Salve a tutti, e scusate
per la lunga assenza.
Grazie mille a chi segue ancora la storia. Spero sinceramente che il
capitolo
vi piaccia. E’ abbastanza lungo, quindi mettetevi comodi. Ci
vediamo giù.
24-25
dicembre
“Che
poi scusate, io avrei una domanda… ma noi
semidei, il Natale lo festeggiamo?” chiese Leo, interrompendo
il caos mattutino.
“Perché in effetti è celebrato come la
nascita di Cristo, ma noi non ci
crediamo, vero? Non ci sto capendo più niente.”
Come al solito,
fu Annabeth a rispondere. “Certo
che non festeggiamo la nascita di Cristo, Leo. I cristiani sono
strettamente
monoteisti. E noi, beh… lo sai.”
Leo
annuì lentamente come se stesse cercando di
assimilare un concetto difficile.
“C’è
ancora una cosa che mi sfugge però. Se il
Natale non lo festeggiamo, perché Clarisse e Travis stanno
litigando per come
bisogna addobbare l’albero?”
“A
Clarisse piace litigare con tutti, non l’hai
ancora notato? E poi non quello definirei litigare.
Si stanno solo minacciando di sfregiarsi a vicenda. Se stessero davvero
litigando, a Travis mancherebbe già qualche arto,”
rispose Annabeth sarcastica.
“Credo
che tu non abbia colto il punto. Perché
addobbano il pino se non crediamo
nel Natale?”
Annabeth rispose
alla domanda con un’altra
domanda: “Perché il Natale si celebra il 25 di
dicembre, Leo?”
Lui scosse la
testa e lei continuò: “I cristiani
hanno scelto quel giorno in quanto era già una
festività pagana. Si celebrava
il Sol Invictus. O come lo chiamiamo noi, Helios. Anche se poi gli
furono
assimilate altre divinità orientali come Mitra e El-Gabal,
ma in realtà la
festività fu istituita ufficialmente dai Romani, solo che
con l’unificazione
dell’Impero e la cittadinanza estesa alle province,
finì per essere celebrato
anche in Grecia. E quindi eccoci qui.”
“Grazie
per la lezione, Professoressa Chase.”
Annabeth lo
fulminò, e Leo alzò le mani in segno
di resa.
“Cioè
mi stai dicendo che Gesù è nato quando
è
nato perché quel giorno era la festa romana del
sole?”
“Sei
senza speranza, mi rifiuto di rispondere.
Ora sta’ zitto e vai a dare una mano.”
“Dove
stai andando tu?”
“Da
Will Solace, mi sta facendo cenno di
raggiungerlo da prima che tu cominciassi a farmi domande sul
Natale… non ho
idea di cosa voglia dirmi, ma vado a vedere.”
Gli alberi erano
stati addobbati. Non tutti
ovviamente. I semidei non avevano certo tempo per addobbare
un’intera foresta.
Ora mancava la Casa Grande e poi le singole cabine. Per via della
sparizione di
Percy era stato tutto rimandato e Annabeth aveva completamente
dimenticato di
pensare al design natalizio della cabina di Atena di
quest’anno. Avrebbero
dovuto riutilizzare gli addobbi dell’anno scorso. Non che al
resto del Campo
importasse un fico secco delle decorazioni natalizie della cabina di
Atena, era
lei quella fissata con queste cose.
Aveva appena
aiutato i figli di Apollo per una
piccola modifica
esterna nella loro
cabina e stava tornando verso la Casa Grande per chiedere a Chirone se
avesse
bisogno di altro aiuto, quando vide una scena che la fece sinceramente
sorridere. E non sorrideva tanto spesso in quei giorni.
Jason, il biondo
figlio di Giove che era stato
mandato qui da Era in cambio di Percy, con un braccio attorno alla vita
di Piper,
la nuova arrivata e neo-eletta capocasa di Afrodite, ed una mano a
carezzarle
la guancia. Era rosso come un peperone, e Annabeth si sentì
in colpa per stare
spiando un momento così intimo. Stavano per darsi il loro
primo bacio, era
ovvio. Sopra le loro teste infatti fluttuava magicamente del vischio.
Fu Piper
ad alzarsi sulle punte ed avvicinare le proprie labbra a quelle di
Jason, che
ricambiò felicemente il bacio.
Abbassando il
capo per nascondere il suo sorriso
e continuando a camminare, Annabeth non potè non pensare al
suo primo bacio con
Percy. In realtà ce n’erano stati due, di primi
baci. Uno era stato un atto
disperato e impulsivo, avevano quattordici anni, sul Monte
Sant’Elena, quando
pensava che lo avrebbe perso, perché era testardo e voleva
combattere da solo
un esercito di telechini, e poi c’era quella terribile
profezia che le aveva
detto che avrebbe perso un amore. All’epoca non sapeva se si
riferisse a Percy
o a Luke. L’altro, il loro vero
primo
bacio era accaduto solo qualche mese fa, il diciotto agosto. Era uno
dei
ricordi più felici che Annabeth avesse.
Era contenta per
Piper, davvero. La conosceva
solo da qualche giorno, ma le piaceva. Le ricordava un po’
l’Annabeth di
qualche anno fa. E aveva visto il modo in cui guardava Jason. Lui
invece era
una specie di punto interrogativo. Per lei, per tutti. Anche per se
stesso, in
quanto non ricordava ancora nitidamente tutti i dettagli della sua vita
prima
di essere rapito da Era. Sembrava chiaramente attratto da Piper, ma
stava
facendo la cosa giusta a cedere così facilmente? Piper era
una figlia di
Afrodite, era normale innamorarsi di lei. Non che sfruttasse questo suo
vantaggio, anzi ci era persino rimasta male quando aveva scoperto che
sua madre
era la dea dell’amore. Ma Jason? Diceva che molti ricordi non
erano chiari. E
se aveva già una fidanzata, al Campo Giove? Era decisamente
carino, pretore,
popolare…
Un pensiero
terribile venne in mente ad Annabeth.
E se Percy trovasse
un’altra? Se
anche lui era arrivato al campo opposto ricordandosi solo il proprio
nome, come
Jason, cosa gli avrebbe impedito di fare nuove amicizie, intraprendere
una
relazione? Era attraente. Molto.
Aveva quell’aria di strafottenza che faceva impazzire le
ragazze. Quegli occhi
verdi irresistibili. E tanti anni di combattimento avevano fatto
più che bene
ai suoi musco–
Non
posso permettermi di pensare in questo modo,
si impose Annabeth. Succeda quel che succeda,
ma non posso permettermi di essere
pessimista. Dobbiamo trovarlo. Il resto non importa.
Ma
certo che
importava.
Era
così
immersa nei ricordi e in questi pensieri deprimenti che non guardava
più dove
camminava. Inciampò su qualcosa –il
piede di qualcuno– e per poco non cadde rotolando
giù per la collina. I suoi
riflessi scattarono e si riprese poco prima di colpire il terreno,
rimettendosi
in piedi.
“Valdez!” gridò
indignata.
“Che
vuoi? Sei tu che non guardi dove cammini. E
non far rumore, sto assistendo allo spettacolo,” disse
indicando la scena che
anche Annabeth aveva guardato poco fa.
Piper e Jason
erano ancora stretti nel loro
abbraccio. E si stavano ancora baciando. Nonostante tutto, erano carini
insieme. “Lascia loro un po’ di privacy,”
disse a Leo, ricordandosi di come si
era sentita quando mezzo Campo aveva spiato il suo secondo primo bacio
con
Percy. Non era certo una bella sensazione, avere un pubblico. Per tutto
agosto,
ogni volta che lei e Percy si erano scambiati un bacio, c’era
stata sempre una
risatina, una battutaccia, una figlia di Afrodite che sospirava. Era
quasi
impossibile stare da soli al Campo Mezzosangue.
“Che
fastidio gli do, scusa? Non sanno che li
stiamo guardando. E poi, se non fosse per me, probabilmente non si
starebbero
baciando affatto,” disse Leo facendole vedere il vischio che
aveva in mano.
“Sei
stato tu?” chiese Annabeth, ora incuriosita.
Lui
annuì, soddisfatto. “Per le figlie di Hecate
è stato un gioco da ragazzi. Ho chiesto a Lou Ellen di fare
una semplice magia
sul vischio… quel ramoscello li stava seguendo da un bel
po’, ma se ne sono accorti
solo qualche minuto fa.”
Annabeth dovette
sorridere. “Hai fatto una cosa
davvero carina, Valdez. Si vede che quei due si piacciono.”
“Già.
Dovevi vedere quando eravamo in missione!
Non smettevano di farsi gli occhi dolci…”
“Perché
l’hai fatto?” chiese bruscamente
Annabeth.
“Perché
non farlo? Quei due sono i miei migliori
amici, e avevano bisogno di un aiutino.”
Annabeth era
sorpresa. Questo ragazzo non
somigliava per niente a suo padre. Ricordò le parole che le
aveva rivolto nel
Labirinto. “Una volta tuo padre disse a Percy che–“
“Cosa?
Ha incontrato
Efesto?” chiese Leo.
“Certo.
Anche io. Conosciamo tutti gli dei, li
abbiamo visti più di una volta. Siamo stati
sull’Olimpo più volte di qualsiasi
altro semidio, oserei dire,” Annabeth parlava come se fosse
la cosa più normale
del mondo.
“Davvero?”
“Sì.
Leo, ho fatto tantissime imprese. Io e Percy–
gli dei ci hanno addirittura organizzato
una celebrazione, per aver salvato l’Olimpo… ma
sto divagando. Tuo padre, una
volta disse che è più facile lavorare con dei
macchinari che con le persone. E’
un tipo molto solitario, Efesto. Ma tu sei così…
solare. Sei sempre in
movimento. Cerchi sempre di far ridere tutti. Mi ricordi un
po’ il mio ragazzo
da questo punto di vista.”
Leo fece un
sorrisetto alquanto malizioso.
“Tesoruccio, non c’è bisogno di
paragonarmi al tuo ragazzo per dirmi che sei
cotta di me.”
Annabeth gli
diede un buffetto sul braccio. “Sono
seria, Leo. Non cambiare mai. Abbiamo un’altra guerra
davanti, e c’è bisogno di
gente come te.”
“Annabeth!”
sentì una voce femminile chiamarla in
lontananza. Era Lacy, una piccola figlia di Afrodite.
“Dei,
cosa vogliono tutti da me oggi?” domandò
esasperata.
Quella sera
fecero un vero e proprio cenone di
Natale, e per una volta all’anno non importava chi era il
genitore divino di
chi: tutti potevano sedersi accanto ai propri amici, senza distinzioni.
Per
questo motivo Annabeth decise di prendere posto
all’altrimenti vuoto tavolo di
Poseidone. Non le importavano gli sguardi stupiti degli altri. Nella
confusione
della cena, poteva quasi far finta che Percy fosse seduto lì
accanto a lei. Ma
la sua solitudine non durò a lungo, come sempre in quel
periodo. Sembrava che i
suoi amici più stretti facessero dei turni per assicurarsi
che Annabeth non
passasse mai più di un’ora da sola durante la
giornata, e i suoi fratelli la
osservavano anche di notte, preoccupati. Non sapeva se esserne grata o
annoiata. Avrebbe voluto un po’ di tempo da sola. E poi, era
seriamente
indietro con la ristrutturazione dell’Olimpo, avrebbe dovuto
dedicare più tempo
alla progettazione.
Comunque,
durante la cena, Grover andò a sedersi
accanto a lei, senza dire una parola. Con un sorriso affettuoso
Annabeth gli
offrì la lattina di Coca che aveva appena finito ed il
satiro la divorò felice.
Finirono di mangiare in silenzio–non
un silenzio imbarazzante o fastidioso–e poco
prima di alzarsi a gettare
un po’ di cibo per il sacrificio serale agli dei, anche
Rachel la raggiunse al
tavolo di Poseidone.
“Rach,
hai mangiato?”
“Non
ancora, sono
appena arrivata. Stavo finendo un dipinto…
mangerò più tardi, ora non ho fame
comunque,” le offrì un sorriso.
“Tutto
apposto?”
chiese Annabeth insospettita. Con un cenno di saluto, Grover si era
alzato.
“Certo,
tutto a
meraviglia. Perché?” rispose Rachel impassibile.
Annabeth
non sapeva
cosa dire. “Mi sembrate così
strani…”
Rachel
rispose con
un’espressione interrogativa in volto.
“Ma
cosa avete tutti?
Arrivi tu e Grover se ne va, Clarisse mi sfida perennemente a duello
nell’arena,
Katie mi chiede una mano con le stelle di Natale, Leo mi fa domande
inutili…”
Rachel
la interruppe
con un profondo sospiro. “Non voglio mentirti, bionda. Siamo
molto preoccupati
per te.”
“E
questo vuol dire
che non potete lasciarmi sola un attimo? Di cosa avete paura?
Cos’è che potrei
fare appena mi levate gli occhi di dosso?” solo dopo aver
detto queste parole
si accorse di aver alzato un po’ troppo il tono di voce.
Ovviamente, la stavano
guardando tutti. Ma non le importava.
“Che
tu faccia
qualcosa di stupido,” le rispose dolcemente Rachel, cercando
di prenderle una
mano.
“Cioè?
Di certo non
mi butterò nel lago. Suicidarmi non riporterà
indietro lui.”
Rachel
la guardò
intenerita. I suoi amici si avvicinarono. Quel tavolo che per tanti
giorni era
stato vuoto si riempì in pochi secondi. Clarisse, Katie, i
fratelli Stoll,
Piper, Will Solace, Miranda Gardner, Leo, Lacy e gli altri figli di
Atena erano
accanto a lei.
“Ragazzi,
davvero,
sto b–“
“Non
provare a dire
che stai bene, Annabeth,” la interruppe Will.
“Allora
cosa volete
che vi dica?”
“Non
devi dirci un
bel niente, principessa,” ripose Clarisse utilizzando il suo
nomignolo di quand’erano
piccole.
“Vogliamo
solo
essere d’aiuto,” assecondò Katie.
“La
verità è che
Percy manca anche a noi, Annabeth. E non possiamo neanche immaginare
come ti
senta tu…” continuò Will.
“Vogliamo
solo farti
capire che non sei sola,” riprese Katie.
“Di
questo me n’ero
accorta, grazie tante. Gli unici momenti che passo da sola ormai sono
in bagno!”
“Già,
Annabeth. Di
certo non possiamo offrirti appassionati baci subacquei, ma ti siamo
vicini,”
dissero Travis e Connor all’unisono.
“Oh,
non fate gli
idioti. Il punto è che non devi affrontare da sola il
dolore.”
“Quand’è
stata l’ultima
volta che hai dormito seriamente, Annabeth? Guarda che
occhiaie,” disse Drew
che si era avvicinata.
“Non
credevo che
sarebbe mai successo, ma devo dare ragione a Drew,” disse
Piper. “Hai bisogno
di riposo.”
“Di
riposo e di un
po’ di sano divertimento! Basta pensare a
Colui-che-non-deve-essere-nominato. E
non sto parlando di Voldemort,” aggiunse Rachel con la sua
solita esuberanza. “Ragion
per cui, stasera sarai l’ospite d’onore di un
pigiama party nel mio fighissimo
antro.”
L’Oracolo
si guardò
intorno e notò gli sguardi carichi di aspettativa delle
altre.
“Non
c’è posto per
tutte, scusate ragazze. Per stasera Annabeth è tutta
mia,” disse lasciandole un
sonoro bacio sulla guancia. “Mia e di qualche fortunata
eletta. Katie,
Clarisse?”
“Non
ci penso proprio,
è una cosa da femminucce,” rispose la figlia di
Ares. Katie annuì.
“Come
pensavo,”
riprese Rachel. “Mmm, Piper?”
Quest’ultima
arrossì, chiaramente onorata di essere stata scelta,
nonostante fosse arrivata
al Campo da così poco. “Sarebbe un
onore,” rispose sorridendo.
Annabeth
cercò di
rilassarsi. Erano nell’antro di Rachel, che
dall’esterno sembrava davvero una
grotta spaventosa, uguale a quella dell’antica Sibilla, ma
all’interno era una
stanza degna di una teenager milionaria quale era Rachel.
Spaziosissima, con un
televisore a schermo piatto ed un impianto stereo da far impallidire e
tutta
immersa nel disordine organizzato
di
cui Rachel andava fiera. Pennelli e colori erano sparsi ovunque,
vestiti buttati
qua e là e su un tavolino una grande quantità di
cioccolato –anche blu!–
e marshmallow che avrebbero fatto impazzire Percy.
Non
è bene somministrare tanto zucchero a semidei
già iperattivi,
sentenziò quella parte del suo cervello che somigliava
fastidiosamente a sua
madre. Annabeth la ignorò.
“Wow,”
sussurrò.
“Lo
so, è tutto
meraviglioso. Apollo è fantastico, ha scelto tutto secondo i
miei gusti senza
che gli dicessi niente. E’ fantastico,”
ripetè Rachel con aria sognante.
Annabeth
le schioccò
le dita davanti al viso per svegliarla dal suo sogno ad occhi aperti.
“Rossa,
guarda che Apollo è un dio.”
“Grazie
per avermelo
fatto notare, Annabeth, ma non bisogna essere una figlia di Atena per
capirlo. E
poi penso che anche se non lo sapessimo, si noterebbe comunque. Non so
come
faccia a passare inosservato tra i mortali, è uno
splendore.”
“E’
il dio del sole.”
“Non
in quel senso.”
“Mi
spaventi,”
concluse Annabeth.
Katie
si stava
guardando intorno. “Rachel dovresti aggiungere dei fiori a
tutto questo casino.
La stanza è già coloratissima, ma qualche pianta
darebbe un tocco–“
“Figlie
di Demetra,”
Rachel sussurrò a Piper. “vorrebbero aggiungere
fiori ovunque. Uguali alla loro
divina sorella Persefone. Comunque,” disse alzando la voce ed
interrompendo
Katie che stava ancora parlando del tocco che i fiori avrebbero dato
alla sua
stanza, “Stasera ci concentriamo sulla nostra piccola
Annie.”
Annabeth
stava per
protestare, ma Rachel continuò. “Un bel massaggio,
probabilmente anche una
manicure, e ho qui il tuo film preferito,” disse cacciando un
dvd dal cassetto
sotto la tv.
“Harry
Potter e i
Doni della Morte 1 e 2 versione integrale con le scene eliminate,
tagliate e le
interviste al cast? Ma quest’edizione non è ancora
in vendita!” Annabeth
abbracciò Rachel. “Come hai fatto?”
“Segreto,”
rispose l’Oracolo
ricambiando l’abbraccio. “Dura più di
cinque ore, dovremmo saltare qualcosa se
vogliamo dormire un po’… domani dobbiamo
assolutamente svegliarci ad un orario
decente per aprire i regali con tutti gli altri!”
“Prima
che Travis
rubi tutto,” disse Katie.
“E
Connor,” aggiunse
Annabeth.
“Non
so perché, ma
sono più preoccupata di Travis,” ribadì
Katie.
“Io
penso di sapere perché,”
ammiccò Rachel, e Katie arrossì.
“E’
ora di guardare
il film!”
“Io
prendo il cibo,”
si offrì Piper.
Si
sistemarono tutte
sul divano. “E il mio massaggio?”
“Arriva
subito,
tesoro,” rispose Rachel spostandosi verso di lei.
Ad
Annabeth questa
serata piaceva sempre di più.
Tre
ore dopo, erano
ancora in quella posizione. Avevano litigato un po’ su quali
scene saltare, su
chi dovesse mangiare l’ultimo pop-corn, ma si stavano
decisamente divertendo.
“Questa
è la mia
scena preferita!” urlò Katie.
“Il
bacio di Ron e
Hermione? Ma nel libro era diverso,” commentò
scettica Piper.
“A
chi importa, ho
aspettato dieci anni per questa scena!”
Ad
Annabeth venne in
mente una cosa…
“Piper,
non dovresti
dirci qualcosa?”
“Di
che parli,
Annabeth?”
“Mi
pareva di aver
visto parecchio vischio qui intorno oggi
pomeriggio…”
Piper
arrossì. “Ecco,
io e Jason ci siamo baciati. Sul serio, questa volta.”
Nonostante
l’imbarazzo,
era chiaro che fosse soddisfatta.
“Sì,
sapevo già
tutto,” liquidò Rachel con aria di
superiorità. “Conosco passato, presente e
futuro,” continuò teatrale.
“Ma
non bacerai mai
un ragazzo, hai fatto un giuramento di eterna
castità,” le ricordò Annabeth con
tono canzonatorio.
Fu
il turno di Rachel
di arrossire. Fu salvata dall’urletto di Katie “Si
baciano!” e tutte
riportarono la loro attenzione a Ron ed Hermione sullo schermo.
Il
mattino seguente
erano tutte e quattro stanchissime, avevano obbiettivamente dormito
troppo
poco, ma si erano divertite tantissimo, e–cosa
più importante–avevano
distratto Annabeth. Era più rilassata di quanto non fosse
stata in mesi, e per
un po’ era stata in grado di mettere da parte il dolore per
Percy e
semplicemente godersi una bella nottata tra amiche.
“Grazie,
Rossa,”
aveva sussurrato a Rachel prima di dirigersi verso la sua cabina a
cambiarsi,
per poi andare ad aprire i regali come da consuetudine sotto il pino di
Thalia.
“Ne avevo proprio bisogno.”
“Quando
vuoi,
Annabeth,” sorrise l’altra.
Annabeth
non aveva
grandi aspettative per i regali. Suo padre aveva probabilmente
dimenticato di
spedirle il suo, e non si aspettava che la sua divina madre si sarebbe
scomodata.
Ma
tutti ridevano,
era un’atmosfera serena e contagiosa. Annabeth si
trovò a sorridere con loro,
mentre Jason le passava un pacco che era apparentemente destinato a
lei. Lo scartò:
era un’avvolgente sciarpa sulle tonalità del blu,
con sfumature più chiare fino
al verde acqua. Il bigliettino allegato era da parte di Sally.
Annabeth
ebbe appena
il tempo di meravigliarsi della gentilezza di sua suocera e di pensare
che
avrebbe probabilmente dovuto ricambiare il regalo, che Rachel e gli
altri le
offrirono altri due pacchi.
“Pensavi
che ci
saremmo dimenticati di te?”
“Su,
aprili!”
“Questi
sono da
parte di tutti!”
Che
carini,
pensò ancora prima di vedere cosa le avessero regalato. Ieri mi sono arrabbiata perché si
preoccupano per me, ma ho sbagliato. Mi amano nonostante tutto, ci sono
sempre
per me e hanno anche pensato a farmi dei regali.
Aprì
prima il pacco
rettangolare che le porse Rachel.
L’intera
collezione
integrale dei film di Harry Potter.
“Ecco
da dove veniva
il film di ieri… Non posso crederci! Ragazzi,
grazie!”
L’altro
regalo era
una trilogia. Da esemplare figlia di Atena, Annabeth adorava leggere,
la
dislessia non era nemmeno più un grande problema.
“The
Hunger Games?”
chiese, non avendo mai sentito il titolo.
“Sì,”
rispose Piper.
“Si portano tantissimo nel mondo dei mortali. Sono davvero
belli. Io li ho
divorati.”
“Se
leggi attentamente,
noterai che tu e la protagonista–Katniss–avete
molto in comune.
La testardaggine, ad esempio,” disse Rachel.
“Grazie
mille, non
so davvero come ringraziarvi… vi voglio bene. Scusate se
ieri sera sono stata
un po’ brusca.”
Cercò
di abbracciare
tutti, e si sentì un po’ in colpa per non aver
fatto regali a nessuno. Ma
effettivamente aveva avuto altro a cui pensare.
“Oh,
Annabeth, quasi
dimenticavo,” la chiamò Jake Mason, figlio di
Efesto. “Stamattina presto ero
nella forgia ed è passato Tyson. Ha detto di darti
questo,” le offrì un
pacchetto un po’ spiaccicato, che lei prese volentieri.
Al
suo interno c’era
un anello d’argento, con una pietra turchese al centro. Era
un colore
meraviglioso e sembrava risplendere. Annabeth non aveva mai visto
niente del
genere.
Jake
continuò: “Ha
detto che era il regalo che, ehm, Percy voleva farti. La pietra
è stata presa
da una grotta subacquea, ha dovuto chiedere il permesso di Poseidone
per
prelevarla. Poi aveva chiesto a Tyson di forgiare l’anello,
solo che… non è più
andato a prenderlo. Quindi Tyson è passato in modo che tu
potessi averlo
comunque.”
Annabeth
non
riusciva quasi a crederci. Infilò l’anello
all’anulare, e fu sorpresa di notare
che calzava perfettamente. Aprì la mano per ammirarlo
meglio, e doveva
ammettere che stava proprio bene anche con l’azzurro delle
unghie che Rachel le
aveva pazientemente dipinto la sera prima.
Si
era recata al
pino pensando di non ricevere alcun regalo, e invece…
Alzò
lo sguardo. La
sua famiglia la stava ancora osservando, ed Annabeth era consapevole
delle
lacrime che le stavano solcando il visto. Ma erano lacrime di gioia, di
speranza.
Sarebbe
andato tutto
bene.
Angolo autrice:
rieccoci.
Spero che vi sia
piaciuto, davvero. Ci ho messo
un bel po’ a scrivere. Sapete che odio pubblicare cose troppo
corte, e per le
3444 parole di questo ci ho impiegato un bel po’.
Ci sarebbero
73509435430584357 cose di cui vorrei
parlarvi a proposito del capitolo. Ci sono molti riferimenti a fatti
accaduti
nei libri, alcuni espliciti, ma altri rivelati anche solo attraverso un
arrossimento o una parola. Spero che li abbiate colti tutti :3
Ho dovuto per
forza menzionare Harry Potter e The
Hunger Games. Annabeth ce la vedo come una Potterhead sfegatata, e in
effetti ha un sacco di cose in
comune con
Katniss (per non parlare di Hermione!)
Chi
ha letto
The House of Hades? Vi va di
parlarne? Io l’ho adorato.
{Ditemi i vostri
account di Twitter e/o Tumblr
che mi va di seguire un po’ di gente}
Ogni recensione
è un biscotto blu di Sally,
quindi datevi da fare o Percy non farà merenda :P
Alla prossima,
Ginny_theQueen
♥