Attrazione
I due giorni che seguirono furono sereni, quasi felici. Hook trascorreva molto tempo con Arabelle,
il più del quale ascoltando la ragazza che leggeva per lui. Inaspettatamente,
il pirata si era rivelato a lei capace di essere
gentile, anche formalmente cordiale. Del resto, la maggior parte dei suoi
inganni, praticati nella sua carriera di filibustiere, erano riusciti anche
grazie alla sua capacità di essere affabile e
raffinato. Ma Arabelle
sapeva riconoscere un sorriso falso o uno sguardo doppiogiochista. Non era
quello il caso, anche perché lo stesso uomo appariva colto alla sprovvista da
queste sue manifestazioni.
Era
pomeriggio, quando Arabelle terminò di leggere per
lui. Chiuse con grazia il libro e lo posò sullo
scrittoio poco distante dal letto. Era ancora più bella del solito se
possibile: di nuovo in tenuta da amazzone, con i pantaloni e gli stivali,
lasciava ancora in mostra il suo corpo. I capelli non erano sciolti come al solito, ma parzialmente raccolti dietro la nuca. L’ovale
del viso le risaltava di più. Stranamente aveva due leggere occhiaie, che se
non le intaccavano la bellezza, la rendevano più umana, meno eterea. Che non avesse dormito?
« È
ora di medicarti » disse piano. Hook era ancora
rilassato, ancora calmato e rassicurato dalla voce calda e melodiosa di lei.
Non aveva mai udito una voce simile.
« Mi
sento meglio oggi. »
Lei
sorrise « Ti senti meglio perché sei quasi guarito, Jason.
» rispose lei, mentre gli scioglieva le bende « Non manca molto ormai. ».
« Non
manca molto per cosa? » chiese Hook perplesso. Le
dita della giovane si muovevano leggere e abili sulla sua pelle, sfiorandola
appena. Per l’uomo fu come se venisse inondato da una
scarica elettrica lungo tutto il corpo. Un brivido lo
percorse lungo la spina dorsale. Anche Arabelle sembrò rimanere non indifferente a quel contatto,
perché le sue dita presero a tremare leggermente, sebbene lei sembrasse
impassibile. Come se non avesse udito la domanda di lui,
non rispose.
« Per
cosa, Arabelle? » la incalzò lui alzando un po’ il
tono di voce.
« Perché tu possa tornare alla tua vita. Al tuo ruolo, se
così preferisci. ».
Il
cuore del pirata perse un colpo. In quegli ultimi due giorni era stato talmente
bene che aveva dimenticato che presto sarebbe giunto il momento di tornare alla Jolly Roger e al suo
equipaggio. Agli arrembaggi e alla guerra contro Pan.
Alle battaglie tra pirati e ai bordelli. Alle razzie e alla ricchezza e fama.
Alla solitudine.
« Non
sembri felice. » considerò lei « Credevo fosse ciò che desideravi. »
« Infatti » rispose pronto lui.
Lo desideravo. Hai detto bene. Prima lo desideravo. Ora non so più
cosa voglio.
« La
ferita è a posto, quindi il rischio che si infetti è
praticamente inesistente a questo punto. » analizzò con occhio esperto la
giovane « Per essere certa che si cicatrizzi a dovere, però, devo
applicarvi sopra un impiastro di erbe. ».
Hook la guardò incredulo « Un impiastro di erbe? »
« Si.
» fece lei « L’ho già preparato. È di là » Si allontanò con passo svelto, quasi
di corsa e ricomparve in un baleno accanto al pirata con un sacchetto di
stoffa. Lo aprì piano e vi immerse dentro una mano. Quando l’ebbe tirata fuori, le dita erano sporche di una
crema verde scuro dall’aspetto mollo ma che emanava un profumo di lavanda molto
intenso.
« Sta
fermo. » si raccomandò, prima di sedersi accanto a lui. Avvicinò cautamente la
mano all’inizio del taglio, poi vi posò sopra le dita e cominciò a spalmare
l’impiastro con lenti movimenti circolari. Appena ebbe
incominciato, Hook trasalì.
« Ti
fa male? » chiese, preoccupata.
« Si » mentì lui. In realtà non avvertiva quasi per niente
dolore; era stato il contatto con la mano della ragazza a fargli quell’effetto. Arabelle intanto
continuava a percorrere il taglio lasciando un sottile strato di quella crema di erbe. L’uomo chiuse gli occhi, rilassandosi al suo tocco,
che però, più che rilassarlo, in quel momento gli stava trasmettendo scariche e brividi finora mai provati di tale intensità.
«
Posso farti io una domanda stavolta? » domandò Arabelle,
guardandolo dritto negli occhi, ora di nuovo spalancati.
«
Parla. » disse lui.
La
ragazza indicò con la mano pulita il suo moncherino. Non smise mai di fissarlo,
per paura che pensasse che la cosa le creava ribrezzo o imbarazzo.
« Come è accaduto? »
Un
moto di rabbia sconvolse Hook al ricordo di quella esperienza dolorosa sia nel fisico che nell’orgoglio.
Ogni volta che riviveva ciò che era accaduto quella notte, il
suo istinto omicida si risvegliava e chiedeva vendetta.
« Non
pensavo che fosse un ricordo tanto doloroso per te ». disse
lei. Evidentemente lui non se ne era accorto, ma aveva
assunto un’espressione spaventosa e aveva stretto a pugno la mano destra fino a
bloccare l’afflusso di sangue alle nocche delle dita.
« Non
è doloroso. Io non conosco il dolore. » disse lui con voce bassa e ringhiante «
La notte in cui ho perso la mano è il ricordo a cui mi appiglio
quando ho bisogno di un motivo per continuare a vivere. »
« E quale sarebbe questo motivo? »
Hook la fissò. Gli occhi grigi quasi stavano virando al
rosso « Vendetta! » sussurrò con odio. Arabelle
divenne improvvisamente triste, mesta e preoccupata.
«
Davvero vivi per questo, Jason Hook?
Per la vendetta? »
L’uomo
fece una risata breve, malvagia « E per che cos’altro dovrei vivere allora? »
« Non
posso dirtelo io. » disse sempre più triste lei « Bisogna scoprire da soli una
ragione per vivere, ma ho imparato sulla mia pelle che la vendetta non è un
buon motivo. »
« A
me è stato molto utile, invece. Non so che cosa avrei fatto
se non avessi avuto il desiderio di vendetta che mi ha sempre caratterizzato ».
Arabelle sospirò « Capisco ».
Involontariamente,
mentre continuava a spalmare l’impiastro sulla ferita, si era distratta e
parlando con lui aveva sfiorato inavvertitamente con la mano
il capezzolo sinistro dell’uomo. Egli sussultò, ma non per sorpresa,
perché un’altra scarica lo aveva attraversato, partendo dalla zona inguinale. Arabelle si scostò immediatamente, ma non senza aver notato
che il pirata aveva deglutito silenziosamente al suo tocco.
«
Capisco anche perché non vuoi parlarmene. » disse poi, per sviare l’attenzione
di entrambi dal momento di imbarazzo appena passato.
« Non
ho mai detto che non avrei risposto alla tua domanda.
». Era stato più brusco di quanto avesse realmente voluto,
ma perdeva il controllo quando rammentava Pan e tutto ciò che gli aveva fatto
solo per il capriccio di un ragazzino impaurito dalla vita.
«
Allora parla, ti ascolto. » disse lei in un sussurro.
L’uomo
prese un respiro profondo per recuperare l’autocontrollo, poi
cominciò a raccontare.
« È
stato Pan a farmi questo. Lui è… »
« So
chi è Pan. » lo interruppe lei.
Hook parve sorpreso « E come fai a conoscerlo? »
Arabelle fece spallucce « Quando ero sul
vascello dei miei rapitori, ho sentito alcuni di loro parlarne, ma non so come
mai tu e lui siete così nemici. »
« È
stato tutto un suo capriccio. Lui vive in una realtà dove tutto è un gioco,
anche la sofferenza, purchè sia quella
altrui. Mi ha scelto come nemico, e da allora non ho più avuto tregua.
Sono arrivato al punto di odiarlo almeno quanto lui odia
me nella sua stupida mente infantile ».
«
Capisco » fece la ragazza.
« Una notte, mentre stavamo combattendo, come d’usanza, sul
mio vascello da lui abbordato con i suoi bimbi sperduti, mi sorprese alle
spalle.
Voltandomi, finse un affondo che mi preparai a parare. Invece
resi solamente vulnerabile la mia mano sinistra, che mi tagliò senza pietà.
» Guardò Arabelle con il fuoco nelle iridi di ghiaccio « Ma non glie lo rimprovero: io avrei fatto lo
stesso al suo posto. La mano tagliata la diede in pasto ad
una bestia mostruosa, un coccodrillo dalle dimensioni gigantesche che,
assaggiata la mia carne, mi ha inseguito senza darmi tregua nella
speranza di finire il pasto. ».
Aveva
cominciato a tremare di rabbia, giunto a quella fase del racconto. La ragazza
ascoltava senza battere ciglio, trasformandosi nuovamente nella creatura
inarrivabile che nel profondo forse era.
« Che
ne è ora del mostro? » domandò, mentre si puliva la
mano dall’impiastro.
Hook rise mesto, poi sul suo volto si disegnò la sua
solita espressione crudele. « Il mostro è morto »
«
Morto? » ripetè lei « E come? »
« Mi
aveva inghiottito vivo la notte che mi hai condotto
qui. L’ho ucciso e sono riuscito a fuggire dalle sue fauci. Non è stato facile.
». Qui Arabelle sussultò involontariamente. Mai
avrebbe pensato che quell’uomo avesse
potuto riportare quelle ferite da uno scontro del genere. Tenicamente, visto l’avversario che aveva dovuto
affrontare, era uscito quasi illeso dal combattimento.
«
Sono passati tre anni dalla notte in cui Pan mi
mutilò. Non potrò mai dimenticare che devo a lui questa mia ridicola
condizione. ».
« Condizione grazie alla quale la tua fama è aumentata in
maniera considerevole. » sentenziò la ragazza. « L’uncino che porti al posto
della mano è forse l’arma più temuta qui, da quanto mi è parso di sentire.
».
Un
bagliore rosso apparve negli occhi del pirata « Questo è più che certo, che il
Diavolo mi porti! »
Aveva
stretto il pugno destro a tal punto che la circolazione sanguigna del braccio
era quasi bloccata. Le nocche delle dita erano ormai livide per lo sforzo e la
mancanza di ossigenazione. Semisdraiato,
riviveva quell’episodio che tante volte aveva
maledetto nei sui pensieri e nelle sue memorie.
Improvvisamente,
Arabelle interruppe il contatto visivo con lui. Egli
ne rimase sorpreso e incuriosito. Lentamente, molto lentamente, la ragazza
avvicinò le sue piccole mai a quella grande e serrata dell’uomo. Con una
delicatezza che poco aveva di umano,gli sfiorò il
pugno chiuso, assumendo un lieve cipiglio. Hook per
poco non trasalì a quel tocco sublime, che lo scosse nel
profondo, lo risvegliò in un certo senso. Ancora più lentamente, Arabelle lo indusse a schiudere le dita, lasciando che il
sangue tornasse a scorrere correttamente. Egli non oppose la minima
resistenza, tanto era rimasto stordito da quel gesto così strano. In
pochi secondi, la sua mano era di nuovo distesa e lui
era un po’ più calmo di quando aveva terminato il racconto.
Quando non ci fu più bisogno di continuare, Arabelle
gli lasciò la mano, lasciandolo interdetto. Lo guardò di nuovo e notò che,
fosse per la rabbia di poco prima o per il suo comportamento, aveva la fronte
leggermente aggrottata e lo sguardo confuso. Allora fece qualcosa che per
l’uomo sarebbe stata impensabile: avvicinò quella stesso mano che aveva usato
sulla sua al suo viso, alla sua fronte, per
l’esattezza, e la distese con un semplice tocco dei polpastrelli. Nel
frattempo, non smise neppure per un istante di guardarlo negli occhi. Mentre lo fissava, potè vedere con chiarezza
i cambiamenti che avvennero nel suo sguardo. Vide l’odio ed il rancore
trasformarsi in qualcosa di indefinibile, dolce, ma al
contempo brutale, infinito ma inesplorato. Qualcosa che non avrebbe dovuto
essere nel suo sguardo.
Quando la giovane ritirò piano la mano, lui la prese gentilmente per il polso e
la trattenne. Non fece null’altro in un primo momento: rimase solo fermo in
quella posizione, mentre Arabelle lo fissava a sua
volta. Stavolta però, era lei ad essere sorpresa dalla reazione
di lui. La presa sul polso di lei era così
lieve, ma nello stesso tempo così inesorabile e decisa che Arabelle
non soppese la cosa migliore fosse liberarsene o consentire quel contatto. Un
contatto che le dava i
brividi.
Hook teneva ancora la mano di lei sospesa a
mezz’aria poco distante da dove si era posata prima. « Come hai fatto? »
La
giovane parve non comprendere « A fare cosa? »
La
voce del pirata l’aveva colta di sorpresa, perché dirla gentile era
minimizzare. Era calma, pacata, esprimeva sorpresa per
ciò che era accaduto, ma non solo. Era una carezza per l’anima
il modo in cui aveva pronunciato quelle parole.
« Hai
lenito le mie ferite. » spiegò. Non c’era bisogno di precisare a quali si riferisse: Arabelle capì
immediatamente di quali stava parlando e che non erano certo i tagli causati
dallo scontro con il coccodrillo.
« Non
ho fatto nulla » disse piano, quasi timidamente, ma senza abbassare lo sguardo
« Oh
si, invece. » insistette lui « Hai fatto svanire la rabbia che mi aveva pervaso
con un semplice tocco. È come se tu sapessi cose che io non conosco. Ma se è così, per Diana, spiegamele. Fa quello che vuoi ma fa in modo che io possa capire come hai fatto a far
assopire l’odio appena nato in me. ». Per molti altri secondi, Arabelle
non gli diede alcuna risposta. Lui però non era deciso a rassegnarsi e ancora
le teneva la mano bloccandole il polso ancora più strettamente. Nel parlare
alla ragazza per la seconda volta, il suo tono, già diverso dal solito quando
le aveva rivolto la prima domanda, era ulteriormente
cambiato. Ora era anche più basso, la voce quasi roca e così carezzevole da
impressionare entrambi. Possibile che Hook potesse
parlare in quel modo? Un amante non necessariamente sarebbe stato capace di un
timbro tanto accattivante. Non c’era altro modo per definirlo, infatti, se non
innocentemente seducente. Innocentemente, perché l’uomo non sembrava
comprendere ciò che faceva.
« Non
so di cosa parli, Jason Hook.
» fu la risposta rapida di Arabelle.
« Invece io credo che tu lo sappia benissimo. » la contraddisse lui « Però non vuoi dirmelo. Perché?
».
Stavolta
gli occhi di lei si accesero di bagliori di tempesta «
Te lo ripeto: non so di cosa parli. Non ti capisco! Io non ho fatto nulla. »
Anche la sua voce si era fatta più alta e sicura, ma si avvertiva comunque un senso di cambiamento anche in lei. « Lasciami
andare. » gli ordinò.
Hook la fissò un’ultima volta, poi fece come lei gli
aveva chiesto. La lasciò talmente all’improvviso che Arabelle
non se ne accorse neppure in un primo momento. Ad ogni
modo, sebbene ormai fossero svincolati da quel contatto fisico, sembrava che
nessuno dei due fosse intenzionato a spezzare quello visivo.
Dopo
altri minuti, finalmente, lei riuscì a rompere quel terribile silenzio « Se ho
fatto qualcosa di buono, ne sono felice, Jason. »
Hook la fissò ancora più intensamente « Non so se era qualcosa di buono.
Questo non lo so davvero, ma è qualcosa di strano e,
soprattutto, è stato molto potente. ».
In
quel momento, il pirata sentì una smania incontrollabile di toccarla. Non
importava dove, esattamente, ma desiderava di nuovo il contatto con la sua
pelle morbida e fresca. Eppure qualcosa gli impedì di
sfiorarla. Era come se credesse di contaminarla, profanarla in qualche modo con
il suo tocco.
Che razza di significato ha tutto ciò? Si chiese subito.
Lo sai! Fu la risposta del suo cuore. Ormai
non era più completamente sbagliato chiamarlo cuore. Era ancora ben protetto da
uno strato di ghiaccio, ma questo era molto, troppo sottile, perché quel
muscolo a lui sconosciuto potesse tacere.
No, non lo so.
Si, invece, lo sai, ma ancora non
vuoi saperlo. Era vero. Era un enigma, certo, ma non avrebbe
saputo esprimerlo con parole differenti. Sentiva di conoscere ciò che
gli stava accadendo, ma al contempo gli sembrava qualcosa di indefinibile,
assurdo, ultraterreno e non sapeva dargli un nome.
« Ora
è meglio che vada. » disse Arabelle, alzandosi in
piedi e prendendo il sacchetto con l’impiastro di erbe
« Altrimenti nessuno di noi due avrà nulla da mangiare questa sera. »
Hook la guardò con una strana espressione. Che fosse
preoccupato?
« Arabelle! » la chiamò mentre lei
aveva già cominciato ad allontanarsi.
« Si?
» ella si voltò verso di lui con un movimento fluido
del capo che le fece ondeggiare le fitte onde simili a boccoli in maniera molto
seducente.
«
Io…. » improvvisamente egli non ricordava il motivo per cui
l’aveva chiamata. Forse non l’aveva mai saputo davvero. « Io… sta attenta »
Ma che diavolo mi succede? Possibile che le abbia detto
una cosa del genere?
Ebbene si. Lo hai fatto.
Arabelle lo guardò per un istante, poi sorrise in una maniera così
tenera e grata per quel segno d’interessamento da parte di lui, che Hook se ne sentì quasi stordito. Non gli rispose. Si limitò
ad annuire per un momento in segno di assenso, poi
sparì, leggiadra come una brezza mattutina, lasciando solo il pirata a fissare
il vuoto della stanza lasciato da lei.
Tornò
un’ora dopo, all’incirca. Era quasi completamente fradicia e Hook se ne chiese la ragione. Ella
tuttavia, non ebbe tempo per dargli spiegazioni e si diresse dove evidentemente
aveva stabilito il suo alloggio per cambiarsi d’abito. Passò quasi un’altra ora quando Hook sussultò nel letto: aveva di nuovo udito la
voce melodiosa che perseguitava i suoi pensieri come un fantasma. Stavolta il
canto era più lento e basso. Sempre triste, sciolse ancora un po’ la cortina di
ghiaccio che offuscava i sentimenti del feroce pirata.
Era
ancora più bella se possibile, e pareva anche che si fosse fatta più vicina
rispetto alle volte precedenti. La voce di un elfo della razza più pura non
avrebbe potuto mai eguagliare un suono simile. La fronte di Hook
cominciò ad imperlarsi di sudore dopo che furono trascorsi altri due o tre
minuti dall’inizio del canto. Quella voce lo turbava quanto la vicinanza di Arabelle e altrettanto
intensamente come egli voleva scoprire di più su quella creatura, desiderava
scoprire da dove proveniva quella voce.
Non
seppe con esattezza quanto durò la canzone, fatto sta che la voce tacque
improvvisamente così come era comparsa. Hook aveva il respiro affannato e il battito accelerato.
Non sapeva cosa fare, ma era scosso.
« Arabelle! » chiamò poco dopo « Arabelle!! ». Il suo era un grido disperato, anche se un po’
arrabbiato.
In
breve la ragazza comparve nella stanza, piuttosto trafelata e affannata. « Cosa succede? » chiese, allarmata.
Hook non fece in
tempo a rispondere, perché aveva gettato l’occhio su di lei: evidentemente
l’aveva chiamata mentre era intenta a vestirsi, perché non aveva ancora
completato l’opera. Indossava i pantaloni neri aderenti che molto spesso le aveva visto indosso. Sopra di essi
portava solo un bustino intimo semislacciato che
lasciava intravedere le curve delle sue forme. Mai per Hook
una donna fu tanto desiderabile. Tra l’altro, il pirata se ne rese conto solo
allora, ma Arabelle era molto più giovane delle donne
che normalmente frequentavano le sue lenzuola.
Vent’anni.... Diamine! Così giovane e bella, fiera e
indomita. Chi è colei che ho di fronte? Ormai i pensieri nascevano spontanei e incontrastati nella
mente di Hook. Eppure se
poteva abituarsi al fatto di essere affascinato da lei, non si sentiva ancora
pronto all’idea di desiderarla. E invece nel vederla
in quel modo il suo desiderio si era manifestato in tutta la sua urgenza ed
immediatezza, provocandogli tensioni dove, per fortuna, il lenzuolo celava la
carne.
« Che succede? » chiese ancora la ragazza. Era inconscia di essere seminuda, oppure non dava peso alla cosa, questo
nessuno era in grado di dirlo con esattezza, ma comunque si comportava come se
la cosa non le importasse.
«
Nulla. » la tranquillizzò lui « Ho sentito uno strano suono, e non è la prima
volta che mi accade. Non hai sentito nulla? ».
Arabelle scosse le spalle « No. »
« Era
come… un canto » provò a precisare lui, come se così facendo avesse potuto
ottenere una differente risposta. Ma lei scosse
nuovamente le spalle.
Il
respiro del pirata era ancora molto affannato. Praticamente
lo aveva trattenuto per tutta la durata del canto e ora si ritrovava
completamente a corto di ossigeno. Si era anche alzato con il busto,
appoggiandosi sui gomiti per rimanere per metà sdraiato.
Arabelle fece qualche passo verso di lui « Non hai
un aspetto molto sano » considerò. Continuò ad avvicinarsi fino ad
arrivare a pochissima distanza da lui. Gli toccò la fronte con il dorso della
mano destra. Quel contatto con la sua mano fresca e delicata provocò un’altra
ondata di piacere nel corpo virile dell’uomo, che ora si sentiva del tutto a
disagio, cosa che mai gli era successa durante le sue
visite nelle case di piacere dell’isola dei pirati.
Oltre al disagio, però, avvertiva anche qualcosa di diverso e
non esattamente piacevole. Qualcosa che Arabelle non tardò a
notare.
« Ma tu hai la febbre! » esclamò la ragazza all’improvviso. Effettivamente la fronte dell’uomo scottava pericolosamente.
« Com’è possibile? ». Anche se la sua voce non lo dava
a notare, Arabelle era molto preoccupata. Hook poteva leggerlo nei suoi meravigliosi occhi scuri che
temeva per il suo stato. A causa dell’emozione suscitatagli dal misterioso
canto angelico e anche dalla vicinanza della giovane, si era talmente scosso ed
emozionato, che il suo corpo, indebolito dalle ancora recenti ferite, aveva
reagito facendo salire la temperatura corporea. Ora poteva sentirne le
conseguenze: era intorpidito e ipersensibile nella parte superiore del busto.
Inoltre si alternavano fasi di iper
reattività e collasso. Sebbene lui fosse molto abile
nel resistere al dolore fisico e facesse di tutto per apparire in buono stato, Arabelle si accorse che non era così in salute come voleva
dare a pensare.
« Non
muoverti! » gli intimò. Uscì dalla camera e tornò appena qualche secondo dopo
con una pezza di cotone che aveva velocemente inumidito nel canale poco lontano
che dava sul fiume. Si precipitò verso il letto e posò la pezza fredda sulla
fronte bollente e sudata del pirata. Questi sussultò appena
ma chiuse gli occhi, stordito da quel brusco cambiamento di temperatura.
La giovane continuò per un po’ a tamponargli la fronte, nella speranza di
abbassare la febbre, ma purtroppo non ottenne molti risultati.
Hook sentiva che la sua temperatura stava salendo sempre di più,
vertiginosamente e non si era mai sentito tanto debole in tutta la sua vita. In
verità aveva avuto la febbre solo tre volte da quando
era nato e mai era stata così alta e così violenta, spossante.
« Che mi succede? » sussurrò.
« Shhh » gli disse soltanto lei, continuando a tamponargli la
fronte.
I
minuti trascorsero, ma la febbre non scese nemmeno un po’, anzi, se possibile,
aumentò ancora. Arabelle non sapeva più che cosa
fare. Né conosceva la causa di quell’improvviso
calo di salute.
« Arabelle… » mormorò lui. Non fece però in tempo a finire la
frase, sempre che ve ne fosse una, perché perse i sensi.