Anime & Manga > Yu degli spettri
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Autore: hinayuki    03/05/2008    1 recensioni
Quattro monili... una missione... una Tennyo...! Cosa succederebbe ai quattro ragazzi di Yu yu se, durante una missione per conto dei Koenma, finissero nel mondo reale..?
Chiara è una diciottenne che ama alla follia il manga di Yu degli spettri e più di una volta ha sognato di poter incontrare i suoi personaggi preferiti... E se... grazie a quattro oggetti e ad un'eclissi di luna il suo desiderio più grande potesse avverarsi? E se... grazie a ciò scoprisse che ciò che la circonda è diverso da come sembra?
Tutto ciò porterà i quattro Ragazzi e Chiara a scontrarsi con Demoni e situazioni di vita quotidiana. Passando per strane associazioni dirette da Angeli e creature fantastiche quali Elfi, Fate e Dee.
Riusciranno i quattro a tornare nel Loro Mondo? E siamo sicuri che sia desiderio di due di esse farvi ritorno?
Genere: Romantico, Fantasy, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hiei, Kazuma Kuwabara, Kurama, Nuovo personaggio, Yusuke Urameshi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 2 Just my imagination

 

Chiara se ne tornò a casa depressa per via della predica ricevuta la mattina a scuola. Arrivata gettò a terra lo zaino, e la giacca sul divano. Accese lo stereo e se ne andò in bagno a farsi una doccia. L’apparecchio mandava una musica dolce e rilassante... sembrava orientale. Uno dei tanti cd per fare yoga che sua sorella maggiore aveva dimenticato a casa, dopo che si era trasferita. Quella mattina aveva avuto anche educazione fisica e le faceva schifo aspettare fino a sera per lavarsi, quindi si spogliò velocemente ed entrò nelle vasca.
Sotto il getto d’acqua calda che le arrivava addosso, ripensò al sogno fatto quella mattina. Ormai non faceva altro che scervellarsi per capire chi fosse il “Lui” del suo sogno... niente, il vuoto più assoluto! Oltre tutto i discorsi, quelli si, che se li ricordava anche troppo bene, erano troppo sdolcinati per come era lei... eppure il sapore delle lacrime le tornò alla bocca.
Una volta che ebbe finito, si rifugiò in camera sua, in quella che lei amava definire la sua “tana”. Tutti le chiedevano come mai non uscisse molto spesso di casa e lei rispondeva sempre dicendo che lo faceva perché era pigra... la realtà era che stava bene da sola... era sempre cresciuta in solitudine.
Si lasciò scivolare addosso l’accappatoio per asciugarsi e ripensò al periodo delle elementari... si ricordava come una bimba alta, un po’ robusta, ma soprattutto permalosa... e questo era stata la sua croce. Era anche un po’ tontolona forse... sorrise. Era cresciuta sotto una campana di vetro, isolata dagli altri per paura di restare ferita... oltre tutto in quella casa era l’unica bambina, i suoi genitori lavoravano e tornavano tardi e lei era cresciuta con i nonni che, benché amandola con tutta la loro anima, non avevano proprio voglia di giocare con lei. Effettivamente non avevano tutti i torti visto che da piccola era la personificazione di un tornado. Andava dai lupetti, era vero, ma non servì a nulla al suo carattere. Aveva cominciato a fare pattinaggio, vero anche quello... e lì aveva imparato che il mondo dello sport è spietato e che dovevi difenderti come potevi dalle critiche e dai pettegolezzi. Aveva cercato di farsi delle amicizie, ma tutti si erano rivelati degli ipocriti ai suoi occhi..! Allora aveva deciso di rimanere da sola, fino alla seconda media, quando aveva tirato fuori la grinta e aveva cominciato a lottare per proteggersi e non farsi sottomettere... quando aveva conosciuto l’amicizia vera e sincera... e aveva imparato che anche i nemici, se capiti o presi per il verso giusto possono essere amici validi e preziosi. Il sorriso si allargò al ricordo dei bei momenti passati assieme. Quanta gente doveva aver vissuto le sue stesse esperienze? Tanta, probabilmente, eppure le veniva da pensare che nessuno avesse reagito come aveva fatto lei... chiudendosi in se stessa. Con un rifiuto spasmodico verso gli altri.
Mise velocemente un completino intimo, azzurro cielo, e indossò il pigiama. Non aveva fame, perciò non si mise nemmeno a cucinare. I suoi non sarebbero tornati prima di sei mesi, perché lei e sua sorella, assieme a nonni e zii, per il loro 35° anniversario di nozze, gli avevano organizzato uno di quei viaggi attorno al mondo fatto con crociere, voli e chi più ne ha più ne metta! Per lei era stata anche una comodità, perché così li avrebbe avuti fuori dai piedi fino agli esami di stato e avrebbe potuto studiare in pace senza il fiato di sua madre sul collo.
Si accoccolò nel letto, raggomitolata come un gattino e agguantò uno dei volumetti di Yu Yu Hakusho, il 19° e lo lesse con calma. I compiti li aveva già fatti durante le due ore di assemblea di classe tenutasi quella mattina. Cavolo quanto le piaceva quel manga! In sotto fondo la musica era cambiata, non riconobbe la canzone perché troppo concentrata, ma era lenta, dolce, stonava completamente con il fumetto che stava leggendo. Però la rassicurava. Il delicato sottofondo, la sua storia preferita, la quiete del primo pomeriggio... era tutto perfetto! Così perfetto che prese il sonno senza nemmeno accorgersene, abbracciando istintivamente un peluche a forma di drago che giaceva accanto a lei.

Il suono del telefonino la fece svegliare: il controllo giornaliero, il secondo, per l’esattezza! Sul display lampeggiava una busta chiusa. Aprì il folder ancora mezzo- addormentata e lesse il messaggio.
*Ciao amore! Siamo arrivati a Tunisi!^-^ Sembra una città molto carina… poi ti dirò! Ripartiamo tra tre giorni! Tua sorella ha detto che devi controllare la tua E-mail! Baci mamma!*
Sorrise con affetto e pensò a cosa rispondere. Anche se effettivamente non c’era una vera e propria domanda...iniziò a battere, ad una velocità assurda, sui piccoli tasti del cellulare.
*Ciao mamma! Qui tutto ok.*
Poi si bloccò non avendo più l’ispirazione. Avrebbe dovuto parlarle del sogno? No... era decisamente troppo personale e distorto. Ecco cosa doveva dirle!
*Ho preso 7 in biologia! Sono così contenta!^-^ Ora devo andare a fare la spesa! Poi passo anche dalla nonna! La mail la controllo quando torno a casa! Baci!*
Inviò e richiuse l’apparecchio. Si cambiò in furia e, infilandosi i pantaloni, inciampò su una scarpa buttata là, a casaccio, sul disordinatissimo pavimento della sua camera. Cadde sul letto tirandosi dietro tutta la pila di volumi che componevano Yu Yu. Si domandò tirandosi su e raccogliendo i fumetti. Li buttò sul letto, così alla buona, chiuse i jeans e infilò una maglia a caso: era di colore bordeaux. Mettendosi addosso il piumino e le scarpe in contemporanea, si catapultò fuori di casa. Nella tasca del giaccone trovò degli orecchini ed un pendente. Un regalo che i suoi zii le avevano portato dal loro ultimo viaggio, in Irlanda. I due orecchini erano rotondi, con tre sferette incastonate ciascuno. Una, su entrambi era quella incastonata al centro, era bianca come la neve, ma a seconda della luce assumeva riflessi azzurri e rosati. Mentre le altre erano: rossa e blu oltre mare, su quello di destra, e verde e arancio, a sinistra. Tutto attorno alle pietre c’erano degli sfregi che lei aveva identificato come rune celtiche. Ma la cosa che le piaceva di più era il ciondolo sulla collana. Era una spada, inconsueto per una ragazza, ma non per lei: adorava le armi. Questa era rosso scarlatto, con quattro gemme sulla lama, dello stesso colore di quelle sugli orecchini. E sull’elsa, di colore nero, con diverse diramazioni, che seguivano il filo, ne era incastonata una di colore bianco. Anche la spada aveva gli stessi solchi... chissà cosa significavano? Li indossò camminando, ormai ci aveva fatto l’abitudine, visto il suo essere perennemente in ritardo. Arrivata all’alimentari, che stava per chiudere, comperò solo lo stretto indispensabile per il pranzo e la cena di una sola persona. Pagò e si avviò verso casa con un bottino piuttosto misero.
Per strada notò il banchetto di un ambulante che all’andata non aveva visto. Non era da lei fermarsi a vedere la merce esposta sulle bancarelle, ma sembrava che qualcosa fosse entrato in risonanza con la sua anima. Si avvicinò e cercò l’oggetto che aveva attirato la sua attenzione: era un braccialetto. Era largo, troppo per i suoi polsi sottili. Osservò il proprietario, titubante, non sapeva se avrebbe dovuto contrattare il prezzo… cosa che lei non era assolutamente capace di fare!
< Ehm... scusi... posso vederlo meglio? > Chiese timidamente, indicando con un dito l’oggetto. L’uomo, sulla cinquantina, cappello calato in testa che faceva uscire solo qualche pizzo di capelli brizzolati, minuscoli occhialini da sole, che a quell’ora non servivano a nulla perché d’inverno, alle sette, di sole ce n’è come le orche nel mediterraneo, incastrati sul naso, strabuzzò gli occhi e la giovane non ne comprese il motivo. Poi sorrise ed annuì.
< Certo, bambina, fai pure. > Quando vide il bracciale che la ragazza aveva preso in mano si meravigliò. Mentre lei lo studiava con ammirazione. Era in argento, a giudicare dal peso e dalla lucentezza. Pareva realizzato dalla stessa mano che aveva fabbricato i suoi orecchini e la collana, tutti e tre rigorosamente nascosti dallo sciarpone, che aveva trovato nella manica della giacca, mentre la indossava. Anch’esso aveva le stesse rune incise e le stesse pietre incastonate. Oltre tutto le rune c’erano anche all’interno, il che aumentava il mistero.
< Davvero ti interessa quello? > Domandò l’ambulante finché la osservava rigirarselo tra le mani. Lei fece “Sì” con la testa.
< Hai davvero buon gusto...- cominciò l’uomo-... quello è un bracciale molto raro e prezioso, ne esistono solo due esemplari al mondo! > La informò soddisfatto ed entusiasta. Chiara lo fissò depressa, mentre rimetteva il monile al suo posto.
< Deve essere molto costoso, allora... > Valutò, senza distogliere lo sguardo dall’oggetto.
Non voleva proprio arrendersi e lasciarlo là.
< Sì! > Disse portandosi una sigaretta alla bocca ed accendendola. La ragazza iniziò a tossire. < Ti dà fastidio il fumo? > Domandò, allora, un po’ in pensiero. La giovane scosse il capo, tanto dopo pochi minuti avrebbe dovuto allontanarsi comunque, perché era davvero tardi, ma voleva prima sapere quanto costava.
< Sai..? Esiste una condizione per averlo gratis...- le rivelò con un ghigno furbo- ...bisogna trovare i suoi gemelli. > Le spiegò misterioso facendo il numero tre con le dita. Lei lo osservò tra l’incuriosito e l’attonito. Voleva saperne di più, ma allo stesso tempo non sapeva se fidarsi.
< Sono dei monili che hanno incastonate le stesse pietre e incise rune identiche a quelle sul bracciale... > Continuò mentre aspirava dalla sigaretta, facendo finissimi filetti di fumo nell’aria. Lei lo guardò con un sopraciglio alzato.
< Se già e costoso questo... figuriamoci gli altri pezzi… > Osservò lei abbattuta, ripensando alle sue scarse finanze. Non ricordandosi degli oggetti che indossava.
< Ehe...- sogghignò l’uomo, poi continuò- sai perché sono così preziosi?- Le chiese retorico, la risposta era ovvia - c’è un’antica leggenda che li lega! > Bisbigliò, suscitando così l’irrefrenabile fantasia di Chiara.
< Quale? > Le venne spontaneo domandare con gli occhi a forma di stellina, che le brillavano. L’uomo afferrò il bracciale e le fece vedere le rune, sorridendo compiaciuto.
< Si dice che queste siano un’antica formula magica celtica... ed in un determinato periodo dell’anno, se entrano in contatto tra loro... spalancano le porte di un altro mondo! > Le raccontò spalancando le braccia per enfatizzare la magnificenza della cosa. Poi scoppiò in una fragorosa, quanto sguaiata, risata. Specie dopo che la giovane si era lasciata sfuggire un”wow” ammaliato, senza nascondere una certa dose di ammirazione sul volto. Effettivamente faceva strano che una ragazza di 18 anni si interessasse di certe cose, ma lei era fatta così. Assunse un piccolo broncio quando pensò di essere stata letteralmente presa in girò. L’ambulante, allora, si zittì e la guardò con dolcezza.
< Scusami, bambina... è che sei la prima persona che si ferma qui… dopo chissà quanti anni… > Si affrettò a discolparsi lui, mentre il suo volto diveniva una maschera di tristezza e malinconia. Per la ragazza quell’uomo era un vero e proprio mistero...
< Come mai..?- Chiara osservò gli splendidi oggetti esposti- eppure queste cose sono stupende! > Affermò con convinzione e con un sorriso luminoso. L’uomo la guardò grato.
< Beh… perché non tutti… > Fece per spiegarle, ma un fatto straordinario li fece zittire entrambi. Spostarono i loro sguardi sul bracciale che aveva iniziato a brillare. Più che altro era la gemma posta al centro, abitualmente bianca, che emanava una luce nera, fortissima. Sembrava come se fosse entrata in sintonia con qualcosa. L’ambulante sposto i suoi occhi sulla ragazzina. Uno degli orecchini era spavaldamente uscito dalla sciarpa, e anch’esso emanava luce. Il monile appoggiato sulla bancarella si alzò di qualche centimetro da questa ed andò ad attaccarsi al polso della giovane, emettendo un sonoro “stok” quando si chiuse attorno a quello che pareva aver deciso essere il suo posto. Mentre lei guardava la scena con gli occhi sbarrati, il cinquantenne sorrideva, era soddisfatto di qualcosa. Ora anche l’altro orecchino e la spada si erano fatti vedere, rilucenti, uscendo dai loro nascondigli, per via di un gesto un po’ brusco della ragazza che aveva cercato di ritrarsi a quel bracciale incantato.
< Beh... è tuo! > Disse dolcemente l’uomo.
< Davvero… davvero posso? > Chiese attonita, perché era successo tutto quello? Ma soprattutto… perché la gente attorno non aveva visto nulla? L’ambulante le annuì.
< Pare che abbia deciso da solo dive vuole stare...! Ha trovato i suoi fratelli! > Le spiegò sorridendole con affetto e stringendole la mano.
< Grazie! > Disse lei sfoderando uno dei suoi sorrisi più belli vivaci. Il cellulare le squillò nella tasca dei jeans. Lei lo prese velocemente e accettò la chiamata.
< Grazie e arrivederci! > Disse mentre si allontanava, senza provare nemmeno a protestare… ma soprattutto: senza accorgersi che il banchetto scompariva, pian piano, nel nulla.
Yu yu Hakusho’s world:
< Miseriaccia…- commentò un ragazzo- nemmeno mentre siamo in vacanza ci lascia in pace, quel maledetto di un Koenma! > Aveva i capelli neri, non particolarmente lunghi, tirati in dietro con il gel, anche se nonostante tutto alcuni ciuffi gli ricadevano antipaticamente sulla fronte. Addosso aveva una felpa bianca, con un puma argentato che saltava, disegnato, e sotto un paio di jeans tutti strappati.
< Non lamentarti, Urameshi... > Commentò uno spilungone dai capelli arancio, ricci, pettinati in maniera che sembrassero una “banana”. Era alto, e superava decisamente il metro e novanta. Indossava una felpa blu con delle strisce bianche e nere sulle spalle, anche lui con i jeans, larghi e un po’ scoloriti.
< Io sono stato buttato giù dal letto da mia sorella che era stata avvisata da Botan. > Gli spiegò con un sospiro rassegnato, ripensando al suo letto caldo e al suo piumino e poi...
< Di solito è Yukina a svegliarmi con il suo dolcissimo sorriso! > Continuò con gli occhi a forma di cuoricino, affiancando il primo ragazzo, mentre dietro di loro un giovane dai capelli rossi, un po’ spettinati, lunghi fino a metà schiena, cercava di placare le ire di un quarto, dai capelli neri sparati all’in su, così da sembrare una fiammella nera; la frangia sembrava un pompon dai riflessi bianchi. Il ragazzo dai capelli in gelati lanciò un’occhiata preoccupata alle sue spalle.
< Io, a quello, taglio la lingua! > Aveva affermato a denti stretti quello con i capelli scuri.
< Dai, Hiei, calmati! In fondo Kuwabara è l’unico che non sa nulla... > Gli spiegò il rosso. Hiei gli lanciò uno sguardo eloquente come mille parole e più affilato di mille lame.
< Non me ne frega nulla, Kurama! > Ringhiò a bassa voce. Kurama sudò freddo, fortunatamente lo spilungone pose a Yusuke la domanda che ronzava in testa a tutti loro.
Aveva un grosso punto di domanda che gli aleggiava al lato della testa.
< Kuwabara ha ragione, Yusuke..! A quel che so, negli ultimi tempi, i problemi con il mondo dei demoni, erano completamente risolti! > Aggiunse Kurama togliendo il maglione che indossava. Era appena tornato al suo appartamento, dopo una notte di bagordi con dei colleghi, ed aveva ricevuto la chiamata dello spilungone. Essendo ancora minorenne non aveva toccato alcol, ma gli altri sì, ed ora puzzava in maniera assurda. Addosso aveva una camicia bianca e dei pantaloni neri, non esattamente casual.
< Anche gli umani non si perdono più nel mondo dei demoni... la squadra di sorveglianza ha il latte alle ginocchia! > Spiegò Hiei, anch’egli membro di quella pattuglia, visibilmente arrabbiato perché si annoiava a morte non avendo nulla da fare. Al contrario del solito portava una maglia a maniche lunghe, bianca; non mancavano però gli inconfondibili pantaloni, larghi sopra, che si stringevano da metà polpaccio fino alle caviglie.
Yusuke scoppiò in una risatina isterica, portandosi una mano dietro alla testa.
< Effettivamente non gli ho dato il tempo di spiegare... ero talmente arrabbiato perché... > Si bloccò con la bocca aperta per poi mordersi la lingua.
< Ehm... > Gli altri tre lo guardarono attoniti mentre arrossiva come un gambero. Il ragazzo dai capelli arancio lo prese braccio-collo e gli si avvicinò all’orecchio.
< ...eri lì lì con Yukimura, vero? > Gli domandò con un sorriso sardonico. Il giovane arrossì fino alla punta delle orecchie, si avvicinò all’orecchio dell’altro coprendo la conversazione con la mano.
< ...non è che, con Keiko, fossimo "lì lì"... ci eravamo appena addormentati... > Gli spiegò. Questa volta fu l’altro a diventare paonazzo. Scoppiò in una fragorosa risata che l’amico cercò di zittire. Kuwabara gli strinse la testa con un braccio e con la mano libera prese a sfregargliela energicamente, mentre quello cercava di liberarsi. Kurama e Hiei li fissavano interdetti, ma potevano immaginare cosa fosse successo. I loro sospetti furono confermati dall’urlo del giovane dai capelli arancio.
< Urameshi, vecchio volpone! > Il ragazzo dai capelli rossi si mise a ridere allegro. Era da tanto che non si trovavano tutti e quattro. Quelle scenate gli erano mancate.
Anche il demone che gli stava di fianco sorrise. Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma era dello stesso umore del compagno di squadra.
Una scossa di terremoto sciolse quel quadretto idilliaco, facendo tremare in maniera spaventosa il corridoio in cui stavano.
< Miseriaccia... ma perché mi sembra di aver già vissuto una scena come questa? > Chiese più a sé che agli altri Yusuke, mentre iniziava a correre seguito a ruota dagli amici.
Qualcosa gli suonò nella tasca dei pantaloni. Era l’immancabile specchietto rice-trasmittente, che gli aveva dato Botan, quando era diventato detective del mondo degli spiriti, e che portava con sé in tutte le missioni. L’unica cosa che gli permettesse di comunicare con esso. Lo aprì velocemente senza smettere di correre e sulla schermata apparve l’immagine di un bambino. Aveva gli occhi chiusi, il viso incredibilmente rotondo e l’immancabile ciucciotto alla bocca. Insomma, il solito Koenma! Stranamente non portava il cappello, ma non era una cosa da considerarsi rilevante.
< Yusuke, finalmente ti sei deciso a rispondere! > Era arrabbiato, da come aveva urlato era davvero infuriato.
< Deficiente! Perché prima mi hai sbraitato dietro parole incomprensibili e poi hai riattaccato la cornetta? > Continuò a gridare come un ossesso.
< Non sono fatti tuoi, marmocchio!- rispose a tono- piuttosto dimmi cosa dobbiamo fare!? > Chiese mettendo in bella mostra il dito medio. Tutti lo guardarono sullo sconvolto spinto... Koenma doveva averlo fatto imbestialire sul serio, quella mattina... però, effettivamente, potevano capire perché il loro amico si comportasse così. Il principe del mondo degli spiriti riprese la calma, sapendo di non avere chance contro un Yusuke in quello stato.
< Dovete recuperare quattro gioielli! Sono stati rubati ad una Tennyo( Dea celeste), da quattro demoni... senza di quelli non può più tornare su questo mondo! > Spiegò il succo della missione. Poi assunse un’aria molto accigliata.
< Dovete fare al più presto... se trovassero il modo di usarli si scatenerebbe una catastrofe che coinvolgerebbe non solo il nostro mondo, ma an... > La trasmissione si interruppe proprio quando arrivarono in una grande sala. Era spoglia e deserta, ma soprattutto non c’erano altre porte oltre a quella da dov’erano venuti. Questa si richiuse dietro di loro con un sonoro tonfo e divenne dello stesso colore, ocra, delle pareti confondendosi e mimetizzandosi con esse.
< Argh...- si lasciò sfuggire Kuwabara non poco preoccupato- ma perché sempre a noi? > Chiese urlando con una faccia tra lo stravolto e il rassegnato.
< Dovresti saperlo ormai... se non volevi venire potevi benissimo restartene a casa… > Disse arrogantemente Hiei. Non riuscivano proprio a prendersi, quei due.
< Cosa hai detto, nanerottolo? Io sono il vero uomo, non potevo restarmene a casa con le mani in mano! > Sbraitò l’offeso afferrando il compagno di (dis)avventure per il colletto della maglia, pronunciando la frase che, ormai, era divenuta il suo slogan.
< Hiei, Kazuma, datevi una calmata! > Li richiamò Kurama con il sangue freddo che lo contraddistingueva indirizzando loro uno sguardo tagliente.
Yusuke stava ancora litigando con l’unico collegamento con il Reikai, che gli era morto tra le mani. Lo stava scuotendo energicamente in aria, non si sa bene con quale scopo.
< Porcaccia...- urlò scaraventandolo, in fine, a terra- se non coinvolgesse solo il nostro mondo che altri mondi potrebbe coinvolgere? > Espresse il suo dubbio ad alta voce.
< Beh... per esempio il mondo dei demoni… > Suppose Hiei pacato, ignorando completamente il ragazzo dai capelli arancio che lo minacciava di morte da dietro e gli faceva gli sberleffi.
< Infatti, non sarebbe la prima volta... > Aggiunse il giovane dai capelli rossi. Poi si prese un attimo di tempo per riflettere. C’era qualcosa che non gli tornava.
< Però mi sembra strano tutto questo allarmismo... > Spiegò
< Già... se fosse come le volte scorse... ci avrebbero semplicemente mandato allo sbaraglio... > Commentò Kuwabara. Tutti annuirono. Non sapevano di aver commesso un grave errore di valutazione. Un’altra lieve scossa li allarmò. Tutti e quattro si misero schiena contro schiena per avere una visuale completa del luogo e non lasciare angoli morti.
Hiei si sfilò la consueta fascia, lasciando libero anche il suo terzo occhio, per individuare eventuali pericoli dall’alto. Ognuno sfoderò la propria arma, i muscoli tesi, pronti a scattare.
Sulle pareti della sala si aprirono delle specie di finestrelle dalle quali cominciò a fluire dell'acqua.
< Vogliono annegarci..? > Domandò Yusuke, un po' deluso, guardando il liquido che saliva velocemente di livello. Gli era già arrivato alle ginocchia.
< Vabbeh, che ti importa? Tanto sappiamo nuotare tutti quanti, no? > Suppose Kuwabara, ma un "Ugh..." lo smentì. Tutti si voltarono a fissare chi lo aveva pronunciato. Hiei, il diretto interessato, li fulminò con lo sguardo.
< Non è colpa mia se nessuno si è mai preso la briga di insegnarmelo... > Spiegò stizzito. Era un demone di fuoco, perciò era natura che non amasse l'acqua... oltre tutto quella che gli arrivava addosso era ghiacciata.
< E comunque... a poco serve saper nuotare...- lo appoggiò Kurama- se devono annegarci, riempiranno completamente la stanza. > Disse rivolgendosi allo spilungone e frantumando la speranza generale. Il ragazzo dai capelli rossi, quando si metteva, sapeva veramente essere tremendo.
Kurama si caricò l'amico in spalla, non badando alle sue proteste. Gli serviva in forze, non come cadavere. Quando il liquido fu arrivato al collo di Kuwabara, che tra loro era il più alto, cessò di salire e le finestrelle da cui sgorgava si richiusero, lasciandoli là, a mollo come dei biscotti.
< Embeh...?- Fece Yusuke spaesato- non volevano annegarci? > Chiese, rivolgendosi al giovane con i capelli arancio, esasperato. Questo scrollò le spalle per mostrargli che capiva quanto lui. Le loro missioni diventavano sempre più strane.
< Meglio così! > Disse ridendo, mentre dava il cambio a Kurama con il demone di fuoco.
< Mettimi giù! > Protestò quello con maggior vigore. Con Kurama non aveva avuto il coraggio di protestare troppo, visto che, conoscendo la sua forza, effettivamente un po' lo temeva... ma a Kuwabara avrebbe tagliato volentieri la testa. Spostò il suo sguardo sull'amico che cercava di riprendere fiato: non doveva essere facile galleggiare con un peso sulle spalle. Si zittì.
Alzò la testa e valutò la distanza tra loro ed il soffitto. Sguainò la spada e la lanciò conficcandocela. Lanciò uno sguardo a Kurama che comprese subito le intenzioni del compagno di squadra. Annuì e sfoderò la rose whip(Frusta di rose) e fece si che si agganciasse all'elsa dell'altra arma. Presero a issarvisi come si fa sulla fune, mentre, dall'altra parte del salone, si apriva una porta, sopra il livello dell'acqua. Da essa uscirono quattro demoni... se così si potevano definire. Tutti avevano un corpo umano, mentre le loro teste erano di animali: ippopotamo, coccodrillo, aquila e sciacallo. Sembravano delle divinità egizie.
< Dunque sareste voi i nostri avversari? > Chiese Hiei, irritatissimo. Non gli piacevano i liquidi troppo freddi... ed ancora meno gli piacevano i demoni semi-antropomorfi che lo costringevano a bagnarsi con essi. Ergo: aveva una gran voglia di far fuori quei tizi!
Aumentò di colpo la sua aura ed i suoi amici capirono al volo le sue intenzioni, fin troppo chiare. Si gettarono in acqua ed aspettarono per immergervisi completamente. Tolse i sigilli che portava sul braccio destro e sciolse le bende che lo coprivano, mostrando così il tatuaggio di un drago. Questo gli partiva da poco sotto la spalla e arrivava al dorso della mano, attorcigliandosi attorno all'arto. Era di colore nero e risaltava sulla pelle, ora di colore verde, del demone. Utilizzando i suoi poteri, Hiei immobilizzò i suoi avversari. Sul suo corpo erano apparsi una ventina di occhi di colore viola, che servivano ad amplificare i suoi poteri. Una forza nera lo avvolse e si concentrò sul braccio con il tatuaggio. I suoi compagni di squadra presero un bel respiro e si immersero velocemente.
< Ensatzu Kokuryuha!(Trad.onda della fiamma fatale del drago nero) > Pronunciò a voce alta. Un dragone di fuoco partì dal braccio destro che aveva teso davanti a sé. Questo andò dritto a colpire i demoni, inermi, incenerendoli all'istante.
< Sei sempre il solito esagerato! > Gli urlò Yusuke, meritandosi un'occhiata obliqua da parte dell'interessato. Li aveva eliminati senza che loro dovessero muovere un muscolo e gli avanzava anche di lamentarsi!
< E se avessero avuto addosso quei maledetti oggetti? > Gli chiese Kurama, appoggiando l'ex-detective, questa volta. Stavano nuotando verso la porta.
< Sai chi se ne frega..? > Gli rispose il demone. A lui interessava fare fuori quei ladri(come se lui non lo fosse stato...), nulla di più. Salirono nella piazzola e trovarono sul pavimento quello per cui erano stati convocati. Effettivamente erano i gioielli di una Tennyo, sarebbe stato quasi impossibile che fossero stati distrutti da un'aura demoniaca. Erano due orecchini, un bracciale ed una collana,argentati.
Davanti a loro c'era un muro. Nessuna via d'uscita, dunque. Uno dei monili prese a fluttuare e si diresse verso Hiei. Era il bracciale. Il demone, ancora aggrappato alla rose whip cercò di scacciarlo e per tutta risposta quello gli si chiuse attorno al polso sinistro, emettendo un forte "stak".
< Argh! Toglietemi sto coso di dosso! > Gridò tra l'isterico e l'assonnato. Tutti scoppiarono a ridere allegramente, consci del fatto che lui non indossasse oggetti del genere, a parte le due pietre hiruy che portava sempre al collo.
< Muoviamoci ad uscire!- suggerì Yusuke tra una risata e l'altra- quello potrebbe prendere il sonno da un momento all'altro! > Ed indicò l'amico, appeso con le ultime forze alla liana improvvisata. Sapeva bene che, in quella tecnica, l'inconveniente peggiore era che prosciugava tutte le energia di chi evocava e che questo doveva dormire per un po' per ricaricarsi. Ne aveva avuto dimostrazioni pratiche più di una volta.
< Sì... hai... > Kuwabara non ebbe il tempo di finire la frase che sentirono un tonfo nell'acqua. Evidentemente il demone aveva preso sonno prima del solito.
< Appunto... > Sospirò Kurama. L'amico dai capelli neri, per i quali il gel, ora era solo un ricordo, gli si rivolse.
< Kurama, tu cerca un modo per farci uscire da qua. Io vado a raccattarlo...! > Lo incaricò, mentre afferrava uno degli orecchini e mettendoselo in tasca si rituffò nel liquido. Il giovane annuì e dopo aver afferrato la collana ed averla indossata per non perderla, iniziò a perlustrare l'antro per trovare una qualsiasi leva, un qualsiasi pulsante, qualsiasi pietra un po' smossa che potesse attivare un qualsiasi meccanismo. Dopo un accurato esame non trovò nulla. Kuwabara lo aveva osservato, senza muoversi, durante tutta la ricerca per paura di disturbare l'amico, che ora pareva essere un po' irritato. Come ci erano arrivati la quei tizi? Si erano teletrasportati? Impossibile!
< Kurama, serve una mano? > Chiese facendo un passo in avanti. Pessima mossa! Schiacciò una pietra che sporgeva leggermente. Due botole vennero aperte: una sotto di lui e il rosso e una sul fondo della sala. Tutti e quattro caddero nel vuoto.

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Real world
Chiara tornò a casa a pezzi, quella notte. Anzi quella mattina, visto che erano le tre. Era uscita con degli amici e visto che era sabato ne aveva approfittato e si era permessa di rientrare più tardi del solito... ma non pensava che avrebbe rincasato così tardi. Quella notte c'era stata una splendida eclisse di luna ed erano andati a casa di uno di loro per fare baldoria e osservarla. Si Fermò a contemplarne la fine, davanti al condominio dove viveva. Sospirò ammirata, quando anche una stella cadente solcò il cielo. Non espresse desideri. Non ci creddeva. Però...
Cercò le chiavi di casa nella borsetta. Le trovò e le infilò nella serratura, facendola scattare. Entrò in casa e si richiuse la porta alle spalle e diede due mandate. Non si fidava. Non avrebbe mai voluto trovarsi degli sconosciuti in casa... infatti, ebbe una bella sorpresa quando, entrata in camera e accesa la luce si trovò davanti quattro ragazzi, apparentemente, privi di sensi. Uno di questi, quando la luce lo colpì, spalancò gli occhi.
< Waaah! > Gridarono all'unisono. Gli altri tre si svegliarono e uno di questi le si avvicinò e le tappò la bocca. Mettendosi il dito indice davanti alle labbra le fece segno di tacere. Quando si allontanò la ragazza li studiò attentamente, evidentemente spaesata.
< E voi che ci fate qua?! > Domandò allontanandosi e trovandosi con le spalle attaccate al muro che le stava dietro.

It was just my imagination
There was a time I used to pray
I have always kept my faith in love
It’s the greatest thing from the man above
The game I used to play
I’ve always put my cards upon the table
Let it never be said that I’d be unstable
(Era solo la mia immaginazione
C'era un tempo in cui ero solita pregare
Ho sempre confidato nell'amore
E’ la cosa più straordinaria per qualsiasi uomo
Il gioco a cui ero solita giocare
Ho sempre messo le carte in tavola)
Non lasciate che si dica che sono volubile)
Just my imagiantion by Cramberries

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