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Autore: sushiprecotto_chan    01/12/2013    1 recensioni
Supernatural!AU: Rock Lee e Tenten sono fratelli e cacciatori; Neji è l’angelo a loro assegnato.
[Raccolta] [Tendenzialmente Gen, ma con accenni a coppie]
Genere: Angst, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Neji Hyuuga, Rock Lee, Team Gai, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Personaggi/Pairing: angel!Neji, hunter!Lee, hunter!Tenten, hunter!Gai Maito.
Warning: Supernatural!AU. Per chi non conoscesse la serie TV: la mitica Wikipedia can explain.
Introduzione: Supernatural!AU: Rock Lee e Tenten sono fratelli e cacciatori; Neji è l’angelo a loro assegnato.
Note: 1. Lo so, Gai-sensei sarebbe stato meglio nel ruolo di Bobby piuttosto che in quello di John Winchester, ma che volete.
2. Ho cambiato il nome di Neji in “Nejiel” perché “el” è la sillaba con cui finiscono la maggior parte dei nomi angelici (Ezechiele, Gabriele, Michele… che in inglese sarebbero Ezekiel, Gabriel, Michael) e senza quel “el” mi sembrava che Neji come angelo perdesse di credibilità. Insomma, “Neji” non è un nome molto convenzionale per la parte di una forza celeste, non credete anche voi?
3. Accenni Naruto/Hinata.
4. È una raccolta <3 Il che significa che ci saranno dei piccoli Missing Moments e delle drabble da questo capitolo in poi… diciamo due o tre. Non tutte saranno dal punto di vista di Neji.

 









 
 
 
 
 
Nejiel, the angel of the Lord.
 
 
Vai avanti, testardo figlio mio
Ci sarà pace quando avrai finito
Lascia riposare il tuo stanco capo
Non piangere più
 
Mascherandomi da un uomo con una ragione
La mia sciarada è l’evento della stagione
E se rivendico d’essere un uomo saggio, beh
Sicuramente significa che non so nulla[1]
 
Erano molto cresciuti da quando li aveva conosciuti, doveva ammetterlo. Ed erano sempre, sempre stati speciali. Quando era sceso all’Inferno per salvare Lee dalla perdizione aveva visto la sua anima, e nessuno dei suoi ricordi era stato precluso alla sua vista. Aveva poi incontrato Lee in “pelle e ossa” e aveva avuto il piacere di fare lo stesso con sua sorella Tenten, e quando l’aveva guardata negli occhi aveva potuto vedere anche la di lei anima, ma neanche allora se n’era reso conto.
Lui, osservatore di millenni; lui, che aveva visto l’origine di ogni specie e persino della Terra stessa, non si era accorto che Rock Lee e Tenten non erano solo l’Uomo Giusto e un’abilissima armaiola, figli adottivi di un esaltato con una fissazione per la Caccia che li aveva costretti ad allenarsi fin da quando erano bambini. Trovarli di più che un paio di antenati delle scimmie tenaci ma non particolarmente interessanti l’aveva davvero stupito. E lui non si sorprendeva e non rimaneva incuriosito da qualcosa dai tempi di Babele.
«Sei un po’ stronzo per essere un angelo del Signore,» era stata una delle prime affermazioni che gli aveva rivolto Tenten. Tenten era peculiare: da una parte sembrava ammirarlo dal profondo, dall’altra era un peperino che non riusciva a trattenersi dal lamentarsi o dal dire la sua su ogni questione. Talvolta aveva anche provato a dargli uno dei pugni che normalmente riservava a Lee. Non era finita bene per la mano di Tenten, purtroppo. Provare a colpire un angelo non sempre è una buona idea.
Davvero, questi umani non sapevano davvero cosa fosse il rispetto.
Persino Lee – che gli doveva obbedienza e gratitudine, bestiolina che non era altro! – aveva contravvenuto ai suoi ordini innumerevoli volte, per non parlare poi della maniera irriverente con cui insisteva per sfidarlo o con cui gli riservava imbarazzanti sorrisi a trentadue denti più stellina – davvero, con tutte le leggi della fisica che Nejiel conosceva, mai avrebbe capito come fosse possibile per quell’umano produrre effettivamente una stellina – e gli parlava per ore di Giovinezza, come se a un angelo del signore importasse davvero un concetto così mellifluo e che non aveva mai conosciuto nella sua lunga vita.
Eppure, per quanto potessero essere assurdamente irritanti o irriverenti, rimanevano qualcosa di più di quello a cui Nejiel avesse mai assistito. Le scelte che avevano fatto erano sorprendenti, così come la loro tenacia e la loro propensione per non arrendersi mai, neppure quando ogni speranza sembrava perduta.
Nejiel ricordava d’aver quasi fracassato la spalla al suo protetto, un paio d’anni prima, comunicandogli con voce ferma che non c’era nulla che un essere umano – senza alcun potere, alcuna forza se non quella di spirito, che lui non aveva – come lui avrebbe potuto fare se non piegarsi al suo Destino e obbedire agli ordini ricevuti dall’Alto.
E Lee l’aveva guardato con la rabbia negli occhi e gli aveva urlato contro.
L’angelo aveva inarcato le sopracciglia, rabbuiando i suoi lineamenti perfetti, e l’aveva scrutato come se l’avesse visto per la prima volta. Poi Lee gli aveva detto che tutto quello che stava succedendo là fuori era reale, che l’importante era la famiglia e che dovevano andare a salvare Tenten. Di mandare a farsi fottere tutti gli ordini – che provenissero da Dio o da pezzi grossi come Homura e Koharuel, aveva aggiunto, non importava –, di aiutarlo. E Nejiel l’aveva fatto. Si era ribellato ed era stato fatto a pezzi per Tenten, per Lee, per lui.
Nella sua vita aveva conosciuto solo un altro umano tanto testardo e convincente: Naruto Uzumaki. Aveva vissuto nel periodo Edo, l’aveva quasi portato a ribellarsi ed era morto in modo piuttosto cruento un paio d’anni dopo.
Ma Lee… lo confondeva. Il suo eccessivo formalismo, la sua testardaggine a voler continuare a essere un cacciatore nonostante la sua mancanza di abilità se non i propri muscoli, la perenne ingenuità che dimostrava – altro che Uomo Giusto, quello era solo l’unico adulto che ancora dimostrava l’innocenza demente di un bambino di cinque anni, ecco perché era stato scelto –, unita però a una certa sensibilità – Dio, lui non avrebbe neppure saputo cosa significasse quella parola, se non avesse speso tutti quegli anni attaccato ai due fratelli, e in particolare vicino a Tenten – e a una certa intelligenza… Nell’insieme era così dannatamente strano. Come aveva fatto quel piccolo uomo a convincerlo a mollare quasi tutte le convinzioni che aveva fin da quando era nato, concepito nella mente di suo Padre?
E l’angelo Nejiel aveva continuato a osservarli e a proteggerli, come se non ne potesse fare a meno. Nonostante la guerra civile che incombeva in Paradiso, nonostante la paura di Cadere che non lo abbandonava mai.
Li aveva osservati allenarsi e cacciare. Cadere e rialzarsi.
Tenten era un asso con le armi, di qualunque tipo esse fossero (ma sembrava preferire quelle bianche). Lee, sebbene fosse un tipo piuttosto fisico, era bravo con le ricerche. Poteva dirsi un’enciclopedia umana, se non fosse stato per il fatto che Nejiel era molto più abile di lui anche in quel campo – cosa che lo faceva andare fuori dai gangheri.
Nejiel aveva deciso di partecipare attivamente a delle loro caccie, e non solo per apparire dal nulla, dar loro qualche informazione per comandargli di portare a termine un lavoretto utile al Paradiso e poi sparire. Certo, era stato imbarazzante incontrare gli strani usi degli esseri umani e scoprire che interagire con loro e mentire poteva dirsi incredibilmente difficile, ma se l’era cavata, e le sue abilità ovviamente erano state di grande aiuto per Lee e Tenten.
Ma col tempo aveva cominciato anche ad apparire accanto a loro anche per questioni non riguardanti la caccia, o lavori che necessitavano di essere svolti. Talvolta si fermava da loro per un paio d’ore, e parlavano. Aveva addirittura finito per assaggiare il loro cibo – che aveva individuato come cibo tipico della cucina cinese, per cui i due andavano letteralmente matti –, scoprendo d’avere un debole per la carne al sangue. Vedere il loro stoico e sempre perfetto compagno sbrodolarsi con un hamburger aveva fatto ridere Lee e Kiba – un altro cacciatore – per una buona mezz’ora, mentre Nejiel sembrava indeciso tra il farsi piccolo piccolo o incenerirli con lo sguardo.
Passando più tempo insieme, Lee e Tenten avevano cominciato a fargli delle domande, e lui ne aveva poste altrettante a loro.
Curiosità. Emozioni. Sensazioni. Neji era sempre più terrorizzato del fatto di star Cadendo come aveva fatto sua sorella Hinata per quell’umano dell’era Edo, e allo stesso tempo non aveva assolutamente alcuna intenzione di fermarsi.
«Perché vostro padre ha dato la sua vita per voi?» Aveva chiesto loro, un pomeriggio. Lee l’aveva guardato come se fosse una ferita ancora fresca, e Tenten aveva risposto per lui.
«Era un tipo un po’ troppo incline al sacrificio.»
Lee continuò. «Ha dato la sua vita e la sua anima per salvare noi due. Il maestro Gai era un uomo eccezionale.»
Tenten aveva annuito, e Nejiel era rimasto in silenzio.
Stranamente la maggior parte delle domande che gli ponevano i due non erano a proposito degli angeli, ma più che altro sul suo tramite o su come si sentisse all’entrare in contatto con un’insalata, i programmi in televisione o le riviste porno.
Lee gli osservava sempre gli occhi, i capelli e le mani, e un giorno prese coraggio e glielo chiese. «Come mai i tuoi occhi sono bianchi? Shino li ha marroni, così come Shikamaruel. E Ino li ha azzurri.»
«Non è qualcosa legato al fatto di essere un angelo, se è quello che stai pensando. Sono gli occhi del mio tramite. Era cieco dalla nascita.»
«Dovresti curarlo.»
«Perché? Io ci vedo lo stesso.»
«Ma c’è qualcosa della vostra anima nell’aspetto dei tramiti che indossate? O sono solo dei poveri diavoli che vi hanno detto sì?»
«Nulla,» Nejiel si corrucciò. «Perché lo chiedi?»
Allora Rock Lee aveva abbassato il capo ed era arrossito come solo lui sapeva fare. «È che… Sei perfetto. Pensavo fosse qualcosa dovuta alla tua natura di forza divina, o… non so.»
L’altro l’aveva osservato fisso e in silenzio, piegando leggermente il capo. «So che in questo pianeta il tuo aspetto non è affatto considerato piacente, ma tutti gli esseri umani sono perfetti. Funzionano a opera d’arte.»
«Sì, ehm, non era proprio quello che intendevo, grazie.» Le sue enormi sopracciglia si erano fatte all’ingiù, forse per esprimere il fatto che il loro proprietario non avesse apprezzato l’avergli fatto notare la sua totale mancanza di fascino.
Tu sei perfetto, avrebbe voluto dirgli Nejiel. Ma non l’aveva fatto. Era difficile farsi capire con gli umani, anche con chi si conserva un legame particolare.
Tenten si chiuse la porta alle spalle e fece atterrare sul tavolo un bel mucchio di sacchetti, arrotolandosi poi i lembi della camicia rossa a quadri che risaltava le sue forme.
«D’accordo, ragazzi! Questa sera si mangia decentemente!»
E s’intestardì per cucinare lei, e Lee glielo lasciò fare, anche se sapeva che l’abilità della sorella adottiva come cuoca era lontana miglia e miglia dalla sua abilità a costruire una bomba o a tirare al bersaglio. Nejiel capì che le aveva permesso di cucinare perché lei ci teneva e perché lui le voleva bene.
Allora l’angelo mangiò comunque la braciola grassa e bruciata che gli fu proposta, anche se ovviamente non gli era affatto necessario nutrire il suo stomaco.
Quando Nejiel cadde definitivamente non si sentì solo, perché aveva già trovato una famiglia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[1] = Estratti dalla canzone Carry on my Wayward Son dei Kansas, praticamente la “sigla” della serie televisiva Supernatural.
   
 
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