Cap. II°
Quando meno te lo aspetti…
-Hilary, perché dobbiamo restare qui anche noi?- domandò Takao,
sedendosi con aria stanca. Il loro volo era stato il primo ad atterrare a New
York, prima tappa del campionato mondiale: avevano visto passare i Baiuzu, la
Bartez, gli F-Sangre…e quasi tutte le altre squadre partecipanti. Tutte dirette
all'albergo dove avrebbero alloggiato per riposarsi e rifocillarsi.
Cosa che era stata negata ai Bladebreakers.
-Siamo qui da due ore!- si lamentò Daichi, cercando solidarietà
nei due ragazzi. –Ma siamo almeno sicuri che arrivino oggi?
-Domani comincia il torneo- rispose il professor Kappa, alzando
gli occhi dal portatile per controllare il tabellone.
-Hil, possiamo andare in hotel? Ti prego…
La brunetta si volse, concedendo al coetaneo un minimo di
attenzione. Non stava in sé dalla gioia: dodici mesi erano trascorsi, dodici
lunghissimi, interminabili mesi. Ma la sua pazienza e la sua tenacia stavano
per essere premiate.
-Nemmeno per sogno: cosa faccio qui da sola? Potrebbero esserci
dei malintenzionati…
-E chi vuoi che ti tocchi, ochetta?- replicò il rosso a bassa
voce. Ma non abbastanza bassa da sfuggire alla giapponese, che si avvicinò
minacciosa al blader con tutta l'intenzione di fargli rimangiare le ultime
parole. Per fortuna del ragazzino, un annuncio fermò l'ira della
diciassettenne, salvandolo dalla sua furia.
-Il volo in partenza da Mosca sta atterrando in questo momento…
Il cuore di Hilary mancò un battito: fra pochi istanti lo
avrebbe rivisto…lui stava per arrivare…
Takao la osservò, sorridendo: in fondo, valeva la pena aver
aspettato due ore, se la ricompensa era il poter finalmente ammirare di nuovo
quella luce di felicità negli occhi della nipponica. Ora riconosceva la sua
amica di sempre. E il merito di questo era solo della persona che entrava in
quel momento nella sala dell'aeroporto.
-Kei!- gridò la ragazza, correndo incontro al russo, che la
accolse fra le braccia, stringendola a sé. –Mi sei mancato da morire, amore…
-Mi sei mancata anche tu- confessò Kei, accarezzandole la
schiena. Anche per lui quel periodo era stato insopportabile: a volte gli era
sembrato eterno. Eppure in qualche modo, fra viaggi tra Tokio e Mosca,
telefonate e lettere, era finito: non doveva più contare i giorni che lo
separavano dall'inizio del campionato, dal riabbracciarla.
Hilary sollevò la testa dal suo petto…
…e incrociò gli occhi dell'ultima persona che avrebbe pensato di
rincontrare, notando con terrore che conosceva il suo ragazzo.