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Autore: syontai    27/11/2013    14 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 12
Il segreto del castello

Erano passate tre settimane dalla partenza di Leon, ma Violetta ogni volta che attraversava un corridoio immaginava di ritrovarselo di fronte da un momento all’altro. E non sapeva cosa pensare di questa sua fissazione, sapeva solo che in fondo gli dispiaceva non poter più studiare l’espressione del giovane principe, ed anche rimanere ammaliata dalla sua bellezza. Ma di una cosa era certa: ora che aveva capito più o meno come funzionavano le cose in quel castello doveva cominciare a cercare un modo per fuggire e trovare aiuto al di fuori di quelle mura per tornare nel suo mondo. Le mancava suo padre, German, e Olga, con la sua dolcezza materna e con i suoi dolci e biscotti che facevano venire l’acquolina in bocca. Ma come poteva fare? Aveva bisogno di un alleato, qualcuno che potesse darle una mano. Humpty Dumpty? Lui poteva essere un’idea. Doveva tentare.
La biblioteca come al solito era silenziosa, e non volava neppure una mosca. Ogni volta che entrava in quella sorta di santuario aveva i brividi, ma pensò che doveva assolutamente portare a termine il compito che si era prefissato. “Humpty” chiamò a bassa voce, senza trovare però l’uomo-uovo. Cominciò a girare per le librerie, e si voltò verso la panca su cui di solito Leon si sedeva per leggere. Smettila di pensare a quel ragazzo, si costrinse a ordinarsi Violetta, voltandosi dalla parte opposta. Il bibliotecario del castello sbucò da una libreria, arrampicato su una scala scorrevole. “Mi stavi cercando?” chiese gentilmente, scendendo con cura. La scala traballò per qualche secondo, facendogli perdere l’equilibrio, e l’uomo cadde, facendo un piccolo ‘crack’, e rotolando lungo il pavimento. Violetta accorse preoccupata: “Ti…ti sei fatto male?”. Dalla pelle biancastra dell’uomo, all’altezza di dove aveva preso il colpo, uscì un liquido trasparente. “Stupido albume” borbottò, rimettendosi in piedi. “Non fai niente per la ferita?” chiese la ragazza, ancora non del tutto tranquilla. “Oh, non si può fare nulla. Fa parte della natura degli uomini-uovo. Tutto ciò che succede al nostro corpo è definitivo. Non preoccuparti, tra un po’ questo liquido si seccherà e non mi darà più tanti problemi. Questo è il principale motivo per cui sono l’ultimo della mia razza: un uomo-uovo è davvero molto fragile” spiegò l’anziano, dirigendosi verso la sua scrivania. “Ma immagino che tu non sia qui per parlare dei miei acciacchi” aggiunse, passandosi una fascia bianca lungo la ferita da cui continuava a fuoriuscire albume in gran quantità. “Volevo chiederti un favore in effetti…” cominciò Violetta, cercando di prendere coraggio. Non era facile fidarsi di qualcuno là dentro, ma quello strano bibliotecario non le sembrava un subdolo traditore o qualcosa del genere; sentiva di poter parlare liberamente con lui. “Ecco, io…volevo sapere…se qualcuno fosse mai riuscito a lasciare il castello di nascosto” mormorò infine abbassando lo sguardo, e guardandosi le punte dei piedi. “Vuoi lasciare il castello?” domandò l’uomo, con aria cupa. “Si, perché?”. “Perché sai meglio di me che è impossibile andarsene da questo castello, eppure me lo stai chiedendo. Vuoi fuggire a causa di Leon?” la interrogò nuovamente il bibliotecario, sfiorandosi la pelle liscia all’altezza di quello che doveva essere il mento. “No, non è per lui, assolutamente!” si affrettò a rispondere la giovane, arrossendo leggermente. “Violetta, io ti chiedo di comprenderlo. Non di perdonarlo, solo di comprenderlo. Leon non è Leon, non almeno quello che ho conosciuto io, e…lo so, forse ti chiedo troppo”. “Cosa vuoi da me?” chiese Violetta, rialzando gli occhi di scatto. “Tu gli fai bene, gli fai bene più di quanto possa fargliene chiunque altro. Non mi chiedere il perché, ma con te è diverso. Forse tu non puoi rendertene conto, ma io, che l’ho visto in questi ultimi anni, si. Penso che in qualche modo, inconsapevolmente, tu possieda già la chiave del suo cuore, dei suoi pensieri. E ti prego di custodirla gelosamente, di non gettarla alle ortiche; Leon non lo merita” disse Humpty, guardandola supplicante. Violetta arretrò spaventata: cosa intendeva dire? Forse non sapeva di quello che le aveva fatto, forse non sapeva che aveva tentato di rovinarle la vita. “Tu non sai cosa mi ha fatto” sussurrò Violetta, non del tutto convinta. In fondo Humpty stava solo dando voce a quello che già lei pensava, ma ancora razionalmente rifiutava, ossia che potesse esserci qualcosa al di là di quel cuore di ghiaccio che possedeva il principe. “Ti ho già detto che non voglio che lo perdoni; sarebbe sbagliato e contro natura. Ti chiedo di capirlo, ti chiedo di restargli accanto nonostante tutto per aiutarlo. Forse ti ferirà, ti farà del male, non necessariamente fisicamente, ma lui ha bisogno di te. Se non sei pronta puoi non accettare, noi tutti lo capiremmo, io per primo. Ti sto chiedendo troppo, troppo per una giovane ragazza” sospirò il bibliotecario. “Si, mi stai chiedendo troppo” confermò la giovane, stringendo forte i pugni e ripensando al rancore che nutriva nei confronti di Leon. “Non mi aiuterai?” aggiunse subito dopo, con le lacrime agli occhi. “No, non lo farò. E non perché non voglia farlo, ma perché non posso” ripeté Humpty, voltandosi di scatto, afflitto. Sapeva di aver chiesto troppo a quella ragazza, ma doveva provarci, non poteva lasciare che le cose rimanessero immutate, non ora che aveva scorto un piccolo cambiamento in Leon. Violetta fuggì via, trattenendo le lacrime: la sua unica speranza si era dissolta. Ma non era solo questo a turbarla: le parole di Humpty non erano state semplici parole per lei, le avevano toccato il cuore, e adesso, sentiva che Leon non era chi si mostrava. E non era più solo un dubbio il suo, adesso si trattava una salda certezza.
Quel pomeriggio doveva spolverare la sala dei trofei, accompagnata da Lara. Non sopportava dover condividere dei compiti con lei, soprattutto perché la ragazza si divertiva a comandarla a bacchetta, solo perché era quella appena arrivata. “Mi raccomando spolvera bene quelle medaglie” le ordinò nuovamente Lara con aria di superiorità. Violetta annuì: non ci teneva a farsi una nemica all’interno di quelle quattro mura, anche se sospettava che la giovane serva ce l’avesse già con lei per qualche strano motivo, forse perché sapeva che lei si era presentata nelle stanze del principe in piena notte. Che si sentisse minacciata? Si avvicinò a un piedistallo con un busto in marmo intorno al cui freddo collo erano state sistemate numerose medaglie d’oro e d’argento. Cominciò a lucidarle con uno straccio, attenta a non fare danni. Come se non fosse contenta del risultato ottenuto, Lara si avvicinò a Violetta, con le mani sui fianchi: “So bene cosa state cercando di fare tu e le tua amichetta”. La ragazza, che fino a quel momento era stata troppo presa dal suo compito, si voltò titubante: non aveva intenzione di iniziare una discussione, ma riteneva tutto quello assurdo. “Non so di cosa stai parlando” disse in fretta, per poi rigirarsi. “Lo so io, però. E non fare l’innocentina, avevo capito fin da subito che nascondevi qualcosa” esclamò acida Lara, mettendosi di fianco al busto, nervosa. “Io…devo lavorare” la interruppe Violetta, cercando di mettere fine a quelle accuse completamente inventate. “E comunque quella sera con il principe non è successo nulla” aggiunse subito dopo, decidendosi a fissare Lara dritto negli occhi, e tenendo testa alla sua espressione di sfida. “Davvero? Conosco Leon meglio di quanto tu possa immaginare” disse con un ghigno, “E so che non è tipo che fa venire una ragazza in camera sua per fare quattro chiacchiere”. Violetta boccheggiò per un istante, ma poi rimase in silenzio: non poteva rovinarsi la sua unica carta vincente contro Lara per delle stupide provocazioni. “Era tutto ciò che avevo da dirti. Stai lontana da Leon, o subirai della amare conseguenze” sibilò la ragazza, sfiorando il suo viso con una carezza maligna, a cui Violetta si ritrasse disgustata. “Non penso che sia tu a dovermi dare degli ordini” ribatté senza riuscire più a controllarsi. Lara non si scompose minimamente, ma diede un colpetto al busto in marmo facendolo cadere a terra e riducendolo in mille pezzi. “Violetta, ti avevo detto di stare attenta!” strillò, consapevole che qualcuno era appena entrato nella sala, in seguito al frastuono che si era creato. “Ma, io…non ho fatto nulla. Tu…” cercò di giustificarsi Violetta, quando sentì dei saltelli dietro di lei. Thomas stava assistendo alla scena, completamente esterrefatto, osservando i resti del busto sparsi per terra. “Spero che la punirai a dovere. Solo perché è nuova non può permettersi queste mancanze” disse Lara con tono di rimprovero, allontanandosi a passo veloce. Mentre si allontanava Violetta poté scorgere un sorrisetto irritante dipingersi sul suo volto. L’aveva fatto apposta, il suo era un avvertimento. Ma non aveva tempo per pensarci, perché adesso aveva qualcosa di più serio da affrontare, ossia riuscire a venir fuori da quel problema con la testa ancora sulle spalle.
“Quello era il busto di Javier! Leon ci teneva tantissimo” esclamò Thomas, disperato, agitandosi qua e là senza sapere cosa fare. Di nuovo Leon. Rientrava sempre in tutto ciò che faceva, in un modo o nell’altro; era quasi una persecuzione. “Non si può aggiustare?” chiese stupidamente Violetta, ben conoscendo la risposta. “No! A qualcuno salterà la testa di sicuro per questo, e non sarò certo io” disse, puntando i suoi occhi sulla presunta responsabile. “Ma non sono stata io!” protestò Violetta. Il Bianconiglio osservò il suo orologio a cipolla, estraendolo dal taschino, e batté il piede destro nervosamente: “Che brutta situazione! Non voglio essere responsabile della tua decapitazione, ma non voglio nemmeno rimetterci le orecchie”. Violetta si recò all’angolo della sala prendendo una paletta di legno e una scopa, per togliere almeno i frammenti. “Che facciamo?” chiese trepidante la ragazza, mentre ripuliva quel disastro. “Sei sicura di non essere stata te?” la interrogò Thomas, mentre l’azzurro glaciale dei suoi occhi si illuminava, come colpito dai raggi del sole. Violetta annuì nuovamente, quindi lo lasciò alle sue riflessioni. “Allora è stata Lara, giusto?” ipotizzò il ragazzo, facendo vibrare i baffi per il disgusto. “Si, ce l’ha con me, e non so come comportarmi con lei” ribatté velocemente Violetta, contenta di non averla dovuta incriminare di persona. “Lasciala fare, non è la prima volta che si comporta così” mugugnò Thomas, eloquente. Dopo qualche minuto di silenzio aggiunse: “Ho avuto un’idea. Io possiedo le chiavi della stanza, e farò in modo che per un po’ non ci possa entrare nessuno”. “E poi?” lo incalzò Violetta, sperando che l’idea non finisse lì. “E poi basta! Non sono così pieno di idee da un momento all’altro, intanto ritardiamo un po’ il problema. Speriamo solo che non lo scopra Leon, piuttosto” rabbrividì Thomas, al solo pronunciare il nome del principe di cuori. “Ci tiene così tanto?” chiese Violetta. “Ti racconto una cosa, ma non riferirla a nessuno” sussurrò Thomas, avvicinandosi.
‘Thomas era in ritardo. Come sempre il suo orologio ticchettava incessantemente dandogli un senso di angoscia crescente. Tic tac, tic tac. Jade voleva vedere suo figlio e lui non sapeva proprio dove cercarlo; aveva provato ovunque, tranne nella sala dei trofei. Svoltò saltellando a destra e si diresse in quell’ultimo luogo. Ancora dieci minuti di ritardo e la regina di cuori gli avrebbe fatto tagliare la testa. Aprì la porta con mano tremante, e ciò che vide lo stupì. Leon era seduto per terra, con le gambe incrociate di fronte al piedistallo con sopra il busto di Javier Vargas. “Papà…” mormorò il giovane principe con lo sguardo basso e un sorriso amaro. Una lacrima stava solcando il suo viso, una lacrima di purezza, che lentamente scendeva. Non appena si rese conto di essere osservato si alzò di scatto in piedi, e si pulì il viso con la manica della maglia che portava. “Jade la sta cercando” si giustificò Thomas. “Eccomi, arrivo subito. E non una parola su quello che hai visto” sussurrò flebilmente Leon, dandosi alcune pacche sui pantaloni.’
“Come è morto il padre di Leon?” chiese Violetta, interrompendo il flusso di pensieri di Thomas. “E’ stato ucciso in battaglia, contro l’esercito di Picche. Un atto vile a mio parere. Un sicario ha agito nella notte ed ha ucciso il re. Quando lo hanno catturato, ormai Javier era stato pugnalato nel sonno. L’uomo ha ammesso di essere stato mandato dal Re di Picche in persona, Pablo Galindo” spiegò il Bianconiglio. “Mi dispiace, deve essere stata dura per il principe” disse Violetta, con le lacrime agli occhi. Per la prima volta cominciava ad avvertire il dolore provato da Leon, era come una morsa che non la abbandonava. Se avesse perso German per evento del genere anche lei ne sarebbe stata segnata, ma non sapeva perché sentiva che ci fosse qualcos’altro sotto. Leon aveva subito qualcosa di cui non era a conoscenza, qualcosa che lo aveva portato ad essere un uomo spregevole e senza cuore. Thomas, come se avesse capito la sue intenzioni, fece qualche saltello indietro. Forse era meglio non insistere, non in quel momento almeno, era già stata fortunata ad ottenere la fiducia del ragazzo, e non voleva giocarsela troppo in fretta. Sorrise rassicurante, ed ottenne in risposta un timido scambio di sguardi. Aveva un alleato, un alleato prezioso, il più strano che le fosse mai capitato.
“Thomas?!” esclamò Lena, perplessa. “Si, Thomas. Penso che sia una brava persona, no?” domandò Violetta. Lena, che era stata informata del piano di fuga, annuì con aria assente, non del tutto convinta: “Non è troppo vicino alla regina? Ci sarà da fidarsi?”. “Beh, non avevo molte alternative, e comunque ancora non gli ho chiesto di aiutarmi, devo prima capire se posso effettivamente riporre fiducia in lui. Non sono così avventata” la rassicurò Violetta, portando il vassoio con gli avanzi di insalata del pranzo nelle cucine. “Ecco, pensaci bene. E non mi riferisco solo a Thomas. Insomma, perché vuoi fuggire da questo posto? Alla fine hai cibo e alloggio, in cambio di lavoro, e poi mi hai detto che fuori di qui non hai nessuno. A me sembra una follia” ribatté la ragazza, mettendo in difficoltà Violetta. La bugia raccontata quando si erano conosciute aveva portato le sue fastidiose conseguenze. In effetti fuori da quel castello nessuno la aspettava, ma fuori da quel mondo c’era un padre premuroso che sicuramente stava soffrendo per la sua assenza. “Se è per Leon, l’abbiamo sistemato; che problemi ti può dare adesso?” continuò l’altra imperterrita, non riuscendo a trovare una plausibile motivazione per quel piano così azzardato. Violetta decise di cambiare discorso, e le si presentò un’occasione d’oro per farlo: “A proposito di Leon, sai qualcosa di lui? Humpty mi aveva detto qualcosa sul fatto che dopo la morte del padre erano cambiate parecchie cose”. Lena si fermò in mezzo al corridoio e si voltò verso Violetta con aria funerea: “Non sono questioni che ci riguardano”. “Ma tu lavoravi già al castello?” la interrogò Violetta, mentre sentiva la tensione nell’aria crescere vertiginosamente. “Si, ma…ci sono cose che non ci è concesso conoscere” concluse Lena, avanzando a passo svelto verso le cucine. E qualcosa le faceva credere che la conversazione al riguardo sarebbe finita lì.
Quel giorno sembrava interminabile, mentre numerose domande affollavano la testa della ragazza: era arrivata alla conclusione che in quel castello fosse successo qualcosa dopo la morte di Javier, e Leon fosse in qualche modo il fulcro intorno a cui girava il mistero che avvolgeva ogni singolo ambiente. E voleva conoscerlo, voleva sapere di che si trattasse, ma soprattutto voleva conoscere Leon, e più passavano i giorni più se ne rendeva conto. Forse perché era il suo pensiero fisso, forse perché non riusciva a dimenticare quella notte in cui i loro corpi erano così vicini, in cui le labbra del principe avevano sfiorato la sua pelle, creandole quei brividi. Forse perché il giorno prima della partenza aveva letto nella provocazione di Leon un disperato bisogno di sentirsi apprezzato da qualcuno. Leon le stava mandando dei messaggi di aiuto, o forse si stava inventando tutto? Era davvero possibile vedere qualcosa oltre quella maschera di fredda impassibilità? Il suo cuore le diceva di si, la sua parte razionale negava, negava e negava. Ma più si ripeteva che non fosse possibile che quel ragazzo potesse provare emozioni umane, più si rendeva conto di essersi voluta affidare ai giudizi altrui, per paura di sbagliarsi. E la scena di un Leon in lacrime di fronte al busto del padre forse era la prova più evidente del suo errore, del suo giudizio affrettato e immaturo. Violetta si stese sul letto, pensando e ripensando alle parole di Leon e senza rendersene conto prese sonno, accompagnata dal buio della notte.
Violetta avanzava sicura per la foresta. Non era la stessa foresta che aveva attraversato prima di raggiungere il Castello di Cuori. La vegetazione era molto diversa, più fitta, e selvaggia. Uno strano odore di fumo attirò la sua attenzione, seguito da un vociare sempre più diffuso. Si fece strada, sempre più confusa, e si trovò nei pressi di quello che sembrava essere un accampamento distrutto. Più avanzava più sentiva la testa pesante, ma non poteva fermarsi, era come se i piedi si muovessero indipendentemente dalla sua volontà, e le sembrava tutto assurdo. Un giovane con un medaglione a forma di trifoglio era piegato su un altro ragazzo che sembrava svenuto. “Allora, perché non si riprende? Dobbiamo fare qualcosa!” esclamò il ragazzo, dai capelli ricci e ribelli. Vicino a lui un uomo dalla corporatura non troppo esile, protetto da un’armatura scintillante e con in mano una spada dorata, si guardava intorno con sguardo colmo di dolore. “Quanti ne sono rimasti vivi di voi?” chiese all’improvviso, puntando i suoi occhi scuri su quelli del ragazzo. “Pochi, troppo pochi” si intromise una ragazza con un pugnale insanguinato in mano. “Libi, Andres…” mormorò il ragazzo, facendo sbiancare la guerriera, che si stese affianco al ferito. “E’ vivo, è solo svenuto…Ma mentre accorrevo con i rinforzi ho visto che la maggior parte dei soldati stava già ripiegando. Cosa è successo?” chiese il soldato, piantando la punta della spada a terra. “Non lo so, è successo dopo che Andres ha ferito il principe Leon e…” cominciò a parlare l’interpellato, venendo però interrotto. “Ferito?! Il principe Leon ferito?! E…è morto?” domandò nervosamente, non riuscendo a credere alle sue orecchie per la bellissima notizia. Violetta rabbrividì a quelle parole. Leon ferito? Addirittura morto? Quello strano sogno si era tramutato in un incubo, eppure le sembrava tutto così realistico, come se non fosse frutto della sua immaginazione. “Io non lo so…non lo so, davvero. Lo hanno trascinato via. Non so se sia vivo o morto” rispose il ragazzo, rialzandosi, e pulendosi i pantaloni sporchi di polvere con qualche manata. “Andres l’ha infilzato con la sua spada. O almeno quel che ne era rimasto” spiegò Maxi. Violetta cominciò inspiegabilmente a piangere per quelle parole. Era davvero tutto finito? Davvero non avrebbe più rivisto Leon? Avrebbe dovuto sentirsi sollevata, e invece era il contrario, il dolore al petto era troppo forte, troppo massacrante. Cominciò ad ansimare, mentre il respiro si faceva pesante, e il dolore aumentava sempre di più, sempre di più.
“Ferito?! Il principe Leon ferito?! E’…morto?”
“Andres l’ha infilzato con la sua spada. O almeno quel che ne era rimasto”
Violetta si svegliò di soprassalto. Si tastò la fronte sudatissima, mentre si girava attorno per essere sicura di essere nella sua stanza. Il silenzio era rotto unicamente dal respiro regolare di Lena, profondamente addormentata. Improvvisamente si sentì la gola secca, e la lingua impastata. Scese dal letto, attenta a non far il minimo rumore, e prima di uscire dalla stanza rivolse uno sguardo alla sua compagna di stanza. Lena era rannicchiata sotto le coperte, probabilmente sentiva freddo. In effetti in quelle stanze si congelava; prese la sua coperta e la mise sopra quella di Lena, in modo di darle un po’ di tepore. Lena sembrò rilassarsi nel momento stesso in cui la lana si adagiò sull’altra coperta. Violetta si avvicinò e depose un tenero bacio sulla fronte della compagna. “Grazie per tutto” sussurrò, per poi prendere una sorta di veste bianca e uscire di soppiatto. Voleva andare nelle cucine per prendere un bicchiere d’acqua, e forse ne avrebbe approfittato per esplorare meglio la topografia del castello. Attraversò il salone circolare d’ingresso, debolmente illuminato da qualche torcia che si stava lentamente spengendo a passo deciso, ma la sua attenzione fu ben presto catturata da una lunga ombra che si proiettava lungo le pareti. Alzando lo sguardo vide sulla destra, in cima alla scalinata, Thomas che si aggirava in modo sospetto con una piccola torcia in mano. “Che sonno!” esclamò assonnato, afflosciando le sue orecchie, ed emettendo un enorme sbadiglio. Violetta si appiattì contro la parete, curiosa di sapere cosa ci facesse il suo nuovo amico in giro per il castello a quell’ora. Non appena lo ebbe visto allontanarsi diretto verso la sala del trono, decise di seguirlo, senza però farsi notare, a distanza di sicurezza. Salì le scale lentamente, e sperò di non perdere di vista Thomas. Il corridoio in pietra era quasi completamente buio, ma la tremolante luce dell’assistente della regina rendeva possibile distinguerne le fredde pareti. A differenza di quel che pensava, però, Thomas non proseguì dritto per la sala del trono, ma si fermò nel bel mezzo, e girò a sinistra, aprendo il pesante portone della biblioteca. Che ci andava a fare lì dentro? Non ne aveva idea, ma la curiosità cresceva esponenzialmente insieme alla paura di essere scoperta. E allora non se la sarebbe cavata tanto facilmente come per la questione del busto di Javier Vargas. “Non puoi tirarti indietro. Non ora” si ripeté con determinazione, mentre si avvicinava tremando per l’emozione e il freddo contemporaneamente. Per qualche secondo la mano rimase sospesa, incerta sul da farsi. Aprire o non aprire? Non lo sapeva, ma sentiva che aprendo quella porta molte cose sarebbero cambiate. Fece un respiro profondo, e tirò il battente verso di lei, spalancando il portone. La biblioteca era completamente buia, e sembrava deserta. Violetta entrò timorosamente, facendo risuonare i suoi passi nell’aria; le librerie erano come dei giganti tenebrosi in quel momento, e mentre durante il giorno le davano sicurezza, in quel momento contribuivano a far crescere l’angoscia che sentiva. Aveva fatto tutto il giro dell’enorme biblioteca, ma niente, non c’era traccia di nessuno. “Thomas” mormorò flebilmente la ragazza, sperando vivamente in una risposta. Le sue parole si persero nel buio, inghiottite, così come lo era il suo corpo. I suoi occhi brillavano con il loro castano chiaro nell’oscurità. Qualcosa non andava in quel castello, ma non riusciva a capire cosa fosse. Di una cosa era certa: Thomas era scomparso nel nulla. 





NOTA AUTORE: eccomi con un nuovo capitolo! Un po' fine a se stesso questo capitolo, ma non per questo meno interessante a mio parere. Violetta sta iniziando a scoprire alcuni fatti interessanti, e sta rivalutando la figura di Leon, e questo per prepararci a uno dei miei capitoli preferiti (il 14, quando Leon torna <3) :D Anche se la ragazza rifiuta la proposta di Humpty, alla fine quasi se ne pente, perchè sente che il bibliotecario ha ragione sulla questione Leon. E il flash del momento di debolezza del principe ha dissolto ogni minimo dubbio. La sua ragione continua a negare, ma la consapevolezza pian piano arriva, e vedremo che succederà :D Una nuova alleanza è nata: Thomas e Violetta. Alleanza bizzarra, c'è da dire? Si potrà fidare? Certo, l'ha aiutata contro la questione di Lara, ma...come dice Lena è molto vicino alla regina :D Violetta però procede cautamente, e si districa all'interno di quel castello e dei suoi strani personaggi. Mi piace molto la situazione che si è venuta a creare. Davvero molto, anche se il capitolo non mi soddisfa in pieno, non è uno dei meglio riusciti :S Comunque dopo il sogno rivelatore sulla questione di Leon, che ci fa presagire che qualcosa di buono non è accaduto (:O), passiamo al finale da brividi. Thomas entra nella biblioteca e scompare nel nulla. Che cosa nasconderà quella biblioteca? E quale sarà il mistero che avvolge la figura di Leon, e l'intero castello? Tutti silenziosi complici di una questione misteriosa, chissà...che anche Lena sappia qualcosa? Non sappiamo, vedremo :D Aspetto vostri commenti su questo capitolo, ci vediamo al prossimo, dal titolo 'La gabbia del coniglio', dove troveremo ancora una volta il personaggio di Camilla con un enigmatico avvertimento. Ma non anticipo nulla, alla prossima ;D Buona lettura a tutti, e alla prossima ;D 

 
  
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