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Autore: SidV    26/11/2013    0 recensioni
A otto anni l’ho conosciuta. E lei si è completamente attaccata a mio fratello. A tredici anni l’ho baciata, ed ero incazzato nero. Non ci siamo quasi parlati per più un anno. A quindici anni le ho spezzato il cuore. Per i tre anni successivi ci vedevamo raramente e, quando succedeva lei mi trattava come uno passato di lì per caso. Già... neanche avessi speso quegli anni montandomi tutto quello che mi passava vicino. A diciotto anni abbiamo fatto l’amore. Poi lei ha pianto. E mi ha mollato. A ventun anni sono completamente fuori controllo. E mi manca come l’aria che respiro.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Io non ho mai amato molto gli sport, o tutto quello che gli assomiglia. Quello era Tom e io lo seguivo solo perchè senza di lui non ci so stare tutt’ora. Ho sempre fatto quello che faceva mio fratello, da quando siamo nati. L’ho seguito anche alla nascita! Ecco perchè non ero per niente entusiasta di quella dannata bicicletta. Perchè io ci sapevo andare a mala pena e sicuramente per stare dietro a lui, che è sempre stato un incosciente con tutto quello che è veloce, mi sarei di sicuro rotto qualcosa. Ma non lo avrei mai ammesso, perchè il complesso di inferiorità nei suoi confronti è una cosa con la quale sto cercando di ragionarci ancora adesso.
è brutto da dire, ma io non volli quelle altalene per stare con Erin, anche se ancora oggi è il nostro punto di ritrovo, ma per un senso enorme di gloria personale che avevo provato quando lei aveva deciso di venire da me, ignorando Tom che era quello che piaceva sempre a tutti per primo.
Sapevo che era offeso con me in quei giorni, ma non me ne importava niente, perchè tanto io avevo una amichetta e lui no... inoltre lui è uno che sbollisce subito. C’è anche da dire che Erin non è mai stata una di grande compagnia, infatti solitamente lei passava i pomeriggi a dondolare con lo sguardo perso nel vuoto mentre io le rovesciavo addosso i miei soliti fiumi di parole. Per un po’ la trattai esattamente con si tratta un pubblico. Manifesti te stesso e lasci l’altro passivo. E qui voglio però subito chiarire una cosa, perchè non potrei mai far passare Erin come una scema. Anzi! Lei aveva capito perfettamente il perchè della mia compagnia, ma non ci dava semplicemente peso. A lei le cose le sono sempre scivolate addosso. Tutte, a parte mio fratello. Ma questa è un altra storia, e ci vollero ancora anni ora che entrambi lo ammettessero, almeno ad alta voce. Ovviamente a me, tra di loro pare che certe cose siano tabù.
In quel periodo ero solo io la persona con la quale lei voleva stare. E lei mi cominciò anche a piacere. Sapete quando? Sapete quando mi resi conto che non era lei ad avere bisogno di me, bensì l’incontrario?
Dopo un mese e mezzo che abitavamo a Lipsia iniziò la scuola.
Quella mattina io ero assolutamente tranquillo e mi preparai lentamente e accuratamente come al solito, con i miei soliti vestiti bizzarri e la matita nera sugli occhi. Scesi le scale come se niente fosse e ignorai l’occhiata preoccupata che mi rivolse mio fratello, che anche in quell’occasione aveva ragione. Lipsia non era per niente pronta ad avere uno come me tra le sue fila.
Me ne cominciai ad accorgermene quando salimmo sull’autobus, quando tutti quei bambini sconosciuti ci indicarono entrambi come se due buffi animali esotici si fossero aggiunti alla loro scolaresca. Io li ignorai, perchè Tom era seduto accanto a me e quindi sapevo di essere al sicuro. Già, io sono uno che pensa sempre e solo a se stesso.
- hai notato che Erin non ha salutato nessuno? - mi disse Tom - infatti mi pareva che non avesse altri amici, se no perchè passerebbe tutto il tempo da noi?
Lui, al mio contrario è uno che nota tutto, che si preoccupa delle persone ancora prima di rendersene conto. Ma in quel momento feci spallucce e mi concentrai solo sui miei problemi, che consistevano nel solito “mi staranno bene i capelli?”.
Solo qualche tempo dopo la mamma ci spiegò che Erin era sempre stata isolata, perchè era una bambina associale e non parlava mai con nessuno. Mi pare si chiamasse atrassia.  
- ma con me ci parla mamma! Anche con Tom ogni tanto lo fa!
- si vede che voi due siete speciali, no?
Non commentai oltre, perchè sentirmi speciale è sempre stata una cosa di cui necessito. Anche se, ammetto, forse è sempre stata solo lei ad essere veramente speciale.
Ma sto divagando...
Comunque arrivammo a scuola senza particolari intoppi e anche le lezioni finirono con tuttalpiù un paio di risolini di troppo e una immediata predica degli insegnati sul fatto che il nostro abbigliamento e le nostre pettinature non erano adatte a degli studenti seri.
Tom ci rise sopra come sempre - ma io non sono uno studente serio!
Il fattaccio però accadde poco prima di tornare sulla corriera. Eravamo in cortile e ci stavamo avviando per prenderla, come al solito in ritardo, quando un gruppetto di bambini della nostra classe ci circondò. Tom aveva detto di lasciarci passare con il suo classico sorriso da bonaccione ma loro erano decisamente di un altra idea.
- ma chi? Tu o tua sorella?
Già. I bambini sanno essere davvero cattivi. Io sapevo di conciarmi in un modo vistoso e strano però a mio fratello era sempre andato bene così, la mamma ci rideva sopra dicendo che almeno ora riusciva a distinguerci, Gordon sosteneva il nostro stile rispecchiasse il nostro essere degli artisti e papà... beh, papà non ci aveva veramente mai parlato con noi di questo.
- la mia mamma ha detto che i maschi che si truccano sono dei froci - mi disse uno - tu sei un frocio, Kaulitz?
- hai i capelli come quelli di un mostro dei film dell’orrore!
E via dicendo. Non ricordo bene tutto quello che dissero, ma so che ci rimasi male. Perchè io ero sempre cresciuto in una specie di campana di vetro creata da mio fratello, dove lui faceva di tutto per non farmi mai arrivare le cose che mi avrebbero fatto stare male. Perchè io sono anche una persona decisamente fragile.
Ricordo distintamente però quando Tom si scagliò contro uno dei bambini, dandoli un paio di ben piazzati pugni in faccia.
Tom non si arrabbia mai veramente, non è come me che mi scaldo per un nonnulla. Ma quando quella levetta nel suo cervello fa click... lui perde completamente il controllo. Succede praticamente sempre per colpa mia. O di Erin.
Si creò il caos e ne prendemmo tante quel giorno... ma proprio tante, finchè non arrivò l’autista a sperarci e ci caricò sul bus in fretta e furia, dopo un bella lavata di capo a tutti.
Mi faceva male la guancia ed ero ancora così scemo da preoccuparmi che, con tutto quello che avevo pianto, mi si era rovinato il trucco.
- a quello gli ho fatto male, però Bill! L’ho proprio steso!
Tom era accanto a me e cercava di farmi ridere, nonostante il suo labbro perdesse ancora sangue e probabilmente ne aveva prese molte più di me di botte, alla fine. Ma sorrideva mentre mi cercava di pulire la faccia con un lembo della sua maglietta enorme.
- non piangere Bill. Io sono qui con te.
C’è sempre stato, per me. Vorrei solo che adesso mi permettesse di fare altrettanto per lui, anche se sono abbastanza certo di essere negato per consolare o cercare di aiutare.
Quando scendemmo dalla corriera io e Tom andammo spediti a casa, io per piangere ancora un pò e farmi coccolare dalla mamma, Tom probabilmente correva solo perchè aveva paura che mi volessero fermare di nuovo.
L’unica però che ci fermò fu Erin, quando arrivammo al cancello di casa.
Si attacco al mio zainetto e tirò forte per attirare la mia attenzione. Ricordo che mi chiesi anche “da quanto è qua?”.
- a me piacciono i tuoi capelli Bill. Tu sei molto bello.
Ed è stato in quel momento che ho cominciato a volerle davvero bene. Perchè Erin era venuta da me, senza che nessuno le chiedesse niente, con tutta l’onestà che perfino oggi scaturisce dai suoi occhi chiari e mi disse esattamente quello che avevo bisogno di sentirmi dire.
Tom qualche anno dopo mi disse che Erin non aveva amici perchè è in grado di capire così bene le persone che la maggior parte della gente le fa schifo. Tom è sempre stato quello che la capiva meglio, almeno quando non c’è di mezzo lui.
Quella fu la prima volta che Erin rimase a dormire da noi. Dormì con me nel mio lettone, con la manina ben serrata alla mia.
Ancora adesso dorme con me, quando torniamo a casa.
Ma è stato quando avevamo poco più di dodici anni che mi accorsi che lei, pur essendo vicino a me, nel sonno si voltava sempre nella direzione di Tom, cercandolo anche nel buio. E che lui faceva altrettanto.
  
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