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Autore: lapervincachescoppietta    29/11/2013    2 recensioni
Dal prologo.
Era l’unica ormai,dove la tecnologia predomina, era l’unica che credeva ancora nel valore dei libri; era l’unica che andava nei negozi d’epoca per comprare dei pezzi di carta che per lei erano come un tesoro.
vi ho un pò incuriosito? Allora leggete!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ringrazio Tommochan per aver recensito tutti i capitoli. Questo capitolo è abbastanza lungo, incontriamo un altro personaggio e capiampo un pò il carattere di Willow, spero che vi piaccia, 
un bacio grande grande,

Pervi_




Lasciò il libro a metà, aperto sopra la poltrona. Spense la luce della biblioteca e si diresse verso la sua stanza.  Si avvicinò alla scrivania e spinse il bottone che apriva il cassetto segreto; lì dentro ci teneva le cose che sua madre le aveva lasciato, un orologio che si teneva al collo, un anello e una mappa del mondo di oggi dove era evidenziato un punto preciso nella vecchia America del Nord.  Era posizionato a pochi Kilometri dalla casa di sua zia. Quell’anno era ancora indecisa sull’andare a trovarla o no, ma in fondo era una delle persone più vicine a sua madre e a suo padre. Inoltre, ci andava spesso con suo fratello e passavano le giornate al lago insieme a loro madre e loro zia. Tutto questo fino alla scomparsa del ragazzo.
Forse non le avrebbe fatto male rivivere quei ricordi. Aveva l’età per poter viaggiare da sola, quattordici anni, poi quella donna era sempre sola. Sarebbe partita, avrebbe preso il biglietto per il treno e fatto i bagagli la sera stessa.  Cominciò mettendo dentro i vestiti e I-Pod, non si poteva leggere in treno, ma almeno ascoltare la musica si. Proprio mentre metteva dentro la valigia le ultime cose suonò la campanella che segnalava la cena.
Scese le scale tranquillamente come se si fosse tolta un peso, si sentiva leggera. Quando raggiunse la cucina si accorse che i suoi fratelli stavano già mangiando. Si sedette sullo sgabello e davanti a lei c’era una zuppa calda, adatta a quel clima gelido.
-Ho visto che sei stata tutto il pomeriggio con quel ragazzo, Jonathan mi pare; tempo sprecato? – Chiese d’un tratto Willow, rompendo il silenzio che si era creato.
-E’ simpatico, un po’ pieno di se a volte, ma non è male. Ha dei bellissimi occhi. –Disse con voce svogliata.
-Altro che occhi, è l’ideale di ragazzo perfetto, che capelli, se a te non interessa me lo prendo io! – Esclamò lei.
-Sei sempre la solita Will, tu hai diciassette anni mentre lui ne ha quattordici appena compiuti, fai sempre così, trovati uno della tua età! –
-Sei gelosa Daki? A me vanno bene di qualsiasi età; l’importante è che siano carini. –
-Cambiando discorso, ho deciso che quest’anno vado dalla zia, ho prenotato un biglietto per domani alle cinque così non perdo la scuola e poi basta che lo diciate ai miei insegnanti. –
-Potremmo venire anche noi, gli anni scorsi ci andavi sempre con mamma e James, quest’anno potremmo venire a trovarla anche io e George, non credo che le dispiacerebbe. –  No, quel momento era solo suo, di sua mamma e di suo fratello.
-Non vi riconoscerebbe, ha una memoria selettiva, diciamo,  si ricorda solo delle persone che vede spesso. – Forse era stata scortese ed egoista, ma non voleva condividere quel momento con nessuno.
-Se non vuoi che veniamo basta dirlo, tranquilla non ci offendiamo. – Non sembrava fosse offesa.
-Non intendevo dire questo … - Cominciò Dakota.
- Io ho finito, non ce la faccio ad ascoltarvi, siete una peggio dell’altra, mi chiedo come faccio a sopravvivere con voi due nella stessa casa, non fate altro che lanciarvi frecciatine; per ritornare al vostro discorso, io e Willow quando voi eravate a casa della zia, andavamo insieme a papà a casa della zia Paris, quindi smettete di fare così, se tu non vuoi che veniamo è indifferente, noi andiamo dall’altra zia.  Io vi saluto, sorellina .. – Disse rivolgendosi a Dakota. – Sorellona. – Uscì dalla sala sbuffando, raramente era così schietto. Non parlava praticamente mai, quelle poche volte che lo faceva le sgridava, ma non contava niente, loro ricominciavano subito a litigare.
-Bé, almeno gli abbiamo fatto dire qualcosa, no? –  Disse d’un tratto Willow, rompendo il silenzio.
-Lascia stare Willow. – Dicendo questo uscì dalla stanza non avendo neanche finito il suo piatto.
Corse di sopra,in camera sua,  i ricordi di suo fratello erano riaffiorati; non le dava fastidio piangere, almeno che fosse dentro una stanza chiusa e insonorizzata. Piangeva e piangeva, James era il suo unico pensiero, il suo fratellone, con le guance rigate di lacrime si avvicinò al cassetto dove teneva le cose di sua madre, in uno scomparto sotto c’erano le cose di suo fratello, il suo libro preferito, un disegno che gli aveva fatto lei e infine una versione più moderna della cartina di sua madre; si avvicinò alla valigia e infilò in una tasca segreta le due cartine. Era bello pensare di andare in un posto senza problemi, per vivere nuovi ricordi.
Decise che era ora di dormire, si avvicinò al letto; Kira aveva cambiato il copriletto e il lenzuolo, erano azzurri. Si stese e premette il pulsante che faceva alzare il letto da terra; si addormentò così, cullata dal movimento del letto e dai ricordi che si susseguivano nella sua mente.
La mattina dopo si alzò in fretta, per colazione mangiò un pezzo di pane al volo; la scuola per una volta non fu noiosa come al solito, quindi passò in fretta.  Il pomeriggio prima di partire lo lasciò in biblioteca; stava rimettendo a posto i libri, in quel momento aveva in mano il libro che Jonathan aveva letto il giorno prima, da una delle pagine uscì un bigliettino, quando Dakota lo raccolse vide cosa c’era scritto sopra, un semplice numero telefonico e due righe dove diceva di chiamarlo. Prese il suo cellulare e digitò il numero.
“Pronto? Chi parla? “ Rispose lui, la sua voce era bellissima anche al telefono.
-La ragazza a cui hai chiesto di chiamarti. –
“Scusa Dakota, non ti riconoscevo, ti ho chiesto di chiamarmi per sapere se fai qualcosa in questi giorni. “
-Vado a trovare mia zia, perché? –
“ Volevo invitarti a stare con noi al mare, ma se non puoi ci vediamo quando torni, ciao! “
-Aspetta! – Non le aveva neanche dato il tempo di rispondere, ma non aveva il tempo di richiamarlo, doveva andare in stazione. Recuperò la sua valigia e la borsa, salutò i suoi fratelli, tralasciando Kira; salì sulla moto che le aveva regalato la madre e si diresse verso la stazione; ormai era diventato un rito, osservare la città quando si parte, non aveva niente della Londra vittoriana descritta nei libri, era più la città futuristica dei libri di fantascienza. Le enormi vetrate da cui si intravedevano gli schermi piatti delle televisioni, le auto futuristiche che viaggiavano senza ruote.; questa era la sua città, ma che per fortuna, lei la stava per lasciare.
Si ritrovò davanti alla stazione, si sentiva solo il rumore della folla, i treni non producevano alcun suono, scorrevano silenziosi sulle rotaie. Dopo aver timbrato il biglietto salì sul treno al binario 8, salì al secondo piano, amava vedere i paesaggi scorrere dall’alto. Si sistemò comoda, prese I-Pod e mise su una canzone rilassante. Piano piano le sue palpebre si abbassarono mentre il cervello lentamente si spegneva …
-Ciao! – Una voce la riscosse da quello stato di dormiveglia in cui stava entrando.
-Ciao! – Rispose lei con voce stanca.
-Come ti chiami? – Il ragazzo sembrava avere circa la sua età, aveva degli occhi castano chiaro con straordinari riflessi azzurri, i capelli erano anch’essi castani.
-Dakota, piacere. – Disse mentre gli stringeva la mano.
-Jake, piacere mio, dove sei diretta? – Forse era un po’ invadente.
-Vado a trovare mia zia, e tu? –
-Dove mi porta il vento, volevo viaggiare e sto realizzando il mio sogno. –
-Dov’è la tua valigia se vuoi viaggiare? –
-Ho dei soldi e questo mi basta, non mi serve altro. –
-Un sognatore o un viaggiatore? –
-Sognare è proibito, non lo sapevi? –
-Perché dici questo? Sognare non è proibito, è una delle poche cose che ancora non lo è. –
- Mio fratello è scappato per poter sognare, io non posso, come si chiama tua zia? Conosco abbastanza bene questa città. –
-Mary Jane Tarris, è la sorella di mio nonno.- In quei bellissimi occhi passò un guizzo, che si spense subito.
- La conosco, è una brava donna, a lei piace sognare, parla spesso di te e anche di un tuo fratello, ma non lo vedo qui. Non c’è? – Che domanda innocente per lui quando per lei non era altro che un dolore in più.
-E’ scomparso, molti anni fa, è strano che mia zia ne parli ancora. –
-Mi dispiace, ti capisco, hai voglia di parlarne? A me aiuta parlare di mio fratello. – Era carino e simpatico quel ragazzo.
-Si chiamava James, io, lui e mamma venivamo a trovare la zia ogni anno; passavamo le giornate al lago e ci divertivamo, eravamo la classica coppia fratello maggiore e sorella minore, lui mi proteggeva e mi coccolava, gli volevo molto bene, probabilmente più di quanto ne volevo ai miei genitori o agli altri due miei fratelli. Era un bel ragazzo, capelli biondi e occhi che cambiavano colore secondo la luce, piaceva a tutte, ma spesso i suoi magnifici occhi erano rivolti verso di me, che gelosia provavano le altre, che invidia. – Gli occhi diventarono lucidi e la sua voce si incrinò. – Lui voleva la sua sorellina di cinque anni, le faceva fare le giravolte in aria e le dava il bacio della buonanotte. Lui era speciale. – Lui le sorrise, un bel sorriso, di quelli rassicuranti.
-Va meglio? – Chiese ad un tratto, lei si riscosse da quello stato di beatitudine in cui era entrata grazie al suo sorriso; stava meglio, l’aveva aiutata sfogarsi, anche se con uno sconosciuto.
-Si, in effetti si.  E invece tu? Vuoi parlare di tuo fratello? –
-Non ne ho bisogno, l’ho già superata. – Non poteva fare così.
-Non è giusto, io ti ho parlato di mio fratello e tu non mi parli del tuo? Così non è proprio equo. – Disse con tono scherzoso.
- Non abbiamo il tempo, siamo quasi arrivati alla tua fermata, almeno che tu non voglia restare ancora un po’ con me. – Voleva, ma potere e volere sono due cose diverse.
-Scendi con me, dici che vai dove ti porta il vento, se il vento ti portasse qui? –
-Allora scenderei con te, se ti fa così tanto piacere. –
-Prendo la valigia e poi ti raggiungo, ci vediamo tra poco. – Andò nello scompartimento dove si mettevano i bagagli e recuperò il suo, ma quando tornò al suo posto vide che il ragazzo se n’era andato, eppure sembrava simpatico. Fece spallucce e uscì dal treno. La stazione era sempre la stessa ogni anno, non che ci fosse tanta differenza tra questa e quella da cui era partita, ma si respirava un’aria diversa.
Si incamminò verso casa della zia. Era una donna forte, Mary Jane Tarris viveva da sola, senza neanche un robot che cucinava o puliva; la camera dove Dakota dormiva era sempre pulita ed in ordine, con anche dei vestiti di ricambio.  Arrivò finalmente nella piccola casetta dove la zia  abitava, all’interno c’erano tre stanze da letto, una piccola cucina che fungeva anche da sala da pranzo, infine c’era il luogo preferito di Dakota, una biblioteca sotterranea, pochi libri, ma spessi, potevi trovare di tutto, da Jane Austen a Stendhal.
Suonò il campanello e le venne ad aprire una piccola vecchietta, con occhiali tondi e spessi, i capelli bianchi disordinati e gli occhi azzurri attenti e socchiusi. Quando capì chi aveva suonato alla porta sul suo viso comparve un sorriso a trentadue denti. 

Piaciuto? Spero di si, recensite! Alla prossima, 

Pervi_

 
  
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