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Autore: Evelyn Doyle    29/11/2013    2 recensioni
Avvertenze: la storia contiene un alto tasso di battute ironiche e sarcasmo, si consiglia di dosare attentamente le pagine.
Cosa potrebbe succedere se un giorno qualcuno osasse sfidare Nathalie, quindici anni, mente brillante e sarcasmo alle stelle?
Nessuno lo sa, almeno finché Edoardo non diventa il nuovo alunno della 3^A scientifico del Liceo Statale A. Manzoni, che, da amante della letteratura classica, di World of Warcraft, delle Converse fluo, degli abiti multicolori e di Star Trek, viene ben presto etichettato da Nathalie come "Tizio Luminescente" o "nerd-in-erba".
I loro mondi entreranno presto in collisione, scatenando in un batter d'occhio un conflitto combattuto a colpi di fogli protocollo e matite fluorescenti, anche se, per loro sfortuna, il destino ci metterà; presto lo zampino, facendoli stare troppo spesso vicini.
Senza contare che Nathalie ha da combattere anche un altro conflitto, precisamente con Leonardo, migliore amico del suo migliore amico, dal comportamento più ambiguo di un'incognita elevata all'ennesima potenza.
E poi entra in scena anche Mattia, atletico e affabile con tutti e, tra l'altro, anche fratello maggiore di Tizio Luminescente.
- So far away, and yet so close together -
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo tre. Sguardi trasversali


Il giorno dopo, come al solito, mi svegliai alla solita ora, per un’altra orribile giornata scolastica in compagnia di Tizio Luminescente.
Il fatto che le cose tra noi fossero chiare – e pensare che era in questo maledetto liceo da solo un giorno! – non mi rendevano affatto ottimista sull’approccio che avremmo avuto in futuro.
Quando fui pronta per uscire, con il mio meraviglioso zaino da diecimila tonnellate, mi diressi come al solito alla fermata del bus.
Quando arrivò, mi fiondai dentro e cercai un posto libero anche se sapevo che mai lo avrei potuto vedere, in mezzo a tutta quella calca.
«Ehi!» qualcuno mi prese per il braccio e mi attirò “gentilmente” su un posto libero.
Daniel.
«Aspetta, staccami il braccio mi raccomando» sbottai.
«Ma guarda, ti ho fatto un favore e mi attacchi, come al solito» rispose fintamente offeso.
«Sentiamo, oggi da chi vuoi che ti salvi? Ah, già, c’è il test di inglese, ma non sperare che ti suggerisca anche solo mezza parola» gli dissi con il mio solito e buon sarcasmo.
Se pensate che fossi una bastarda ingrata, avete perfettamente ragione.
«Dio, Nathalie, sei più dolce di un barattolo di miele oggi» disse a sua volta lui, increspando le labbra.
«Tanto lo sai che la Donati ci sorveglia come una sentinella» gli feci osservare.
«Ma che se ne vada, quella megera! Lo so che non vede l’ora di abbassarmi la media e di darmi il debito» mi rispose Daniel.
Insomma, dopo altre cose poco carine riferite alla prof. di inglese da Daniel, finalmente arrivammo davanti all’edificio scolastico.
«Tu vai e tienimi il posto, io vado a salutare Leo e Manu» mi disse, sottolineando il “tienimi il posto”.
Appena entrai in classe, Susanna mi venne incontro raggiante.
I suoi occhi nocciola brillavano così tanto che stavo quasi per diventare cieca, ve lo giuro.
«Oddio, Nathalie, tu non immagini nulla!» strillò, prendendomi per il braccio.
Certo che ce l’avevano tutti con il mio povero braccio, quel giorno.
«Io non immagino cosa?» chiesi, alzando un sopracciglio.
«Conosci Liliana Bianchi, giusto?» mi chiese con un tono esaltato.
Tanto per la cronaca, Liliana era la sorella maggiore di un’amica di Susanna, una certa Carlotta.
Ed io avevo l’antipatica sensazione che ciò che mi stava per dire non mi sarebbe piaciuto.
«Fa una festa. Per il suo compleanno. Ho convinto Carly a convincere la sorella ad invitarci... et voilà!» disse Susanna scandendo bene ogni frase.
La guardai nello stesso modo in cui avevo guardato Edoardo il giorno prima.
«Tu mi stai prendendo in giro, vero?» chiesi.
«No, è la realtà! È fantastico, insomma. Tu, io e Carly ad una festa di diciottenni. Sarà strepitoso!» mi rispose raggiante.
«Certo, fantastico, meraviglioso e tutto il resto... Ma anche no» le dissi sarcastica.
Odiavo le feste e Susanna lo sapeva.
«Come no?! Dio, Nathalie, non hai mica dieci anni. Per una volta divertiti!»
«Susanna, ci sono modi alternativi per divertirsi. Modi più intelligenti» le dissi pacatamente.
«Smettila di fare la secchiona rompiballe, Nathalie. Tu vieni. Ricordati che è domani la festa, mentre oggi io e la Carly ti verremo a prendere alle tre per un giro di negozi.  E non accetto un no come risposta» sentenziò decisa Susanna.
Prima che potessi ribattere, però, la Donati arrivò raggiante per il nostro imminente test.
Ad ogni modo, odiavo quando Susanna si comportava così.
Era così frivola, di quella frivolezza femminile che ho sempre odiato.
In realtà potevo benissimo non andarci, ma sapevo che Susanna sarebbe venuta in casa mia e mi avrebbe gentilmente prelevato dalla mia comoda posizione nella mia stanza.
Era ostinata, e più io non volevo andare, più lei insisteva.
Il fatto del “giro di negozi”, poi, non mi piaceva per niente.
Decisi di non pensarci fino all’ora imminente, dopotutto non sarebbe servito a nulla sprecare energie per pensare ad una cosa che sarebbe avvenuta ore dopo.
Dopo il test di inglese – che compilai in modo sopraffino, tanto per cambiare – fu il turno dell’ora di latino e poi di disegno.

Il tempo trascorse abbastanza in fretta, dopodiché la campanella suonò per il solito intervallo.
Quel giorno avevo voglia di leggere, per non stare in mezzo alla calca dei corridoi, così salii le scale del terzo piano, dove c’era la biblioteca scolastica.
Gli studenti potevano recarvisi ogni qual volta avessero voluto, compreso l’intervallo.
Andai nella sezione saggi e presi Delitto e Castigo, tanto per passare un buon quarto d’ora.
Da sempre mi era piaciuto leggere, cosa che all’ottanta percento dei ragazzi non alletta così tanto.
Dopo aver preso il libro, lo aprii e iniziai a leggerlo subito, mentre vagavo per la biblioteca.
Avevo avuto la brillantissima idea di non andarmi a sedere, così in quattro e quattr’otto mi scontrai con qualcuno.
L’impatto fu più a mie spese, per la minutezza del mio fisico, infatti caddi di botto, come anche il libro.
«Ma che cav...» quando alzai lo sguardo per vedere la persona che aveva causato tale scompiglio (va bene, va bene, era stata anche colpa della mia solita negligenza...), per poco non mi strozzai.
Leonardo.
Esattamente l’ultima persona che ci aspetterebbe di trovare in una biblioteca, anche solo per sbaglio.
«Wow, non puoi proprio fare a meno di starmi appiccicata» mi schernì quell’idiota.
«Cosa ci fai in biblioteca?» gli chiesi, mentre mi rialzavo e riprendevo il libro.
«Per caso è vietato entrarci?» rispose lui.
«Tu leggi?» gli chiesi incredula.
In quel momento giurai di averlo visto arrossire per un nanosecondo.
Si passò una mano tra i capelli biondicci e mi guardò come se non gli avessi fatto alcuna domanda.
«Beh, che c’è? Perché mi guardi in quel modo?» sbottò lui.
E poi, all’improvviso, notai che teneva una mano dietro la schiena.
Come a volerla nascondere.
Mi sporsi, gli presi il polso – non chiedetemi dove trovai la forza – e scoprii un gran bel volumetto tenuto ben saldo dalle sue dita.
Era Guerra e Pace.
«Ti prego, dimmi che stai scherzando» gli dissi sorridendo.
Insomma, Leonardo che legge? E poi Guerra e Pace?! Oddio, il mondo sarebbe finito presto, ne ero certa.
«Non guardarmi in quel modo, ti prego. E non dirlo in giro»
Era rosso adesso, ne ero certa.
«E io che ho sempre pensato che tu fossi solo un’idiota che beveva sottocultura adolescenziale come fosse acqua» borbottai scuotendo la testa.
«Beh, a volte mi piace leggere e perdermi in altri mondi...»
«Un po’ come un’alternativa alle canne, no?» lo schernisco con sarcasmo.
«Smettila, sto dicendo sul serio»
«Anche io. Scommetto quello che vuoi che i tuoi amichetti non lo sanno»
Dal suo sguardo torvo capii che avevo intuito bene, ma prima che potessi dire un’altra qualunque parola, mi prese il braccio e mi avvicinò a lui.
«Tu non aprirai bocca» sentenziò.
Come faceva a sapere che quello era il mio principale scopo?
E poi che cosa gli cambiava il fatto che fosse di dominio pubblico la sua passione per la lettura?
Strane domande, queste, di cui non capivo la risposta.
«Non ti mangeranno mica, idiota» gli dissi.
«Beh, ma non voglio passare per lo sfigato di turno, okay?» rispose lui.
«E comunque non puoi impedirmi di spifferarlo ai quattro venti» gli ricordai, con un ghigno.
«Tu dici?» ghignò a sua volta quel bastardo.
«Sì, esatto, complimenti, sai coniugare il verbo “dire” a quanto vedo» dissi io per tutta risposta.
«Smettila di fare la puntigliosa bimba rompicoglioni. Ti ho sempre trovata fastidiosa e fuori luogo»
«Ma da che pulpito» lo schernii, mentre la sua mano non dava segni di volermi lasciare il povero braccio, con cui quel giorno tutti ce l’avevano a morte.
«Ma lo sai che fai mandare la gente in bestia, con quel tuo modo di fare? Tu vuoi dirglielo solo perché sai che a me importa che non lo sappiano. Sei subdola, Nathalie, lasciatelo dire» continuò.
E aveva ragione, poveraccio! Ma almeno io mi divertivo in qualche modo, e soprattutto non mi nascondevo.
Io ero sempre me.
«In effetti tu sei tanto, ma tanto, simpatico, eh. Per caso tu e Simpatia siete gemelli separati alla nascita?»
«Ma guarda un po’, una stupida ragazzina che mi prende in giro. Sai, non ho idea di come Daniel ti sopporti e dico davvero»
«Io non ho idea di come sopporti te. Sei così scontato, così... non so, mi dai sui nervi»
«Fantastico» commentò Leonardo sardonico.
«Bene, se non ti dispiace vorrei tornare in classe, adesso» gli dissi, dopo che la campanella suonò.
«Sì, sì» mi lasciò il braccio, che nel frattempo di era colorato ed era diventato lievemente rosato, lasciando le “impronte” delle dita di Leonardo.
Tirai giù la manica del pullover e feci per andare.
Leonardo rimase al suo posto, mentre io varcavo la soglia della biblioteca.
Mi sentivo il suo sguardo appiccicato come con la colla, ma feci finta di niente.
Ottimo, in due giorni mi ero fatta due nemici.
No, beh, con Leonardo non c’è mai stato molto feeling, sin da quando quel mezzo rincretinito di Daniel me l’ha presentato.
Con Edoardo nemmeno, diciamocelo.
Ma era stato più veloce, con lui, forse per la sua indole ancora meno amichevole di Leonardo.
Quando ritornai in classe, mi aspettarono due ore di fisica e storia.
Dopodiché, l’amatissima campanella, che segnava la fine delle lezioni scolastiche di quel giorno, suonò.
Presi come sempre il bus e tornai a casa, intenta a prepararmi psicologicamente alle fatidiche tre.

 
* * *
 
Erano circa le tre meno dieci, mentre io me ne stavo tranquilla a leggere Delitto e Castigo.
Molte domande mi frullavano in testa, però: insomma, quel giorno non avevo avuto nessun tipo di dialogo con Tizio Luminescente – il che mi faceva più piacere che mai – ma ci avevano pensato Leonardo e Susanna a rovinarmi la giornata.
Insomma, un po’ di pace no, eh?
Su questo punto, non potevo proprio trovarmi d’accordo con il caro Dante.
Lui almeno si è ritrovato in quella selva oscura per trattare del bene, ma io? Fin ora non mi sembrava proprio.
Ecco perché per poco saltai dalla sedia, quando il citofono del cancello suonò.
Susanna con altre due ragazze.
Una era Carlotta, l’altra era Lavinia, un’altra mezza oca del Manzoni.
Uscii, salutando mia madre che era al computer intenta a scrivere un articolo.
«Ma ciao! Abbiamo convinto anche Lavinia a venire» mi informò Susanna raggiante.
Lavinia si scostò una ciocca di onde bionde e mi salutò timidamente.
Dopo qualche breve chiacchiera, andammo al centro commerciale per il famoso “giro di negozi”.
Tanto, quando mi avrebbero perso di vista, mi sarei imbucata in libreria abusivamente, come al solito.
Subito dopo aver provato tutti quei vestiti che Susanna mi aveva piazzato in mano.
«Su, Nathalie, prova questo, è stupendo!» disse, indicando un vestito che arrivava sì e no al ginocchio, con una scollatura spaventosa e pieno di strass fino a farmi venire il voltastomaco.
«Ma anche no, questo è tutto tuo!» risposi disgustata.
Fu così che io non provai nulla di ciò che Susanna mi aveva piazzato in mano, mentre le altre tre avevano trovato tutte una miriade di abiti di loro gusto, che stavano provando nei camerini.
Dopo un’infinità di tempo, decisero di acquistarne alcuni, e finalmente uscimmo dal negozio.
«Nathalie, sei l’unica che non ha trovato niente di niente e che se ne sta ferma come una statua per tutto il tempo. Potremmo proclamarti nostra mascotte, quasi» rise Carlotta.
La sua simpatia era inversamente proporzionale all’altezza dei suoi tacchi.
Sembravo quasi una bambina in mezzo a loro, sia per il mio viso immacolato e così pallido da far spavento, sia per la mia “altezza” in confronto alla loro.
Sì, in realtà Carlotta aveva un paio di scarpe con tanto di tacchi e sembrava la più alta, ma Lavinia aveva un paio di Vans scure, eppure sarà stata venti centimetri più alta di me, mentre Susanna aveva un paio di stivaletti.
Il mio aspetto era penoso, lo vedevo ogni volta che passavo davanti a qualche specchio in un qualsiasi negozio.
Credevo comunque che fosse meglio essere così, che avere tutta quella schifezza in faccia come Susanna.
Insomma, il trucco ed io non andavamo esattamente d’accordo.
Ad un certo punto, Lavinia tirò fuori il suo cellulare, per poi esultare e schiamazzare.
Mi era sembrata calma da sempre, almeno da quando la conoscevo, ma in quel momento non riuscii a capire cosa le era preso.
«Dio, Lavinia cosa ti prende?» le chiesi alzando un sopracciglio.
«Nathalie, Leo sta venendo!» a quel suono informe e contorto – “Leo” – le mie iridi si spalancarono e per poco non uscirono.
Speravo che non fosse il Leo che credevo io, quello che poche ore prima mi aveva insultato e per poco spezzato un braccio.
Anche io lo avevo insultato, ma, insomma, io posso, no?
«E chi sarebbe Leo?» chiesi quindi, storcendo quel nasino che mi ritrovavo.
 «Non lo conosci? Dovrebbe essere il migliore amico di Daniel Greco, quel moretto che ti sta sempre appresso. Beh, ecco... stiamo uscendo assieme, sì» rispose Lavinia, con un sorriso timido, mentre Carlotta e Susanna si lanciavano occhiate d’intesa.
No, non volevo rivedere quel deficiente.
Eppure, non feci in tempo nemmeno a pensare un’altra qualsiasi sillaba, che quel biondino dei miei stivali apparve dietro a Lavinia.
«Salve, ragazze» mi guardò per un nanosecondo, ma non sembrava sorpreso.
Carlotta e Susanna accennarono un sorriso, che si trasformò da timido saluto a sorriso malizioso, quando Leonardo cinse la vita di Lavinia e la baciò.
Io stavo per vomitare, ve lo giuro.
Il mio pranzo era quasi arrivato all’esofago, lo sentivo.
Ma, insomma, un po’ di decoro e pudore, no? Eppure, sentivo una certa puzza di bruciato.
Insomma, tutt’un tratto Leonardo esce con Lavinia?
Non che Lavinia sia orrenda, anzi, ma credevo che a Leonardo non piacessero troppo le tizie così timide come lei, che balbettavano appena era a cento metri.
Poi, mi guardò.
Non so cosa volesse dire con quello sguardo, non sono mai stata empatica, ma perché mi stava guardando mentre baciava – non voglio sapere come – Lavinia?

 

Spazio autrice:

Buonasera!
Ecco un altro capitolo, in cui il nostro (almeno, il mio xD) Tizio Luminescente non compare praticamente.
(Beh, lui e Nathalie non si sopportano dopotutto, no? Mica stanno appiccicati tutto il giorno)
Al suo posto, c’è come “protagonista” l’enigmatico Leonardo.
Lascio a voi ipotesi/considerazioni/tutto ciò che volete.
Recensioni graditissime, come al solito ^^
A presto!

Evelyn.
   
 
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