che è un miracolo, considerando gli avvenimenti di Caina…» le dita del capitano sfiorarono la frangia ribelle del giovane con una gentilezza che lo fece imbestialire.

«Possiamo trovare un altro modo, che non preveda che tu ti consegni al Mago dell’Ovest» sbuffò, scendendo bruscamente dalla scrivania per sottrarsi al tocco dell’uomo.

«Non mi sto consegnando. Sto andando a trattare…» Antonio emise un sospiro, scoraggiato dal cipiglio di ferro con cui il giovane lo stava trafiggendo. «Non mi credi, vero?»

«Dammi una singola ragione per non credere che stai andando a suicidarti» lo sfidò Lovino.

Il capitano fece slittare la sedia all’indietro, e batté le mani sulle proprie cosce per invitare il giovane a sedersi. Testardo come sempre, Lovino si avvicinò, ma tornò ad appollaiarsi sulla scrivania, declinando crudelmente l’offerta del capitano.

Antonio si limitò a spostare nuovamente lo scranno prima di iniziare.

«Forse tu non eri ancora nato» rifletté, lanciandogli uno sguardo carico di delicata nostalgia. Lovino scrollò le spalle, come per togliersi di dosso quel sentimento appiccicoso. Il capitano proseguì: «Un tempo, i Carriedo erano mercenari al servizio delle Famiglie Vaticane. Così come gli Hellsing erano sterminatori di demoni approvati dall’Asse.»

Lovino attese che l’ombra di amaro disgusto sparisse dal volto dell’uomo; quando quest’ultimo riprese a parlare, le sue parole trasudavano acido:

«Poi, un giorno, il Vaticano decise che non poteva tollerare forze potenzialmente insidiose. Cosa sarebbe accaduto se la gente avesse cominciato ad adorare gli Hellsing come salvatori, o ad affidarsi all’abilità guerresca dei Carriedo?» l’angolo della bocca si contrasse nell’aborto di un sorriso quando l’uomo sputò fuori: «Cosa è successo agli Hellsing lo sai, lo hai visto sul pianeta di Gilbert.»

Antonio rovesciò la testa e mitragliò, senza nemmeno una pausa per respirare:

«Siamo stati ricompensati per la nostra lealtà. Ci hanno offerto un funerale degno di un re: tutto il mio pianeta è diventato una palla di fuoco. Come gli Hellsing, siamo spariti nel giro di una notte. Come Gilbert, io sono l’ultimo rimasto.»

Gli occhi del capitano fissavano indistintamente il soffitto, coperti dalla foschia del passato. Lovino afferrò il volto dell’uomo tra le mani e lo costrinse a voltarsi verso di lui per scacciare quella nebbia infame: le correnti del passato non sarebbero riuscite a risucchiare il suo compagno.

Avrebbe voluto sapere altri dettagli sui trascorsi del capitano – come si era salvato, come era il suo pianeta prima di bruciare, che aspetto avevano i suoi genitori – ma preferì non inferire: non voleva vedere Antonio sprofondare di nuovo nelle sabbie mobili della memoria.

«Questo cosa ha a che fare con il Mago dell’Ovest?» domandò tra i denti.

Antonio avvolse le mani del ragazzo con le sue, come ad assicurarsi che fosse davvero presente; respirò il profumo della pelle dura sui suoi palmi, e respirò sul suo polso:

«Nessun mago comune sarebbe stato in grado di fare una cosa del genere. Nessuno, a parte il Mago dell’Ovest» le dita dell’uomo si strinsero attorno al suo polso e le parole si fecero mortalmente dure: «L’ho visto. Non potrà mai espiare abbastanza, per quello che ha fatto. Un’informazione mi sembra un prezzo accettabile.»

Il capitano fu piacevolmente sorpreso dalla reazione del giovane: Lovino slittò dalla scrivania alle sue ginocchia, gli perforò la spalla con il mento e gli gettò scompostamente le braccia attorno alle spalle.

«A cosa devo questa manifestazione di affetto?» flautò, carezzando la schiena imbufalita del giovane.

«Stai zitto» sibilò il ragazzo.

Le braccia di Lovino scesero lentamente, un centimetro per volta, per stringersi attorno alla schiena dell’uomo in un abbraccio più consono. Antonio carezzò quella testa turbolenta appoggiata alla sua clavicola finché dalle labbra del giovane non ruzzolò fuori una replica:

«Sei sicuro di riuscire ad affrontare il Mago dell’Ovest?»

«Non ho intenzione di battermi con lui…»

«Riuscirai a parlargli senza perdere la testa?»

Lovino incavò ancora di più il capo nella sua spalla, e per l’uomo fu impossibile vederlo in volto mentre lo rassicurava:

«Non lo perdonerò mai per quello che ha fatto. Ma riuscirò a contrattare con lui. Non sono più un bambino spaventato a morte.»

«Sei un adulto assetato di vendetta» Lovino inghiottì orgoglio e amarezza nel bofonchiare: «Io non riuscirei a stare calmo in presenza di mio padre.»

Erano tremendamente simili, loro due. Avevano perso entrambi la famiglia per colpa di un unico aguzzino. E non passava giorno in cui non perfezionassero il loro piano di rivalsa.

Antonio strinse a sé quel corpo improvvisamente fragile e mormorò sulla sua nuca:

«Non preoccuparti per me, Lovino. Saprò gestire la situazione. E avrò bisogno che tu resti sulla nave» trattenne la testa del giovane sul suo petto per evitare che si inalberasse in una protesta mentre concludeva: «Non posso attraccare a Britannia con tutta la Reina de la Oscuridad, e non posso nemmeno lasciare la nave senza una guida. Ho bisogno che tu controlli la situazione finché non sarò tornato. Puoi farlo?»

Interpretò il successivo mugugno adirato e incomprensibile come un assenso.

Posò un bacio poco sopra l’orecchio del giovane, dove i suoi capelli erano più corti, e sussurrò:

«Non sono accadute solo cose spiacevoli, in passato. Prima di quel giorno, la mia infanzia era piena di bei ricordi.»

Lovino alzò finalmente gli occhi ramati e contrattò: «Quando tornerai, mi racconterai tutte le cose belle che ti sono successe quando eri piccolo. E lo stesso farò io.»

«Perché?» sorrise Antonio.

«Perché non siamo solo la Mano Destra e la Mano Sinistra del Diavolo.»

Il sorriso di Antonio si punteggiò di malinconia mentre accarezzava la testa incassata sul suo petto.

Si chinò sul viso del giovane e lo sollevò per mordicchiare le sue labbra indispettite. La lingua del ragazzo entrò veloce nella sua bocca, come se non potesse tollerare la lontananza dalla compagna. Antonio non esitò a rispondere all’inaspettata passionalità del ragazzo: non dovette lottare a lungo per estrarre la camicia dalla stretta tirannica della cintura, e poté finalmente lambire con le dita la pelle nuda del suo amante. Il contatto durò solo pochi secondi: Lovino si rialzò di scatto, sottraendosi al suo abbraccio.

Sul suo volto non passarono né rabbia né scandalo, mentre sistemava nuovamente la camicia al suo posto. Antonio capì il motivo di quel rifiuto solo quando Lovino, le guance rosse quanto i capelli, lo ricattò goffamente.

«Anche questo è da rimandare a quando tornerai da Britannia.»

Il capitano soffocò a forza una risata, temendo che il suo vice l’avrebbe male interpretata. Quel ragazzo era veramente una benedizione dal Cielo, con il suo carattere scarlatto e la sua gentilezza spinosa. Allargò le braccia, esortandolo a prendere nuovamente posto nella loro stretta.

«Dovrò aspettare fino al mio ritorno per avere un bacio?» la testa si reclinò di lato, nel porgere quell’invito: i riccioli increspati dalla salsedine dell’atmosfera artificiale rimbalzarono sul cappotto cremisi, e la lampada a olio incastonò un riflesso ambrato negli occhi verdi che attendevano la sua risposta.

Lovino ciondolò imbronciato verso di lui, e gli scaricò il suo peso sulle ginocchia senza alcun riguardo.

Antonio chiuse gli occhi mentre il respiro del giovane tornava a intrecciarsi al suo, e abbracciò stretto quel corpo asciutto, mai cresciuto in robustezza.

«Non ti preoccupare, Lovino» lo rassicurò sulle labbra umide, intuendo il motivo per cui le spalle strette del giovane non riuscivano a rilasciare la loro postura contratta. «Non ti abbandonerò.»

Il ragazzo non volle proseguire quella discussione, e tornò a impegnare la bocca del capitano con la propria.

C’era un solo fuoco che poteva ardere dentro Antonio, ed era quello del suo stesso orgoglio da pirata. E non si sarebbe fatto inglobare dalle fiamme di Britannia.

Era quello che il bacio del capitano gli suggeriva. Lovino ci credette con tutto se stesso.

 

***

 

La mano forte di Ludwig lo sostenne, quando le sue gambe vacillarono.

Feliciano lo ringraziò con un impercettibile cenno del capo, appuntando di nuovo la sua attenzione sull’uomo al centro dell’enorme atrio. Gli occhi gli trasmettevano la sensazione di un minuscolo essere umano in uno spazio troppo grande, mentre il cuore tremava per l’aura di quello stesso uomo, che pareva riempire la stanza fino a far esplodere i muri.

«Vi sentite in forze, Feliciano Vargas?» esordì lo sconosciuto. «Mi è stato riferito che avete avuto una sorta di collasso, qualche giorno fa.»

Ludwig apprezzò la maestria con cui il futuro Asse dissimulò il proprio stupore: il suo viso rimase immobile come l’aria del Palazzo di Quarzo.

«Mi sono ripreso completamente. Vi ringrazio per la vostra premura» assicurò dolcemente Feliciano.

Lo sconosciuto non parve minimamente toccato dalla sua simulata gentilezza.

Il Guardiano strinse i denti, sicuro di aver già visto quell’uomo, in passato. Conosceva il ricamo nobiliare di quella divisa color malva, e le iridi violacee che esaminavano il mondo dietro la cornice scura degli occhiali. Perfino la pettinatura, curata fino alla minima curvatura delle ciocche mogano, aveva un sentore familiare.

L’uomo estrasse le mani dalle tasche di velluto viola, e, finalmente, Ludwig lo riconobbe. C’era un solo individuo in tutta la Galassia con i palmi martoriati da stigmate simili: un artista a metà tra lo scultore e il chirurgo aveva fatto colare dell’argento purissimo in quelle ferite, intarsiando per sempre una chiave di violino e una chiave di basso rispettivamente sulla mano destra e sinistra dell’uomo.

«L’Accordatore» lo presentò Ludwig.

Lo sconosciuto spostò appena gli occhiali sul naso, fissandolo sconcertato. Mosse con grazia le dita della mano sinistra, come se stesse carezzando le corde di un liuto invisibile, senza staccare i suoi occhi inquisitori dal Guardiano.

«La vostra struttura molecolare risponde in un modo assai curioso» stabilì al termine della sua bizzarra analisi. «Come se voi non foste un essere umano.»

«Non sono un essere umano comune» convalidò Ludwig, portandosi al fianco di Feliciano. «Altrimenti non sarei stato scelto per difendere il futuro Asse.»

«Ovviamente» concesse l’Accordatore. «Il signor Vargas mi ha affidato due missioni piuttosto complicate quest’oggi, quindi permettetemi di svolgere la prima.»

Una vena di sospetto attraversò il sorriso impeccabile dell’Asse, ma non fermò l’Accordatore: dispose le mani nell’aria come se sotto di esse si trovasse la tastiera di un pianoforte e mosse le dita in una melodia udibile al solo esecutore.

Feliciano si avvicinò istintivamente a Ludwig quando le pareti della stanza cominciarono a raggrinzirsi in pieghe flaccide, come cera esposta al fuoco.

«Non abbiate timore» li avvertì neutro l’Accordatore. «Non si tratta di un viaggio astrale.»

Il Guardiano impietrì il viso, impedendo alla sorpresa di trapelare. Sperava che l’allusione al viaggio dello spirito fuori dal corpo fosse solo un’infelice coincidenza. Feliciano aveva agito impulsivamente, ma il suo potere superava quello di qualunque altro incantatore, nella Galassia: nessuno avrebbe dovuto scoprirlo. Era quello che si augurava, perlomeno.

Le bianche pareti appassirono in un nero cupo, che pian piano stillò un intreccio di stelle. L’Accordatore stava ricreando con la magia lo spazio esterno al Palazzo.

«Vi invito a prestare particolare attenzione» li esortò atono l’Accordatore, senza smettere di muovere le dita. Le stigmate argentate sui dorsi delle sue mani mandarono sinistri bagliori mentre l’inudibile sinfonia arrivava al suo crescendo.

Feliciano nascose le mani sotto le larghe maniche della tunica, stringendole convulsamente: non voleva che il suo sgomento fosse visibile a quell’uomo.

«Dove siamo?» domandò, una volta che fu certo che la sua voce non l’avrebbe tradito.

Anche se era conscio di trovarsi nel mezzo di un’illusione, Ludwig non poté fare a meno di portare una mano all’elsa dello spadone.

Lo spazio intorno a loro si popolò improvvisamente di tutti i peggiori aborti degli incubi umani: esseri con la mandibola orribilmente penzolante dal cranio e gli occhi appesi alle orbite da una vena sanguinolenta; creature per metà serpenti e per metà a pantere; abomini simili a esseri umani crudelmente distorti, con gli arti disposti in ordine casuale ed espressioni animalesche. Quelli e mille altri orrori si accalcarono attorno al cerchio di pace sorretto dall’Accordatore.

«Questo è il Confine del Mondo» scandì l’uomo.

«Perché siamo qui?» chiese ancora Feliciano, trattenendo qualunque esternazione di disgusto o paura.

«Per rendervi chiaro il vostro ruolo futuro» spiegò con freddezza l’Accordatore. «Questo ammasso di degenerazioni si affolla tutto intorno ai confini della Confederazione. E i confini sono sorretti dall’Asse. Se l’Asse non dovesse adempire il proprio compito… la barriera che li trattiene al di fuori della nostra Galassia crollerebbe, e questi esseri sarebbero liberi di divorare il nostro universo.»

«Divorare?» gli fece eco Feliciano, ipnotizzato dalle fauci spropositate di un essere alla sua sinistra, talmente lunghe da perforargli le guance.

«Queste creature paiono avere una predilezione per la carne umana» specificò l’Accordatore. «In passato, alcuni di loro sono riusciti a perforare la protezione. Interi pianeti sono andati distrutti, a quel tempo.»

L’uomo sollevò con grazia le mani dal suo pianoforte invisibile e, all’improvviso, il Palazzo tornò a circondarli. Il ritorno del candore delle sue mura fu così repentino che quasi ferì i loro occhi.

«Ho una seconda melodia da correggere» si congedò l’Accordatore, per poi sparire con andatura nobiliare lungo i corridoi.

Nonostante i pomposi drappeggi della tunica, il Guardiano riuscì a intravedere il tremore delle sottili membra dell’Asse.

«Feliciano…» cercò di riscuoterlo Ludwig, ma il ragazzo era ancora stregato dalla visione da incubo di poco prima: un’intera bolgia di orrori, pressati contro i Confini che lui era stato chiamato a proteggere.

«Feliciano» lo chiamò con più forza Ludwig, scuotendolo per un braccio.

Il giovane lo fissò con occhi sbarrati dai residui dell’illusione dell’Accordatore.

«Se non divento Asse verranno tutti divorati…» mormorò, flebile. Aveva ribadito più volte di essere pronto a gettare la Confederazione nel Caos, pur di rivedere il fratello, ma non avrebbe mai immaginato uno scempio simile.

«Non sei ancora Asse. Abbiamo tempo» Ludwig si inginocchiò di fronte a lui, gli occhi azzurri che scintillavano a ogni palpito di cuore. «Ascoltami, Feliciano. Non sei ancora Asse, non hai ancora tutto il peso della Galassia sulle spalle. Abbiamo ancora un po’ di tempo per pensare a una via alternativa.»

«Una via… alternativa?» tentennò Feliciano.

«Ci deve essere un modo per impedire a quei mostri di fagocitare la Confederazione, e impedire a tuo padre di incatenarti per sempre a questo posto» continuò Ludwig. «Mio fratello mi ha insegnato che i demoni sono invincibili solo quando pensi che lo siano. Possiamo combatterli, possiamo trovare un altro modo.»

«Tuo fratello era così forte?»

«Mio fratello era l’ultimo Hellsing.»

Feliciano non mosse un muscolo del viso, a quella rivelazione: rimase immobile, un mezzo sorriso incollato alle labbra.

«Tuo fratello è l’ultimo Hellsing. Quando ho aiutato il mio gemello… lo stavano liberando» rivelò Feliciano.

Non aveva mai visto un’espressione così sorpresa, quasi innocente, sul volto del Guardiano: per un attimo, era tornato il bambino che oscillava sotto il peso delle cassette mediche.

«Gilbert… è libero?» balbettò, attonito. Feliciano annuì.

«Non c’è solo lui. C’è anche il Figlio del Cielo, con loro. E il Custode dei Cancelli. E la Mano Destra del Diavolo» elencò, con sempre maggiore entusiasmo. Si rabbuiò subito dopo, concentrato nella stesura di un piano: «Se riuscissi a parlare con gli altri due Scudi… potremmo decidere quale sia il metodo migliore per difendere la Confederazione.»

Feliciano rialzò la testa, sfavillando nell’ardore dimostrato durante la prima settimana di ribellione nei confronti del padre.

«Devo mettermi in contatto con loro. Ma non posso fare come la scorsa volta… è troppo faticoso, e mio padre potrebbe insospettirsi, se fossi di nuovo così debilitato…»

Ludwig chinò la testa, nella genuflessione rituale davanti all’Asse.

«Usami come messaggero. Se mio fratello è libero, so come contattarlo» sorrise, una spina di furbizia a lampeggiare nell’angolo della bocca. «Sono certo che abbia ancora Gilbird appuntato al petto.»

Feliciano cadde sulle ginocchia per abbracciare il suo Guardiano, in quello che per loro ormai era diventato un contatto normale.

Ludwig strinse quelle spalle fragili, il naso immerso nei capelli profumati del giovane.

Il suo ruolo di Guardiano non avrebbe potuto essere più azzeccato.

Voleva proteggere quel ragazzo, voleva difendere la sua felicità.

Avrebbe lottato contro i suoi stessi voti, per garantire la serenità di Feliciano.

 

***

 

Le dita anchilosate del vecchio Asse scricchiolarono, quando l’anziano le intrecciò sul ventre scavato.

Quei gemelli erano troppo pericolosi. Non potevano affidare il futuro dell’Asse a una mina vagante e a una bomba a orologeria, entrambe pronte a esplodere da un momento all’altro.

Tuttavia, il potere di Feliciano era innegabilmente smisurato, ed era ciò di cui la Confederazione aveva bisogno.

«Se ci fosse modo di staccare il suo potere dal corpo…» mormorò.

Richiamò il proprio Guardiano, imperioso.

«Chiama il capofamiglia Vargas. Devo proporgli un’idea.»

 

 

 

 

 

 

E nel prossimo capitolo, signore e signori… arriva Arthur 8D

A lunedì<3

Red

   
 
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