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Autore: Darkry    30/11/2013    3 recensioni
Karol, una ragazza ricchissima, ha appena compiuto ventuno anni.
Il padre decide di regalare a lei e ad i suoi più cari amici, Tracey e Mark, una crociera di 106 giorni.
Ancora non sa che il destino la chiamerà a pareggiare i conti. Ancora non sa che lì, sulla nave, incontrerà Jake, che le aprirà gli occhi su un mondo da lei dimenticato, su emozioni messe a tacere dopo un brusco incidente.
Lì, sulla nave, Karol riscoprirà se stessa, scoprirà cosa significa amare e soffrire per amore... in un sogno fatto di ghiaccio.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 4.


 
Trailer: Ice Dream
Entrambi realizzati dalle ragazze di Pinoolast's Graphic- Video :)


 
“Allungo una gamba ed entro in pista, reggendomi con forza alla ringhiera. Inspiro ed espiro, inspiro ed espiro più volte, come mi hanno sempre detto di fare. La musica inizia lieve e sento le grida del pubblico, i fischi, vedo le luci dei cellulari che illuminano gli spalti bui. Chiudo gli occhi per un attimo, isolandomi da tutto e da tutti, entrando nella mia bolla personale. Ora ci sono solo io. E il ghiaccio. Riapro gli occhi e piego le gambe e in un attimo sono al centro della pista e scivolo senza ombra di preoccupazione.
Il cuore mi batte forte nel petto per l’emozione e l’adrenalina mi fa tremare le dita, le gambe, la sento scorrere nel mio corpo insieme al sangue.
Deglutisco e mi faccio trasportare dalla musica, sentendomi sempre più leggera. Corro, spicco un salto, giro su me stessa e atterro con gli occhi chiusi, trattenendo il fiato con la folla intorno a me. Ho ancora gli occhi chiusi quando un paio di braccia calde mi afferrano e mi stringono. Apro gli occhi  e Jake è davanti a me, con i suoi capelli biondi pettinati all’indietro, gli occhi azzurri fissi nei miei ed un sorriso caldo e rassicurante che accarezza quelle labbra così piene. Sorrido e mi rilasso mentre mi prende per mano.
Non ho più paura con lui al mio fianco. Pattiniamo insieme lungo la pista, la sua mano calda che combacia alla perfezione con la mia, le nostre dita intrecciate l’una all’altra e volo tra le sue braccia, felice.
Con lui al mio fianco sono più forte.
Mi prende per la vita e gira velocemente, il mondo diventa sfocato attorno a noi e il vestito leggero che indosso mi fruscia contro le gambe.
Se lui è accanto a me, tutto andrà bene.
Mi posa a terra con eleganza e le lame raschiano il ghiaccio scivoloso, ci stacchiamo per un attimo per ritrovarci dopo qualche secondo e ci allontaniamo di nuovo.
Faccio un triplo e l’aria fredda m’investe mentre sono in aria e sorrido mentre la pelle si tende e i muscoli si flettono. Atterro sul ghiaccio con fluidità e mi volto sorridente verso Jake.
Il rumore della folla è un ronzio in sottofondo che disturba la perfezione di questo momento.
Continuo a girare in tondo ma Jake non c’è. Pian piano il sorriso mi si smorza sulle labbra. Continuo a girare su me stessa, e giro, giro, giro, mentre penso solo a Jake, mentre il cuore ricomincia a battermi nel petto troppo velocemente e non capisco e lui non c’è.
La musica mi pervade, ma non è come prima, è troppo forte, mi fa tremare e mi romba nelle orecchie come un fiume in piena e uno stridio acuto mi graffia i timpani.
Urlo il suo nome.
Urlo “Jake”, ma non mi risponde.
Lo stridio si fa più forte, continuo a girare, i volti si mescolano l’uno all’altro e nessuno è uguale al suo.
Un fascio di luce mi investe e qualcosa di pesante mi travolge.
Buio, e un dolore lancinante alla gamba, schegge di ghiaccio gelido che mi penetrano nella pelle.
Urla.”

Mi sveglio urlando, madida di sudore e mi porto la gamba sinistra al petto.
«Karol!» braccia mi scuotono forte ma non sento niente, solo dolore. Guardo un punto fisso davanti a me, il respiro pesante, affannoso.
«Karol!! Karol rispondi!» le braccia mi scuotono ancora più violentemente, ma non vedo niente, non sento niente, solo dolore. Le dita affondano nel polpaccio della gamba e lasciano il segno, mezzelune incise nella carne.
«Ti prego, Karol… ti prego, non andartene. Non c’è niente, non è successo niente, ci sono io qui…» le braccia mi avvolgono e mi tengono stretta, ma la gamba mi fa troppo male e brucia, brucia di dolore.
Apro la bocca e un rantolo soffocato mi esce dalla gola, graffiandomi.
«Dimmi! Parlami, sono qui!» la voce è vicina, è un filo di luce a cui mi aggrappo per non cadere nell’oscurità.
«G- gamba. Fuoco. B-brucia» le parole mi escono sconnesse, sento il sapore del sangue in bocca e ho troppo freddo per muovermi.
Mani ghiacciate staccano le mie dalla gamba e mi aiutano a stendermi. Fisso il soffitto senza guardare, immobile. Le braccia esili di qualcuno mi stringono ma mi sembrano mattoni su cui appoggiarmi in questo momento.
«Sono Tracey, Karol. Sono Tracey. Ci sono io, non te ne andrai, non lo permetterò» dice la voce e, incredibilmente, le credo. Chiudo gli occhi e sprofondo in un sonno senza sogni.
 
Quando li riapro la luce ha invaso la cabina e Tracey è addormentata sulla mia spalla. Ha le guance rigate da lacrime secche e sento il cuore sprofondarmi nello stomaco.
Mi prendo la testa tra le mani, stando ben attenta a non svegliarla.
Possibile che debba essere così problematica? Possibile che debba far soffrire e preoccupare coloro che mi stanno accanto?
Cosa c’è che non va in me.
Serro forte le palpebre perché sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, pronte a scivolare giù. Ma io non voglio piangere! Mi giro verso Tracey e la scuoto un pochino.
Emette lo strano verso di un maiale in procinto di essere sgozzato e poi sbatte lentamente le palpebre. Appena mi mette a fuoco e vede che sono cosciente mi getta le braccia al collo e mi fa cadere dal letto.
Atterro con un tonfo sul pavimento duro della nave, prendendo una forte botta al culo.
«Ahia!» protesto, cercando di liberarmi del corpo della mia amica.
«KAROL!» mi urla nelle orecchie.
«Sì, Tracey, so benissimo come mi chiamo!» protesto inacidita.
Mi sento un’ingrata ma non voglio mostrarmi debole. Non voglio ammettere i miei problemi e le mie paure, non voglio essere indifesa anche quando sono cosciente.
Tracey mi tira un forte pizzico sul culo, proprio nel punto dove ho battuto e mi fa urlare di dolore.
«SAI CHE SPAVENTO MI HAI FATTO PRENDERE STANOTTE?» urla, mettendosi in piedi, il viso rosso dalla rabbia.
Sbuffo e guardo altrove.
«Karol guardami!».
Abbasso lo sguardo prima di rivolgerlo su di lei. Glielo devo e lo so. E so anche che mi sto comportando da stronza.
Tracey mi guarda un attimo prima di parlare.
«Non chiuderti con me. Non su questo. Mi devi dire tutto, Karol».
«Non c’è niente da dire» mormoro, ed è vero.
Tracey mi guarda ancora, per capire se ho detto la verità e poi sospira e si butta sul letto, facendo spostare il materasso.
«Usciamo, dai. Magari distrarci ci servirà» dice stiracchiandosi.
Sono contenta che abbia usato il noi al posto di riferirsi direttamente a me. Come se fossimo noi ad avere dei problemi e non solo io. Come se questa cosa dovessimo affrontarla insieme.
E forse è proprio questo che dovrei fare.
Affrontarla con qualcuno.
Mi alzo e mi dirigo verso il bagno, massaggiandomi la chiappa dolorante.
Apro il rubinetto e mi guardo allo specchio mentre l’acqua scroscia rumorosa nel lavandino.
I miei occhi sono rossi e spenti.
I miei occhi sono vuoti.
Guardo la mano che Jake mi stringeva nel sogno  e sento una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Mi domando cosa ci veda lui nel mio sguardo. Mi ha detto che brucia di desiderio.
Ma io vi vedo soltanto un’infinita voragine di vuoto.
 
 
«Non dirlo a Mark, okay?» dico, un attimo prima che Tracey apra la porta.
«Dire cosa?» chiede con nonchalance e giuro, giuro che in questi momenti la stritolerei di abbracci.
Sorrido ed esco insieme a lei, lasciando che la porta mi scivoli alle spalle e si chiuda con un tonfo.
Mark è già davanti a noi e ci dice buongiorno con un sorriso che mi fa sciogliere il cuore.
«Gelato, sfide e cazzeggio?» propone e io e Tracey non abbiamo nemmeno bisogno di guardarci per accettare con un gridolino entusiasta. Camminiamo lungo il corridoio della nave, i nostri passi attutiti dal soffice tappeto imbottito, e arriviamo all’ascensore. L’aria è fredda come sempre ma per la prima volta in assoluto, sono contenta di trovarmi qui, su una nave da crociera con i miei due amici.
Certo, ho paura anche perché gli incubi sono ricominciati e stanotte ho avuto un momento davvero difficile da superare, ma accanto a me ho Tracey e ho Mark che mi vogliono un bene dell’anima e so che non mi lasceranno scivolare via un’altra volta.
«Siamo un po’ silenziose stamattina, eh?» la voce di Mark mi riscuote dai pensieri e sollevo lo sguardo su di lui. Tracey si è allontanata e sta parlando con un ragazzo che è appena entrato nell’ascensore.
Qualcosa mi sfiora la guancia e sussulto impercettibilmente rendendomi conto che Mark si è fatto molto più vicino a me e che i nostri corpi adesso si sfiorano. Il suo sorriso invade il mio campo visivo e le sue dita mi accarezzano una guancia.
«Ehm…» cerco di guardare da qualche altra parte ma mi è impossibile perciò mi concentro sul motivo a righini della sua camicia.
Deglutisco mentre il cuore inizia a dare di matto.
Non starà correndo un po’ troppo? Insomma, non gli ho detto che lo voglio, o che mi piace o che… lo amo.
E lui si fa avanti in questa maniera così affrettata?
Dio, se fosse stato un altro avrei allontanato la sua mano con uno schiaffo, ma si tratta di Mark e non voglio ferire i suoi sentimenti. L’ascensore si apre e intravedo una via di fuga.
«Oh, guarda è il nostro piano!» esclamo con fin troppa enfasi scostandolo di lato e aprendomi un varco tra tutte le persone.
Tracey mi affianca subito e rimaniamo in silenzio per qualche istante.
«Cos’ho visto in ascensore?» chiede poi con aria indagatrice e con gli occhi che le brillano.
«Nient’altro che uno squallido tentativo di rimorchio» sussurro velocemente allungando il passo in modo che Mark abbia più difficoltà nel raggiungerci essendo stato bloccato dalla calca.
Scuoto la testa confusa e infastidita.
Tracey sta per dire qualcosa quando Mark con uno scatto da centometrista ci raggiunge e sfoggia quel sorriso fin troppo familiare «Ehi, avete per caso intenzione di seminarmi?».
«Qualcosa del genere…» rispondo seccamente mentre Tracey ridacchia sommessamente.
Adesso vorrei strozzarla.
Camminiamo verso il bordo piscina, diretti verso i tavoli da ping-pong posti sull’ultimo piano.
Dobbiamo salire un paio di rampe a piedi per arrivarci così sollevo lo sguardo per cercare di orientarmi e… lo vedo.
Lo stomaco mi si annoda e il cuore mi fa male per quanto batte forte.
«Ehi, Karol, tutto bene?» la voce di Tracey mi arriva attutita mentre cerco con tutte le mie forze di staccargli gli occhi di dosso, invano.
È seduto al bar, proprio dopo la rampa di scale che dobbiamo salire e sta ridendo con un amico.
Improvvisamente ricordo la sensazione delle sue braccia attorno al mio corpo nel sogno e non riesco più a pensare lucidamente.
Tracey sbuffa.
«Bene. Certo. Io… che bei capelli che hai stamattina, Tracey!» urlo con enfasi, cercando di darmi un contegno.
Tracey non se la beve e mi guarda come se mi fossi fatta una canna.
Magari due.
I suoi capelli sono una massa informe di rosso messi su disordinatamente con un elastico di plastica.
«Certo Karol. E che mi dici di quelle cazze di vacche verdi che hanno preso il posto del tuo cervello e stanno muggendo in coro una canzone dei Nickelback, rincoglionendoti totalmente? Non che sia tanto difficile, poi…».
Mark ci guarda incuriosito. Gli sorrido.
«Mark, potresti precederci o postcederci per favore? Devo dire una cosa di… beh, sai una cosa di donne a Tracey…» usare sempre il ciclo come scusa quando ci si vuole liberare dei ragazzi. Funziona ogni volta.
Mark spalanca gli occhi, balbetta qualcosa e si allontana di qualche passo.
Perfetto.
«Postcederci? Ma da dove cazzo ti è uscita?» dice Tracey strabuzzando gli occhi.
«Shh!» intimo. «C’è Jake!».
«Chi?».
Cristo, ma perché deve urlare?
«Abbassa la voce porca puttana o ti frego tutte le mutande e dovrai vagare in giro per la nave senza!» non so se questa minaccia possa proprio funzionare con Tracey, perché ho i miei dubbi sul fatto che indossi le mutande sotto i vestiti.
«Chi?» ripete sussurrando.
Sospiro. «Il poverino figo…».
Tracey salta su e inizia a guardarsi intorno con aria spasmodica. «Dove? Dov’è??» urla, facendomi mettere le mani nei capelli.
«Tracey, le mutande…» la avverto.
«Chissenefrega! Dimmi immediatamente dov’è, piuttosto!» ma perché ha una voce così stridula?
Alzo gli occhi al cielo e le spiego a bassa voce dove si trova.
«Andiamo!» esclama afferrandomi per il polso e trascinandomi verso le scale mentre un Mark confuso ci segue.
«Tracey, no!» cerco di protestare ma m’ignora bellamente.
Arrivate in cima alle scale cerco di opporre un po’ di resistenza e inizio a tirarla per le braccia, cercando di bloccare la sua avanzata devastante.
Merda, Jake è a pochi metri da noi!
Tracey si volta verso di me e mi tira dall’altra parte, cercando di farmi proseguire.
No. No. No e ancora no. Mi rifiuto categoricamente! Ma non se ne parla proprio!
Le do uno strattone alle braccia e Tracey perde l’equilibrio.
Vedo tutta la scena al rallentatore.
Tracey cade verso di me, gridando. Agita un braccio in aria cercando un appiglio e colpisce il vassoio di un cameriere che vola rovesciando per terra bicchieri e bottiglie varie. Jake si volta e ci guarda. Ci vede. Cazzo.
Ma la cosa peggiore è che mentre Tracey mi cade addosso facendomi perdere l’equilibrio, lui si alza pronto ad aiutarci perché ci ha riconosciuto. Inevitabile.
Il braccio di Tracey è saldamente ancorato al mio così tendo una mano verso Jake che ci salva in extremis, afferrandomi e tirandomi a lui.
Senza fiato, mi ritrovo ansimante contro il suo petto, Tracey appiccicata alla mia schiena con gli occhi sbarrati che rovescia una quantità assurda di improperi.
Sollevo lo sguardo verso di lui e l’unica cosa che mi viene in mente è «Ciao».
«Ciao» sorride.
Spero di non essere passata per una buffona, che figura di merda, vorrei morire!
«Ragazze, tutto bene?» chiede Mark, che ci ha appena raggiunto e guarda Jake in cagnesco.
Mi affretto a staccarmi da lui e a cercare stabilità sui miei piedi.
Tracey mi tira un forte pizzico sul culo, proprio dove mi è uscito il livido per colpa sua.
«Ahia!» protesto.
«Sei una bruttissima stronza!» inveisce lei, fulminandomi con occhi di fuoco.
Con la coda dell’occhio vedo Jake impallidire e mi viene da ridere.
«Per colpa tua mezza nave ha potuto ammirare il mio culo all’aria!».
«L’altra metà invece lo conosce già bene, vero?» commento ironica, lasciando Tracey a boccheggiare per la rabbia.
Sento Jake trattenere a stento una risata e vedo Mark fare un passo avanti pronto a fare da mediatore come sempre.
«Tu» Tracey punta un dito contro Jake, che indietreggia impercettibilmente.
«Brutto… brutto scorfano che non sei altro! Sei finito! Come osi ridacchiare, bertuccia che non sei altro?».
Guardo Jake che non si scompone minimamente, sorprendendomi.
«Primo, io ero figo a detta tua, secondo ti ho appena salvato il culo, potresti almeno fingerti riconoscente».
Tracey socchiude gli occhi con furia assassina e balbetta qualcosa di scoordinato.
«Col cazzo!» conclude poi, afferrando Mark per un braccio e trascinandolo chissà dove.
E lasciandomi qui.
Da sola.
«Bel caratterino la tua amica, eh?».
No, non sola.
Con Jake.
Mi volto verso di lui e gli sorrido.
«Ci si fa l’abitudine».
Ci guardiamo imbarazzati per un secondo, poi lui fa qualche passo indietro, sorridente.
«Vuoi bere qualcosa?».
Strabuzzo gli occhi.
Cosa?
«Cosa?».
«Ti ho chiesto se hai voglia di qualcosa da bere…» dice piegando gli angoli della bocca in un ghigno divertito.
Riduco gli occhi a due fessure. «Sì, grazie».
Raggiungiamo il bancone e non posso fare a meno di guardare il cameriere che raccoglie i bicchieri con aria mortificata. Accidenti a Tracey!
Mi siedo sull’alto sgabello e poggio i gomiti sul banco di legno lucido del bar.
Jake si accomoda accanto a me e mi sorride mentre il cameriere chiede le ordinazioni.
Distoglie un attimo gli occhi dai miei per rispondere al cameriere, «Tequila per me, grazie». Poi ritorna a guardarmi «Tu che prendi?» chiede, scrutandomi attentamente.
«Lo stesso» dico piegando un angolo della bocca all’insù.
Jake si gira verso il cameriere e fa un cenno d’assenso, poi ritorna a guardarmi.
«Grazie… per prima» dico, prima che lui possa aprire bocca e dire qualsiasi cosa.
Ricordare la figuraccia di poco prima è come darsi una specie di mazza sui piedi ma devo necessariamente ringraziarlo.
«Non preoccuparti» dice portando alla bocca il bicchiere, «mi capita spesso di salvare donzelle in pericolo».
I suoi occhi brillano maliziosi e mi sento arrossire.
Mando giù tutto d’un fiato la tequila e cerco di mascherare il rossore con quello dato dall’ alcool.
«Io non sono una donzella in pericolo» ribatto, decisa a non dargliela vinta.
«Ah, no?» chiede arricciando le labbra in un sorriso malizioso. «Perché prima mi sembravi parecchio bisognosa d’aiuto…».
Scuoto la testa incapace di fare altro mentre le guance mi vanno in fiamme.
Jake si avvicina a me senza perdere il  sorriso e ci sono davvero pochissimi centimetri a separarci.
Deglutisco.
«E allora cosa sei?» mi soffia sulla pelle, facendomi rabbrividire.
La mia bocca si curva all’insù e, in preda ad una non so quale audacia avvicino il viso al suo orecchio.
«Questo sta a te scoprirlo» sussurro lentamente, prima di guardarlo negli occhi e allontanarmi con il cuore in gola. 

 
*WHAWAIEAH!
Ciao a tutti!! (:
So di essere arrivata come al solito in super ritardo e spero solo di non farvi aspettare tantissimo per il prossimo capitolo.. :/
So che questo capitolo non è il massimo ma spero ugualmente vi sia piaciuto.. :)
Un bacio a tutte... <3
Kry :3
ORDER OF THE PHOENIX* 
  
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