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Autore: venusia    01/12/2013    2 recensioni
Prima parte - POV Bella (cap.1-19)
Siamo alla vigilia del matrimonio di Bella ed Edward quando Alice ha una visione: i Volturi piomberanno a Forks il giorno della cerimonia! Perché? Qualcuno ha violato le regole dei signori di Volterra? E come mai Alice non riesce a prevedere l'arrivo di Tanya?
Seconda Parte - POV Rosalie (cap.20-49) POV Bella (cap.50-59)
Desirèe, la figlia adottiva di Tanya, è stata dichiarata fuorilegge dai Volturi, e così pure Bella che le ha dato rifugio. Come si comporteranno i Cullen, tutti, tranne Rosalie, indifferenti alle vicissitudini di Desirèe? E il branco, che anch'esso ha voltato le spalle a Desirèe, pur essendo per metà umana e oggetto dell'imprinting di Seth?
Terza parte - POV Jacob (cap.60-epilogo)
L'inaspettata decisione di Bella di lasciare Edward aveva spalancato le porte del paradiso a Jacob, ma il combattimento con Demetri gliel'ha strappata, forse, per sempre. Mentre i Volturi si preparano alla battaglia finale per eliminare i ribelli, Jacob raccoglierà il difficile ruolo di Alfa del branco e capirà finalmente che il sole e la luna non sono poi così distanti.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Rosalie Hale
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
Capitoli:
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Non ho visto commenti di nessun tipo quindi continuiamo e vediamo se riesco a sollecitarvi qualche recensione. Un bacio!
 
 
 
Tornai al presente proprio nel momento in cui arrivammo a casa Cullen, davanti alla quale erano parcheggiate parecchie auto. Eravamo proprio gli ultimi, non c’è che dire! Rachel ed io avevamo appena aiutato papà a sistemarsi sulla sua carrozzina quando Charlie uscì dal portone principale e ci venne incontro quasi raggiante. Accanto a lui Sue, che lo teneva sotto braccio. Già, perché infine sembrava che con la mamma di Leah fosse scattata la fatidica scintilla, dopo mesi e mesi in cui l’aveva confortata prima per la morte di suo marito, poi per quella di Seth. Leah non era particolarmente entusiasta però concordava con me nel sostenere che sua madre fosse un po’ giovane per vivere di ricordi e che Charlie fosse un brav’uomo. In realtà sospettavo che il suo scetticismo fosse dovuto alla possibilità che lei e Bella diventassero sorellastre, possibilità non particolarmente gradita a nessuna delle due. Si sopportavano e si parlavano ma certo non sarebbero mai andate a fare compere insieme.
Dal giardino antistante la casa arrivarono Leah e Joe, entrambi vestiti come due figurini. Accidenti, se i Cullen erano riusciti a far mettere eleganti persino i membri del branco era davvero preoccupante.
“Ehi, pensavamo che aveste cambiato idea!” urlò Joe, accelerando il passo. Quando mi fu vicino, fischiò. “Accidenti capo, quanto sei elegante! Guarda che non sei mica tu lo sposo!” esclamò non risparmiandomi una risatina di scherno.
Ricambiai con una smorfia e avrei fatto anche di più quando il portone si aprì e ne uscì Alice, mani sui fianchi e broncio in bella vista. Mi osservò dalla testa ai piedi, compiaciuta che non avrei fatto sfigurare gli sposi, poi esclamò:“Dove diavolo eri finito? E’ la sposa che arriva in ritardo, non il testimone!”.
Scrollai le spalle, svogliato, e avrei continuato a chiacchierare con gli altri se non fosse scesa e mi avesse trascinato in casa con la sua consueta scioltezza. Mi guardai intorno. Tutto l’interno, così come il patio, era stato addobbato con fiori d’arancio dal profumo intenso e quasi fastidioso, almeno per me e i miei sensi troppo sviluppati. La carta da parati, adesso bianca con sottili disegni d’argento, oro e rame, era stata cambiata appositamente per il matrimonio e produceva un effetto vagamente orientale. Alcuni mobili erano stati spostati per guadagnare spazio: gli invitati erano parecchi visto che, oltre ai partecipanti al primo matrimonio, si erano aggiunti anche tutti i vampiri con cui avevano stretto alleanza. Sapevo che in segno di pace avevano perfino invitato Aro. Nessuno aveva lontanamente sperato che avrebbe accettato ma le apparenze andavano salvate ad ogni costo. Per parte loro i Volturi, si erano limitati a mandare l’ennesimo biglietto di felicitazioni, senza per fortuna aggiungere altro. Così come alcuni degli alleati, che, pur con molta educazione, avevano rifiutato l’invito: in realtà pochi, ma fra questi spiccava l’assenza di Emmett.
Subito dopo la vittoria, gli altri membri della famiglia gli avevano comunicato la decisione di Rosalie di rimanere a Forks e il nostro imprinting, con tutte le complicazioni del caso. La sua decisione era stata di partire, sia perché non voleva avere l’occasione di incontrarmi nemmeno per sbaglio, sia perché non avrebbe sopportato di vedere Rosalie soffrire a causa mia. Così, pur non essendone innamorato, aveva accettato, come una bottiglietta d’acqua nel deserto, l’invito di Eva ad andare a stare con lei e la sua famiglia in Russia. Invitati al matrimonio, erano stati a lungo incerti, ma poi avevano rinunciato. Emmett non se la sentiva né di affrontare me, né Rosalie. Bella mi aveva raccontato che lui ed Edward si sentivano spesso e che era ovviamente ancora innamorato di lei e non voleva guastare il suo fragile equilibrio, né rovinare il matrimonio per una rissa con me. Eva, che avrebbe potuto venire, aveva deciso di seguire la scelta di Emmett. “Si sta impegnando con tutte le sue forze per fargliela dimenticare, ma il cammino sarà lungo” mi aveva confidato Bella. E io potevo capire perfettamente il perché. Rose non si dimenticava. Mai.
Mi venne incontro Kate con un elegante abito color crema e i capelli scuri morbidamente sciolti sulle spalle. Mi salutò con il solito sorriso che mi aveva dedicato da quel giorno in cui avevamo condiviso lo stesso campo di battaglia. Accanto a lei Thomas Bruening che aveva abbandonato la Svezia per andare a vivere a Vancouver con i Denali: sembrava infatti che nel corso di quei quattro mesi di addestramento ce l’avesse fatta a fare breccia nel cuore della vampira. Quello che non avevano fatto secoli di conoscenza, lo avevano raggiunto la coesione e lo spirito di gruppo contro i Volturi!
“Ciao Jacob, come sei elegante!” commentò Kate squadrandomi con attenzione.
“Mi tocca… Questa sarà la prima e l’ultima volta che mi vedi così”.
“Peccato. Sei quasi un bel vedere…” ridacchiò. Scherzava ma non del tutto.
Stavo andando in cucina alla ricerca di qualche stuzzichino da mettere sotto i denti, quando sentii la voce di Bella provenire dalla cima delle scale. “Jake, sei arrivato!” esclamò, esageratamente felice.
Alzò un lembo della gonna e, mentre calcava i gradini come una novella Cenerentola al gran ballo, potei ammirarla. Un corpetto bianco aderente di damasco di seta, senza spalline e decorato da disegni grigio perla che mi ricordavano per dimensione e tratto i fiori di pesco; gli stessi ornamenti abbellivano il bordo dell’ampia gonna di cui sentivo il rigido frusciare contro il pavimento. I capelli erano stati raccolti in una delicata crocchia dalla quale esplodevano mille boccoli, apparentemente trattenuti soltanto da minuscole rose di carta, non più grandi di un’unghia e molto simili agli origami,.
Ruotò lentamente su se stessa, chiedendo:“Ti piaccio?”.
“Sei una favola, Bells” esclamai sinceramente compiaciuto.
“Credi che piacerò a Edward?”.
“Sei la solita! Mai sicura di te, vero?”.
Bella mi sorrise vezzosa poi corse, per quanto il vestito lo permettesse, fra le mie braccia. La strinsi forte mentre lei tentava di intrecciarmi le dita dietro la nuca. Ma, nonostante i tacchi, era troppo bassa per riuscirci. L’avrei volentieri sollevata per facilitarle il compito ma la voce stridula di Alice ci richiamò all’ordine:“Ehi, dico siete impazziti! Tu, palla di pelo, lasciala andare subito! Bella, santo cielo, così rovini l’acconciatura. Ci abbiamo messo due ore per sistemarti i capelli!”.
La mia Bells, incurante delle prediche della sua “quasi” cognata, mi guardava come se vedesse solo me. “Sono felice, Jake…” balbettò commossa.
“Si vede, e tra poco lo sarai anche di più…”.
Bella tirò sù col naso ed Alice imperversò ancora una volta, indemoniata:“Accidenti, Bella, se piangi rovini pure il trucco!”.
“Hai ragione!” sorrise stancamente mentre Alice con un fazzoletto le tamponava il viso.
“Avevo paura che mi tirassi un bidone…” disse, come a giustificare le lacrime.
“Non sarei mancato per nulla al mondo. E poi te l’avevo promesso…”. Mi staccai per ammirarla per intero ancora una volta e notai che ad adornare l’ampia scollatura c’era un ciondolo che non c’entrava nulla con il resto del vestito ma che, conoscendo Bella, non poteva mancare: la rosa che le aveva regalato Desirèe. Notò il soffermarsi del mio sguardo e lo sfiorò con le dita. “Alice dice che stona con il vestito ma non potevo sposarmi senza di lei…” disse, abbandonandosi per un attimo ai ricordi.
“Secondo me, va benissimo. Dà colore al vestito. Tutto questo bianco va ravvivato un po’…” approvai mentre Alice scrollò le spalle, esasperata. La nanerottola doveva aver penato parecchio per organizzare la cerimonia, la pettinatura e gli accessori. Sicuramente aveva lottato anche per eliminare l’”orrenda” bigiotteria ma Bella, su certe cose, era intransigente.
Era radiosa e terribilmente emozionata. A conferma di ciò, mi abbracciò ancora una volta. “Per fortuna ci sarai tu accanto a me, altrimenti credo che morirei…” ammise, sprofondando fra le mie braccia, mentre i rimproveri di Alice si facevano più frenetici.
Avrei voluto stringerla di più ma le avrei sgualcito davvero il vestito e mi trattenni.
Era così strano. Un anno fa avrei fatto di tutto per mandare a monte questo matrimonio, ora ne ero uno dei più ferventi sostenitori. Era la mia migliore amica, finalmente senza alcun doppio fine o falsità, e sapevo che la sua felicità era quel matrimonio e per questo avrei ammazzato io per primo chiunque avesse messo i bastoni fra le ruote. Bella alzò il viso, allargando le labbra in un sorriso goffo. Non dovevo rovinare il trucco però non volevo mandarla via senza nemmeno un bacio di incoraggiamento. Le sfiorai la fronte mentre sussurrava:“Ti voglio bene, Jake…”.
“Anch’io Bells…”.
In quel momento sentii un odore insolito fra i suoi capelli. Insolito perché su di lei, ma inconfondibilmente dolce e rilassante. Vaniglia.
Alice aveva usato il “noi” per indicare chi le aveva acconciato i capelli. Facile intuire che fossero state lei e Rose e che un po’ del suo profumo fosse rimasto su Bella. Socchiusi gli occhi per bearmi di quell’aroma e sognare che ci fosse Rose fra le mie braccia e non Bella, ma non potevo dimenticare nemmeno per un momento. Il corpo di Bells era così diverso e non solo per conformazione ma semplicemente perché la pelle era dura, talmente liscia da essere quasi scivolosa; e per quanto mi impegnassi, continuavo a percepire una vaga puzza, propria dei vampiri. Troppo differente da lei. Alzai lo sguardo verso le scale e non potei nascondere la sofferenza.
“Verrà, non ti preoccupare…” disse Bella mentre il suo sorriso svaniva. Mi sentii uno stupido perché avevo promesso che avrei fatto di tutto per non rivangare l’argomento in quel giorno di festa ma non mi rendevo conto di quanto fosse impossibile separarmi da una parte di me.
“L’ha promesso… Sia a me che a Edward… Sono sicura che verrà…” mi rincuorò. Annuii e la lasciai andare. L’incanto era rotto; la realtà aveva con irritante rapidità distrutto ogni cosa.
“Vado a vedere dov’è finito lo sposo…” dissi, sforzandomi di sorridere. Bella annuì mentre Alice la incalzò per indossare il velo.
Andai in cucina, arredata in legno chiaro, con linoleum bianco e dorato, pizzicai una tartina e da lì uscii in giardino, sfruttando la piccola scala a chiocciola della veranda. Il giardino, illuminato dalla tenue luce che riusciva a filtrare fra gli alberi, era già scoppiettante di invitati: vampiri, licantropi e umani. I pochi umani erano perlopiù ex compagni del liceo di Bella e i genitori della sposa e tutti elegantissimi: gli uomini in giacca e cravatta alcuni, papillon altri; le donne in abito lungo (generalmente le vampire perché noi del ventunesimo secolo non eravamo abituati a certi vestiti) o tailleur. Sembrava davvero un party d’altri tempi.
Del branco non mancava nessuno. Erano venuti tutti. Questa era una delle profonde differenze dal primo matrimonio. Allora nessuno era stato invitato e anche se lo fosse stato, non avrebbe partecipato. Adesso invece potevo fare l’appello e nessuno avrebbe brillato per l’assenza. A parte Seth, Quil, Brady… Scossi la testa per scacciare la tristezza e decisi di raggiungere lo sposo, che era vicino a Jasper, Eleazar e uno del clan dei russi. Mi avvicinai con il mio consueto atteggiamento scanzonato e, una volta vicino, gli appoggiai una mano sulla spalla, esclamando:“Ciao Eddy! Come va?”.
Si voltò e se non ci fossero stati umani testimoni penso che mi avrebbe sbranato; la mia risposta fu un ghigno frizzante. Odiava essere chiamato Eddy e, da quando lo avevo scoperto, non perdevo occasione per usare quel nomignolo. Non capivo cosa ci trovasse di sgradevole, ma lui, così rigido e severo, lo trovava quasi un insulto. E io mi divertivo un mondo!
“Speravo che non venissi…” sibilò e la sua voce mi giunse aspra.
“Oh e come avreste fatto senza testimone?!”.
“Ci sono decine di persone qua. Una si sarebbe prestata sicuramente”.
“Peccato che Bella non si sarebbe mai sposata senza di me…”.
Scosse la testa, vagamente infastidito. Ci pensarono Eleazar e Jasper a supportare il loro amichetto, prendendo in giro me sul mio abbigliamento e sul fatto che sembrassi un pinguino, subito dopo un’indigestione. Ah, che ridere! Avrei cavato gli occhi a entrambi ma avrei aspettato il momento giusto per attuare la mia vendetta! Mentre riprendevano a parlottare, mi guardai attorno. Il giardino era stato addobbato, come la casa, con fiori d’arancio, oltre a rose bianche. C’erano due dozzine di camerieri che stavano ancora sistemando i tavoli con gli ultimi piatti e bicchieri. Il pranzo era un buffet per un motivo puramente ingannevole: come avrebbero fatto a spiegare ai pochi umani che i Cullen e i loro amichetti non mangiavano? Così sarebbe passato tutto più inosservato. Al primo matrimonio avrebbe dovuto cucinare Esme; adesso i Cullen si erano rivolti a una ditta di catering. Decisamente più pratico, anche se più costoso. Ma tanto loro fabbricavano i soldi, anche senza lo stipendio di Carlisle.
All’estremità del giardino avevano allestito un gazebo sotto il quale gli orchestrali stavano regolando gli strumenti. L’altare e le panche erano state collocate oltre la siepe, ai margini della foresta. Effettivamente il giardino era grande, ma se avessero svolto la cerimonia al suo interno non ci sarebbe stato abbastanza posto, considerando lo spazio occupato dal buffet. Soluzione obbligata quindi. Sotto uno dei frassini c’era il sacerdote che stava parlottando con la madre di Bella e il suo compagno.
In quel momento arrivò Alice, simile a una giostra impazzita, pregandoci di prendere posto. Respirai profondamente e la seguii. Edward camminava lento e molle, come se stesse andando a fare una passeggiata: possibile che non fosse agitato? Forse lo ero più io di lui. Per fortuna non era il mio matrimonio.
Pian piano tutti si accomodarono nel silenzio più totale. Soltanto qualche bisbiglio, in attesa della sposa. In quel momento notai lo sposo stringere convulsamente le mani a pugno una, due, tre volte. Allora non sei di ghiaccio, eh? Sentì il mio pensiero e mi lanciò un’occhiata di rimprovero, misto a scetticismo. E’ bellissima, quindi stai attento a non svenire, altrimenti il testimone ti soffia la sposa… pensai, soffocando una risata. Edward arricciò le labbra e si voltò verso le ultime panche, in attesa di Bella. Dovevo ammettere che lo smoking gli stava bene e soprattutto sapeva indossarlo. Non era un pesce fuor d’acqua come me. Sembrava che fosse nato con quel vestito. All’inizio del novecento facevano corsi per indossare certi abiti? Proveniva da una famiglia d’elite come Rosalie oppure era un dono naturale? Anche Alice, vicino a lui, pur indossando un abito dalla gonna corta e vaporosa poco sopra il ginocchio, sembrava più che a suo agio. Soltanto io non riuscivo a darmi un tono e continuavo a ondeggiare sui piedi per cercare una posizione che mi facesse sembrare il meno impacciato possibile.
La marcia nuziale cominciò e fu la calamita di tutti gli sguardi. Bella comparve a braccetto di Charlie alla fine del tappeto rosso, visibilmente emozionata. Se fosse stata la vecchia Bells avrei scommesso che sarebbe inciampata o avrebbe traballato ma quella nuova era di gran lunga meno emotiva, anche se ugualmente sensibile. Camminava sorridente al braccio di Charlie, avvolta da uno scialle di seta con le medesime decorazioni del vestito e un bouquet di rose bianche, guardando dritto davanti a sé, ignorando gli invitati e rivolgendo il suo sguardo solo a Edward. In quel momento mi rimproverai per non aver mai capito che il loro legame andava al di là del semplice amore. Lui era la sua bussola, ciò che dava una direzione alla sua vita. Bella ed io ci saremmo sempre capiti al volo, ma entrambi avevamo bisogno di qualcosa di più. Ed entrambi l’avevamo trovato.
Nei pressi dell’altare, Charlie le diede un bacio sulla guancia, poi indietreggiò lasciandola accanto a Edward. Bella mi sorrise nervosa poi si perse nello sguardo del suo fidanzato poco prima che il sacerdote iniziasse la funzione.
La cerimonia in sé non fu niente di interessante. Un normale matrimonio. Ogni tanto mi guardavo intorno visto che essendo il testimone ero il più vicino agli sposi e quindi non potevo certo mettermi a chiacchierare con gli invitati alle mie spalle, che erano Charlie, Sue e Leah. Da quella posizione avevo un colpo d’occhio magnifico su tutti gli ospiti e potei notare come si fossero mischiati. Non c’erano le panche dei licantropi e dei vampiri. Non si sarebbe distinto chi appartenesse a quale gruppo se non fosse stato per il pallore mortale delle sanguisughe. I Volturi alla fine avevano prodotto davvero qualcosa di buono? Se me l’avessero preannunciato un anno fa, mi sarei messo a ridere; invece la solidarietà e la battaglia avevano portato dove nessuno avrebbe mai pensato.
Seth ne sarebbe stato felice, se fosse stato ancora vivo, e mi rattristava pensare che lui non ci fosse stato il giorno in cui Sam aveva ufficialmente lasciato la sua carica di capo. Quel pomeriggio, pochi giorni dopo la battaglia, aveva indotto una riunione in forma umana e aveva dichiarato ciò che ormai tutti aspettavano. Il suo ritiro e la successione. Sam aveva riso perché finalmente si sarebbe sottratto alle preoccupazioni per dedicarsi solo a Emily e a suo figlio; sospirato perché ricominciare a invecchiare implicava non trasformarsi più, e anche se saremmo rimasti sempre amici, in un modo o nell’altro avrebbe significato allontanarsi per sempre da noi.
Gli altri avevano acclamato la partenza del vecchio capo e l’arrivo del nuovo. Joe fu il primo a congratularsi con me ancora prima che Sam avesse terminato il discorso. Avevo ricevuto le congratulazioni di tutti, ma prima di accettare avevo voluto mettere bene in chiaro cosa comportava la mia incoronazione. Raccontai loro dell’imprinting (cosa già nota grazie alla telepatia durante la battaglia) e dei problemi che stava sollevando. “Io spero, anzi sono sicuro che tutto si sistemerà” avevo concluso. “Ma capirei le vostre remore perché un vampiro come compagna del capo sicuramente non succede tutti i giorni, ma io la amo e se a voi non sta bene, vorrei che lo diceste adesso. In questo caso nominerò un altro al mio posto… Non voglio obbligare nessuno a rispettare una persona che dovrebbe esservi nemica per natura”.
“Io non ho alcun problema con Rose, anzi. Sarà una buona lupa, mai quanto Emily e le sue frittate, ma andrà benissimo per altre cose…” esordì Joe con un sorriso limpido e innocente. Sapevo che lui non si sarebbe mai opposto; il problema poteva solo venire dagli altri.
Li passai in velocità senza guardarli negli occhi: non volevo che pensassero che cercavo di intimorirli. Erano liberi di decidere ciò che preferivano; l’amicizia per quanto mi riguardava non si sarebbe spezzata.
“A me sta bene. Non ho niente da obbiettare” esclamò Leah per prima dopo un silenzio pesante. E pian piano tutti emisero la stessa sentenza. Dunque io ero accettato e Rose pure. Temprai subito la loro scelta con le mie prime due decisioni da capo.
“Innanzitutto, voglio sciogliere il patto che ci lega ai Cullen, e cioè togliere il confine. Se vorranno, potranno oltrepassarlo e venire a La Push, fermo restando che se succedesse qualcosa a uno degli abitanti a loro direttamente imputabile, ne dovranno rispondere personalmente” proposi. Più o meno tutti aggrottarono la fronte, con aria sorpresa e irruvidita. Questo forse era decisamente troppo all’avanguardia. In questo caso intervenne Sam, spezzando tante lance a favore dei Cullen e del loro comportamento cristallino e integerrimo in questi anni. Senza considerare il fatto che in questo modo, dinanzi a un attacco alla popolazione di La Push da parte di altri vampiri esterni, anche loro sarebbero stati costretti a intervenire dato che sarebbe rientrata nella loro circoscrizione di competenza.
Joe disse subito “Va bene” insieme ai più giovani; ovviamente la vecchia guardia, Leah in testa, fu molto più scettica ma dovettero ammettere che Sam aveva ragione e che se di fatto una dei Cullen era la compagna ufficiale del capo, sarebbe stato incoerente non permetterle l’accesso alla riserva. Finì con un plebiscito di Sì.
Seconda e ultima questione: il branco aveva bisogno di un vice. Sam sarebbe stata la scelta perfetta ma lui non ne avrebbe più fatto parte quindi dovevo cercare altrove. Ci avevo pensato la sera precedente e non avevo impiegato più di due minuti a fugare ogni dubbio. Io ero, a detta di tutti, un impulsivo, spavaldo, arrogante e mancavo spesso di lucidità. Per un capo sicuramente dei difetti importanti. Per porvi rimedio, c’era bisogno di un vice che mi facesse ragionare oppure che smontasse la mia irruenza. Soltanto una persona aveva il dono naturale di sbattermi in faccia la realtà, per quanto disgustosa, e contemporaneamente farmi ragionare.
“Leah” proferii fermo.
Inarcò le sopracciglia poi indicò se stessa col dito. Aprì la bocca per dire qualcosa ma ne uscirono solo una fila infinita di “Ma”, “Sei sicuro…?”, “Non so se…”.
“Sei la migliore, oltre che la più saggia qua dentro” confermai con un cenno della testa.
“Leah va benissimo” urlò Joe che sembrava quasi pagato per confermare tutte le mie proposte.
Leah sembrò incerta e non aspettai altre conferme dagli altri. Questa decisione non era sindacabile. Leah sarebbe stata la vice e stop. All’inizio Jared e Paul sembrarono un po’ contraddetti, forse perché si aspettavano che scegliessi uno di loro, ma dovettero rassegnarsi e incassai pure i loro consensi.
Oggi eravamo tutti a un matrimonio di vampiri, a circondarli con il nostro calore e a ridere bonariamente della loro alterigia che contrastava in maniera netta con la puzza, che per quanto ci sforzassimo di non sentire, inondava tutti quanti. Però era quasi divertente. Mancava solo una cosa… Anzi una persona…
“Vuoi tu Isabella Marie Swan prendere come tuo legittimo sposo il qui presente, Edward Antony Masen Cullen per amarlo, onorarlo…” la formula di rito mi riportò al presente. Ma quanti nomi avevano? Santo cielo, tra doppi nomi e cognomi pre-morte e post-morte potevano aprire un orfanotrofio! Mi facevano quasi vergognare di me e del mio unico Jacob Black! A pensarci bene, anche Rose faceva parte di quella schiera. Edward l’aveva presentata ad Aro come Rosalie Lillian Hale. Lillian. No, non mi piaceva affatto. Meglio Rosalie, e Rose ancora meglio.
Alla fine della cerimonia, quando fu il momento del bacio si sfiorarono delicatamente le labbra. Ecco, io non ce l’avrei fatta sicuramente e avrei dato spettacolo. Ma già, io ero il maleducato…
Dopo aver sistemato tutta la trafila burocratica di firme e contro firme, finalmente fui libero di allontanarmi dai due sposi, letteralmente sommersi da congratulazioni e felicitazioni. In un negozio dove svendevano la merce al 20% ci sarebbe stata meno ressa. I miei auguri personali li avrei fatti a entrambi più tardi. Camminai verso la casa, dove tutti i camerieri erano già schierati dietro i tavoli, pronti a servire gli aperitivi. Non avevo molta sete e non mi ero allontanato per mangiare. Alzai gli occhi, facendo finta di ammirare l’edificio. Non ero mai salito al piano superiore ma sapevo che la camera di Rosalie era l’unica col balconcino. La porta finestra era chiusa e le tende tirate. Mi ritrovai a implorare che scendesse, o si affacciasse, anche solo un attimo. Non chiedevo molto.
“E’ stata una bella cerimonia…” commentarono Joe, Rachel e Paul alle spalle.
“Già” annuii.
“Bella era emozionata e anche Edward…” intervenne mia sorella.
“Però loro si sono contenuti, al contrario di te! Questa piagnona si è messa a piangere!” la schernì Paul. E quella fu la spiaggia sulla quale approdai per mitigare le mie tempeste. Non era molto onorevole ma prendere in giro Rachel era uno dei miei passatempi preferiti.
Successivamente gli sposi, seguiti dal resto degli invitati entrarono nel giardino e si diede ufficialmente inizio alla festa. Dapprima gli aperitivi, poi tre primi, tre secondi, torta, caffè e amari a tutto spiano. Dovetti ammettere che alla fine del pranzo ero letteralmente stra-pieno e probabilmente la sera non avrei cenato. Le tavolate erano state divise in maniera che i licantropi e gli umani stessero da una parte e i vampiri dall’altra, tutto per camuffare che una buona parte degli invitati non avrebbe ingoiato un solo pezzo di pane, e mi facevano un po’ pena: si erano persi un gran pranzo. Anche la torta a base di panna, crema chantillin e cioccolato era fatta soltanto per noi esseri inferiori… Sempre peggio per loro perché era ottima!
Seduti al mio tavolo c’erano Rachel e Paul, Sam ed Emily, Leah e Joe, Angela e Ben, Mike e Jessica: questi ultimi erano quattro amici di Bella al liceo, che conoscevo appena. Joe subito non mancò di fare lo spavaldo con Angela, tentando di farla ridere e accattivarsene le simpatie. Lei, di temperamento gaio e leggero, sembrò gradire i suoi goffi tentativi di fare amicizia, ma tutti sapevamo che era impegnata con Ben da una vita e che non lo avrebbe certo mollato per mettersi con un bambino con la faccia da adulto. Noi del branco sghignazzavamo di soqquatto per non sminuire Joe ma non potevamo non ridere del suo tentato corteggiamento. Poi l’attenzione di tutti passò su di me e soprattutto su Jessica, che sembrava essersi improvvisamente accorta della mia esistenza e non perdeva tempo per attaccare bottone su tutto quello che le saltava in mente. E così divenni io il bersaglio delle occhiate furtive dei miei compagni.
“Sai, Jacob, sei cambiato tantissimo in questo anno e mezzo. Ti ricordavo proprio come un bambino e invece sei cresciuto e in meglio…” continuava a ripetere di tanto in tanto fra un discorso e l’altro. Bella mi aveva raccontato che Jessica faceva il filo a Mike da tempi immemori e invece ora: o stava tentando di farlo ingelosire oppure aveva cambiato mira. La seconda ipotesi mi faceva dolere lo stomaco. Indipendentemente dall’imprinting, Jessica non l’avrei presa in considerazione neanche se fosse stata l’ultima donna sulla faccia della terra. Non era affatto brutta, però quelle sue lentiggini così spiccate, la bocca piccola sempre pronta a trasformarsi in una smorfia di disgusto e la sua saccenza mi davano i nervi. Ma come faceva Bella ad andare d’accordo con una del genere? O forse non erano proprio amiche, l’aveva invitata solo per il fatto che era stata una delle poche conoscenze del liceo, a parte i Cullen. Intrecciai le mani intorno al ginocchio pronto a sorbirmi le sue mille domande e considerazioni, sperando che il tempo trascorresse il più velocemente possibile.
Erano ormai le quattro e stavo disperando che Rose avrebbe fatto la sua comparsa. Anzi, ormai ne ero sicuro. Aveva preferito mantenere la minaccia fatta a me che la promessa a Edward e Bella. Non potei evitare di gonfiare il petto e far uscire un sospiro di rassegnazione. Non l’avrei vista. Mi alzai per andare a prendere il caffè. Lì incontrai la mamma di Bella che stava chiacchierando amabilmente con Sue. Sembrava che fossero amiche da una vita e invece si erano conosciute solo da qualche ora. Evidentemente Bella non aveva proprio preso da sua madre, e nemmeno Leah. Appena mi videro, subito Renèe mi subissò di domande sulla mia fuga dell’anno precedente (non sapeva niente né di vampiri né di licantropi), esclamazioni varie su quanto fossi cresciuto da quando mi aveva visto lei l’ultima volta (capirai! Erano passati dieci anni!) e sul mio lavoro.
“Billy mi ha detto che hai trovato un impiego, appena preso il diploma” domandò curiosa.
“Sì, non ho avuto neanche modo di fare le vacanze perché ho trovato posto come meccanico in un’officina a Port Angeles. E’ stata un’occasione e di questi tempi non potevo perderla…”.
“Hai fatto benissimo. Bella mi raccontava che ti piacciono molto le macchine…”.
“Sono la mia passione…” conclusi proprio nel momento in cui arrivarono Billy e Charlie. Approfittai del loro arrivo per svignarmela. I miei commensali si erano alzati anche loro e sembravano volersi sgranchire le gambe; cercai Bella per farle le mie congratulazioni, ma era sempre avvolta da ospiti in fermento. Decisi che avrei rimandato ancora una volta e sarei tornato verso i miei amici.
“Sono tutti talmente belli qua che mi sembra di essere un topo da compagnia…” stava sospirando Emily quando raggiunsi il gruppetto costituito da lei, Sam, Embry, Maggie, la sua ragazza, e Rachel.
“Tu sei molto più bella di loro…” la rincuorò Sam, dandole un bacio sulle tempie.
“Sei gentile, amore, ma gli occhi ce li ho anch’io” ridacchiò Emily. “Piuttosto che ore sono? Abbiamo la babysitter fino alle 18 poi dobbiamo tornare a casa. Anche perché Ethan avrà fame…”.
“Sono le 16. Abbiamo ancora un paio di ore e poi lo sai che Ethan prima delle 17 non si sveglia mai…” rispose Sam.
Emily fissò tutti noi a turno poi esclamò, strofinandosi le mani nervosamente:“So che mi state compatendo, ma mi manca il mio piccolo quando non è con me…”.
Rachel rise di gusto poi replicò:“Ma no, Emy. E’ piccolo ed è logico che tu stia in pena se non gli sei vicino”.
Emily si strinse a Sam e accennò un sorriso imbarazzato poi, di colpo, si ricordò:“Ah, Leah mi ha chiesto se stasera può venire dopo cena a trovare Ethan per una decina di minuti. Le ho detto di sì. Non è un problema, vero?”.
Sam alzò gli occhi al cielo ed emise un lungo e rassegnato sospiro:“No, è ok. Basta che non resti troppo. Ethan va a dormire presto. E anch’io. Domani voglio alzarmi per sistemare la rimessa…”.
Emily sorrise compiaciuta e cominciò a raccontare vari aneddoti su suo figlio.
Ethan Seth era nato, come previsto e senza alcun problema, a fine luglio. Parto naturale, mamma e figlio in salute. Sam era al settimo cielo quando mi aveva chiamato per avvisarmi della paternità. Balbettava persino. Gli avevo promesso che sarei andato il giorno dopo in ospedale e così la famiglia Black si era presentata al completo per omaggiare il piccolo erede degli Uley. Quando entrammo, ci ritrovammo davanti una scena che nessuno aveva preso in considerazione: Sam ed Emily seduti sul letto ed Ethan in braccio a Leah che camminava beata avanti e indietro per la camera. Rimasi a bocca aperta. Fino alla settimana prima mi aveva riempito la testa delle sue lagnanze sull’imminente parto e che probabilmente non sarebbe andata a fare le congratulazioni ai due genitori, a meno che sua madre non l’avesse costretta, e ora me la ritrovavo lì, letteralmente conquistata dal bambino, accarezzandolo e coccolandolo come se fosse suo. Istinto materno improvviso?
La risposta arrivò tre giorni dopo quando andai a trovare Sam ed Emily, appena dimessa dall’ospedale: Leah aveva avuto l’imprinting con Ethan. Sgranai gli occhi, allucinato. Con un bambino appena nato? Dio, anche a Quil era accaduta una cosa simile a suo tempo con Claire, una cugina alla lontana di Emily, ma già allora mi era sembrato surreale, ora diventava quasi ridicolo. E mentre io stramazzavo sulla poltrona più vicina, in evidente stato di shock, Sam ed Emily apparivano contenti e soddisfatti. Emily, che si era sempre sentita in colpa per aver diviso Leah e Sam, ora vedeva tutto questo come un segno del destino ed era estasiata all’idea che, proprio lei che aveva causato tanto dolore alla cugina, potesse renderla di nuovo felice. E, in misura minore, lo stesso valeva per Sam. Leah avrebbe dovuto bloccare l’invecchiamento e aspettare vent’anni prima di poterlo baciare però per il momento era già più che contenta di tenerlo in braccio. Quasi tutti i giorni faceva un salto dagli Uley e lo cullava prima che si addormentasse.
Era una cosa che io non capivo, però ero l’ultimo che potessi muovere qualche critica, visto il mio imprinting con un vampiro.
Ad ogni modo problema risolto. Anche Leah aveva la sua dolce metà, un po’ acerba ma lei era una persona paziente, quindi poteva attendere. Al contrario di me.
Embry mi vide pensieroso e ci propose un bicchierino di Jack Daniel’s per digerire il pranzo e ci dirigemmo nuovamente al buffet. Ci servirono in pochi minuti e facemmo un brindisi tutto nostro agli sposi e al nostro branco. Stavo ancora sorseggiando quando Alice sopraggiunse alle mie spalle, a passo sostenuto. Sembrava agitata ma dai suoi gesti traspariva entusiasmo. La seguii con lo sguardo sperando in un miracolo.
Dal fondo del giardino spuntò una figura elegante e composta. Camminava verso il gigantesco baillame di colori, persone e suoni che ondeggiavano soprattutto vicino ai due sposi. Mi tremò la mano e versai qualche goccia di whisky a terra. Alice corse ad abbracciarla come se fosse lei la vera festeggiata, poi la accompagnò dai novelli marito e moglie.
Bella, appena la vide, abbandonò subito la conversazione con sua madre e Phillip per andarle incontro. Rosalie la abbracciò, poi fu il turno di Edward. Rimase fra le sue braccia più a lungo di quanto potessi sopportare ma non ero nella posizione e nemmeno nella situazione adatta per protestare. Parlò a lungo con loro e in quel momento mi accorsi che la mia teoria che seduzione facesse rima con gonne corte o scollature profonde era completamente errata.
Indossava un vestito lungo, color cobalto, che metteva in risalto la carnagione lunare e gli occhi del medesimo colore del tessuto. Senza spalline, arricciato e aderente fino sotto ai glutei, da cui partiva la lunga gonna di seta ampia che sfiorava il terreno. Sulla schiena un gioco di incroci che dava l’illusione che il vestito si chiudesse come un bustino degli anni venti, mentre in realtà adempiva a questo compito una più moderna cerniera, cucita su un fianco. I capelli ricadevano sciolti, a onde spumeggianti sulle spalle e accarezzavano la schiena sciogliendomi in mille brividi; gli occhi luminosi e resi vibranti da ciglia così nere e folte da ricordare un pizzo. Infine un semplice girocollo e un bracciale al polso destro. Sorrisi perché non era un semplice bracciale, era il mio bracciale. Largo tre dita, in oro bianco, abbozzava foglie di acanto intrecciate fra di loro, come se fossero ancora attaccate al ramo, e le cui venature erano riempite da mille zaffiri. Quel bracciale mi era costato un patrimonio e una sfilza infinita di insulti da parte di mio padre, ma non me ne sarei pentito. Gli zaffiri mi ricordavano i suoi occhi. Era perfetto, creato quasi su misura per lei.
Indugiai su Rosalie, sul suo corpo perfetto prima di accorgermi che la gola si era seccata di colpo. Buttai giù d’un colpo il whisky e ne chiesi un altro. Meglio ubriaco che sobrio visto che l’unica cosa che mi veniva in mente era come sfilarle il vestito di dosso.
“E’ lei?” chiese conferma Emily.
“Sì” ammisi con un filo di voce senza guardarla, intento solo ad osservare il cameriere che riempiva il piccolo bicchiere.
Emily non l’aveva mai vista, come quasi nessuno dei Cullen, a parte Edward, ed era stata curiosa fin da principio di vedere questa ragazza la cui bellezza era favoleggiata da tutto il branco.
“Beh… che dire…” balbettò, e la sua voce suonò strana, vacua, come se fosse sotto shock. “E’ magnifica, Jake. Direi che l’imprinting è ampiamente giustificato”.
Già, peccato che fosse lo scherzo più orribile che il destino potesse tirarmi.
“Ti va di conoscerla?” domandò entusiasta Rachel. La odiavo quando tentava di mettersi in mostra in questo modo. “Se vuoi, te la presento. All’inizio sta un po’ sulle sue, ma dopo è simpatica. Vieni…”.
Afferrò Emily per un braccio e la trascinò vicino agli sposi, in attesa che Rosalie finisse di fare loro le congratulazioni. Anche Joe le imitò e d’improvviso colei che doveva essere solo la testimone diventò più importante degli sposi stessi.
La osservavo e non c’era altro. L’orchestra si era messa a suonare ma era come se fosse in silenzio. Tutto attutito, spento, piatto, incolore, a parte lei. Si allontanò dagli altri e si girò per poter parlare con Joe, Rachel ed Emily. Era ciò che si avvicina di più a un raggio di sole. Si toccava spesso il braccialetto ed era un contatto molto più intimo di quanto potesse apparire. Lo accarezzava in continuazione pur continuando a non distogliere lo sguardo dai suoi interlocutori. Era come se stesse toccando me e mi illudevo di poterne avvertire la carezza, mentre la mia stretta, furiosa, stava per sgretolare il bicchiere. Sam me lo sfilò gentilmente dalle mani e lo appoggiò sul tavolo. “Stai calmo…” mi sussurrò, cantilenando come se fosse una ninna nanna.
“Fai presto a parlare tu. Emily è vicino a te, ogni volta che lo desideri. Non puoi capire cosa provo” ringhiai. Nella mia voce si insinuarono collera e qualcosa di simile a un amaro divertimento.
Sam non perse la calma, ma mi appoggiò la mano sulla spalla. “Hai ragione, Jake. Non posso saperlo. Ma esplodere in questo modo non è di nessun aiuto e, soprattutto, non vorrai rovinare il matrimonio di Bella, vero?”.
“No, certo che no” sospirai. Ne avevo già combinate troppe in passato perché potessi avere una giustificazione valida anche per questa. L’alcol sembrò avere un lieve effetto: mi sentivo leggero e vuoto come un palloncino. Era pur sempre meglio di niente, anche se non sarebbe durato che pochi minuti.
In quel momento gli sposi raggiunsero il centro della pista appositamente allestita vicino all’orchestra e diedero inizio al loro primo ballo. Forse avrei dovuto osservare solo loro, forse avrei dovuto essere rapito dai loro movimenti eleganti, forse avrei dovuto commuovermi dinanzi ai loro sguardi abbandonati l’uno negli occhi dell’altro, ma non mi vergognavo di pensare che l’unica persona che mi interessasse stesse dall’altra parte della pista. Sorrideva elegantemente, senza mai mostrare i denti, come se fosse a un ricevimento dell’alta società. Non sentivo cosa le stessero dicendo Emily e Rachel, a causa della musica e non credevo che a lei interessasse granché. Stava recitando, come sempre quando era in pubblico. Poi Joe e Rachel la lasciarono con Emily e l’una si diresse verso Paul, l’altro tornò da me.
“Cazzo, ma quanto è bella oggi! Quasi ti invidio, Jake” rise Joe, una volta vicino. Soltanto quando lo trapassai con lo sguardo e fui invaso dall’orribile smania di picchiarlo, si rese conto di aver detto una stupidaggine.
Non gli prestai più attenzione e tornai sul mio soggetto preferito, il quale, dopo un’iniziale titubanza, sembrava avere iniziato una conversazione realmente interessante con Emily. Si sedettero sulle poltrone di vimini che avevano ospitato gli sposi fino a poc’anzi e chiacchierarono amichevolmente per almeno mezz’ora. Per una buona parte fu soltanto Rosalie a parlare mentre Emily ascoltava. Avrei voluto capire perché dai suoi sguardi e dal movimento lento e quasi impercettibile delle labbra intuivo che stava raccontando qualcosa di difficilmente confidabile. Agli altri, ma non a Emily. Se c’era una persona comprensiva e sensibile era lei.
Mi allontanai per lasciarle nella loro silenziosa intimità e così ripiombai nella calca, passando senza intoppi da un gruppetto all’altro del mio branco. Per quanto riguardava i vampiri, scambiavo qualche parola soltanto con i membri della famiglia Denali; degli altri ricordavo a malapena i nomi, non ci avevo mai parlato e non mi importava di cominciare a farlo adesso. Al contrario, Joe sembrava il PR di tutta la cerimonia. Si intratteneva con ciascun gruppetto, manco fosse l’invitato d’onore. Tutto sommato il miracolo era avvenuto solo per metà: tutti insieme in uno stesso posto senza scannarci, ma l’amicizia, beh, quella era tutta un’altra storia.
Emily apparve d’un tratto vicino a me e, senza che le chiedessi niente, disse:“Sta bene, Jake. E’ una bellissima ragazza, un po’ chiusa, ma molto dolce”.
Annuii, lanciando uno sguardo nella sua direzione. Era sola con un calice di champagne in mano e sembrava indecisa se berne un po’. Ne accarezzava la superficie liscia e fredda e, anche se lontano, potevo intuirne il tenue sfrigolio. O forse era la mia immaginazione. Lo appoggiò alle labbra e le inumidì leggermente. Un sorso poteva sopportarlo, non c’era da preoccuparsi. La sua bocca, leggermente lucida dallo champagne, brillava, morbida, nel momento in cui mi fissò per un istante. Baciami sembrava che implorasse. E Dio quanto avrei voluto accontentarla!
In quel momento arrivarono Alice e Jasper che la presero in disparte, dando luogo a una fitta conversazione. “Mi ha detto di darti questo…” mi sorprese Emily, allungando un biglietto stropicciato e scritto con calligrafia malferma.
Quando finisce la festa, ti aspetto al nostro solito posto. Non mancare.
“C’è bisogno di una risposta?” domandò Emily.
Scossi la testa. Era scontato che ci sarei andato, almeno per me.
Un’altra oretta trascorse con chiacchiere che ormai sapevano da litanie. Tutto quello che potevamo dirci era stato detto; molti degli invitati erano andati a scatenarsi in danze pirotecniche mentre io non avevo ancora avuto modo di salutare Bells. La sera stessa sarebbero partiti per la luna di miele e volevo parlarle ma sembrava diventato un rebus impossibile da sciogliere. Mi stavo rassegnando, mentre continuavo a non perdere di vista Rosalie, che stava spesso in disparte o in compagnia dei suoi fratelli e di Kate Denali. Sapevo che alcuni vampiri degli altri clan l’avevano corteggiata durante il periodo di addestramento, prima della battaglia con i Volturi, ma la mia presenza al party, anche se a distanza, rendeva difficile qualsiasi tipo di approccio, visto che, tutti sapevano, non mi sarei fatto troppi scrupoli a difendere ciò che era mio, anche davanti a esseri umani ignari.
   
 
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