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Autore: Celeste9    28/11/2013    1 recensioni
“Non c’è niente di più pericoloso del demone della fantasia acquattato nell’animo femminile” (Isabel Allende).
Questa è una raccolta di OS di tutti i generi, prevalentemente romantiche, su quello che io considero il sesto membro degli One Direction.
(Da una delle storie) “La gioia che provo quando sono insieme a Josh mi fa quasi paura, non so se si tratti veramente di amore, ma, qualsiasi cosa sia, è una sensazione bellissima: mi sento come se la sua anima avesse riempito all’improvviso il vuoto che sentivo nella mia”.
CREDITS: il titolo della raccolta è un verso di “Drunk” di Ed Sheeran; i titoli delle varie OS sono quasi tutte canzoni dei Toto.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josh Devine, Nuovo personaggio
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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RESERVATION TO LOVE

Everyday it rains somewhere.
You've got to make the best of what you have.
You could tie a train out there.
You better get some sunshine while you can

Diedi un’ultima occhiata al lavoro: avevo impiegato tutta la notte per terminarlo, ma ne era valsa la pena, era perfetto. Quel disegno da solo valeva tre quarti dell’esame: se al professore fosse piaciuto, l’orale sarebbe stato solo una formalità. Misi il ritratto in una cartellina, presi la valigetta con tutti i miei fogli e prima di uscire, raccolsi i riccioli in una coda ordinata e mi sistemai il fiocco della camicetta che avevo indossato per avere un’aria più professionale: la benevolenza dell’insegnante di Disegno passava anche dal nostro aspetto che doveva essere ineccepibile almeno quanto i nostri lavori.

Mi guardai allo specchio e mi vidi, come ogni volta, pallida e spigolosa, con i capelli meno in disordine del solito, ma sempre la solita ragazza banale di sempre; ero una qualunque ventenne graziosa, nessuno aveva mai fatto follie per me e nella mia vita non era mai successo nulla di straordinario.

Prima di uscire, incrociai mia nonna, che cominciò a chiedermi qualunque cosa riguardante l’esame.

-Ti racconto quando torno- le diedi un bacio frettoloso e uscii velocemente, le volevo bene, ma non faceva che riempirmi di domande di ogni genere, quelle che sopportavo meno erano quelle riguardanti l’amore poiché non sapevo mai cosa rispondere: non mi filava nessuno, nessuno di cui valesse la pena parlare, almeno.

Una volta fuori, mi accorsi che pioveva a dirotto: vivevo a Stanmore Hill e dovevo cambiare due volte la metro per arrivare in Accademia. Era in momenti come quello che rimpiangevo di non aver mai preso la patente, ma avevo paura della strada, del traffico e dei pedoni che sbucavano da ogni parte esattamente come temevo la vita, la gente che incontravo e le situazioni impreviste.

Arrivai alla stazione con l’ombrello già messo fuori uso da un paio di raffiche di vento e feci l’amara scoperta di aver preso l’iPod di mio fratello, anziché il mio.

-Fantastico!- pensai con disappunto, mentre mi accomodavo sui sedili lerci del vagone, studiando il modo migliore per proteggere dalla pioggia la cartellina contenente il prezioso disegno. Cullata dai movimenti del vagone e annoiata dalla musica di Adele per poco non mi appisolai e rischiai di non scendere a Oxford Street e di perdere la coincidenza.

Avevo tempo fino alle 19.00 per consegnare il lavoro, ma avevo preferito portarlo la mattina presto, così mi sarei goduta il pomeriggio: avrei chiamato un’amica e saremmo andate da Milkshake City a bere un frullato agli Oreo. Quel pensiero mi fece tornare il buonumore, ero partita da casa da quasi un’ora ed ero vicina alla meta. Uscii dalla stazione e mi apprestai ad attraversare la strada: pioveva forte, tenevo la valigetta sulla testa per bagnarmi il meno possibile, mentre la cartellina con il lavoro era infilata al riparo nell’elastico della gonna.

Una macchina mi passò vicino a velocità sostenuta e, centrando in pieno una pozzanghera, mi schizzò le scarpe; ero così impegnata a imprecare che non mi accorsi dell’Audi bianca che puntava dritto contro di me. Fu un attimo, un momento terribile in cui mi convinsi che sarei morta in quel preciso istante, se solo l’avessi saputo avrei almeno cambiato canzone: passare a miglior vita con la voce di Rhianna nelle orecchie non rientrava nei miei piani.

Scivolai sull’asfalto bagnato, mi volò tutto di mano in un turbinio di fogli come durante il video di Best Song Ever. Non so di preciso quanto rimasi a terra, ma non appena riaprii gli occhi, mi accorsi di non aver intorno alcun capannello di persone, pioveva troppo forte per fermarsi, chino su di me c’era solo quello che probabilmente era il conducente dell’auto, un ragazzo con il cappuccio della felpa ben calcato in testa e del quale riuscii a scorgere solo lo sguardo corrucciato.

-Stai bene?

Ero viva, un po’ ammaccata, ma non stavo per nulla bene perché mi ero accorta di non avere più il disegno infilato nei vestiti. Urlai e il ragazzo con me, probabilmente temeva di aver investito un mio ipotetico cagnolino. Il mio lavoro era completamente sotto la ruota del veicolo, bagnato, rovinato, inservibile. Lui lo sfilò da sotto l’auto e gli diede un’occhiata.

-Zayn Malik?

Gli tolsi il foglio di mano con talmente tanta violenza da lacerarlo.

-Era per un esame all’Accademia di Belle Arti, ma adesso per colpa tua, dovrò rifarlo e non ce la farò mai a consegnarlo in tempo per stasera.

Mi rimisi in piedi, lui fece altrettanto e m’invitò a seguirlo in auto perché stava piovendo davvero forte; aprii la portiera ed esitai: era una macchina lussuosa e non volevo rovinare i sedili.

-Entra! Non m’importa se l’abitacolo si bagna, non voglio che tu prenda un raffreddore: ti ho già causato abbastanza guai per oggi.

Alzò al massimo il riscaldamento, io avevo gli abiti incollati addosso, la gonna era appiccicata alle gambe come una seconda pelle e la camicetta aderiva così tanto al mio busto che mi si vedevano benissimo i capezzoli eretti a causa del freddo e dallo sguardo del ragazzo fisso all’altezza del mio seno. Incrociai le braccia, imbarazzata, mentre anche lui cercava di scollarsi di dosso i vestiti: indossava una onepiece probabilmente grigia, che era diventata scura a causa della pioggia, gli aderiva come una seconda pelle rivelando braccia muscolose, un bel paio di spalle e gambe toniche. Non riuscivo a vedere il suo viso perché aveva la cerniera della tuta tirata su fin sotto gli occhi che erano di un colore tra il verde e il nocciola, non grandissimi ma brillanti, belli.

-Posso fare qualcosa per rimediare?- mi chiese.

-No, grazie; credo che comprerò una rivista dove ci siano gli One Direction e andrò in Accademia cercando di rifare il disegno, spero di farcela a finire entro le sette di stasera.

-Perché hai scelto proprio Zayn Malik?

-Il nostro insegnante ha detto che ha una simmetria del viso perfetta.

-Non puoi rimanere con quei vestiti bagnati addosso.

-Abito lontano, perderei troppo tempo se tornassi a casa a cambiarmi- aprii lo sportello dell’auto per uscire, lui mi fermò per un braccio.

-Come te la cavi col disegno dal vivo? Se tu avessi un modello, sarebbe più facile?

Ero bravissima quando si trattava di disegnare dal vero, avrei impiegato la metà del tempo a finire il lavoro, ma dove potevo trovare un modello dal viso perfetto in così poco tempo?

-Sarebbe la soluzione ideale.

-Ho un amico che fa il caso tuo- mi disse il ragazzo mettendo in moto e ripartendo.

Che stavo facendo? Io, sempre così prudente e diffidente, ero in auto con un perfetto sconosciuto di cui avevo visto solo gli occhi che mi stava portando chissà dove. Per quanto ne sapevo avrebbe potuto essere un maniaco, un violentatore, un drogato, avrebbe potuto uccidermi e farmi a pezzi eppure mi fidavo di lui, c’era qualcosa nel suo sguardo che ispirava fiducia, che mi rasserenava.

Arrivammo di fronte ad una grande casa, scese a suonare il campanello, la telecamera del videocitofono inquadrò la nostra auto e il cancello si spalancò, quando arrivammo alla porta d’ingresso, la trovammo aperta.

-Josh, che sorpresa! Entra!- gridò una voce dall’interno.

Si chiamava Josh, un nome che significava “salvezza”: ancora non me ne rendevo conto, ma quel ragazzo stava per salvare non solo il mio esame, ma tutta la mia vita sentimentale.

-Ciao! E tu chi sei?- disse il padrone di casa porgendomi la mano.

-Irina- balbettai sconcertata dal trovarmi di fronte Zayn Malik in persona ricoperto solo da un asciugamano intorno ai fianchi.

Josh tirò giù la zip della tuta e finalmente potei vederlo in viso, a essere sincera mi colpì molto di più della visione precedente: era bellissimo, uno di quei ragazzi che in genere mi limitavo a guardare da lontano e con cui non avrei mai avuto il coraggio di parlare.

-Le ho rovinato il disegno per un esame e avrebbe bisogno di un modello per rifarlo.

-Certo- disse Zayn mostrandosi estremamente disponibile- ho il necessario nella stanza dei graffiti. Cosa ti serve?

-Un foglio e se li hai dei carboncini, altrimenti mi farò bastare una matita.

Ero davvero io che mi stavo rivolgendo con tanta disinvoltura all’idolo di migliaia di ragazzine, per altro seminudo?

-Ti preparo l’occorrente, ma intanto cambiatevi che siete zuppi- mi guardò e aggiunse- ti do degli abiti di Perrie, dovrebbero andarti bene.

-Impossibile, io sono così…

-Così come?- intervenne allora Josh- grassa? Te lo dicono gli altri o forse è una tua stupida convinzione?

Abbassai lo sguardo piena di vergogna e balbettai:

-Sì.

-Scommetto che nessuno ti ha mai detto che sei bellissima o speciale.

-Solo la mia famiglia o le mie amiche, ma loro non contano.

-Allora te lo dico io: sei bellissima!

Zayn guardò Josh che sembrava davvero convinto della mia avvenenza e mi sorrise, mentre mi porgeva un asciugacapelli e dei vestiti variopinti che fissai, perplessa.

-Non credo che mi staranno bene, non porto abiti così estrosi.

-Ti staranno benissimo- fece Josh, incoraggiandomi con un sorriso e Zayn disse:

-Ne sono convinto anch’io, puoi tenerli, Perrie ha l’armadio pieno di roba, anzi, mi fai un favore liberandomi un po’ di spazio.

Entrai nel bagno e la prima cosa che vidi fu un enorme specchio che mi costrinse a fissare il pavimento mentre mi vestivo; solo quando ebbi finito detti uno sguardo di sfuggita alla mia immagine. Voci del passato mi avevano definita simpatica, fresca, pazzerella, ma era vero che ero anche bella come diceva Josh? O era solo una frase di circostanza? Scoppiai a ridere: ero nel bagno di Zayn degli One Direction, indossavo gli abiti della sua eccentrica fidanzata e avevo appena incontrato un ragazzo in grado di farmi battere il cuore senza che neanche lo conoscessi.

Da fuori mi arrivò la sua voce.

-Sono contento di sentirti ridere, fallo più spesso, ridi, vivi la tua vita e sentiti magnificamente bellissima.

Era matto da legare, ma questo suo approccio alla vita mi piaceva da matti.

Uscii dal bagno e me lo trovai di fronte: indossava una maglia di Zayn che gli faceva da vestito e un paio di pantaloni della tuta a cui aveva dovuto fare più di una rimbocca.

-Hai visto che ti stanno benissimo?- mi disse, sistemandomi il colletto della camicetta- cos’ha Perrie Edward più di te?

-Me!- esclamò Zayn ridendo- sono pronto.

Indossava ancora l’asciugamano e decisi che l’avrei fatto mettere in posa come il David di Michelangelo, raffigurandolo ovviamente solo fino all’ombelico. Si prestò pazientemente a fare quello che avevo in mente: disegnare con un modello era molto più facile perché potevo girargli intorno e scegliere la luce più adatta. Impiegai quasi due ore, durante le quali Zayn stette fermo senza protestare; la mattinata trascorse piacevolmente tra battute di ogni genere.

Per la prima volta in vita mia, nonostante la situazione paradossale, mi sentivo a mio agio: era forse merito di Josh?

Ordinammo il pranzo, ma mentre loro si abbuffavano io sbocconcellavo un panino poiché ero impegnata con le sfumature e con le ombreggiature da perfezionare; Josh era incantato dalla mia abilità con la matita, ogni tanto smetteva di mangiare e si fermava a guardare il mio lavoro che stava prendendo forma.

-Mangia che devi crescere- lo scherniva Zayn, ma lui non lo sentiva nemmeno, ogni volta che alzavo gli occhi dal disegno lo trovavo che mi fissava.

Ci lavorai altre due ore, alla fine venne meglio di quanto sperassi.

-È perfetto- esclamai.

-Come te- disse Josh.

-Non è vero!

-Smettila con questa storia! Perché pensi di non essere bella? Sei bella a modo tuo: imperfetta, forse, ma bellissima e a me piaci.

-Voglio quel disegno- disse Zayn- salvandomi dall’imbarazzo in cui ero piombata.

-Sì, certo, dopo l’esame te lo farò avere. Sei stato così gentile da farmi da modello.

-Figurati, poi non avrei mai negato un favore a Josh: è come un fratellino per me.

-Sono più vecchio di te! Irina non preoccuparti, glielo darò io: non ho intenzione di perderti di vista.

Mi accompagnò all’Accademia, il professore rimase talmente impressionato dal mio lavoro, da convalidarmi direttamente il voto perché secondo lui un talento come il mio non aveva bisogno di ulteriori conferme.

Uscii dall’aula felice, ma diventai raggiante quando mi accorsi che fuori, appoggiato alla sua auto ad aspettarmi, c’era Josh con un enorme ombrello arancione in mano e un sorriso in grado di illuminare quella serata umida.

Non aveva ancora smesso di piovere sulla città di Londra, ma nel mio cuore si cominciava finalmente a rivedere il sole.

  
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