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Autore: Starlet    30/11/2013    2 recensioni
“Bambina. Era tornata bambina.”
Un corpo troppo fragile per poter contenere il dolore che si porta dentro. Nami aveva impiegato anni per nasconderlo sotto una dura scorza da ladra, ma dopo aver incontrato Ain è lì, di nuovo, a farle compagnia.
E non basta un’altalena per restituirle la spensieratezza e l’innocenza che le sono state tolte da tempo.
“Si merita questo momento di leggerezza.”
Ma forse, può comunque essere un aiuto gradito.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Sanji | Coppie: Sanji/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: One Piece is the property of Eiichiro Oda.

Ciao a tutti! ^^
Due righe per una piccola precisazione. Ho ambientato la storia durante il film Z, e non vorrei fare spoiler a chi non avesse visto il film. Si tratta solo di un particolare (quello che ho accennato nell’introduzione), ma ci tenevo ad avvisarvi.
Spero come sempre che la storia vi piaccia. ^^
Buona lettura!

Bimba


Bambina. Era tornata bambina.
Se ne stava seduta sull’altalena a guardare il prato sul ponte che mescolava il suo verde acceso all’arancio del tramonto, in una miscela di colori che le era sempre risultata gradevole. Eppure, le sue piccole e candide mani di bimba, si strinsero intorno alle corde che sorreggevano il pezzo di legno su cui era appoggiata, fino a sentirle quasi bruciare per la loro irritante ruvidezza.
I lunghi codini, portati davanti e appoggiati sul petto ormai piatto, ondeggiavano appena per la lieve brezza che si era alzata dal mare. Portatrice di altri, dolorosi ricordi.
Si morse il labbro e scosse la testa, cercando di pensare ad altro, ma l’aroma salmastro proveniente dalle onde non le dava tregua, così come quello delle sue amate piante di mandarino, cariche di frutti profumati.
Possibile che tutti quegli anni non fossero bastati? Perché non le era mai sembrato così difficile resistere al dolore?
Ebbe un sussulto quando le parve di sentire anche un sottile sentore di fumo di sigaretta. Strinse gli occhi, e ancor di più le mani sulle corde dell’altalena.
- Nami...
Come un richiamo da un tempo passato. Come un appello da un mondo che non esisteva più.
- Nami-san.
Riaprì gli occhi, sorpresa, volgendo lo sguardo dietro di sé: non c’era il fantasma che aveva temuto.
- Tutto bene, Nami-san? - le disse Sanji sorridendo. - Mi sembri un po’ tesa. Qualcosa ti preoccupa?
Come aveva potuto non riconoscerlo.
Scosse leggermente la testa, guardando verso il basso e dondolando dolcemente i piedi nudi. L’altalena cominciò a muoversi, pian piano.
- Vuoi che ti spinga io, allora? - provò a chiederle il compagno, notando la difficoltà con cui si stava dondolando.
Nami scosse di nuovo la testa.  - Non sono una bambina, Sanji-kun.
Il tono freddo e serio con cui aveva pronunciato quelle poche parole turbarono leggermente il compagno: aveva visto il suo volto cambiare espressione in un battito di ciglia, ma sebbene non volesse intaccare il suo buonumore, sapeva quanto fosse necessario da parte sua comportarsi così. Sanji-kun aveva due debolezze: le donne e i bambini.
L’aveva sempre viziata quando dimostrava i suoi anni, e non le serviva a nulla che esagerasse solo perché la vedeva in una forma diversa. Per una volta, avrebbe fatto volentieri a meno di tutti i suoi servigi. Non aveva bisogno di dolcezza gratuita.
- Perdonami. Ho intuito male.
Si voltò per guardarlo di nuovo, riconoscendo nella cadenza delle parole la presenza del sorriso che gli vide disteso sulle labbra. Si stava avvicinando a lei, e si accovacciò accanto all’altalena, non appena l’aveva affiancata.
- So che dovrei comportarmi come se fossi ancora la mia splendida e ventenne Nami-san. - riprese parlando piano, con tono tranquillo. - Ma mi è difficile non vederti come una bambina.
 Nami rivolse lo sguardo verso l’orizzonte: già sapeva cosa pensava il cuoco della nave.
- Quindi, visto che devo darti ragione, ti andrebbe di fare due chiacchiere da adulti?
La navigatrice strinse gli occhi: poteva davvero concedersi quel lusso?
- Nami-san?
Si morse di nuovo il labbro nell’indecisione di una scelta che avrebbe reso partecipe, o meno, il cuoco dei suoi problemi. Le lacrime che le stavano pizzicando le ciglia la facevano sentire infinitamente stupida.
Maledetto questo corpo da bambina sentimentale.
- Nami... - sussurrò Sanji dolcemente, appoggiando una mano sul volto della piccola. Le sfiorò delicatamente le palpebre con il pollice, liberandola dalle lacrime che tanto la angustiavano.
- Non devi piangere. Sai che preferisco vederti sorridere, no?
Le bastò aprire gli occhi per capire quanto stava sbagliando. Avvolse le braccia al collo del cuoco, per nascondere il volto sul suo petto. Voleva sfogarsi, non riusciva più a trattenere tutto ciò che sentiva.
Sanji la strinse a sé, dopo qualche primo attimo di stupore: la piccola Nami l’aveva percepita chiaramente quella sorpresa, sentendo mancare il calore che si aspettava, ma quell’atto era stato un gesto spontaneo che, testardamente, volle ricondurre solo al fatto di essere di nuovo bambina. Poco importava che il cuoco avesse bisogno di qualche momento per recepirlo, in fondo aveva stupito perfino sé stessa.
Eppure, in quel momento che si era concessa per aprirsi ed alleggerire il suo, ora, piccolo cuore, aveva sentito quella presenza rassicurante fare qualcosa che non si sarebbe mai aspettata: ridere fra sé e sé.
Alzò lo sguardo verso di lui, avvertendo improvvisamente i gemiti e le lacrime che scemavano, come se i sentimenti negativi da cui scaturivano fossero stati impauriti e costretti a scappare di fronte a quello sprazzo di dolcezza.
Le accarezzò teneramente i capelli, senza mai spostare le iridi dalle sue: non sapeva se ritenersi offesa dalla sua improvvisa ilarità, o se lasciarsi trasportare da quella strana situazione.
- Vedi, Nami-san? - aggiunse poi, spontaneo come Nami non l’aveva mai visto. - Mi è difficile non vederti come una bambina.
Davvero, non sapeva se ritenersi offesa da tutto ciò che usciva dalle labbra di quell’uomo, eppure, mentre una parte di lei si riprometteva di fargliela pagare una volta riacquistata la sua età, non poteva reprimere il desiderio di sapere che cosa Sanji volesse dire con quella semplice frase.
Capì di averglielo fatto intendere quando lui riprese a parlare. - Dal primo momento in cui ti ho vista, ho sempre pensato che tu avessi qualcosa di speciale. Il tuo sorriso, prima di tutto, che è stato ciò che mi ha spinto ad avvicinarmi a te, e i tuoi occhi, perché hai dei meravigliosi occhi da bambina.
Si concesse una pausa, e Nami non seppe nemmeno cosa pensare. Voleva solo che continuasse e capire finalmente la sua conclusione.
- I bambini non sanno mentire, e tutte le volte che ti guardo vedo il riflesso di questa frase stampato nei tuoi occhi castani. Non puoi nascondere nulla di ciò che hai dentro, perché è lì, ben visibile. È questo ciò che amo: l’estrema sincerità di due occhi profondi come i tuoi.
- I-io... - riprese Nami, parlando tra nuovi singhiozzi. - Io non sono mai stata veramente bambina!
Si rigettò su di lui, stringendo la sua giacca con tutta la forza che aveva. - Mi hanno tolto l’innocenza in un attimo, rendendomi testimone di qualcosa che nessuno dovrebbe mai vedere in tutta la sua vita! È stata a questa dannata età a cui sono tornata che hanno assassinato Bellemère! Davanti a questi dannatissimi occhi da bambina che non riescono a smettere di piangere!
Gli aveva urlato tutto quello che non aveva mai voluto dire, stringendo i denti mentre la scena continuava a ripetersi dietro alle sue palpebre chiuse. Bellemère che sorrideva. Bellemère che cadeva. E Arlong che le aveva sparato.
Sanji l’aveva lasciata fare: aveva percepito le sue braccia stringerla, e nient’altro.
Fino a quando i singhiozzi non si fermarono per la stanchezza, e non certo per il volere, del corpo di Nami.
Attimi di silenzio, in cui le sembrò che il cuoco stesse ancora valutando delle nuove parole, forse per cercare di consolarla di un male troppo antico.
- Mi piace pensare che i tuoi occhi siano lì proprio grazie a tutto questo.
L’istinto le consigliò per un attimo di prenderlo a pugni di fronte a tutte quelle smancerie inutili, ma nuove parole la fermarono nuovamente. - L’innocenza che credi di aver perso si è solo rifugiata da un’altra parte. Sei diversa da Robin, Nami-san: lei ha perso tutta quella parte importante della sua vita, nascondendola dietro ad un’indifferenza che l’ha portata a sopravvivere, ma per te non è stato lo stesso. Sei una bambina quando ti vedo ridere; sei una bambina quando ti vedo spaventata; sei una bambina quando ti vedo piangere. Sei solo troppo severa con te stessa, cercando di soffocare quello che provi.
L’aveva capito fin dall’inizio. L’aveva quasi presa in giro con tutto quel giro di parole, solo per arrivare alla conclusione che sapeva fin dal momento in cui l’aveva vista sull’altalena che cosa non andava per il verso giusto. Le sembrava incredibile come Sanji riuscisse a scrutare così profondamente nella sua anima.
- Ma se vuoi, puoi sfruttare questo momento al meglio, Nami-san. - disse distraendola dal pensiero corrente. - Robin sta cercando di godersi quanto può l’adolescenza che le è stata restituita, perché non tentare di fare lo stesso?
- Mi stai chiedendo di immedesimarsi nella bambina che non sono più, Sanji-kun?
- No. - le rispose ancora ridacchiando. - Solo di liberare la parte di lei che possiedi ancora.
Nami si concesse qualche secondo per pensarci: passava le dita fra i lunghi capelli rossi, tormentando un codino, indecisa se ne valesse davvero la pena. Aveva un’occasione irripetibile per liberarsi per almeno un istante di tutta quell’oppressione, forse provando ad immaginare di essere ancora a Coconut Village a giocare mentre Bellemère si occupava del loro agrumeto, o forse per tornare ad essere davvero ciò che nascondeva, assaporando anche solo per un momento la spensierata libertà di una bambina di otto anni.
Sollevò il volto incontrando ancora una volta il sorriso sincero di quel cuoco speciale che non gli aveva mai fatto amare tanto la sua compagnia, e annuì debolmente, distendendo appena le labbra ed accennando un’allegria che lo illuminò di gioia.
Subito si alzò in piedi, indicandole l’altalena e, vedendo il suo sguardo perplesso, si affrettò a spiegare. - Esiste qualcosa di meglio del librarsi nel cielo?
E lei non aggiunse nulla. Si sedette solo su quella tavola di legno, constatando come una semplice conversazione avesse cambiato la sua visione dello spazio intorno a sé: assaporò l’aroma dei mandarini trasportato dalla brezza marina, e si beò dei colori del tramonto, ancora più accesi e coinvolgenti. Infine, si trovò ad amare il sottile sentore di sigaretta, che la portava senza indugi a vedere nei suoi occhi chiusi l’immagine di Sanji.
In fondo... Bellemère usava una marca totalmente diversa.


Sanji si portò dietro all’altalena e diede una prima spinta, così che la bambina potesse cominciare a dondolare. Gli si strinse il cuore non appena la sentì ridere serena e intuì il meraviglioso sorriso che doveva essersi aperto sul suo volto ancora acerbo: si sentiva in colpa per averla ingannata.
Sapeva che l’ombra in quegli occhi castani non sarebbe mai scomparsa.
Si merita questo momento di leggerezza.
Nami avrebbe dovuto affrontarla e sopportarla per il resto della sua vita, ma, se glielo avesse permesso, lui l’avrebbe accompagnata ed aiutata volentieri.
Come quell’altalena.
  
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