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Autore: KittyPryde    08/11/2004    3 recensioni
Tema per la fine dei corsi
Argomento: Hogwarts secondo voi
Lunghezza minima: un rotolo di pergamena
Titolo: decisioni indecise
[Studente Hufflepuff]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sua voce gracchiava, vecchia e malconcia; le ferite filamentose del cappello parlante facevano rintronare i suoi pensieri nella testa… mi esaminava, mostrando partecipazione, mostrando interesse verso le mie terminazioni nervose, vivisezionava i miei pensieri e si prendeva l’onere di decidere il mio futuro nei sette anni che sarebbero seguiti
“Tassorosso!”
Grida, giubilo, battimani, incoraggiamenti e poi una lunga, precipitosa, corsa verso l’anonimato.


Tema per la fine dei corsi
Argomento: Hogwarts secondo voi
Lunghezza minima: un rotolo di pergamena
Titolo: Decisioni indecise

Molti dei miei compagni di casa si erano consultati tra loro a proposito del titolo, giudicato più volte presuntuoso, del mio tema; dicevano che non avrei dovuto commentare in modo così aspro l’operato incontestabile di un’istituzione centenaria, sostenevano che non mi sarei dovuto sentire superiore alle regole, alle antichissime origini della scuola; ma i giudizi altrui non avevano mai solleticato particolarmente il mio interesse.

Il giorno del nostro arrivo, la professoressa Sprout, con tutta la sua bonaria benevolenza, si era presentata in qualità di Capo Casa e ci aveva mostrato i dormitori dell’anonimo spazio a noi riservato, aveva esaltato i privilegi e le caratteristiche del nostro casato e ci aveva ricoperti di appunti, consigli e regole non scritte, per garantire la pacifica convivenza tra le quattro case.
Sembrava una donna simpatica, con le sue rotondità eccessive e i suoi modi da locandiera educata, ma trovai ugualmente inutili i suoi discorsi pacifisti che, senza alcun dubbio, sarebbero stati riferiti in modo diverso dalle labbra di ogni Capo Casa o non sarebbero stati riferiti affatto; trovavo superfluo lo stupore dei miei coetanei nello scoprire l’imponenza di Hogwarts, trovavo patetico e ipocrita l’entusiasmo che avevano davanti alla prospettiva di vivere per mesi in un posto che non è la propria casa.

Il mio tema per la chiusura dei corsi era una sorta di “lettera di reclamo” per la scuola, un pezzo di carta ingiallita dove scrivere quello che veramente pensavamo, come in ogni migliore sondaggio per perfezionare il prodotto. La nostra Capo Casa ci aveva pregati di essere sinceri, diretti, e possibilmente prolissi; quando ci consegnò i rotoli di pergamena, pensai che molti sarebbero stati logorroici come richiesto, soltanto alcuni avrebbero esposto le proprie idee in modo diretto e pochi, veramente pochi avrebbero dato prova di reale sincerità.
Ultimatum: tre ore di tempo per sviscerare il mio malcontento formicolante; questo significava la possibilità di esibire la sincerità tanto richiesta dalla Professoressa Sprite in un tema di protesta esemplarmente esposto.

“Il mio nome non è importante, e probabilmente non lo diventerà nemmeno una volta che sarò uscito da questa scuola, sono uno dei tanti maghi, dei tanti studenti, che appartengono alla media dei perfetti sconosciuti, una macchietta della quale non si manterrà ricordo in una bacheca dei trofei o in un archivio dei “casi eccezionali”, l’ennesimo anonimo smistato a Tassorosso
Nasco e cresco come un cinico, ma senza ambizioni particolari per il futuro, con un’intelligenza vivace, ma troppo critica e presuntuosa per essere etichettata come saggezza, e con una buona dose di vigliaccheria rappresa nel profondo, quindi quale casa migliore se non quella degli scartati?
Non sono qui per criticare né la mia casa di appartenenza né, tanto meno, le attività della Professoressa Sprout, donna gentile, materna e leale, emblema perfetto della comunità Tassorosso; con ogni probabilità, qualsiasi fosse stato l’esito del mio smistamento, avrei covato lo stesso rancore, il senso di protesta e amarezza, la frustrazione che ho alimentato dentro di me con il passare degli anni, mentre guardavo, con occhio forse troppo pessimistico, la scuola che ancora oggi mi ospita.

Sette anni fa trascorsi la prima notte al castello arrovellandomi, nel tentativo di rispondere ai miei tanti interrogativi; ora esco da Hogwarts con la certezza che nessun preside centenario o nessuna tradizione, sebbene antica quanto la scuola stessa, potranno darmi le risposte che cerco; una filosofia spiccia ed un pratico giro di parole raggirerebbero, con magistrale disinvoltura, ogni mio punto interrogativo posizionato in punti troppo critici e ogni domanda scomoda.
Sette anni fa si accesero i focolai che mi hanno infiammato per tutti questi anni, con i pensieri del cappello parlante che rimbalzavano tra un neurone e l’altro, incerti, insicuri, sventrando la mia testa, il mio carattere, le mie abitudini per crearne un modello adatto da assegnare ad una delle quattro nobili casate di Hogwarts. La voce gracidante e scucita che si domandava quale fosse la mia via, selezionava i miei comportamenti in base a schemi preimpostati; “buono” “cattivo” “giusto” “sbagliato”, analizzava, calcolava, giocava furbamente con le probabilità, per poi indugiare su ogni Casa e finire per assegnarmi a Tassorosso, quei pazienti Tassorosso; la riserva della scuola quando non si è abbastanza immorali per Serpeverde, quando la soglia della tua intelligenza supera quella della saggezza e rischia di diventare eccesso, quando il senno della vigliaccheria non ti permette di rientrare tra i Grifondoro… allora sarai Tassorosso.
Quanti, degli appartenenti a questa casata di, ne rispecchiano realmente le caratteristiche? Quanti sono gioviali e pazienti, aperti e leali, generosi come il cappello parlante dice? Quanti in realtà?
E quanti Serpeverde mancano totalmente di etica e morale? Quanti ardimentosi Grifondoro covano il grande coraggio che Godric declamava? E quanti Corvonero praticano scelte che non hanno nulla di saggio?

Sette anni fa passai la notte insonne nel mio dormitorio giallo e nero, fissando l’imponente blasone che invadeva il soffitto con i colori della casa in bella mostra; ero solo un bambino, undici anni e una vita da costruire, undici anni e un futuro totalmente incerto, mi chiesi per tutta la notte il motivo del mio smistamento, mi chiesi se non avrei voluto cambiare casa.
Non volevo.
Il senso di inadeguatezza che serpeggiava in me non era dovuto allo smistamento, non volevo far parte di un’altra casa, ma continuai a pensare per tutta la notte alla netta indecisione che il cappello parlante aveva dimostrato nel vedersi costretto ad assegnarmi ad una casa piuttosto che ad un'altra.
Come si può pretendere di esaminare l’ego di una persona in pochi istanti? Come si può credere che una magia sia in grado di svelare i risvolti più intimi di un carattere? Come si può classificare con così tanta certezza una persona? Come si può sperare di non piegarne il carattere in futuro?
Sette anni fa ero solo un bambino, e seppur lieto della la decisione di assegnarmi a Tassorosso non potei fare a meno di interrogarmi sul perché di quel verdetto…

Trovo il sorteggio un’imposizione, una deviazione su un carattere che non si è ancora formato e che verrà inevitabilmente impostato dal suo smistamento e dalle regole ben precise della sua nuova casa di appartenenza; non si tratta certo del parere di un esperto o di un luminare, ma soltanto quello di un ragazzo che la prima notte ad Hogwarts è stato tormentato da domande che, per timore e per rispetto, non si è mai permesso di esporre.
Sono nato e cresciuto come un cinico, come un osservatore non abbastanza asettico e oggettivo, guardo le cose con i miei occhi, influenzate dai miei pensieri, ma egualmente, spietatamente reali.

Le quattro case di Hogwarts, come fu in passato per i loro fondatori, sono utili solamente a creare inimicizie, ed alimentare i rancori e le paure dei giovani maghi che un giorno saranno il nostro futuro; è in questo modo che si formano pregiudizi, i marchi indelebili che resteranno impressi nella memoria.
Le tradizioni non verranno modificate in conseguenza di questa mia testimonianza, il cappello parlante continuerà il suo lavoro utilizzando i suoi metodi, indugiando sulla testa dei ragazzini e pretendendo di ordinarli in una delle quattro categorie a sua disposizione; ma almeno sarò riuscito, prima di andarmene da questo castello, a lasciare un segno, sia pure inchiostro su pergamena, un parere inespresso per molti anni, un’idea che ha avvelenato gran parte delle mie giornate in questa scuola.”
   
 
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